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Le stragi del ’92/93 nei messaggi di Elio Ciolini: Cosa nostra, P2, servizi segreti e neofascisti uniti nell’obiettivo comune di un nuovo Ordine economico e politico
Con il messaggio inviato all’autorità giudiziaria (vedi box sotto), Elio Ciolini dimostra di essere a conoscenza di un progetto eversivo mirato a costruire un “nuovo ordine generale” che porterà vantaggi economico finanziari (che egli definisce “già in corso”) ai responsabili. Un “nuovo ordine deviato massonico politico culturale, attualmente basato sulla commercializzazione degli stupefacenti”, per concludere che la “storia” si ripete dopo quasi quindici anni e prospettando un ritorno alle strategie omicide che i responsabili metteranno in atto “per conseguire i loro intenti falliti. Ritornano come l’araba fenice”.
Nuova strategia tensione in Italia – periodo: marzo-luglio 1992
Nel periodo marzo-luglio di quest’anno avverranno fatti intesi a destabilizzare l’ordine pubblico come esplosioni dinamitarde intese a colpire quelle persone “comuni” in luoghi pubblici, sequestro ed eventuale “omicidio” di esponente politico PSI, PCI, DC sequestro ed eventuale “omicidio” del futuro Presidente della Repubblica.
Tutto questo è stato deciso a Zagabria Yu – (settembre ’91) nel quadro di un “riordinamento politico” della destra europea e in Italia è inteso ad un nuovo ordine “generale” con i relativi vantaggi economico finanziari (già in corso) dei responsabili di questo nuovo ordine deviato massonico politico culturale, attualmente basato sulla commercializzazione degli stupefacenti.
La “storia” si ripete dopo quasi quindici anni ci sarà un ritorno alle strategie omicide per conseguire i loro intenti falliti.
Ritornano come l’araba fenice.
Elio Ciolini, 4 marzo 1992
Appare evidente che per chi voglia comprendere quanto accaduto durante i quattro anni che vanno dal 1990 al 1994, le fonti più chiare sono alcuni messaggi criptati, espressione di una ‘letteratura periferica’ che tra le righe racconta una vicenda che, vuoi per ignoranza vuoi per malafede, i giornali non hanno mai raccontato. Con il risultato di mantenere all’oscuro gli italiani riguardo a trame i cui protagonisti (alcuni, almeno) sono tutt’oggi visibilissimi. Si sostanzia, in queste considerazioni, l’importanza che può rivestire la narrativa per il contesto culturale di un Paese, in virtù della possibilità che offre di ritornare, tempo dopo, sul luogo del ‘delitto’ e di ricondurre la realtà, attraverso la finzione, a una trama di senso compiuto; e così sollevare dubbi, domande, evidenziare connessioni logiche.
Con l’ingresso in scena di Ciolini, cominciano a delinearsi il Potere nella sua forma brutale e un gioco di alleanze non dissimile, trasfigurandolo, dai tre livelli dell’ordine sociale proposto da Platone. In basso, il popolo cieco, ignorante e ingenuo, in mezzo, i sorveglianti-guerrieri (giornalisti, servizi segreti, uomini dell’Arma e delle istituzioni) e in alto, al terzo livello, oligarchie economiche in stretta alleanza con alcuni politici.
Il messaggio di questo personaggio deve inserirsi nel romanzo mai scritto come elemento di mistero. A Ciolini e al suo interrogatorio, lo scrittore decide di dedicare diverse pagine.
Tre insiemi di parole, nel messaggio, incuriosiscono: ‘omicidio’, due volte evidenziato con virgolette e una terza usato come aggettivo (strategie omicide); ‘ordine’, anch’esso ripetuto due volte; e i verbi ‘ripetere’ e ‘ritornare’, quest’ultimo due volte scritto nelle ultime due frasi.
Importante è la perfetta collocazione cronologica dei futuri accadimenti: marzo-luglio 1992. L’esatto arco di tempo in cui avvengono i tre omicidi eccellenti: Salvo Lima (12 marzo), Giovanni Falcone (23 maggio) e Paolo Borsellino (19 luglio). I delitti colpiscono indirettamente altri obiettivi e giustificano le virgolette messe da Ciolini, essendo, il primo, viceré siciliano di un Andreotti in odore di Quirinale. Colpire Lima significa collegare il capo carismatico della Dc alla mafia, rendendolo ineleggibile. Una morte simbolica la sua, dunque, come è simbolico l’omicidio dell’esponente del Psi, identificabile nel ministro di Grazie a Giustizia Claudio Martelli, che vede nei due giudici i candidati alla Procura nazionale antimafia.
