B’Tselem
Il report di B’Tselem guarda a Gaza, Cisgiordania e ai palestinesi israeliani, e analizza il genocidio in atto nella Striscia come un processo iniziato nel 1948, attraverso il regime di apartheid, i meccanismi di disumanizzazione e la cultura dell’impunità. Mentre a febbraio l’82% degli ebrei israeliani si dichiarava a favore della deportazione della popolazione di Gaza
Com’è possibile che la popolazione ebraica di Israele accetti che il proprio governo compia, in suo nome, un genocidio? Com’è possibile che da due anni, nelle manifestazioni di piazza contro Netanyahu, la gran parte dei cittadini israeliani chieda a gran voce la fine della guerra a Gaza unicamente in nome della liberazione degli ostaggi? Com’è possibile che non chieda la fine della guerra anche in nome della cessazione del massacro della popolazione palestinese della Striscia? Sono domande che lasciano muti. Sicuramente la propaganda di guerra, portata avanti dalla classe politica e dai principali media israeliani, satura, dirige e manipola la pubblica opinione interna al Paese. Tuttavia, grazie a internet e agli smartphone, è semplice per un cittadino di Israele leggere testate internazionali che elencano dati, numeri, avvenimenti e forniscono una chiave di lettura differente rispetto alla propaganda del governo Netanyahu (anche solo testate mainstream come BBC, CNN ecc.). E quindi? Com’è possibile?
Non per cercare di dare una risposta – è sempre difficile darla dall’esterno – ma per tentare di avere almeno un quadro, per quanto nebuloso, di ciò che si muove all’interno del Paese, pubblichiamo due report opposti redatti da due realtà israeliane: B’Tselem e il Begin-Sadat Center for Strategic Studies. Il primo rapporto si intitola Il nostro genocidio (Our Genocide), l’altro (pag. 28), di segno opposto, nega che sia in atto un genocidio e titola Debunking dell’accusa di genocidio: un riesame della guerra Israele-Hamas dal 7 ottobre 2023 al 1° giugno 2025 (Debunking the Genocide Allegations: A Reexamination of the Israel-Hamas War from October 7, 2023 to June 1, 2025).
B’Tselem è un’organizzazione israeliana per i diritti umani che così si definisce: “Lavoriamo da oltre 35 anni per denunciare le sistematiche violazioni dei diritti umani dei palestinesi da parte di Israele; documentiamo e studiamo i danni causati ai palestinesi sotto il regime di apartheid e occupazione israeliano; documentiamo gli incidenti sul campo, denunciamo le azioni e i crimini di Israele, analizziamo le politiche che li guidano e identifichiamo i meccanismi politici, sociali e statali che li rendono possibili. Dentro B’Tselem ebrei-israeliani e palestinesi provenienti dalla Striscia di Gaza, dalla Cisgiordania, da Gerusalemme Est e da Israele lavorano fianco a fianco, guidati dalla convinzione che la difesa dei diritti umani sia un obbligo umano e morale fondamentale”. Il 28 luglio scorso B’Tselem pubblica il report Il nostro genocidio, che qui riportiamo in estratto in alcune sue parti, con traduzione a cura di Paginauno (1). Il Rapporto conta 88 pagine, e si snoda lungo percorsi storici e attuali, contestualizzando, dettagliando e analizzando. Per ragioni di spazio abbiamo scelto di tralasciare parti e capitoli relativi alle azioni militari intraprese da Israele nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania a partire dall’ottobre 2023, nell’idea che avvenimenti e dati siano – si spera – ormai noti, optando per dare visibilità alla parte del Report che racconta aspetti forse meno conosciuti. Per dare conto di uno sguardo generale, il sommario del Rapporto riporta: IL GENOCIDIO ISRAELIANO CONTRO IL POPOLO PALESTINESE: 1. Uccidere e causare gravi lesioni fisiche, 2. Distruzione delle condizioni di vita, 3. Spostamento forzato, 4. Distruzione sociale, politica e culturale, 5. Il sistema carcerario come rete di campi di tortura, 6. Attacco allo status di rifugiato dei palestinesi, 7. Incitamento al genocidio e alla disumanizzazione dall’ottobre 2023; IL GENOCIDIO COME UNPROCESSO: 1. Le fondamenta del regime (1948-2023), Il regime di apartheid israeliano – ingegneria demografica, pulizia etnica e segregazione, Meccanismi di disumanizzazione e rappresentazione dei palestinesi come una minaccia esistenziale, Cultura dell’impunità, 2. L’attacco del 7 ottobre 2023: un evento scatenante, 3. Sfruttamento dell’occasione da parte di un governo di estrema destra. Ogni capitolo entra poi nel dettaglio delle azioni intraprese da Israele nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e al suo interno verso i cittadini palestinesi. Non c’è molto da aggiungere alla lettura del Report, se non sottolinearne la capacità di tenere insieme tempo e spazio, in un approccio di analisi complessivo dei rapporti tra Israele e il popolo palestinese. “Le fondamenta formali di questo regime” scrive B’Tselem, “furono gettate con la fondazione dello Stato di Israele, sulla base di preesistenti presupposti ideologici. Fin dall’inizio, l’obiettivo era chiaro: consolidare la supremazia del gruppo ebraico su tutto il territorio sotto il controllo israeliano. Lo strumento principale per realizzare questo principio guida è stato l’istituzione di un regime di apartheid (che, a differenza della situazione storica e politica del Sudafrica, non è mai stato formalmente dichiarato tale e, di fatto, è stato costantemente negato dai governi israeliani). Questo regime è concepito per consolidarela supremaziadi un gruppo attraverso l’ingegneria demografica, la separazione, la manipolazione del discorso pubblico, l’indottrinamento, il militarismo e, naturalmente, l’uso della forza e della violenza”.
