Giuseppe Ciarallo
La Treves Blues Band, storico gruppo fondato a Milano da Fabio Treves, ha spento quest’anno le quaranta candeline e ha festeggiato l’avvenimento con un lungo e seguitissimo tour. Ma andiamo per ordine… La Treves Blues Band vede la luce nel 1974 su iniziativa di Fabio Treves, venticinquenne milanese che in seguito verrà soprannominato il Puma di Lambrate (zona operaia della periferia milanese) in risposta al celebre Leone di Manchester, alias John Mayall. In totale controtendenza – i ragazzi dell’epoca sono prevalentemente orientati verso il rock nelle sue varie declinazioni – Treves fonda una band per risalire alle fonti del blues, musica che ha dato origine in qualche modo ai più importanti generi del Novecento, dal jazz al rock, appunto. Da quel momento è un vorticoso avvicendarsi di impegni, dai concerti dal vivo, ai dischi, alle collaborazioni con artisti di tutto il mondo, alcuni dei quali veri e propri mostri sacri, come vedremo.
La TBB, che nel 1978 viene chiamata ad aprire i concerti italiani di Charles Mingus, collaborerà e calcherà lo stesso palco di artisti del calibro di Mike Bloomfield (Torino, 1980), James Cotton, Stevie Ray Vaughan e Little Steven, chitarrista della E Street Band di Bruce Springsteen, nel 1988. Nello stesso anno arriva forse l’incontro che più di ogni altro segnerà la vita artistica del Puma di Lambrate, come ormai tutti chiamano Fabio Treves: Frank Zappa, uno dei più geniali musicisti del Novecento, invita l’armonicista milanese a suonare nei suoi concerti italiani di Milano e Genova.
Ma la band non riposa sugli allori e Treves, nella sua frenetica attività, incontra e collabora con tanti altri artisti, perlopiù americani, quali Chuck Leavell, Pick Withers, Dave Kelly, Cooper Terry, Eddie Boyd, Sunnyland Slim, Johnny Shines, ma anche italiani (Angelo Branduardi, Pierangelo Bertoli, Eugenio Finardi, Francesco Baccini, Ivan Graziani e tanti altri).
Dal punto di vista della produzione discografica, invece, è del 1976 il primo disco in studio della band, dal titolo omonimo Treves Blues Band; passano due anni e nel 1978 viene registrato il secondo disco, The Country In The City. È del 1988 Sunday’s Blues, disco in cui si annotano le collaborazioni in studio del tastierista Chuck Leavell, del batterista Pick Withers e del cantante e chitarrista Dave Kelly. Nel 1992, anno in cui viene dato alle stampe Jumpin’, la band sbarca negli Usa, a Memphis, per partecipare al Beale Street Music Festival, nel quale si esibiscono vere icone del Blues quali Buddy Guy, Johnny Winter, Kim Wilson, Koko Taylor, Al Green, Lonnie Brooks. Del 1996 è il primo disco dal vivo, dall’inequivocabile titolo Live!. Nel 1999 esce Jeepster, con pezzi storici della band come le cover di Summertime Blues, Flip Flop and Fly, I don’t want you to be my girl e pezzi originali quali Downtown Shuffle e Suzeeing a firma dello stesso Treves. Del 2001 è invece Blues Again che contiene brani scritti da Alex ‘Kid’ Gariazzo, chitarrista della TBB e dall’inossidabile frontman (tra questi Fool around, She’s my baby, Endless Love, Leave my troubles behind e la canzone che dà il nome al disco Blues Again). A distanza di dodici anni dal primo disco live, arriva Live 2008, doppio cd che contiene classici come Flip Flop and Fly, Walkin Blues, Bayou Blood e Shame shame shame.
Nel 2011 Fabio Treves realizza il suo progetto di un nuovo spettacolo musicale: Blues in Teatro. Dalla registrazione di alcuni concerti scaturisce un nuovo cd live, il terzo, dall’omonimo titolo. Il disco è una sorta di omaggio ai grandi interpreti del blues del passato – a volte ingiustamente trascurati dalla critica ufficiale – che hanno scritto la magica storia del Blues moderno: Snooky Pryor, Robert Johnson, Sonny Terry, Brownie McGhee, Sonny Boy Williamson, Blind Willy Johnson. Fino a giungere al tour del quarantennale, con la Treves Blues Band a calcare numerosi palchi in una serie di concerti che hanno visto una partecipazione massiccia ed entusiastica di fan e amanti della ‘musica del diavolo’.
