Sembra che la stampa italiana abbia scoperto solo poco prima delle elezioni europee del maggio 2014 il fenomeno del fascioleghismo, cioè l’interazione politica fra piccole realtà palesemente neofasciste come CasaPound Italia e la Lega Nord diretta da Matteo Salvini, erede di Umberto Bossi, capace di proiettare un fenomeno caratterizzatosi fin da subito per la peculiarità del localismo in ambito nazionale, un ambizioso progetto atto a creare il ‘Fronte Nazionale’ italiano. Il grosso della stampa però, dimentica che il Carroccio intrattenne apertamente rapporti con certi settori della destra radicale negli anni ’90, nel periodo del suo massimo isolamento politico, dopo aver rotto col centrodestra. Ma questo è quello che ufficialmente viene detto da analisti, politologi e reporter avvezzi e accorti, che non si limitano ad analizzare l’attualità, ma scavano nelle emeroteche, negli archivi online dei quotidiani e scovano certe similitudini. Cambiano i nomi, e ieri era Flavio Tosi, leghista doc e animatore di una Verona nera, aperta alle più radicali anime della destra nazionale e degli skinheads, a essere additato come l’uomo dell’ala dura ma presentabile di via Bellerio, mentre oggi la stampa lo dipinge come moderato, leader della lista Fare!, progetto bocciato alle regionali e alternativa al ‘radicale’ Salvini, amico dei fascisti del III millennio. Ma le radici del flirt coi leghisti non nascono né oggi, né negli anni ’90, ma agli albori del fenomeno leghista.
Affronteremo il tutto – anche se più volte ne abbiamo parlato sulle pagine di Paginauno, ponendo l’attenzione al caso europeo, alla nouvelle droite di Alain de Benoist e alla sua attenzione per l’etnonazionalismo e il populismo identitario, fra cui la Lega Nord – in una serie di approfondimenti storico-politologici, che analizzeranno pezzo per pezzo, decennio per decennio, la fascinazione leghista per il neofascismo e il radicalismo di destra.
Orion e il flirt coi leghisti: una rivolta contro il mondialismo moderno
Le primissime leghe regionali, “formazioni politiche emerse nel corso degli anni ottanta nei contesti regionali a statuto ordinario nel Nord [che] esprimono rivendicazioni ispirate all’autonomia territoriale e all’antagonismo verso il sistema politico tradizionale” (1), hanno una carica antisistemica che ben si coniuga con temi cari e congeniali alla destra radicale come l’identitarismo, il rifiuto dell’immigrazione, la derivante omologazione etnoculturale, la messa in discussione dell’unità d’Italia (soggetto ‘massonico’) e della partitocrazia liberale.
Una delle più interessanti iniziative politico-culturali in seno al radicalismo di destra nel nostro Paese è stato il mensile Orion, nato nel 1984 come un bollettino di informazioni bibliografiche, edito dalla Società Editrice Barbarossa di Maurizio Murelli (2), vicino alle posizioni di Franco Freda. Attivo nella polemica contro il ‘mondialismo’ – come a destra viene definita la globalizzazione neoliberista (3) – a Orion – proprio perché la rivista si poneva come una cassa di risonanza dei temi discussi nell’area, rifiutando qualsiasi percorso politico-organizzativo – collaborarono quasi tutti i più significativi esponenti del radicalismo di destra italiano, e la rivista fu tra i primi periodici a dare spazio alle tematiche negazioniste, creando una rubrica apposita sull’argomento, affidata a Carlo Mattogno. Ancora negli ultimi anni ha pubblicato articoli di Robert Faurisson, esponente più rappresentativo del negazionismo europeo. Su quasi ogni numero non mancano, infine, articoli antisionisti, percepito sia come ‘potere occulto’ che come forza di occupazione in Palestina. Dopo avere appoggiato il regime islamico di Teheran, le attenzioni dei redattori si spostarono verso i circoli e le riviste ‘nazionalcomuniste’ russe, la cosiddetta area rosso-bruna, comprendente i veterostalinisti del Pcfr e i vari nazionalisti neozaristi – fra cui il teorico eurasiatista Aleksandr Dugin.