1. INTRODUZIONE
Dall’ottobre 2023, Israele ha radicalmente cambiato la sua politica nei confronti dei palestinesi. In seguito all’attacco del 7 ottobre 2023 guidato da Hamas, Israele ha lanciato un’intensa campagna militare nella Striscia di Gaza, ancora in corso a più di 20 mesi di distanza. L’attacco israeliano a Gaza include: uccisioni di massa, sia con attacchi diretti che attraverso la creazione di condizioni di vita catastrofiche che continuano ad aumentare l’enorme numero di vittime; gravi danni fisici o mentali all’intera popolazione della Striscia; distruzione su larga scala delle infrastrutture; distruzione del tessuto sociale, comprese le istituzioni educative e i siti culturali palestinesi; arresti di massa e abusi sui detenuti nelle carceri israeliane, che sono di fatto diventate campi di tortura per migliaia di palestinesi detenuti senza processo; sfollamenti forzati di massa, inclusi tentativi di pulizia etnica e la loro trasformazione in un obiettivo di guerra ufficiale; e un attacco all’identità palestinese attraverso la deliberata distruzione dei campi profughi e i tentativi di indebolire l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA). Le conseguenze di questo attacco su vasta scala alla Striscia di Gaza sono gravi e, almeno in parte, irreparabili, nei danni che comportano a oltre due milioni di persone colpite in quanto parte del popolo palestinese.
Un esame della politica israeliana a Gaza e dei suoi orribili esiti, insieme alle dichiarazioni di importanti politici e comandanti militari israeliani sugli obiettivi dell’attacco, porta all’inequivocabile conclusione che Israele sta intraprendendo un’azione coordinata per distruggere intenzionalmente la società palestinese nella Striscia. In altre parole: Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. […]
Il genocidio si attua attraverso pratiche molteplici e parallele nel corso del tempo, e l’uccisione fisica di massa è solo una di queste. La distruzione delle condizioni di vita, a volte in zone di concentramento o campi di concentramento, il tentativo sistematico di impedire la riproduzione, la violenza sessuale diffusa contro i membri di un gruppo o la loro espulsione di massa, possono essere tutti – e lo sono stati nel corso della storia – tra i mezzi utilizzati dagli Stati o dalle autorità al potere per distruggere gruppi etnici, nazionali, razziali, religiosi e di altro tipo. Di conseguenza, gli atti di genocidio sono varie azioni volte a provocare la distruzione di un gruppo distinto, come parte di uno sforzo deliberato e coordinato da parte di un’autorità al potere.
Il genocidio avviene sempre in un contesto: ci sono condizioni che lo rendono possibile, eventi catalizzatori e un’ideologia guida. L’attuale aggressione al popolo palestinese deve essere compresa nel contesto di oltre settant’anni in cui Israele ha imposto un regime violento e discriminatorio ai palestinesi, assumendo la sua forma più estrema contro coloro che vivono nella Striscia di Gaza.
Come tutti i regimi, il regime israeliano è un sistema che segue una logica di fondo e utilizza meccanismi statali per raggiungere i propri obiettivi. Nell’ambito di modelli più ampi di colonialismo d’insediamento, che hanno caratterizzato le relazioni tra ebrei e palestinesi fin dalle prime fasi dell’insediamento sionista, il regime israeliano opera per garantire la supremazia ebraica sui palestinesi – economicamente, politicamente, socialmente e culturalmente. A tal fine, il regime di apartheid e occupazione ha istituzionalizzato meccanismi di controllo violento, ingegneria demografica, discriminazione e frammentazione della collettività palestinese. Queste fondamenta, poste dal regime, sono ciò che ha reso possibile il lancio di un attacco genocida contro i palestinesi subito dopo l’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre 2023. B’Tselem sottolinea in particolare tre elementi fondamentali: la vita sotto un regime di apartheid che impone separazione, ingegneria demografica e pulizia etnica; l’uso sistemico e istituzionalizzato della violenza contro i palestinesi, mentre i colpevoli godono di impunità; e meccanismi istituzionalizzati di disumanizzazione e di inquadramento dei palestinesi come una minaccia esistenziale.
Tali condizioni possono persistere nel tempo senza evolversi in un genocidio. Spesso, un evento violento che crea un senso di minaccia esistenziale nel gruppo è il catalizzatore che spinge il sistema al potere a compiere un genocidio. L’attacco di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi del 7 ottobre 2023 è stato un catalizzatore di questo tipo. […]
Il genocidio israeliano è in atto nella Striscia di Gaza, dove la violenza del regime contro i palestinesi si manifesta nella sua forma più estrema e letale. Eppure, l’attacco a Gaza non può essere disgiunto dall’escalation di violenza inflitta, a vari livelli e in forme diverse, ai palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e all’interno di Israele.
