David Bowie e la biodiversità musicale nella bussola rivolta a Sud di Seu Jorge
L’ho detto, lo sostengo e lo ribadisco: a me David Bowie non piace e non è da ieri e sarà molto, molto difficile cambi idea – non è che non ci abbia provato, eh! E ancora oggi scanso le discussioni con le ex ventenni che rincorrono come una reliquia il numero arretrato di Ciao 2001 che aveva il Duca in copertina. Impossibile, e anche inutile. Per loro è una questione di estetica e la musica è solo contorno. Esattamente quello che cercava Bowie: apparire come legge del mondo, indivisibile da accordi e melodia, che potrebbero essere anche i più sciocchi, ma l’importante è crearsi il proprio stile (tu, cantante, forse ce l’hai, gli altri copiano te). Insomma, come Jep Gambardella non ho più l’età per perdere tempo dietro a cose che non mi interessano. O terrorizzano, tipo la guerra USA-Iran. Almeno col terrore incipiente cerco sempre d’essere contento, quanto posso, ogni giorno e non mi stanco di predicare e praticare la pace.
Detto questo, la curiosità verso qualcuno che di Bowie canta delle fantastiche cover, ebbene sì, questo mi attira. Si chiama Seu Jorge, al secolo José Mario da Silva, classe 1970, musicista e attore brasiliano (City of God, altamente consigliato) da tempo etichettato come rinnovatore della musica brasiliana. Al solito le etichette fanno un buco nell’acqua: in questo caso mi pare una grossa fesseria pensare che quel gigantesco calderone che è la MPB (Musica Popular Brasileira) non abbia né varietà, né risorse intellettuali né personali per evolversi sempre, almeno un poco. Per i sordi, i sordi e muti, i sordi ciechi e muti, il continente latinoamericano è in perpetua agitazione musicale, è vivo e vegeto, solo che noi occidentali bianchi e almeno un po’ razzisti ed eurocentrici non vogliamo saperne, e così ci becchiamo le peggiori sciocchezze e ignoriamo le perle di immensa bellezza che esistono laggiù. Oppure sgraniamo tanto d’occhi quando improvvisamente da un media a noi familiare, come il cinema, salta fuori, appunto, qualche perla. La prova? Il mio attuale regista preferito, l’ineffabile Wes Anderson, nel novembre 2005 ha inserito dei brani di Seu Jorge nel film La vita acquatica di Steve Zissou,e si trattava diun disco di canzoni di David Bowie in lingua portoghese-brasiliana. Il disco si chiama The Life Aquatic, e di fatto è una specie di best of comprendente cose come Rebel Rebel, Life On Mars?, Starman, Five Years e Rock ‘N’ Roll Suicide.
Dico subito chese cercate un facile esotismo pop modello Oba-Oba Carnaval de Rio e simili, siete fuori rotta. A scanso di equivoci sappiate che il pop in tutto il mondo è uguale – una immensa discarica di monnezza. Per conseguenza, ne trovate in abbondanza in Brasile come in Olanda.
Nel caso di Seu Jorge la cosa che mi sbalordisce è che la bussola musicale è semplicemente invertita…
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