La parola ‘ordine’, ripetuta due volte nel breve spazio di due righe, assume significati differenti. Definito ‘nuovo’ e ‘generale’, nel primo caso suggerisce il carattere di novità legata al dopo guerra fredda e può essere inteso come un tentativo di sovversione che conduca a un diverso sistema elettorale, alla scomparsa dei vecchi partiti di governo diventati ormai un intralcio, a una nuova figura politica dominante, all’occupazione di un Parlamento privato di una reale opposizione (e avviare un feroce attacco di classe dall’alto verso il basso) e alla costruzione di uno Stato federalista che divida il Paese in tre – nell’ottica di una spartizione in seno al potere economico; alla morte dello Stato sociale attraverso la deregulation e alla fine della separazione dei tre poteri.
Il secondo uso della parola ‘ordine’ è probabile che vada considerato con l’iniziale maiuscola. Così: nuovo Ordine deviato massonico, una nuova Obbedienza che mette sotto scacco la vecchia forma di potere. Una forza già nota ai servizi segreti, dal momento che proprio di forti dissidi interni alla massoneria parlano alcune informative a loro riconducibili, ritrovate nel 1995 tra le mura della sede romana dell’associazione socialista Giovine Italia. Tre faldoni di 3.849 pagine, consegnati a uso e consumo di un privato cittadino – quale era allora Bettino Craxi. Pagine che segnalano, tra altre cose, divisioni legate a movimenti di lobby massoniche e di finanziarie internazionali ai danni della Banca d’Italia e del governo.
In ultimo, di fronte ai verbi ‘ripetere’ e ‘ritornare’, lo scrittore ha l’impressione di leggere un sunto della storia nazionale dal ’45 a oggi, visto che alludono ai famigerati e misteriosi ‘loro’, seduti sul ponte di comando.
Ciolini sembra conoscere ciò di cui sta parlando. La sua denuncia, vista in un più ampio spettro temporale, richiama il discorso di Oscar Luigi Scalfaro pronunciato a reti unificate l’anno successivo, allorquando, chiamato a correo da uomini dei servizi segreti immersi nello scandalo dei fondi neri del Sisde, dice, con il finto obiettivo di rivolgersi agli italiani: «Prima si è tentato con le bombe, ora con il più vergognoso e ignobile degli scandali».
È vero che la storia italiana è caratterizzata da eclatanti ritorni, ma sarebbe bello sapere a chi si riferisce il presidente della Repubblica quando afferma: «Si è tentato con le bombe ». Agli stessi che, secondo Ciolini, ritornano come l’araba fenice? Neofascisti? Servizi segreti? A chi parla? La sua è una denuncia o una minaccia?
Vengono in mente, proseguendo in avanti nel tempo, le parole del giudice David Monti – cui viene sottratta l’inchiesta Phoney Money (1996) durante la quale emergono gli stretti rapporti tra Lega nord e massoneria – e quelle di De Magistris – la cui inchiesta Why Not subisce la medesima sorte (2007) – con le quali entrambi denunciano la decisiva influenza nella politica di una nuova P2.
Ciò che invece si ‘ripete’ in maniera eclatante, “dopo quasi quindici anni”, è la strategia omicida. A seconda dell’estensione temporale attribuita all’avverbio ‘quasi’, il riferimento potrebbe riferirsi alla vicenda di Aldo Moro del 1978 o alla strage di Bologna del 1980. Se non a entrambe.
Interpretazioni suffragate dal sopraggiungere di un nuovo messaggio inviato dallo stesso Ciolini sei giorni dopo l’esecuzione di Salvo Lima – il 18 marzo – al giudice istruttore di Bologna.
“Oggetto: RIF Lettera data 4-3-1992
“Egregio dottore,
“Non a caso la mia informazione sugli eventi di quanto in oggetto, per sfortuna, si è rivelata giusta.
“Alla riunione (Sissak) parlavano Inglese, ho fatto un poco di fatica a ricordare, e per questo solo oggi le scrivo. “Ora, ‘bisogna’ attendersi un’operazione terroristica diretta ai vertici PSI, a personaggi di rilievo…”
E non appena gli ufficiali del Ros si recano in carcere per interrogare Ciolini, si sentono dire: Avete visto cos’è successo?
Mancano due mesi alla strage di Capaci ed è tutto già scritto.
Il testimone conferma la propria presenza alla riunione di Sissak in Jugoslavia, dove sono presenti esponenti della destra internazionale; conferma che il finanziamento è frutto di traffico di stupefacenti e della gestione di grosse raffinerie di droga, che l’organizzazione possiede le ‘schede’ riguardanti politici italiani di rilievo; e dice di avere paura che Gelli entri in possesso di documenti che provino la sua presenza in Croazia.