In questo contesto, è importante notare le somiglianze tra queste aree: in definitiva, le stesse truppe operano a Gaza e nelle altre aree, sotto gli stessi comandanti e la stessa leadership politica. Le pratiche che Israele sta impiegando in altre aree riflettono spesso la logica di governo applicata a Gaza: totale disprezzo per la vita umana, gravi danni agli innocenti, distruzione diffusa di aree residenziali e condizioni di vita, pulizia etnica e palese violazione degli obblighi morali e del diritto internazionale. Allo stesso tempo, molte figure militari e politiche di alto livello minacciano di applicare contro i palestinesi in altre aree lo stesso grado di forza attualmente utilizzato a Gaza.
In queste zone, come a Gaza, vengono commessi crimini letali contro i palestinesi senza che i responsabili siano chiamati a rispondere delle proprie azioni. La violenza e la distruzione in queste aree si stanno intensificando nel tempo, senza che alcun meccanismo nazionale o internazionale efficace intervenga per fermarli. Di conseguenza, questi crimini stanno diventando normali agli occhi di soldati, comandanti, politici, personaggi dei media e degli israeliani in generale.
Mentre perpetra il genocidio nella Striscia di Gaza, il regime israeliano continua a controllare la vita dei palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e all’interno di Israele. Data la continua e chiara escalation della violenza israeliana contro i palestinesi in tutte queste aree – che include di per sé crimini molto gravi – dobbiamo chiedere la fine immediata del genocidio israeliano contro i palestinesi nella Striscia di Gaza e mettere in guardia dal chiaro e imminente pericolo che il genocidio non rimanga confinato a Gaza.
[…]
4. IL GENOCIDIO ISRAELIANO CONTRO IL POPOLO PALESTINESE
C. Spostamento forzato
Sfollamento forzato nella Striscia di Gaza
Circa 1,9 milioni di palestinesi, il 90% della popolazione di Gaza, è stato sfollato forzatamente almeno una volta dall’ottobre 2023. La maggior parte degli sfollati sono rifugiati o discendenti di rifugiati che furono espulsi dalle loro case durante la Nakba del 1948. Nel corso dell’assalto, sono diventati rifugiati per una seconda, terza o addirittura quarta volta. Il trauma collettivo e personale che ha plasmato la società palestinese per quasi ottant’anni è diventato, ancora una volta, una realtà vissuta. […]
Il 13 ottobre 2023, l’esercito ha emesso i primi ordini di evacuazione di massa per i residenti di Gaza. Gli ordini intimavano ai residenti della parte settentrionale della Striscia di abbandonare immediatamente le proprie case e fuggire verso sud. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a decidere dove fuggire, senza sapere se o quando sarebbe stato loro consentito di tornare. Entro la fine del 2023, l’esercito ha iniziato a istituire il Corridoio di Netzarim, una zona cuscinetto che attraversa la Striscia da est a ovest lungo il confine meridionale di Gaza City, separando di fatto il nord dal sud. Nel corso dell’assalto israeliano, la zona cuscinetto si è espansa, raggiungendo al suo apice i sette chilometri di larghezza. Quest’area è stata designata come zona di uccisione, il che significa che qualsiasi palestinese trovato al suo interno sarebbe stato ucciso. Lo scopo di questa divisione era, tra le altre cose, controllare il movimento dei residenti verso il sud di Gaza e impedirne il ritorno verso nord. Nel corso del tempo, Israele ha ripetutamente ordinato ai residenti di evacuare e, a giugno 2025, l’85% della Striscia di Gaza è incluso negli ordini di evacuazione militare o sotto il controllo dell’esercito israeliano. […]
Per molti mesi, il governo israeliano ha attivamente cercato di promuovere il trasferimento degli sfollati da Gaza in vari Paesi del Medio Oriente, dell’Africa, dell’Europa e del Sud America. Nel marzo 2025, il governo israeliano ha approvato l’istituzione di un’Amministrazione per le Partenze Volontarie incaricata di eseguire l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi dalla Striscia. A partire da maggio 2025, alti funzionari israeliani hanno dichiarato esplicitamente che la pulizia etnica di Gaza era un obiettivo centrale della guerra, affermando che la distruzione della Striscia e il controllo israeliano sugli aiuti umanitari erano mezzi per realizzare tale obiettivo. […] Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, in una riunione della Commissione Affari Esteri e Difesa all’inizio di maggio, ha dichiarato: “Stiamo distruggendo sempre più case e gli abitanti di Gaza non hanno un posto dove tornare. L’unica conseguenza inevitabile sarà il desiderio degli abitanti di Gaza di emigrare fuori dalla Striscia di Gaza”. Il “problema principale”, ha aggiunto, “riguarda i Paesi in cui emigreranno”. Netanyahu ha anche affermato, riferendosi al piano di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, che l’accesso ai “centri di aiuto” sarebbe stato subordinato al fatto che gli abitanti di Gaza non facessero ritorno nelle aree da cui erano partiti. Giorni prima, il ministro Smotrich aveva spiegato: “Penso che saremo in grado di dichiarare ‘vittoria’ entro pochi mesi. Gaza sarà completamente distrutta, i suoi civili saranno concentrati dal Corridoio Morag [che taglia la Striscia da est a ovest tra Khan Yunis e Rafah] verso sud, e da lì partiranno in gran numero verso Paesi terzi”.
