I 66 milioni che ballano tra Expo spa e Arexpo
Un altro passo è stato realizzato verso la definizione del futuro dell’area dell’Esposizione Universale: il post Expo sarà gestito da Arexpo spa, la società proprietaria dei terreni su cui sorgeva il sito espositivo. Come era stato annunciato da tempo, lo scorso 18 febbraio il governo ha fatto il suo ingresso ufficiale in Arexpo, rilevando il 40% delle quote e promettendo la sottoscrizione di un aumento di capitale di 50 milioni di euro. Con questo cambiamento dell’assetto societario Regione Lombardia e Comune di Milano passeranno rispettivamente dal 34 al 25 per cento a testa, e a Fondazione Fiera resterà il rimanente 10%.
Il primo marzo 2016 è stato nominato ai vertici della società Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano indicato da Palazzo Marino, e Giuseppe Bonomi nel ruolo di amministratore delegato, segnalato da Regione Lombardia. Ora manca la nomina dei due membri del governo e il consiglio di amministrazione sarà operativo.
Queste novità ci riportano ai timori che avevamo già palesato sulla questione dei contenziosi aperti tra Arexpo spa ed Expo spa (1). La seconda infatti ha in bilancio 86,8 milioni di euro di crediti nei confronti della prima per l’infrastrutturazione del sito, l’acquisto di aree minori e i costi delle bonifiche, e a questi vanno sommati i 66 milioni di sovraccosto finiti nel capitolo delle bonifiche – su 6 milioni preventivati – che però Arexpo non riconosce. In totale quasi 153 milioni di euro. Se Arexpo pagasse i suoi debiti i bilanci degli enti soci, Comune di Milano e Regione Lombardia in primis, rischierebbero di registrare una posta negativa – visti i risicati numeri del bilancio di Arexpo dovrebbero metterci loro i soldi – se Expo spa rinunciasse al credito sarebbe il suo bilancio a risentirne, chiudendo addirittura in perdita, e allora sarebbe deleterio per la campagna elettorale di Giuseppe Sala – che nel frattempo dismessi i panni di commissario unico si è candidato a sindaco di Milano – e per l’immagine di “volano dell’economia italiana” che si è costruita intorno a Expo in questi anni.
Resta l’ipotesi già ventilata dell’intervento straordinario del governo, con i suoi 50 milioni di aumento di capitale. In ogni caso, si conferma l’analisi sulle logiche che muovono la politica del Grande Evento, e su come gli oneri di queste manovre finiscano sempre per essere scaricate sulla collettività.
Intanto Giuseppe Sala festeggia. Lo scorso 17 gennaio la società Expo ha presentato il cosiddetto preconsuntivo di bilancio. L’ex commissario unico ha dichiarato che i ricavi ammonterebbero a 736 milioni di euro e i costi di gestione a 721, e che l’Esposizione Universale prevede di chiudere la sua attività con un patrimonio netto di 14,2 milioni: la stessa cifra indicata nei dati preliminari del bilancio 2015. È chiaro che i conti non tornano.
Malgrado formalmente la società Expo spa sia stata messa in liquidazione lo scorso 9 febbraio, quando il presidente Diana Bracco e il commissario unico Giuseppe Sala hanno lasciato l’incarico, l’operazione Expo 2015 si concluderà solamente a giugno 2016, quando verranno smantellati tutti i padiglioni e il sito sarà riconsegnato ad Arexpo. La spesa prevista per questi sei mesi è di 58,3 milioni, quindi in ogni caso il bilancio finale dell’evento non potrà più essere a patrimonio netto positivo, e ancora si devono aggiungere gli oneri per la liquidazione del personale. Ma su questo argomento Sala ha dichiarato che l’oggetto sociale della società Expo è da considerarsi concluso al 31 dicembre 2015, con la chiusura delle porte dell’Esposizione, e che le attività di questi mesi sono un anticipo di Arexpo e dunque non lo riguardano; peccato che la Corte dei Conti la pensi diversamente, includendo l’opera di smantellamento dei padiglioni sotto la gestione di Expo spa.
A questo stato di febbrile confusione si aggiunge il progetto Fast Post Expo, voluto da Roberto Maroni e promosso dal presidente della Triennale Claudio de Albertis, e che prevede a fine maggio l’inaugurazione di due ex padiglioni di Expo che faranno da vetrina alla ventunesima Esposizione internazionale Design after design. Una bella sfida per Arexpo, una società che allo stato attuale è ancora impegnata nella nomina del consiglio d’amministrazione.
Il balletto delle responsabilità e dei numeri è incominciato, l’ultimo pronunciamento della Corte dei Conti è previsto per il prossimo maggio. Non resta che attendere le cifre ufficiali e che il cda di Arexpo diventi operativo per comprendere soprattutto come verranno sciolti i contenziosi con Expo spa, e se quest’ultima dovrà mettere a bilancio negativo i 66 milioni di sovraccosti delle bonifiche; allora sì che ci sarà ballare.
1) Cfr. Domenico Corrado, Expo 2015: il Grande Evento non chiude, Paginauno 45/2015