Negli anni ’90 il mensile è diventato espressione italiana del gruppo di Synergies européennes (Sinergie europee), un’aggregazione di natura culturale che ha visto la confluenza di esponenti del radicalismo di destra e quelli più radicali della nouvelle droite, fra i quali il fiammingo Robert Steuckers. Sul modello del Grece di de Benoist, Orion e Synergies européennes organizzavano annualmente le Università d’estate per simpatizzanti, una scelta critica verso l’approdo sincretico et-et, e nell’edizione del 2000, tenutasi a Gavirate (Varese), vennero poste le basi per CasaPound. Pochi, però, sanno che Orion, fra la fase nazionalista rivoluzionaria e quella rossobruna, ha un flirt con le prime leghe, divenendo uno dei principali laboratori di tale avvicinamento. Infatti prima della nascita della rivista, Murelli, attorno alla Società Editrice Barbarossa, nel 1979 dà vita al Centro culturale Barbarossa di Saluzzo (Cuneo), dove l’editore era in semilibertà vigilata, un sodalizio originalmente legato a Freda e alle Edizioni di Ar, formato da ex ordinovisti e personalità provenienti dal gruppo torinese di Europa civiltà, altro gruppo di estrema destra. Orion diviene il laboratorio politico privilegiato per tale fenomeno.
In Piemonte infatti, fra i primi partiti localisti spicca il Moviment d’arnàssita piemontéisa, detto Lista Piemont, guidato da Roberto Gremmo, che nelle prime tornate elettorali – che corrispondono al primo periodo di vita del Centro culturale Barbarossa – prenderà risultati piuttosto deludenti, cioè lo 0,80% alla regionali del 1980, lo 0,58% alle politiche del 1983 e lo 0,39% alle europee del 1984 (solo 0,75% alla lista sardista e l’Union Valdotaine). L’esplosione del ‘piemontesismo’ avviene nel 1987, quando Piemont (Gremmo) raccoglie l’1,85% (7.000 voti), mentre un’altra lista scissionista, Piemont autonomista di Gipo Farassino – affiancato dall’avvocato Mario Borghezio, ex direttore di Orion-finanza, inserto del mensile murelliano, ex militante dell’organizzazione nazionalcomunitarista Jeune Europe e frequentatore del Centro culturale Barbarossa – ottiene il primo dato significativo, cioè il 3,41% (13.000 voti), superando in provincia partiti storici quali il Psdi, il Msi e altre formazioni ‘nuove’, come i radicali e i verdi.
La scissione di Piemont autonomista – che in teoria avrebbe dovuto indebolire il piemontesismo – è dovuta alla strategia isolazionista di Gremmo, critico verso una strategia unitaria a favore della federazione delle varie leghe nel Nord Italia. L’affermazione avviene in contemporanea al crollo della Liga veneta, che non andrà oltre lo 0,73%, mentre si registrerà l’affermazione della Lega lombarda, che prende l’1,8% ed elegge un senatore, Umberto Bossi, e un deputato, Giuseppe Leoni (4). Da notare che ben “prima del riassetto del panorama politico realizzatosi nel 1994, nella Lega Nord confluirono risorse umane e soprattutto organizzative provenienti dall’ala destra della vecchia Dc e soprattutto dal Msi” (5), senza contare la destra radicale.
Piemont autonomista si caratterizza per la ricerca di interlocutori settentrionali senza abbandonare i temi etnocentrici, com’è evidente dal convegno tenutosi a Torino lo stesso anno, in cui viene stabilito che “l’identità etnico-culturale piemontese è uguale a tutela e salvaguardia della lingua, della cultura, dei modi di essere e dei valori; è senso civile della convivenza, della legalità, dello Stato di diritto, per la difesa dei diritti naturali delle etnie”. Il concetto di etnia è simile a quello di razza: “I diritti naturali delle etnie affondano le loro radici nel tempo dell’evoluzione storica. […] L’etnia va intesa come un momento evolutivo-biologico-socio-culturale unitario. […] Queste realtà biologiche e queste realtà etno-culturali non sono mai state percepite dalle ideologie tradizionali” (6). La regione, infatti, “è concretamente quel che la nazione non sempre è, il contesto entro cui si affermano le culture minoritarie. Il regionalismo, l’etnismo, sono nomi moderni dell’eterna rinascita delle patrie carnali” (7). La destra radicale infatti, all’astrazione della sinistra contrappone idee-forza reali, concrete, come la Nazione, la Razza, il Sangue, il Suolo e l’Heimat, che non necessitano di spiegazioni razionali, che possono invece essere agitati ed evocati giacché le parole “alla fine si rivelano più limitative che rappresentative delle idee” (8).