Fare della pulizia etnica di Gaza uno degli “obiettivi ufficiali della guerra” e ricorrere alla fame e alla distruzione di infrastrutture e case per raggiungerlo non sono solo gravi crimini e atti genocidi di per sé, ma rivelano anche la mentalità e le intenzioni dei principali decisori durante tutta la guerra.
Sfollamento forzato in Cisgiordania
Dall’ottobre 2023, gli attacchi militari e la violenza dei coloni e dei militari in Cisgiordania hanno causato lo sfollamento delle comunità palestinesi a una portata mai vista da quando Israele ha occupato la Cisgiordania nel 1967. 38 comunità palestinesi, comprendenti 67 complessi residenziali, sono state trasferite con la forza a causa della violenza, e altre otto, comprendenti nove complessi residenziali, sono state parzialmente sfollate. Un totale di 2.409 persone, tra cui almeno 1.056 minori, sono state sradicate dalle loro case. A giugno 2025, altre migliaia di persone che vivevano in decine di altre comunità palestinesi erano a rischio reale di espulsione a causa dei continui attacchi quotidiani dei coloni. […]
L’operazione militare “Muro di Ferro”, lanciata nel gennaio 2025 e concentrata principalmente nei campi profughi nella Cisgiordania settentrionale, ha portato allo sfollamento di oltre 40.000 palestinesi. Sebbene l’esercito abbia affermato di non avere una politica ufficiale di evacuazione di queste aree, le testimonianze rilasciate a B’Tselem e al quotidiano Haaretz hanno descritto soldati che costringevano i residenti ad andarsene sotto minaccia e, a volte, sotto la minaccia delle armi. […]
Nel febbraio 2025, il ministro della Difesa Israel Katz ha annunciato che l’esercito intendeva rimanere nei campi profughi per tutto l’anno successivo e che ai residenti non sarebbe stato permesso di farvi ritorno durante questo periodo. Dal gennaio 2025, le città e i campi profughi nella Cisgiordania settentrionale sono diventati città fantasma, ora occupati esclusivamente dalle forze militari. Nel maggio 2025, il campo profughi di Jenin, completamente spopolato, è stato descritto come “un grande avamposto militare” e i rapporti indicavano che l’esercito stava continuando a demolire gli edifici del campo per creare percorsi per i veicoli militari. […]
Sfollamento forzato all’interno di Israele
Nell’aprile 2024, il governo israeliano ha trasferito l’Autorità per l’applicazione delle leggi fondiarie dal Ministero delle Finanze al Ministero della Sicurezza Nazionale, guidato dal ministro Itamar Ben Gvir. Nei mesi successivi, il Ministero ha annunciato che, in conformità con la politica del ministro, si era verificato un aumento del 400% degli ordini di demolizione emessi per le abitazioni nel Negev. Secondo i dati della polizia, nel 2024 sono stati demoliti 3.746 dunam (1 dunam = 0,1 ettari) di superficie edificata, la maggior parte dei quali nel Negev. Questa cifra rappresenta un aumento del 274% rispetto al 2023. Due villaggi, Wadi al-Khalil e Umm al-Hiran, sono stati quasi completamente rasi al suolo e altri tre quartieri sono stati cancellati dalla mappa. Di conseguenza, oltre 1.000 persone sono rimaste senza casa.
Nel maggio 2025, Israele ha iniziato a demolire tutte le 300 case del villaggio non riconosciuto di a-Sar, che ospita circa 3.000 residenti. […] Israele prevede di costruire diverse comunità ebraiche o di espandere quelle esistenti sulle rovine di questi villaggi non riconosciuti, i cui residenti sono stati trasferiti con la forza, e su terreni appartenenti a villaggi del Negev destinati a future demolizioni.
