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Home Cultura Cinema

Il nuovo tempio

Iacopo Adami by Iacopo Adami
2 Novembre 2025
in Cinema, Ultimo Numero
0
Il nuovo tempio
  • (Paginauno n. 93, novembre – dicembre 2025)

Il Maestro e Margherita: tra Ragione e Follia, Verità e Potere, il film di Lokŝin e il capolavoro di Bulgakov passando per Victor Serge e Adorno e Horkheimer

Era inevitabile che l’uscita nelle sale, nel 2024, dell’ultima versione cinematografica del capolavoro di Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita, risentisse del clima di propaganda che, negli ultimi anni, imperversa su entrambi i fronti del conflitto tra Russia e Occidente. Del resto, lo stesso regista, Michail Lokšin, figlio di uno scienziato russo emigrato negli Stati Uniti – e, di conseguenza, cittadino americano – avendo vissuto finora facendo la spola tra il Texas e Mosca, non ha mai nascosto che, con il suo film, ferma restando l’ambientazione in epoca sovietica, intendesse rileggere il lavoro di Bulgakov come un’allegoria della Russia attuale; ciò che non ha mancato di scatenare l’indignazione di diversi opinionisti vicini al governo di Putin, come Vladimir Solovyov o Yegor Kholmogorov. Gli elementi per utilizzare il caso in senso eminentemente propagandistico da parte dei media occidentali ci sono tutti, a cominciare dal fatto che, stando a quanto riportato da Paolo Valentino sul Corriere della Sera, dopo l’uscita del film, Lokšin avrebbe lasciato la Russia per evitare ripercussioni (1). Senza contare che Michail Bulgakov, vissuto tra il 1891 e il 1940, era originario di Kiev. Tuttavia, che il lavoro di Lokšin non solo sia stato prodotto in Russia, ma abbia addirittura beneficiato di un sostanzioso contributo finanziario dal Ministero della Cultura di quel Paese, introduce un ulteriore elemento di complessità in una vicenda che, nel suo piccolo, risulta emblematica della colpevole semplificazione operata dai media occidentali, per cui il conflitto in corso in Ucraina vedrebbe contrapposti mondo libero e autoritarismi. Se di censura dobbiamo parlare, infatti, in accordo con i temi affrontati dall’opera di Bulgakov e dal film di Lokšin, è impossibile non ricordare l’isterica campagna di rimozione operata proprio dall’establishment europeo e statunitense nei confronti di tutto ciò che fosse attinente alla cultura russa. Tra i tanti casi, ci limitiamo a citare quello forse più eclatante: l’assurda cancellazione del corso di Paolo Nori su Dostoevskij presso l’Università Bicocca di Milano nel 2022 (mentre lo stesso genere di censura non ha mai toccato uno Stato genocida come Israele).

La nostra lettura de Il Maestro e Margherita non può e non vuole limitarsi a una mera attualizzazione del conflitto tra Russia e Occidente. Ciò che speriamo di dimostrare è semmai il carattere complesso di un intellettuale, com’era quello di Michail Bulgakov, irriducibile a qualsiasi facile etichetta politica; dunque, estraneo tanto all’URSS di Stalin, come oggi alla Russia di Putin, quanto all’Occidente cosiddetto democratico. E, per farlo, intrecceremo l’analisi del lavoro di Lokšin con l’opera letteraria non solo di Bulgakov, ma anche con quella di un autore vicino a quest’ultimo per temi trattati, Victor Serge, pseudonimo di Viktor L’vovič Kibal’čič, trasferitosi dalla Francia in Unione sovietica nel 1919 per contribuire all’edificazione del socialismo e fattosi ben presto portatore da sinistra di una radicale critica alla deriva autoritaria presa dal governo bolscevico (2). Inoltre, ricopriranno grande importanza le tesi espresse da Max Horkheimer e Theodor Adorno in uno dei capisaldi del pensiero filosofico della Scuola di Francoforte, Dialettica dell’illuminismo.

Ma procediamo per ordine…

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