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Home Cultura Suggerimenti di lettura

In libreria – saggistica. Numero 79

Giovanna Cracco by Giovanna Cracco
26 Ottobre 2022
in Suggerimenti di lettura
0
In libreria – saggistica. Numero 79
  • (Paginauno n. 79, ottobre – novembre 2022)

Insicuri da morire, Ass. Società Informazione Onlus (a cura di), Milieu, 136 pagg., 13,00 euro

“Gli incidenti non accadono ma si producono”. Il primo dei Quaderni dei Diritti Globali – iniziativa legata al ventesimo anno di pubblicazione del Rapporto sui Diritti Globali – non poteva che occuparsi delle morti sul lavoro: l’urgenza è scritta nei numeri degli infortuni e delle malattie professionali che si continuano a registrare nel mondo e, soprattutto, nelle loro comuni caratteristiche, sottolineate in tutti gli interventi di questo Quaderno collettivo. Innanzitutto non sono ‘incidenti’: nella maggior parte dei casi sono prevenibili con investimenti nella sicurezza, che le aziende riducono o eliminano in nome del profitto; la precarietà poi li favorisce, con il suo portato di incertezza, ricatto e formazione insufficiente, a cui si aggiungono l’aumento dell’orario di lavoro e la dinamica dei subappalti; anche l’impunità – di fatto se non di diritto, per insufficienza normativa e mancanza di controlli – li produce, mentre i media li naturalizzano. Il risultato è che ci siamo assuefatti, dimenticando che la causa è sistemica e la responsabilità sia economica che politica. Tra analisi, dati e interviste il Quaderno percorre settori e Paesi, e affermando che “il diritto di chi lavora alla sicurezza, alla salute, alla vita deve essere considerato, e tutelato, come un diritto umano fondamentale”, chiama le morti del lavoro con il loro nome: “omicidi”.

Droghe e diritti umani, Ass. Società Informazione Onlus (a cura di), Milieu, 202 pagg., 15,00 euro

La “guerra alla droga” è una guerra. Lanciata nel 1971 da Nixon è divenuta l’approccio dominante perfino dell’ONU, che ha elaborato strategie basate sulla repressione. I dati globali del 2021 parlano di 2,5 milioni di persone in carcere (una su cinque) per reati connessi alla droga, il 22% per uso personale; 35 Paesi prevedono la pena di morte, una esecuzione su tre è stata per droga e almeno 3.000 persone sono nel ‘braccio della morte’. Il punto è che la guerra non è alla sostanza ma a chi ne fa uso, ed è la guerra stessa a produrre violazioni dei diritti umani: “Omicidi, torture, arresti di massa, inosservanza di regole e garanzie, riduzione o annullamento delle libertà, leggi eccezionali, conferimento di poteri abnormi e incontrollati alle polizie, impunità per i responsabili di tali crimini”. A essere violati sono il diritto alla vita, alla salute, all’accesso alle cure, a non essere discriminati… l’elenco è lungo. Mentre le politiche di Riduzione del Danno faticano a imporsi come standard, e ancor meno la legalizzazione e il concetto dei “Diritti dei consumatori di droghe”. Tra analisi e dati questo lavoro offre non pochi spunti di riflessione e cambi di prospettiva a chi è abituato alla criminalizzazione; perché non si tratta di approcciare la questione in modo più umano ma “di scrivere le politiche sulle droghe avendo i diritti umani come linea guida e limite”.

Dopo l’Ucraina, Ass. Società Informazione Onlus (a cura di), Milieu, 160 pagg., 15,00 euro

Se vogliamo essere coerenti quando parliamo di diritti umani, “la guerra non è altro che un insieme di crimini”; dunque fuorilegge dovrebbe essere la guerra stessa e ciò che vi si collega, come la produzione di armamenti e la speculazione finanziaria. E che facciamo poi con i “crimini di pace”? Le stragi, le detenzioni e le torture contro i migranti, le violenze causate dall’estrattivismo, dall’agribusiness e dal land grabbing: non servirebbe anche qui un tribunale internazionale? Cambiare prospettiva è il passo di questo lavoro collettaneo. Passo necessario, perché sui crimini di guerra e l’impotenza a perseguirli delle Corti internazionali molto è già stato detto; certo serve ribadirlo, ma anche rovesciare lo sguardo. E quindi occorre analizzare i crimini di guerra come “crimini di Stato” e riflettere sul “paradosso della legittimità” che ne consegue; esaminare come sia accaduto che la Corte penale internazionale non abbia indagato gli Stati Uniti per crimini di guerra in Afghanistan e un giornalista, Assange, sia in un carcere di massima sicurezza per averli denunciati; occorre infine parlare del Tribunale Permanente dei Popoli, quella tribuna che dà voce e va oltre il limitato “diritto di punire-sanzionare” – di fatto espressione dei più forti – e pone “al centro del Diritto i soggetti del diritto, non le vittime delle violazioni”.

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