D. Distruzione sociale, politica e culturale nella Striscia di Gaza
La diffusione dell’anarchia
Con il pretesto della guerra contro il regime di Hamas, Israele ha sferrato un attacco senza precedenti all’ordine civile e sociale della Striscia di Gaza. Tutte le forze dell’ordine a Gaza, compresi agenti e comandanti di polizia, nonché le unità di protezione civile, sono state sistematicamente prese di mira dalle forze israeliane durante i mesi di combattimenti. Di conseguenza, e in un contesto di grave carenza di beni di prima necessità per la sopravvivenza, l’OHCHR ha dichiarato nel luglio 2024 che “l’anarchia si sta diffondendo” in tutta la Striscia, portando allo “sgretolamento del tessuto sociale di Gaza, mettendo le persone le une contro le altre in una lotta per la sopravvivenza e lacerando le comunità”. […]
Aggressione al nucleo familiare
L’attacco israeliano ha avuto un impatto devastante sul nucleo familiare nella Striscia di Gaza. Tra l’inizio dell’offensiva e marzo 2025, circa 14.000 donne nella Striscia sono rimaste vedove e ora sono le uniche responsabili delle loro famiglie. Circa 40.000 bambini hanno perso uno o entrambi i genitori, in quella che sembra essere la più grande crisi di orfani della storia moderna. Un’indagine dell’UNICEF dell’aprile 2024 ha rilevato che il 41% delle famiglie a Gaza si prende cura di bambini non propri. […]
L’offensiva israeliana ha anche interrotto la possibilità per i residenti di celebrare il lutto. A causa dell’enorme portata delle morti, scavare fosse comuni vicino agli ospedali e negli spazi pubblici è diventato un’abitudine. […]
Tutto ciò, unito allo sfollamento prolungato, alla distruzione di moschee e chiese e ai danni ai cimiteri che hanno reso difficile lo svolgimento di preghiere, funerali e raduni di lutto, ha ulteriormente minato la capacità delle famiglie di elaborare le proprie perdite. […]
Assalto all’istruzione
Ad aprile 2025, circa il 90% di tutte le scuole di Gaza era stato danneggiato a causa di bombardamenti aerei e persino incendi dolosi e distruzioni perpetrati dalle forze israeliane. Molti degli edifici rimasti in piedi sono poi stati trasformati in rifugi per sfollati interni, che a loro volta diventavano ripetutamente obiettivi di attacchi. Di conseguenza, a giugno 2025, nessuno dei bambini di Gaza in età scolare, circa 658.000, aveva frequentato la scuola da più di 18 mesi.
Diverse organizzazioni hanno avvertito che questa devastazione avrebbe avuto conseguenze gravi e a lungo termine sullo sviluppo emotivo, intellettuale e sociale dei bambini di Gaza, privati di qualsiasi forma di routine, delle reti di supporto tipicamente fornite dagli educatori e di spazi di interazione, svago e gioco con i coetanei. […] Si prevede che la distruzione del sistema educativo di Gaza lascerà profonde cicatrici nella società palestinese per generazioni. […]
Aggressione al patrimonio storico e religioso
A giugno 2024, Israele aveva distrutto circa 206 siti archeologici e storici nella Striscia di Gaza, tra cui mercati pubblici e quartieri antichi, alcuni risalenti a oltre mille anni fa. In diversi casi, i rapporti indicavano che le forze militari israeliane avevano saccheggiato reperti archeologici da siti archeologici e musei in tutta la Striscia.
Anche biblioteche, musei, archivi, teatri e altre istituzioni culturali sono stati distrutti, tra cui l’archivio centrale di Gaza City. I documenti storici lì conservati, alcuni risalenti a 150 anni fa, sono stati distrutti da un incendio. […]
Distruzione sociale, politica e culturale in Cisgiordania
Assalto all’istruzione
Negli ultimi due anni, il diritto all’istruzione per bambini e ragazzi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, ha subito gravi danni. Nella Cisgiordania settentrionale, quasi 12.000 bambini sfollati a causa degli attacchi militari israeliani si trovano attualmente in centri per sfollati interni, la maggior parte dei quali senza accesso a spazi o risorse per l’apprendimento. […]
Aggressione al patrimonio storico e ai rituali religiosi
L’ampia offensiva che Israele sta conducendo contro l’identità e la cultura palestinese include anche attacchi alle pratiche religiose e ai luoghi di culto in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. […]
Distruzione sociale, politica e culturale all’interno di Israele
Censura e silenziamento
Durante i mesi dell’attacco israeliano a Gaza, qualsiasi espressione di solidarietà con i residenti di Gaza o critica verso la politica letale di Israele è stata inquadrata come tradimento e ha subito dure conseguenze o, a volte, è stata addirittura vietata. Per esempio, la polizia ha imposto un divieto assoluto alle proteste e ai raduni palestinesi, sia che si svolgessero in opposizione alle azioni di Israele a Gaza sia che avessero obiettivi non correlati ma comportassero manifestazioni di identità palestinese. Un’ondata di arresti iniziata nell’ottobre 2023 ha travolto ogni ambito della vita pubblica. Personaggi della cultura, educatori, accademici e attivisti palestinesi sono stati arrestati e interrogati principalmente per aver espresso solidarietà a Gaza, esposto simboli palestinesi o pubblicato contenuti religiosi, anche sui social media. […]
Anche l’attacco alla cultura palestinese all’interno della Linea Verde si è intensificato, con arresti di personalità culturali palestinesi e divieti sull’arte palestinese, spesso su ordine diretto del ministro della Cultura.