Il minimo comune denominatore con Orion fa sì che dal 1987 si assiste sul mensile a un maggiore interesse per il regionalismo e il leghismo, e si concretizza quando Murelli pubblica nel numero di novembre il Manifesto dell’Etnocrazia, in cui si dichiara che il radicamento etnoidentitario che parte dal basso, cioè dai quartieri, dai municipi, dalle città e dalle regioni, è l’unico mezzo per smuovere le acque stagnanti dell’impasse di un’Italia uscita duramente e con grandi difficoltà dagli anni di piombo (9). Seguirà quella che potrebbe apparire una penetrazione che ha fra le sue figure chiave Alberto Sciandra, studente universitario e poi dirigente leghista piemontese (cofondatore della sezione di Cuneo nel 1989 e di quella di Saluzzo, candidato alle comunali di Cuneo nel 1990, poi consigliere comunale e segretario provinciale nel 1992-1998), il futuro on. Guido Rossi (teorico dell’alleanza antimondialista con l’Islam, “che la destra radicale ha scoperto vent’anni prima della sinistra”) e Francesco Littera, anche se a fondare nel 1989 la prima sezione leghista a Cuneo – la prima in provincia, guarda caso, è a Saluzzo – contribuiranno personalità provenienti da diversi ambienti politici, ex Psi, ex liberali, ex Dc e addirittura ex comunisti.
La figura di Mario Borghezio – che “a parte la sua militanza con Giovane Europa assieme a Claudio Mutti (tra gli altri) è poi stato contiguo a On in modo particolare legatissimo a Salvatore Francia […] Ferratissimo in Mondialismo e Trilateral […] Fu lui – spiega Murelli – a fornirmi la prima lista dei componenti quando le liste erano segrete” (10), apparse su Orion-finanza nel n. 3, giugno 1985 – era un po’ diversa da quella di oggi: filoislamico e ferocemente antigiudaico, il suo interesse per l’Islam, protrattosi durante il primo governo Berlusconi, quando Borghezio, all’epoca sottosegretario alla Giustizia, si batte per un concordato fra Stato italiano e Unione delle comunità islamiche italiane, è archiviato con gli attentati dell’11 settembre 2001 (11), sposando le tesi fallacciane della maggioranza, forti anche negli ambienti della destra cattolica, una lobby forte nel Carroccio (12).
Il leghista Scianda non nasconde le sue posizioni, “un po’ le suggestioni della nuovelle droite francese, un po’ il tradizionalismo alla Julius Evola”, e approda alla destra radicale – frequentando a Saluzzo il Centro culturale Barbarossa – nonostante il background familiare, padre partigiano ferito in combattimento – come reazione al sinistrismo dei coetanei. È grazie alla lettura di Evola che Sciandra “fa discendere la sua scelta di scegliere la via del guerriero in contrapposizione alla via del sacerdote [due vie dell’uomo previste da Evola, n.d.a.], la scelta, cioè, di fare politica” (13), frequentando il circolo di Saluzzo con l’amico Rossi dopo aver frequentato il gruppo Piero Micca, una società di rievocazione storica composto da figuranti con divise dell’esercito piemontese del 1705–1706, che ricostruivano l’assedio di Torino. La conoscenza della storia locale, l’esaltazione di episodi passati carichi dell’inequivocabile emotività potevano essere usati come miti aggregativi e spesi nell’arena politica, spiega Marco Tarchi, politologo e ideologo della Nuova destra, sottolineando l’urgenza di “saper creare miti fondatori, quindi di aver capacità mitopoietica, e di saper esprimere una liturgia, una sorta di rito comunitario” (14).
