Domenico Corrado
Annullata l’opera strategica, degli antichi navigli leonardeschi è rimasto un canale scolmatore
Un altro stop per Expo. Il 25 febbraio scorso, dopo mesi di diatribe e di opposizione serrata, i Comitati e le associazioni No Canal l’hanno spuntata: la Via d’Acqua, l’opera ‘strategica’ che doveva rappresentare l’immagine rinnovata di una Milano attenta all’ambiente e ai temi dell’ecosostenibilità, non si farà.
Lo ha comunicato il commissario unico per Expo 2015, Giuseppe Sala, in una nota ufficiale dove è emersa la volontà di revisionare il progetto, che, malgrado gli stravolgimenti e le contestazioni subite, sembra debba rimanere saldamente nell’agenda delle priorità dell’Esposizione del 2015: “Stiamo valutando la revisione di una parte del progetto delle Vie d’Acqua, in particolare con riferimento al tratto Sud. Nel nuovo disegno la realizzazione dovrebbe limitarsi a una pura opera idraulica che non interessa i parchi della urbana Ovest di Milano, ma che sarà in grado comunque di garantire l’afflusso d’acqua verso la Darsena e di svolgere una funzione irrigua per il sistema agricolo milanese. Le Vie d’Acqua sono un progetto prioritario per Expo Milano 2015 e strategico per la città. Il sito espositivo è stato infatti pensato sin dall’inizio in modo da valorizzare questo elemento naturale, in linea con il tema della manifestazione Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita e con la tradizione del territorio milanese e lombardo. In particolare si giova della presenza dell’acqua l’intero sistema di raffreddamento, che risulta così ecologicamente all’avanguardia […]. Giunti a questo punto, ci siamo dati venti giorni di tempo per effettuare le verifiche necessarie alla messa a punto della nuova proposta e alla sua condivisione con le istituzioni competenti. Dopo questi passaggi potremo presentare il progetto definitivo” (1).
Un dietrofront che odora di sconfitta, e che per alcuni aspetti rasenta la parodia e il ridicolo. Perché dell’ambizione di riportare in vita gli antichi navigli leonardeschi, e della grande opera che avrebbe dovuto migliorare lo sfruttamento della rete idrica, alla fine rimane solamente un canale scolmatore – che alimenterà l’acqua dal sito dell’Esposizione alla Darsena – e diversi piccoli ‘rigagnoli’ d’acqua.
Il progetto, elaborato fin dal 2006 – era il fiore all’occhiello del Masterplan dell’evento con cui la giunta Moratti aveva cercato di ‘colorare di verde’ la gara condotta contro Smirne – prevedeva la costruzione di un nuovo canale irriguo, la Via d’Acqua, appunto, lungo circa 20 chilometri, e un’articolata serie di interventi miranti alla riqualificazione e al ripristino di canali e navigli già esistenti (2).
Negli intenti il nuovo canale doveva collegare il Villoresi con il Grande Naviglio attraversando il sito espositivo e i parchi a nord e a ovest di Milano.
Un’opera che avrebbe dovuto restituire ai milanesi l’uso pedonale della Darsena, l’antico porto di piazza XXIV Maggio, e a cui doveva essere integrato un complesso circuito ciclabile di circa 125 chilometri: “Un vero e proprio sistema di mobilità dolce costituito da reti verdi e percorsi ciclabili lungo i canali, i parchi a nord (Parco Groane) e a ovest (Parco delle Cave, Bosco in città, Parco di Trenno, Parco dei Fontanili), e un nuovo parco a ovest della città” (3).
Un’idea in linea con la retorica ecosostenibile di Expo. Come si evince dal comunicato ufficiale di presentazione, la Via d’Acqua doveva ricoprire “un importante ruolo funzionale”: l’acqua convogliata nel sito, insieme a quella piovana appositamente recuperata, doveva servire per “l’approvvigionamento idrico, l’alimentazione degli elementi architettonici dei padiglioni o per il loro raffreddamento naturale”, in nome della riduzione degli sprechi e della razionalità dei consumi.
Insomma, l’ennesima grande promessa. Un progetto che doveva diventare “uno degli elementi distintivi e di maggiore riconoscibilità dell’Esposizione Universale di Milano. E allo stesso tempo […] un’eredità tangibile e preziosa di Expo per Milano e la Lombardia per una fruizione più moderna, slow e sostenibile del territorio” (4) e che è sfumata davanti al primo vero confronto con le realtà sociali.
Un progetto very slow deciso da Expo, comune di Milano e dal Consorzio ET Villoresi (5), dal costo di 90 milioni, e che malgrado le migliorie che sembrava poter apportare al sistema idrico milanese, alla fine è fallito. Perché?
L’opposizione dei comitati cittadini No Canal, No Vie d’Acqua e Cambia Canale e dell’associazione Italia Nostra si è concentrata essenzialmente contro le opere di riqualificazione all’interno dei parchi, e contro l’ambivalenza della giunta Pisapia, che a voce di molti, non avrebbe favorito le trattative e il dialogo: “Fonti interne a Palazzo Marino, che preferiscono rimanere anonime – sottolinea il comitato No Canal – confermano che la strategia concordata da Confalonieri, sindaco, giunta è quella della tenaglia. Tradotto: sfiancare i comitati con continui tavoli di dialogo, mentre le ruspe e i cantieri circondano da nord (area Cascina Merlata-Triboniano) a sud i parchi cittadini, come in una tenaglia fatta di escavatori e cemento” (6).