Sul fronte legislativo, le proposte di modifica alla Legge Antiterrorismo, approvate in prima lettura alla Knesset nel 2024, miravano a consolidare il reato di istigazione come strumento del governo israeliano per mettere a tacere le voci critiche. Un disegno di legge approvato in prima lettura nell’ottobre 2024 mirava a ridurre, fino a eliminare del tutto, la rappresentanza dei cittadini palestinesi di Israele nella Knesset. […]
Crimine
I tentativi di frammentare e indebolire la società palestinese all’interno di Israele includono anche la sistematica e deliberata negligenza negli sforzi per combattere la criminalità organizzata, che sta erodendo la comunità dall’interno. In un sondaggio del 2024 dell’Israel Democracy Institute, circa due terzi degli intervistati palestinesi hanno riferito di uno scarso senso di sicurezza personale. Questa precarietà ha creato un clima di paura e sospetto reciproco, minando gravemente la coesione della comunità.
Abbandonare la vita dei cittadini palestinesi di Israele nelle mani di bande criminali è il risultato di una discriminazione e di una negligenza di lunga data da parte dello Stato israeliano. […]
E. Il sistema carcerario come rete di campi di tortura
Per decenni, Israele ha imprigionato centinaia di migliaia di palestinesi, tra cui molti membri della comunità e leader politici in diverse regioni. Il progetto di incarcerazione è stato concepito per scoraggiare qualsiasi coinvolgimento politico e inviare un messaggio chiaro agli attivisti: ogni tentativo di resistere all’oppressione israeliana può essere punito con l’incarcerazione senza processo, la repressione violenta e persino gravi torture. […]
Sotto la copertura dell’attacco a Gaza, le carceri israeliane sono diventate luoghi in cui la violenza di Stato è più sfacciata e brutale. Dall’ottobre 2023, migliaia di palestinesi provenienti da Gaza, dalla Cisgiordania e da Israele sono stati detenuti e trattenuti nelle carceri israeliane, oltre alle migliaia che già erano incarcerate. Nel frattempo, il sistema carcerario israeliano ha subito un cambiamento radicale, trasformando di fatto le sue prigioni e i suoi centri di detenzione in una rete di campi di tortura per i detenuti palestinesi. […]
Il ciclo di sofferenza e il suo impatto psicologico si estende oltre i prigionieri stessi. Anche i familiari, che spesso non riescono a contattare o a sapere nulla del destino dei propri cari durante i lunghi mesi di prigionia, pagano un prezzo pesante. […]
F. Aggressione allo status di rifugiato palestinese
Nel corso di decenni di sfollamento e di vita nei campi profughi a partire dalla Nakba del 1948, lo status di rifugiato è diventato un ethos fondante della società palestinese e un elemento centrale che ne consolida l’identità collettiva nelle aree sotto il controllo israeliano e oltre. Fin dalla sua fondazione, Israele ha profuso notevoli sforzi per negare ai palestinesi lo status di rifugiati e rifiutare i diritti e le tutele garantiti alle popolazioni di rifugiati dal diritto internazionale, primo tra tutti il diritto al ritorno.
Questo contesto aggiunge un ulteriore tassello alla comprensione del profondo significato dell’attacco mortale alla Striscia di Gaza, dove circa due terzi della popolazione è rifugiata della Nakba o sua discendente, nonché della distruzione dei campi profughi nella Cisgiordania settentrionale. Il tentativo di colpire quelli che Israele descrive come “nidi di vespe” e percepisce come nuclei di minaccia per lo Stato è, in pratica, un ampio attacco alle istituzioni che preservano la condizione di rifugiati come elemento centrale dell’identità e della cultura palestinese.
L’esempio più eclatante dell’attacco israeliano ai rifugiati palestinesi e alla loro condizione di rifugiati è il continuo tentativo di interrompere le operazioni dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA). […]
G. Incitamento al genocidio e alla disumanizzazione dall’ottobre 2023
La disumanizzazione e l’incitamento sono componenti intrinseche della tendenza di un regime a commettere un genocidio. Sono strumenti chiave nel processo attraverso il quale le vittime vengono poste al di fuori di quello che la sociologa Helen Fein ha definito “l’universo degli obblighi” dei perpetratori. In tutti i casi noti di genocidio moderno, i regimi autori hanno sistematicamente utilizzato entrambi i meccanismi – disumanizzazione e incitamento – per generare motivazioni all’azione violenta e per fornirle una giustificazione morale, sociale e politica.
La disumanizzazione è il processo attraverso il quale i membri del gruppo delle vittime vengono privati delle loro caratteristiche umane, ritratti come intrinsecamente immorali o pericolosi e considerati collettivamente responsabili di ogni atto negativo commesso da specifici individui o organizzazioni all’interno del gruppo stesso. In questo modo, le vittime finiscono per essere viste come persone a cui non si applicano le norme morali, o come persone che “si sono procurate la sofferenza”. Questa percezione consente a una società di infliggere loro violenza senza compromettere la propria immagine di moralità.
La disumanizzazione spesso coincide con l’incitamento, che mira a mobilitare il pubblico a commettere o ad acconsentire passivamente alla violenza contro un gruppo specifico. L’incitamento si attua spesso attraverso la diffusione di false informazioni, la distorsione dei fatti o la manipolazione emotiva, come la diffusione della paura. […]
In Israele, il processo di disumanizzazione dei palestinesi, in particolare quelli della Striscia di Gaza, e il loro inquadramento come una “minaccia alla sicurezza”, dura da decenni, favorito dal mantenimento di una separazione pressoché totale tra comunità ebraiche e palestinesi in tutte le aree sotto il controllo israeliano. In questo contesto, l’attacco del 7 ottobre e il suo impatto sugli israeliani hanno creato un terreno fertile per l’intensificazione di un discorso che nega l’umanità dei palestinesi di Gaza, ignorando al contempo qualsiasi obbligo morale o legale nei loro confronti.