Le leghe regionaliste vengono viste dal sodalizio attorno a Orion come un mezzo per scardinare il sistema liberale, retto dalla partitocrazia. Murelli, spiegando ai lettori l’avanzata della Lega lombarda in alcuni comuni della provincia di Varese e di Bergamo a scapito della Dc e del Pentapartito, parla di “Etnocrazia alla riscossa”. Il direttore sostiene che “è pur vero che il discorso politico-culturale che va sfiorando [la Lega] è di estremo interesse e di estrema sintonia con le posizioni già espresse in Orion, almeno potenzialmente. Per questa ragione invitiamo i nostri lettori lombardi ad avvicinarsi alla Lega apportando il loro contributo per una visione più profonda della concezione etnocentrica” (15).
Fra il 1987 e il 1989 Orion pubblicizzerà eventi culturali patrocinati dalle varie leghe regionali, ma pure dall’Union valdotaine schierata a sinistra, e alle elezioni europee del 1989 la rivista dedicherà un’intera pagina pubblicando il seguente appello: “Alle consultazioni per l’elezione del Parlamento europeo si presenteranno alcune liste autonomiste. La nostra indicazione è quella di votare per esse. Non è certamente attraverso queste votazioni che riusciremo a riscattare il destino europeo, ma un piccolissimo contributo lo si può dare utilizzando il voto a favore delle leghe autonomiste siano esse lombarde o sarde. Quantomeno si provocherà profonda irritazione nel sistema partitocratico nazionale e, in caso di successo, oltre a scompaginare i disegni partitocratici, si getteranno le premesse per un tipo di politica radicata al suolo, agli usi e costumi delle diverse popolazioni. Noi ci batteremo per un’Eurasia delle mille bandiere, un’Eurasia senza più nazioni colonizzatrici, confini territoriali imposti a tavolino dal Mondialismo. Contribuiamo tutti alla distruzione dei partiti! Votiamo per le leghe autonomiste tanto al nord quanto al sud! Contribuiamo a scardinare la logica mondialista!” (16).
Quella di Orion è quindi una fase padanista, neocelticista che innalza tutte le regioni etniche a baluardo contro l’omologazione mondialista, arrivando a pubblicizzare Etnie, periodico nato nei primi anni ’80 che si batte per la difesa dei dialetti e delle tradizioni locali di tutto il globo – il cui direttore parteciperà a un numero di Diorama letterario (17), organo della Nuova destra italiana – comunicati della Lega lombarda e recensioni di libri di collaboratori che si avvicineranno in seguito al leghismo (18).
Ma l’attrazione per il soggetto animato da Umberto Bossi, che con Tangentopoli inizia la sua ascesa, comincia a scemare quando la Lega diventa un fenomeno di massa. La redazione si accorge che con la caduta del Muro di Berlino il capitalismo, la struttura, per sopravvivere necessita di cambiamenti radicali in ambito sovrastrutturale, archiviando lo Stato-nazione, l’interventismo statale e puntando tutto su un sistema liquido, federale, funzionale al libero mercato. Il primo ad accorgersi di tutto è il collaboratore Renato Pallavidini, ex esponente del Pci cossuttiano (vicino negli anni ’80 a Interstampa e all’Associazione culturale marxista) passato al fascismo rosso e poi al nazionalcomunismo: il suo background marxista gli permette di spiegare che la Lega Nord è funzionale al disegno mondialista.