Dunque, Fabio, tanto per cominciare ti va di presentarci il tuo strumento? Mi sembra che l’armonica a bocca sia talmente poco usata nella musica di oggi che molte persone ne ignorano quasi l’esistenza. Che storia ha questo bellissimo strumento? Quali sono i maggiori interpreti nella storia del blues? E soprattutto, a te come è venuto lo schiribizzo di cominciare a suonare proprio l’armonica?
L’armonica a bocca è lo strumento principe del blues! È arrivata negli States dal Vecchio Continente (dalla Germania per l’esattezza) a metà dell’Ottocento e si è diffusa capillarmente, grazie anche e soprattutto alla sua dimensione ridotta. È stata utilizzata nei loro primi 45 giri da Beatles, Stones, Dylan, Springsteen, Stevie Wonder, insomma dal gotha della musica beat e pop. Nel blues, quello più arcaico come in quello elettrico stile Chicago, l’armonica a bocca non manca mai. I suoi grandi interpreti si chiamano Sonny Terry, Sonny Boy Williamson, Walter Horton, Little Walter, Paul Butterfield e almeno un migliaio d’altri! Io ho iniziato a suonarla a metà degli anni Sessanta, ascoltando le formazioni beat e pop inglesi che in quel periodo stavano riscoprendo le origini della musica nera e del Blues…
Parliamo dei tuoi esordi. Qual era il clima che si respirava nei primi anni ’70? Quali sono state le difficoltà che hai incontrato per trovare spazi in cui esibirti, e poi registrare e pubblicare i primi dischi? Chi sono stati i tuoi primi compagni di viaggio?
Erano anni in cui la musica era quella trasmessa dall’unica rete televisiva esistente (Rai in bianco e nero), non c’erano ancora le radio “libere ma libere veramente”, e di locali che programmavano buona musica non se ne parlava, eccezion fatta per gli storici Capolinea e Santa Tecla, veri e propri tempi del jazz. Erano in voga il progressive rock italiano, la canzone politica, i cantautori, il jazz d’avanguardia ma di blues non se parlava proprio… Io ho cominciato esibendomi in centinaia di iniziative di solidarietà e questo ha contribuito a far circolare il nome Treves Blues Band, una band numerosa considerata da alcuni critici e colleghi musicisti poco più che un insieme di ‘appassionati’ della musica del diavolo. Forse agli inizi era davvero così, ma la semplicità e la voglia di suonare, sempre e comunque, era il marchio di fabbrica di questa band storica del blues italiano.
Se dovessi racchiudere il blues in due soli aggettivi, quali useresti e perché?
Unico e fondamentale per lo sviluppo del 90 per cento della musica moderna: generi musicali come il jazz, il bebop, il rock&roll, il funky, il beat, la fusion, la country music… sarebbero nati senza il blues?
Nella tua lunghissima carriera hai avuto la possibilità di collaborare con numerosissimi artisti, alcuni dei quali autentici mostri sacri del blues, del jazz, del rock e anche della musica leggera nostrana (penso a Graziani, Cocciante, Bertoli, Branduardi e tanti altri). Quali sono i musicisti con i quali hai condiviso il palco, che secondo te hanno, o avevano, una marcia in più, nel senso della carica, del carisma, della capacità di coinvolgere il pubblico o anche solo della maestria tecnica nel suonare il proprio strumento?
Sono l’unico musicista italiano ad aver suonato, in due concerti, con il grande ‘genio di Baltimora’ Mr. Frank Zappa, e a mio avviso lui è stato veramente uno dei grandi geni musicali dell’intero Novecento. Per raccontare il nostro incontro e la nostra amicizia mi ci vorrebbero non so quante pagine… Ma anche il tastierista Chuck Leavell (ex Allmann Brothers Band e da quindici anni componente fisso on tour dei leggendari Rolling Stones) ha rappresentato un incontro musicale importante nella mia lunga carriera. E non posso tralasciare alcuni amici, che ahimè ci hanno lasciato come Ivan Graziani e Gianfranco Bertoli. Devo riconoscere che con tutti ho passato bei momenti collaborando alla realizzazione dei loro dischi, c’era stima e rispetto reciproco, molta umanità e semplicità, valori che sono alla base di qualsiasi musicista vero!
Hai voglia di raccontarci qualche aneddoto ambientato nel mondo del blues?