Dall’ottobre 2023, è stata la leadership politica israeliana a guidare il processo di disumanizzazione e incitamento al genocidio. Un elenco parziale di dichiarazioni genocide di alti funzionari israeliani, giornalisti e altre personalità pubbliche compare in decine di pagine nella memoria presentata dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia, e illustra la portata terrificante di questo fenomeno. I più alti responsabili decisionali israeliani hanno preso parte al discorso che priva i palestinesi della loro umanità e li descrive come “animali” che non dovrebbero essere trattati come esseri umani. […]
I media israeliani hanno svolto un ruolo significativo nel processo di disumanizzazione, in parte descrivendo l’intera popolazione della Striscia di Gaza come complice delle atrocità commesse contro i civili israeliani il 7 ottobre, o come sostenitrice di esse. Per molte settimane e mesi dopo il 7 ottobre, agli israeliani sono stati ripetutamente mostrati filmati di civili di Gaza che prendevano parte all’attacco e al rapimento di civili israeliani, o che esprimevano sostegno ad Hamas. […]
Tutto ciò ha contribuito a rafforzare l’immagine dei palestinesi di Gaza come barbari, “animali umani”, assetati di sangue e “nazisti”, un processo che si è radicato sempre più fino a diventare una posizione normativa e diffusa nel discorso politico, mediatico e pubblico israeliano.
La disumanizzazione e l’etichettatura dell’intera popolazione di Gaza come responsabile o sostenitrice dei crimini commessi il 7 ottobre hanno fornito giustificazione morale e legittimità sociale ai danni arrecati ai civili nella Striscia di Gaza. Nei media mainstream, nella cultura popolare e nelle conversazioni quotidiane, si è affermata la percezione che quasi ogni forma di violenza contro i cittadini di Gaza sia accettabile come parte dello sforzo per sconfiggere Hamas e ottenere il rilascio degli ostaggi israeliani. I sondaggi pubblicati durante i mesi dell’assalto hanno illustrato la piena normalizzazione di questa visione all’interno della società israeliana. Per esempio, i sondaggi hanno rilevato che la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana concordava con l’affermazione che “non ci sono innocenti a Gaza”, si opponeva al trasferimento di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e sosteneva l’idea di trasferire forzatamente i suoi residenti.
Inoltre, retorica genocida e appelli all’uccisione di massa, allo sfollamento e alla pulizia etnica sono stati e continuano a essere quotidianamente espressi sulle piattaforme mediatiche israeliane. A guidare la carica è Canale 14, insieme a giornalisti popolari come Amit Segal, che ha chiesto di “cancellare la memoria di Amalek”, o Almog Boker, che ha dichiarato che “a Gaza non esistono persone non coinvolte”.
A eccezione di Haaretz, nessun importante organo di stampa israeliano ha fornito regolarmente resoconti sull’entità delle vittime civili nella Striscia di Gaza. Quando si parla di bilancio delle vittime, ci si basa solitamente su informazioni fornite dall’esercito israeliano, che classifica sistematicamente la maggior parte delle vittime palestinesi come “terroristi”. Per esempio, il 18 marzo 2025, giorno in cui Israele ha rotto l’accordo di cessate il fuoco con Hamas e ucciso 404 palestinesi, per lo più donne e bambini, Channel 12 News ha riportato: “Circa 400 militanti uccisi”. […]
Allo stesso modo, i media hanno ampiamente negato resoconti e testimonianze sulla diffusione della fame a Gaza e sulla responsabilità di Israele. Un’affermazione comune nel dibattito pubblico è che Israele abbia consentito l’ingresso di sufficienti aiuti umanitari a Gaza e che eventuali carenze siano esclusivamente il risultato del furto sistematico di aiuti da parte di Hamas. […]
I social media sono stati inondati di dichiarazioni genocide, come documentato nella memoria presentata dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia e in pubblicazioni di giornalisti e varie organizzazioni. Sono circolati innumerevoli video che mostravano soldati israeliani documentare con orgoglio la distruzione inflitta a Gaza o umiliare i suoi abitanti in vari modi.