Detto questo, scrive un appunto per spiegare la matrice e il progetto posto in essere da tale organizzazione.
“Strategia della tensione marzo-luglio 92
“Matrice masso-politico-Mafia =Siderno Group Montreal – Cosa Nostra-Catania-Roma (DC – ANDREOTTI) –ANDREOTTI-via-D’ACQUISTO-LIMA Sissan-
“Accordo futuro governo Croato (TUJDEMANN ) massone per – protezione laboratori Eroina – transito cocaina – cambio – Ristrutturazione economia croata e riconoscimento Repubblica Croata – Investimento previsto 1000 milioni $… (segue parte non leggibile)
“Sissan-
“Accordo fra gruppi estremisti per politica di destra in Europa commerciale – Austria-Germania-Francia-Italia-Spagna-Portogallo-Grecia …commercializzazione eroina-cocainavia (parola illeggibile) Sicilia-Yugoslavia (prov eroina Turchia)
“Commercializzazione – Sicilia Yugo –trasporto sottomarino Prov Urss (mini) pers croato –
“Protezione Dc via Mr D’ACQUISTO e LIMA – previsto futuro Presidenza ANDREOTTI-
“Dc domanda voti alla Cupola per nuove elezioni.
“Corrente Dc sinistra no d’accordo con voti Cupola.
“ANDREOTTI, secondo gli sviluppi della politica di sinistra e di destra, poco (segue una parola poco leggibile) reticente.
“Si giustifica, LIMA, per pressione a Andreotti.
“È prevista anche, con l’accordo PSI, Repubblica Presidenziale ANDREOTTI.
“Cupole – Pressione a ANDREOTTI (seguono due parole di difficile lettura, forse: ‘anche perché’ oppure ‘affinché’) nuovi sviluppi, indirizzo politico, leghe ecc, mette la situazione della mafia, in Sicilia in difficoltà
“Strategia
“Creare intimidazione nei confronti di quei soggetti e Istituzioni stato (forze di polizia ecc.) affinché non abbiano la volontà di farlo e distogliere l’impegno dell’opinione pubblica dalla lotta alla mafia, con un pericolo diverso e maggiore a quello della mafia”.
Carattere internazionale della strategia, pressione su Andreotti, riferimento alle leghe, il timore della figura di Licio Gelli e la creazione di un pericolo diverso e maggiore rispetto alla mafia. Oltre all’accenno, ripetuto, alle stragi siciliane. Di fronte a questo appunto, lo spettro delle responsabilità è talmente ampio da convincere lo scrittore a focalizzare nella massoneria la propria attenzione, ovvero là dove si incontrano uomini politici, imprenditori, aristocrazia nera del centrosud, prelati, faccendieri, servizi segreti, giudici e mafiosi.
Scrivere un romanzo significa compiere delle scelte, stabilire un’unità d’azione per evitare eccessive dispersioni; seguire il percorso tracciato dalla storia di cui si è scelto di scrivere. Ma, a questo punto, non sembra più possibile affrontare la sola questione federalista scollegata dal progetto eversivo, violento, messo in atto tra il 1992 e il 1993. Come sollevare altrimenti la famigerata ‘domanda’ – quella che conferisce un senso alla narrativa – nella testa del lettore, senza creare le connessioni logiche tra fatti e beneficiari dell’epoca; ovvero tra bombe, obiettivo federalista e le raffinate menti del progetto? Le bombe, se si fa riferimento alla storia d’Italia degli ultimi quarant’anni, rientrano nei compiti del secondo livello dell’ordine sociale, i guerrieri-sorveglianti: manovalanza mafiosa, elementi dell’eversione nera, giornalisti compiacenti e uomini dei servizi segreti. Quarant’anni sono molti, un lasso di tempo in cui i misteri e i segreti si moltiplicano, passano di mano in mano, creano situazioni di ricatto… e silenzi.
Durante gli anni del terrorismo, l’aiuto chiesto ai propri sorveglianti-guerrieri da politici e imprenditori per abbattere la contestazione di operai, di studenti e dei movimenti in cui si sono organizzati, è tale da presupporre la consegna, nelle loro mani, di molto potere e di materiale ricattatorio. Una licenza di agire che, nella sua progressione, riempie archivi segreti, con l’involontario risultato di equilibrare i rapporti di forza tra secondo e terzo livello, e di legarli fatalmente a un destino comune. Fino a quando la fine della guerra fredda e la fine del vecchio sistema di protezioni orizzontali e verticali – quest’ultimo caduto sotto gli avvisi di garanzia dell’inchiesta Mani pulite – costringono questo nucleo di potere alla reazione violenta per sopravvivere.