Ne potrei raccontare a centinaia, tante infatti sono le storie legate ai miei incontri blues! Ne scelgo uno. In occasione di importanti festival ho avuto l’onore e la fortuna di calcare lo stesso palco con vere e proprie icone del blues. Mi meravigliò molto la grande semplicità e disponibilità di B.B. King: stava aspettando il suo turno di prove del suono in un minuscolo camerino di due metri per due, io gli chiesi se potevo scattargli una foto e lui si mise in posa sfoggiando un bel sorriso… se non è un segno di grandezza questo!
Com’è cambiato il blues in quest’ultimo mezzo secolo, e com’è cambiato l’approccio del pubblico nei confronti di questa musica che a ben vedere è all’origine di tutti i più importanti fenomeni musicali del Novecento?
È cambiato innanzitutto l’approccio di tanti giovani, che ora hanno la possibilità di conoscere il passato e la storia del blues attraverso le nuove tecnologie. È cambiato l’atteggiamento dei media, che parlano ancora poco di blues ma adesso rispettano chi lo suona. Ora ci sono molti locali che hanno inserito il blues, a pieno titolo, nella loro programmazione, ed esistono programmi radiofonici di blues sparsi su tutto il territorio nazionale. Il pubblico quindi ha più possibilità di ascoltare e anche scegliere il tipo di blues che più preferisce.
Ma torniamo alla Treves Blues Band. Com’è andato il tour del quarantennale? Ci presenti la tua band?
Abbiamo iniziato a gennaio con un clamoroso sold out alla prima serata, al Teatro municipale di Casale Monferrato. E poi ne sono seguiti altri in tanti bellissimi teatri, Morbegno, Mandello, Lodi, Crema, Milano… dovrei citarli e ricordarli tutti per l’entusiasmo e l’affluenza di pubblico con cui siamo stati accolti! Serate indimenticabili, come quella al Teatro Sociale di Como che per la prima volta, in duecento anni di storia, ospitava un concerto di blues! La band è formata dal poderoso ed eclettico batterista Massimo Serra, dal fenomenale Alex ‘Kid’ Gariazzo alle chitarre, e da due carissimi amici: Guitar Ray alla chitarra e Gab D al basso elettrico e contrabbasso. Questi ultimi due fanno parte della band ligure Guitar Ray & The Gamblers, ma li considero due componenti della TBB a tutti gli effetti!
Quarant’anni sono una vita, un congruo periodo per poter tirare delle somme e fare dei consuntivi. Immagino che tu abbia, oltre che tanti motivi per essere più che soddisfatto, anche più di un sassolino nella scarpa. Hai voglia di togliertene qualcuno proprio durante questa intervista?
Sì, quarant’anni sono davvero un bel po’ di tempo e un traguardo unico e prestigioso, soprattutto per una persona come me che ha fatto della coerenza il suo stile di vita. Quello che ho realizzato può piacere o no, ma è sempre stato fatto senza firmare contratti, senza essersi legato a nessun carrozzone politico, senza aver mai elemosinato niente a nessuno. E questo per me è un titolo di merito, qualcosa per cui sentirsi orgoglioso, la cosa di cui più vado fiero. Oltre all’aver sempre rispettato il mio meraviglioso pubblico, sera dopo sera, cercando di suonare sempre al meglio e senza risparmio di energie!
Mi sembra che nonostante gli otto lustri trascorsi, la Treves Blues Band sia più viva e pimpante che mai. La vena creativa non si è affatto esaurita, nonostante il clima generale non sia dei migliori, eufemismo per evitare il più consono termine deprimente. Dopo la tournée celebrativa hai in programma un disco, un dvd, qualche altro progetto?
Io non sono un grande amante del lavoro in studio, in sala d’incisione mi sento come un… puma in gabbia. L’unico progetto è quello di non deludere mai me stesso e la gente che in questi quarant’anni mi ha dimostrato tanto affetto. Se arriverà qualcosa di nuovo ben venga, ma per ora mi voglio godere la soddisfazione di un 2014 che è stato così ricco di musica, fan, teatri pieni e tanti nuovi giovani arrivati nella grande famiglia della Treves Blues Band!
Mi piacerebbe concludere con un tuo messaggio, un consiglio o un invito, ai giovani che non conoscono il blues, e che magari sono appassionati di musica rock senza conoscerne le radici…
Ascoltate i Nirvana e poi andate a cercare un brano di Leadbelly, ascoltate i Led Zeppelin e poi guardate in rete i video di Willie Dixon, ascoltate gli AC/DC e poi mettete nel lettore un disco di Chuck Berry. Questa è la prima lezione per capire la grandezza del blues, la musica origine, la musica ‘fonte’ dalla quale hanno attinto i grandi complessi rock…
E per concludere, il mio slogan preferito: BLUES ALLE MASSE!