Sebbene le campagne di disumanizzazione e incitamento siano rivolte principalmente ai residenti della Striscia di Gaza, anche i palestinesi in Cisgiordania e in Israele sono stati spesso ritratti nel dibattito pubblico e dai decisori politici come una popolazione nemica assetata di sangue. Nelle primissime settimane successive al 7 ottobre, i funzionari pubblici hanno chiarito che la guerra condotta da Israele non si limitava alla Striscia di Gaza, ma era rivolta a tutti i palestinesi che vivevano sotto il suo controllo. Alla fine di novembre 2023, in risposta a un sondaggio che indicava il sostegno all’attacco di Hamas tra i palestinesi in Cisgiordania, il ministro Bezalel Smotrich ha dichiarato: “Ci sono due milioni di nazisti in Cisgiordania”, aggiungendo in seguito che “Funduq, Nablus e Jenin devono assomigliare a Jabalya”. Anche il ministro della Difesa Israel Katz ha chiarito che Israele avrebbe agito, se necessario, in Cisgiordania come stava agendo nella Striscia di Gaza. In un sondaggio condotto tra gli israeliani, l’82% degli intervistati ha espresso sostegno al trasferimento forzato dei residenti di Gaza, mentre il 56% ha sostenuto anche il trasferimento forzato dei cittadini palestinesi di Israele. […]
5. IL GENOCIDIO COME PROCESSO
Il genocidio è solitamente il risultato di uno sviluppo graduale, a volte durato molti anni, di condizioni che gettano le basi affinché un regime repressivo e discriminatorio diventi genocida: agire con l’intento deliberato di distruggere un gruppo specifico. […]
A. Fondamenti del regime (1948–2023)
Nel corso della sua esistenza, il regime israeliano ha posto basi legali, sociali e politiche che sono riconosciute dalla storia e dalla ricerca come precondizioni che consentono il genocidio (se combinate con altre circostanze discusse di seguito). Questa sezione si concentra su tre caratteristiche del regime israeliano che hanno gettato le basi per una svolta verso una politica di distruzione della società palestinese e di genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza: il regime di apartheid, che include la separazione, l’ingegneria demografica e la pulizia etnica; la disumanizzazione e la concettualizzazione dei palestinesi come una minaccia esistenziale per gli israeliani; e l’uso sistemico e istituzionalizzato della violenza contro i palestinesi, perpetrato con, di fatto, l’impunità per i responsabili. […]
6. CONCLUSIONE
Da quando Israele ha lanciato l’attacco alla Striscia di Gaza, abbiamo assistito a sofferenze umane incessanti e a perdite di vite umane di proporzioni inimmaginabili solo pochi mesi prima. Intere città bombardate e rase al suolo, con a malapena una casa rimasta in piedi; centinaia di migliaia di persone strappate alle loro vite, che vagano per strade polverose come ombre umane, con quel poco che possono portare sulle spalle, alla ricerca di un riparo temporaneo; adulti e bambini che si accalcano in file interminabili per un po’ di cibo, rischiando la vita e gli arti per sfamare le loro famiglie affamate; e soprattutto, la morte che incombe ovunque. Questa è una catastrofe umana trasmessa in diretta dall’inferno.
Il genocidio va oltre l’orribile danno arrecato alle sue vittime dirette. È un attacco all’umanità stessa: alla convinzione fondamentale che ogni vita sia preziosa e al principio fondamentale secondo cui ogni essere umano ha diritto a diritti fondamentali che lo proteggano dalla violenza arbitraria. La storia dimostra che tentare di sterminare un gruppo di esseri umani è un crimine dalle conseguenze catastrofiche, un crimine a cui ogni persona ha il dovere di opporsi e di agire per fermarlo immediatamente. Questo è un imperativo morale, legale e umano: riconoscere i fatti, chiamarli per nome, stare al fianco delle vittime e chiedere la fine della distruzione e dello sterminio mentre si verificano.
L’analisi presentata in questo rapporto non lascia spazio a dubbi: dall’ottobre 2023, il regime israeliano è responsabile di un genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. […]
Mentre nella Striscia di Gaza è in corso un genocidio, il regime israeliano sta conducendo un attacco contro la popolazione palestinese in Cisgiordania e una politica di gravi violazioni dei diritti dei cittadini palestinesi di Israele. […]
Le uccisioni e le distruzioni di routine nella Striscia di Gaza e lo sfollamento forzato di decine di migliaia di persone in Cisgiordania non sarebbero stati possibili senza l’inazione internazionale di fronte all’incommensurabile portata e gravità di questi crimini. La maggior parte di questi crimini è stata ampiamente documentata e resa pubblica nel corso di quasi due anni di guerra. Eppure molti leader statali, in particolare in Europa e negli Stati Uniti, non solo si sono astenuti dall’intraprendere azioni efficaci per fermare il genocidio, ma lo hanno anche permesso, attraverso dichiarazioni che affermavano il “diritto all’autodifesa” di Israele o il suo sostegno attivo, incluso l’invio di armi e munizioni. Anche dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che esiste un rischio plausibile che le azioni di Israele costituiscano atti di genocidio, e anche dopo che la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo Ministro Netanyahu e l’allora ministro della Difesa Gallant, sospettati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, la comunità internazionale non è riuscita a porre fine immediatamente a queste azioni e a chiamare i responsabili a risponderne. […]
Questo è il momento di agire. Questo è il momento di salvare coloro che non sono ancora perduti per sempre e di usare tutti i mezzi disponibili secondo il diritto internazionale per fermare il genocidio dei palestinesi da parte di Israele.
1) Qui il Report completo in lingua inglese, con link interni https://www.btselem.org/sites/default/files/publications/202507_our_genocide_eng.pdf