Secondo l’associazione Italia Nostra, che si è impegnata nell’elaborazione di una controproposta, la Via d’Acqua non valorizzava la rete idrica esistente e non si integrava con il paesaggio, e da qui la proposta di correzione del tracciato, che pare essere lo stesso avvallato dagli esperti del Politecnico di Milano che nel 2010 firmano il “Progetto di fattibilità”: “La variante proposta dalla sezione di Milano Nord di Italia Nostra passa a est dei laghi (Cava Ongari, Aurora, Cabassi) ed è un tracciato che solo di recente si è capito essere quello stesso indicato dai progettisti del Politecnico che nell’aprile del 2010 avevano firmato il Progetto di fattibilità di tutta la Via d’Acqua. Il tracciato in seguito, nel tratto del Parco delle Cave è stato cambiato in corso di progetto esecutivo dalla committenza Expo. Ma prima ancora di arrivare nella zona Parco delle Cave, la variante di Italia Nostra nel tratto del Parco di Trenno propone lungo la direttrice nord-sud di far seguire al canale la sede del già presente fontanile Treterzi fino al raggiungimento della via Novara e quindi, superata la via Novara, il nuovo tracciato, ancora mediante la rete dei fontanili esistenti, propone il ricongiungimento con un canale esistente giudicato idoneo dagli esperti idraulici del Politecnico, realizzato dal comune di Milano all’inizio anni ‘90 e mai utilizzato” (7).
Una vera e propria disponibilità al confronto, da parte del comune di Milano, pare non esserci mai stata – hanno rincarato i portavoce dei comitati – che hanno accusato la giunta Pisapia ed Expo di non aver mai “presentato una ipotesi di accordo definitiva e complessa in grado di salvaguardare tutti i parchi coinvolti, e sempre sono state ignorate le proposte di Italia Nostra di un percorso usando fontanili e canali preesistenti” (8).
Un muro contro muro che ha portato al fallimento del progetto e alla richiesta di dimissioni di Gianni Confalonieri, “incapace – secondo il consigliere leghista Alessandro Morelli – di fare sintesi tra i cittadini e la società Expo e, con il peso dei centri sociali sul tavolo, ha inutilmente perso tempo decidendo di non scegliere, fino a costringere Expo a fare scelte politiche che non spettano minimamente alla società che deve realizzare l’evento”.
Un’incapacità che ha messo in evidenza come “la giunta Pisapia si stia rivelando inadeguata a gestire un evento internazionale come Expo”, ha rincarato il capogruppo consiliare di Forza Italia Alan Rizzi (9).
Alle accuse, Confalonieri – forte dell’appoggio del sindaco Pisapia – ha risposto riversando tutte le responsabilità sui comitati e attaccando il comitato No Expo, ai margini di un incontro convocato all’indomani della bocciatura del progetto da parte del commissario unico Giuseppe Sala, in cui erano presenti il prefetto Francesco Tronca, il governatore Maroni, il presidente della Provincia Guido Podestà e il sindaco Pisapia. La sua preoccupazione sarebbe che “con Expo e, prima ancora, con il semestre europeo, Milano sarà una vetrina internazionale utilizzabile da No Tav, No Expo e altri soggetti, da qui fino all’ottobre 2015” (10).
Preoccupazioni condivise dallo stesso Sala, che nella nota ufficiale sulle motivazioni del rinvio del progetto ha espresso il suo rammarico per gli atti di illegalità, i sabotaggi e le azioni vandaliche che si sono registrate nei cantieri (11), e per l’atteggiamento dei comitati, che malgrado “l’apertura su varie tematiche e in particolare sull’interramento del canale in alcuni tratti, bonifiche, opere di mitigazione e riqualificazione, hanno rifiutato l’accordo”.
Accuse respinte e restituite al mittente. Davanti a un atteggiamento antico quanto il potere, che consiste nel difendere la propria inettitudine attraverso la demonizzazione del dissenso, i portavoce dei No Canal hanno risposto con fermezza: “Respingiamo l’accusa di atti vandalici o sabotaggi, l’unica cosa illegale erano i cantieri stessi” (12).
(1) Dichiarazione del commissario unico per Expo 2015 Giuseppe Sala, www.expo2015.org, 25 febbraio 2014
(2) Sul progetto della Via d’Acqua si rimanda al sito www.expo2015.org, Le Vie d’Acqua
(3) Ibidem
(4) Vie d’acqua e Darsena. Un video del progetto, www.expo2015.org
(5) Il canale, una volta realizzato, doveva entrare a far parte della rete irrigua del Consorzio ET Villoresi su cui doveva gravare la gestione dell’acqua, della pulizia e della manutenzione del canale stesso, www.exp2015.org
(6) Proteste Vie d’Acqua Expo Milano, Il comitato No Canal continua a lottare, Cronaca Milano
(7) La Via d’Acqua di Expo a Milano: perché cosi non ha senso, italianostra.org, 24 luglio 2013
(8) E. Soglio, «Vie d’Acqua, chi ha sbagliato si dimetta». Pisapia: «Occasione persa», Corriere della sera, 27 febbraio 2014
(9) Ibidem
(10) Ibidem
(11) Dichiarazione del commissario unico per Expo 2015 Giuseppe Sala, www.expo2015.org, 25 febbraio 2014
(12) E. Soglio, art. cit.