I motivi che spingono Bossi a fare politica sono tutt’altro che solidaristi e sociali: “… da un lato un vergognoso sentimento antimeridionale […], dall’altro la volontà egoistica e godereccia di poter usufruire senza problemi, e per intero, di questa ricchezza; una volontà, questa, che è lo specchio fedele di un modello di società individualistica, e frantumata in una miriade di interessi corporativi e reciprocamente contrapposti” (19). Il Carroccio è espressione degli umori di vasti settori di ceti medi e di piccola borghesia, e “può diventare uno strumento delle trame politiche del capitale finanziario italiano e delle forze imperialiste e mondialiste”. Le istanze autonomiste sono funzionali alla logica capitalista come quelle che avevano condotto il grande capitale ad appoggiare il fascismo per poi sovvertirlo definitivamente, trasformandolo in un movimento antiproletario – Pallavidini, vicino al socialismo nazionale e alla Cisnal, in quota rautiana, elogia il fascismo-movimento e non il fascismo-regime.
La Lega, caratterizzata dalla presenza delle classi medie e da un carattere filo-capitalista e neoliberista, seguirebbe la stessa identica logica: “Nel ’22 dalla protesta dei ceti medi nacque il fascismo-regime, oggi sono sorti la Lega Nord e il vento separatista, ma nella sostanza si riproduce, entro forme politiche, programmi, valori diversi, un medesimo ribellismo piccolo-borghese che, privo di una guida cosciente, orientato spontaneamente su un falso obiettivo strategico, rappresentato dalla sola classe politica, può diventare uno strumento del potere economico” (20). Non solo: le manovre economiche dei primi anni ’90 in senso neoliberale – svalutazione della lira, privatizzazioni in vista del Trattato di Maastricht ecc. – servono a “rafforzare i grandi gruppi capitalistici nazionali e transnazionali: modifica la struttura del pubblico impiego, del sistema sanitario, di quello pensionistico, liberando risorse per gli investimenti privati e sottraendole a stipendi e pensioni”. La Lega Nord, col suo liberismo, continua a esistere perché non fa paura ai poteri forti: “Sino a oggi lo hanno lasciato crescere (Bossi), e in parte la Lega serviva a distruggere, al Nord, il consenso sociale ed elettorale dei vecchi partiti, sulle ceneri si vogliono costruire quelle riforme e quel nuovo su cui ci siamo dilungati” (21), un nuovo che predica il libero mercato a destra quanto a sinistra.
Orion abbandonerà in parte il filoleghismo quando si renderà conto che le tesi di Pallavidini sono tutt’altro che infondate, e che la Lega Nord, avvicinandosi sempre di più alla stanza dei bottoni, avrebbe abbandonato ben presto il discorso etnocratico per sposare temi poujadisti, antifiscalisti e apertamente neoliberisti. Lo dimostrano le affermazioni di alcuni esponenti del Carroccio, come Franco Castellazzi, che dichiara: “Noi siamo per il liberismo della piccola e media impresa, a fianco del siur Brambilla, per dire, e non per quello di Gardini. Perché è nel modo di produrre della piccola e media impresa che noi ci riconosciamo, in cui troviamo i valori di vita, le tradizioni, la cura dell’ambiente che ci appartengono” (Il Giorno, 1º marzo 1991). O quelle di Umberto Bossi, che afferma: “Noi siamo ostili ai grandi gruppi, ma vogliamo che il liberalismo conviva con la società. Non abbiamo nulla contro il capitale multinazionale, vogliamo salvare altri valori” (Corriere della Sera, 7 novembre 1990). Concetti ribaditi espressamente nel primo Congresso della Lega, dove la piccola e media impresa è assunta a “base sociale e civile contro l’inciviltà dei partiti”, come “la spina dorsale dell’economia italiana”, senza alcun riferimento ai lavoratori salariati (22).
Senza contare quanto scrive la stampa straniera, come il Wall Street Journal (4 ottobre 1991), che definisce il partito bossiano “il più influente agente di cambiamento della scena politica italiana”. Il settimanale britannico The Economist, il 28 febbraio 1992, si spinge “addirittura oltre, invitando gli elettori italiani a dare il loro voto proprio alla formazione di Bossi oppure al Pri di La Malfa, considerati entrambi come gli unici fautori di rinnovamento all’interno del decadente panorama politico italiano” (23). Tutte posizioni che sembrano cozzare col solidarismo di Orion.
