Francesca Albanese, Consiglio ONU per i Diritti Umani
Nei dettagli del Rapporto ONU di Francesca Albanese i nomi noti e quelli finora sconosciuti delle realtà che da anni traggono profitto dall’Occupazione dei Territori Palestinesi e oggi dal genocidio di Gaza: dai produttori di armi ai fondi pensione, dalle aziende tecnologiche alle industrie estrattive
Dopo aver presentato nel marzo 2024 il Rapporto A/HRC/55/73, Anatomia di un genocidio, il 30 giugno 2025 Francesca Albanese deposita il Rapporto A/HRC/59/23, Dall’economia di Occupazione all’economia del genocidio, di cui pubblichiamo qui un estratto con traduzione a cura di Paginauno (qui il Report originale in inglese https://www.un.org/unispal/document/a-hrc-59-23-from-economy-of-occupation-to-economy-of-genocide-report-special-rapporteur-francesca-albanese-palestine-2025/ con le 440 note a piè di pagina che Albanese include a sostegno di ogni dato e fatto inseriti, e con l’allegato “Panoramica del quadro giuridico che disciplina la responsabilità legale delle entità aziendali nei Territori palestinesi occupati”, che non riportiamo unicamente per ragioni di spazio). I Report di Albanese non possono essere sintetizzati, perché ogni singolo dettaglio incluso è fondamentale nel tracciare il quadro generale e nel supportare la chiave di lettura del Rapporto. In questo documento, Albanese ricostruisce il ruolo della logica capitalistica del profitto nell’occupazione illegale di Israele, chiamando a rispondere ciascuna impresa della propria responsabilità nella pratica coloniale dello sfollamento e della sostituzione che mira “a espropriare e cancellare i palestinesi” dalla loro terra. Sono coinvolti produttori di armi, aziende tecnologiche, imprese edili e di costruzione, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione e assicurazioni, fino a università e organizzazioni benefiche invischiate non per profitto ma per ideologia e interessi. Realtà che, come anticipa il titolo stesso del Rapporto, prima hanno tratto vantaggi dall’Occupazione, oradal genocidio. Si va da nomi più noti – IBM, HP, Microsoft, Alphabet, Amazon, Palantir, Caterpillar, Glencore, Chevron, Airbnb, BNP Paribas, Barclays, Blackrock, Vanguard, Allianz, AXA, il MIT statunitense (1) e tanti altri – a quelli quasi sconosciuti – come Heidelberg Materials AG, Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles, Keller Williams Realty, Drummond Company, Bright Dairy & Food Co., Netafim. Li tiene insieme quella che Albanese definisce una “impresa criminale congiunta”, ed è di fatto un intreccio stupefacente di settori produttivi e di servizi ciò che si muove dietro l’Occupazione e il genocidio. “Le entità menzionate nel Rapporto” scrive Albanese, “costituiscono solo una frazione di una struttura molto più profonda di coinvolgimento aziendale, che trae profitto e favorisce violazioni e crimini nei Territori Palestinesi Occupati”. Conoscere i loro nomi ci dà una carta in più per lottare contro l’Occupazione e il genocidio condotti da Israele in Palestina.
1. Riepilogo
Questo Rapporto indaga i meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei Territori Occupati. Mentre leader politici e governi si sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana basata sull’occupazione illegale, sull’apartheid e, ora, sul genocidio. La complicità denunciata da questo Rapporto è solo la punta dell’iceberg; porre fine a tale situazione non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato, compresi i suoi dirigenti. Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di responsabilità, ognuno dei quali richiede esame e rendicontazione, in particolare in questo caso, dove sono in gioco l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. È un passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha permesso.
Introduzione
Gli sforzi coloniali e i genocidi a essi associati sono stati storicamente guidati e resi possibili dal settore aziendale. Gli interessi commerciali hanno contribuito all’espropriazione dei popoli e delle terre indigene – una modalità di dominio nota come ‘capitalismo razziale coloniale’. Lo stesso vale per la colonizzazione israeliana delle terre palestinesi, la sua espansione nel Territorio Palestinese Occupato e l’istituzionalizzazione di un regime di apartheid coloniale di insediamento. Dopo aver negato l’autodeterminazione palestinese per decenni, Israele sta ora mettendo a repentaglio l’esistenza stessa del popolo palestinese in Palestina.
Il ruolo delle entità aziendali nel sostenere l’occupazione illegale di Israele e la campagna genocida in corso a Gaza è l’oggetto di questa indagine, che si concentra su come gli interessi aziendali sostengano la duplice logica coloniale israeliana dello sfollamento e della sostituzione, volta a espropriare e cancellare i palestinesi dalle loro terre. L’indagine esamina realtà societarie in vari settori: produttori di armi, aziende tecnologiche, imprese edili e di costruzione, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione, assicurazioni, università e organizzazioni benefiche. Queste entità consentono la negazione dell’autodeterminazione e altre violazioni strutturali nei Territori Palestinesi Occupati, tra cui l’occupazione, l’annessione e i crimini di apartheid e genocidio, nonché una lunga lista di crimini accessori e di violazioni dei diritti umani, dalla discriminazione alla distruzione indiscriminata, allo sfollamento forzato e al saccheggio, fino alle uccisioni extragiudiziali e alla fame…
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