Il flirt coi leghisti sembra aver termine, nonostante nel 1993, per le amministrative a Milano, Orion appoggi la lista civica Federalismo (2.247 voti, corrispondenti allo 0,3%), sostenendo la candidatura di Piero Bassetti, mentre Carlo Terracciano – orionista proveniente dalla Nuova destra, introduttore della geopolitica e dell’eurasiatismo sulle pagine del mensile – è in lista a Firenze per il Movimento autonomista toscano. Ma con il partito di Bossi le cose cambiano. Di fronte a una Lega Nord che cerca di presentarsi come forza antisistemica fondandosi sul neoliberismo – contro il centralismo e l’assistenzialismo di Roma ladrona ai danni del nord produttivo – il gruppo, disilluso da ogni progetto politico parlamentare, decide di sperimentare nuove sintesi molto più radicali rispetto a quelle precedentemente viste: all’Est, nella Russia postcomunista di Boris El’cin, diviene possibile concretizzare l’idea unendo al tutto le suggestioni geopolitiche introdotte sul mensile da Terracciano nel 1986-1987. Da quel momento Orion diventa il laboratorio per un’eresia politicamente scorretta, il nazionalcomunismo, trasformandosi in “Mensile di opposizione globale” (dal n. 99, dicembre 1992, archiviando così la precedente dicitura di “Organo di stampa del Fronte Antimondialista”) e divenendo, come recita la copertina del n. 100, gennaio 1993, “un punto rosso nella galassia nera, un punto nero nella galassia rossa”. Nasce così il nazionalcomunismo.
Attorno a Orion si coagulerà definitivamente il grosso della galassia rosso-bruna italiana, costituendo la più importante rivista dell’area. Ciò non pone tuttavia fine al flirt di tutta la destra radicale o di certi suoi settori più intellettualmente colti con il fenomeno leghista. Chiusa la parentesi di Orion, altri soggetti, come la Nuova destra di Marco Tarchi, si interesseranno al Carroccio, movimento ancora federalista e localista…
1) I. Diamanti, La Lega. Geografia, storia e sociologia di un nuovo soggetto politico, Donzelli, 1993
2) Maurizio Murelli (Milano, 12 ottobre 1954), militante della destra radicale meneghina, ricordato soprattutto come uno dei protagonisti del giovedì nero di Milano, era iscritto al Msi dal 1969. Nel settembre 1972 iniziò a frequentare gli ambienti dei neofascisti milanesi che si davano ritrovo in piazza San Babila. Il 12 aprile 1973 partecipò agli scontri tra neofascisti e forze dell’ordine, nel cosiddetto giovedì nero di Milano, che culminarono con la morte dell’agente di polizia Antonio Marino, colpito al petto da una bomba a mano lanciata da Vittorio Loi, altro militante di piazza San Babila. Murelli fu arrestato assieme a Loi, incriminato per aver gettato le bombe, anche se non fu lui il responsabile della morte di Marino. Fu infine condannato a diciotto anni di reclusione. Durante la prigionia collaborò al bollettino clandestino Quex, promosso da detenuti neofascisti, promotore dello ‘spontaneismo armato’, prima di animare il mensile Orion. Cfr. M. Griner, Anime nere, Sperling & Kupfer, 2014
3) Cfr. M. Fraquelli, A destra di Porto Alegre. Perché la Destra è più noglobal della Sinistra, Rubbettino, 2005. Il mondialismo è “un’ideologia, un progetto, una tendenza […] parte integrante di progetti variamente formulati da diverse organizzazioni tra di loro alleate e concorrenti al tempo stesso; che il Governo Mondiale è un progetto perseguito e non realizzato; che comunque queste organizzazioni hanno un potere enorme e controllano diversi Paesi attraverso mezzadri insediati nei governi, attraverso l’Alta Finanza, il sistema bancario, il sistema creditizio, l’infiltrazione in organismi come l’Onu, il Gatt, l’Unicef ecc.; esse controllano inoltre la totalità dei mezzi di informazione e cercano di agire in modo discreto per plasmare menti e condizionare caratteri; lavora per lo sfruttamento intensivo del Terzo Mondo; lavora attraverso il controllo geopolitico, geofinanziario, geoenergetico; lavora per distruggere culture e popoli, per omologare, omogeneizzare, appiattire, uniformare”. M. Murelli, Fisionomia ed essenza del mondialismo, in Orion, n. 74, novembre 1990
4) Cfr. Repubblica, 17 giugno 1987, e i vari commenti sui quotidiani nazionali. Cfr. G. Galli, I partiti politici italiani (1943-2004), Bur, 2004
5) A. Trabucco, Il sistema politico a Cuneo – Dalla Democrazia Cristiana a Forza Italia, tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, a.a. 2002-2003
6) Convegno sulle autonomie a Palazzo Lescaris / Autonomie perché?, in Piemont Autonomista, n. 1, gennaio 1988
7) A. de Benoist, Le idee a posto, Napoli, Akropolis, 1983
8) F. G. Freda, Il cattiverio e le beatitudini, in Gruppo di Ar, Totalità sociale e comunità organica, Edizioni di Ar, 1982
9) Cfr. Manifesto dell’Etnocrazia, in Orion, a. IV, n. 11, novembre 1987. Il flirt coi leghisti viene accennato da U. M. Tassinari, nel suo Fascisteria. Storia, mitografia e personaggi della destra radicale in Italia, Sperling & Kupfer, 2008
10) M. Murelli, dichiarazione rilasciata a U. M. Tassinari, in www.ugomariatassinari.it 27 maggio 2014
11) Il ‘voltafaccia’ è denunciato dallo stesso Murelli, che scriverà: “Un personaggio stomachevole che riempie sempre più spesso il video è l’onorevole padano Mario Borghezio, che oggi fa della guerra al terrorismo e all’Islam la sua bandiera di lotta. Un altro che ha fatto presto a cambiare cavallo. Il lettore deve sapere che tra il 1985 e il 1990 l’onorevole Borghezio era ospite a casa mia praticamente tutte le settimane. Fu l’ideatore di Orion-finanza, supplemento a Orion. Anch’io passavo per terrorista e più di me passava per terrorista Claudio Mutti che amorevolmente Borghezio soprannominava ‘Muttim’ e della cui amicizia, fin dai tempi di Giovane Europa, menava vanto. Dunque, oltre a frequentare amabilmente me, Salvatore Francia (più volte accusato di essere il terrorista numero uno di Ordine Nuovo), Adriana Pontecorvo (sempre di Ordine Nuovo) e Oggero di Carmagnola (che stampava una rivista intitolata, ma guarda caso, Jihad); oltre ad accompagnarsi a sedicenti ‘colonnelli’ del fantomatico Stato del Sahara Occidentale Spagnolo; oltre a essere accusato lui stesso di atti terroristici (e, mi pare di ricordare, processato) per una lettera anonima della Falange armata inviata all’allora giudice di Torino Violante; ebbene, a parte queste ‘pericolose’ ed ‘equivoche’ frequentazioni ciò che lo contraddistingueva era la sua ideologia ferocemente antiamericana e antigiudaica. Oggi, e cito lui perché è il più insopportabile nei suoi atteggiamenti provocatori e mistificatori di bassa lega, è diventato come molti altri campione dell’intransigenza anti-islamica”. M. Murelli, Occidente fronte infame, in Orion, ottobre 2001. Al quotidiano dei Ds dirà: “Io, in semilibertà, mi ero stabilito a Saluzzo. Là avevo fondato Orion, punto di ritrovo di tante persone di destra. […] Borghezio era un giovane avvocato con origini di estrema destra, aveva il pallino del complotto giudaico-massonico. […] Poi, purtroppo, sono stato io a consigliargli di entrare in Lega. Quel movimento era agli albori. Qualcuno di noi lo considerava una pagliacciata. Altri no. Io ho detto a Mario: prova a entrare, mi pare che in Lega si stia concentrando il discorso delle tradizioni, dell’identità… È entrato, fine anni Ottanta. Dopo un po’ l’ho perso di vista. E me lo ritrovo capovolto. […] Non avrei mai pensato che arrivasse a quest’odio per l’Islam, a questa difesa delle radici cristiane. È inspiegabile, è un nonsenso. […] Perché le radici che consideravamo, allora, erano semmai pagane. […] E comunque l’islamismo è rispettatissimo”. M. Murelli, dichiarazione rilasciata a M. Sartori, Borghezio: Fascio, Lega e Bastone. Ora è il campione della lotta all’Islam ma un tempo gridava al complotto giudaico-massonico, in l’Unità, 23 ottobre 2002
12) Cfr. M.L. Andriola, Chiesa e Lega: una storia di amore e odio, in Lettera43, 12 agosto 2015
13) A. Sciandra, dichiarazione rilasciata a F. Dalmasso, Cuneo, 18 gennaio 2006, in S. Dalmasso, Le Leghe, da C.I.P.E.C – Quaderno n. 17 – Appunti sui partiti politici in provincia di Cuneo (1976 – 1992), http://www.cipec-cuneo.org/quaderni/cipec34.htm
14) M. Tarchi, Dalla politica al “politico”: il problema di una nuova antropologia, in A più mani, Al di là della destra e della sinistra, LEdE, 1982
15) M. Murelli, Etnocrazia alla riscossa, in Orion, a. IV, n. 3, marzo 1988
16) Elezioni europee, n.f., in Orion, aprile 1989
17) G. Fiocchi, Lumbard, parlemm lumbard, in Etnie, n. 13, gennaio 1987 e, per un’analisi più completa, R. Biorcio, La Padania promessa, Il Saggiatore, 1997
18) Mi riferisco a Noi, celti e longobardi di Gualtiero Ciola, in arte Walto Hari, esponente del Movimento odinista che, oltre a collaborare a Orion, parteciperà all’esperienza dei Quaderni Padani dell’ex neodestrista Gilberto Oneto e a La Padania, occupandosi di etnografia e storia locale, o pubblicando reportage sui movimenti indipendentisti d’Europa, come quello nordirlandese, dando voce a Gerry Adams, lo storico leader dell’Ira; occupandosi dei fiamminghi, dei bretoni o di movimenti affini al gruppo di Orion; pubblicizzando le relative feste etniche che si svolgevano in Europa, come il Festival Interceltico che si teneva a Lorient, in Bretagna, che dava voce al movimento bretone, o la kermesse fiamminga Diksmuide. Nel 1988 Marco Battarra – socio di Murelli e all’epoca proprietario della Bottega del fantastico, libreria di area e nuova redazione di Orion dopo il trasferimento del suo fondatore da Saluzzo a Cusano Milanino – riguardo a Diksmuide, in un monografico dedicato al Movimento Fiammingo (in copertina la Torre d’Yser, il vessillo fiammingo, e il motto “Combatti con noi per costruire l’Europa dei popoli, lotta con noi per costruire l’Europa Etnica”), la descrive come “… una favolosa festa […] [a cui] abbiamo fraternamente partecipato: noi – i soli italiani presenti, assieme a un rappresentante della Lega lombarda – e numerosi rappresentanti di altri gruppi, europei, sudafricani, avvolti dalla sempre calorosa accoglienza dei camerati fiamminghi, nostri fratelli di lotta. Qui la birra scorre a fiotti, le fanciulle sono bionde e belle, i giovani sfilano con le bandiere al suono di trombe e tamburi. Diksmuide è il crogiolo della futura Europa dei popoli, l’Europa nella quale andremo a testa alta e capelli al vento”. M.B. [M. Battarra], Diksmuide 1988, in Orion, ottobre 1988
19) R. Pallavidini, Lega Nord e dintorni, in Orion, dicembre 1991
20) R. Pallavidini, Elezioni ’92: un’analisi, in Orion, nuova serie, aprile 1992
21) R. Pallavidini, Italia novembre 1992, in Orion, nuova serie, novembre 1992
22) Cfr. V. Moioli, Il tarlo delle Leghe, a cura della Associazione Culturale A. Gramsci, ed. Comedit 2000, 1991 e P. Griseri, Nel Paradiso del senatur, Il manifesto, 8 novembre 1992
23) L. Costantini, Dentro la Lega, Euripes/Koinè, 1994