Il risultato finale è qualcosa di simile a una pulizia interna al Capitale. Ovvero: facce e partiti nuovi in Parlamento, una diversa forma di politica – ‘finalmente’ privata di una forza di opposizione – la costruzione di un quadro economico più feroce e una più marcata spartizione del territorio.
La crisi economica del 1992 è un forte presupposto per operare un cambiamento di questa portata, ma, per riuscirvi, occorre un’equivalente dose di confusione. Ed ecco sopraggiungere le bombe, a dimostrazione di quanto il cosiddetto capitalismo maturo degli anni Ottanta – lungi dal contrapporsi a quello violento degli anni di piombo – debba la propria esistenza al sussistere di una continua destabilizzazione. Il terrorismo gli è endemico. Il capitalismo non può farne a meno. A causa dell’enorme portata degli affari internazionali, il sistema economico è costretto a generarlo e a nutrirlo di continuo.
Il centro operativo di ogni destabilizzazione è sempre lo Stato. Centro invisibile e indefinibile di potere, sagoma che, per quanto sembri definirsi come dimensione politica immobile, in realtà sviluppa, al proprio interno, un’occulta dimensione economica; una sorta di incessante transazione attraverso l’impianto burocratico delle proprie istituzioni. È lo Stato che modifica le fonti di finanziamento, che cambia le modalità d’investimento, rovescia i centri decisionali, introduce le forme di controllo e i nuovi rapporti tra poteri locali e le autorità di questo controllo.
Una transazione a circuito chiuso, operata da un organismo mutante, che ha il fine di mantenere stabile il controllo del potere nelle mani delle oligarchie. Esattamente quanto accade in questo racconto.
Nella disattenzione della collettività, stordita dalle bombe, stretta in pubblico cordoglio intorno al feretro di Falcone prima e di Borsellino poco meno di due mesi più tardi, il governo di Giuliano Amato inietta nel sistema economico italiano la privatizzazione del patrimonio pubblico e realizza il colpaccio. Gli anni Ottanta sono il decennio fatale, al punto che nel 1994 “il debito pubblico corrisponde al 121,80% del Pil, per un valore nominale di 1.069.415 milioni di euro. La classe politica italiana sembrerebbe essere stata preda, per quattordici anni, di un delirio da spese per infrastrutture e Stato sociale, fino a perdere di vista le più elementari regole alle quali anche un bilancio statale deve sottostare: attivo/passivo, entrate/uscite. Una élite politica incompetente, è il minimo che si potrebbe dire, nel caso le si volesse riconoscere l’attenuante dell’affezione verso i propri cittadini, per i quali ha voluto costruire il paese di Bengodi. Niente di tutto questo, ovviamente. Quel 121,80% è figlio di quella collusione criminale che si rivela solo nel 1992 con Tangentopoli” (1).
L’inchiesta inizia con l’arresto per corruzione di Mario Chiesa, l’amministratore socialista del Pio Albergo Trivulzio. E, per quanto Craxi si affretti a etichettare il suo uomo come mariuolo, indicandolo come isolata mela marcia, immediatamente la politica e il potere economico fiutano l’odore dell’acciaio che segnala la tagliola e pongono in atto il colpo di mano. Non c’è tempo da perdere. E che abbiano perfettamente compreso l’entità del problema, lo dimostra la scelta operata dal neoeletto (25 maggio 1992) presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, nel momento in cui questi convince lo stesso Craxi (malgrado il suo primo avviso di garanzia gli venga consegnato solo sei mesi dopo) di quanto umanamente sia impossibile affidargli l’incarico di mettere in piedi un nuovo governo. Troppi deputati socialisti sono già incappati nelle maglie della giustizia. Una considerazione cui va aggiunta la precedente débâcle elettorale (5 aprile) che issa la Lega nord (risultato, guarda caso, dell’unione tra Lega lombarda e altre leghine settentrionali) a quarta forza politica del Paese, capace di canalizzare su di sé la protesta elettorale e di rubare voti a Dc e Psi.
L’incarico viene conferito al fido Giuliano Amato. La crisi dei partiti storici di governo resta comunque gravissima, generando quella condizione di totale debolezza politica che in Italia ha la costante di spalancare inesorabilmente le porte all’operato dei servizi segreti e all’uso dell’artiglieria pesante.
Nel pieno della confusione, coperta dal fumo nero delle esplosioni – per quanto sottoposta al fuoco di fila dei media servitori, pronti a stendere il tappeto rosso al progetto di restaurazione in atto attaccando i vecchi politici ormai da rottamare (si pensi ai vari Feltri, Della Loggia, Ferrara tra gli altri, molti, allora gaudenti di fronte al tintinnare di manette e oggi feroci nemici dei componenti del pool di Mani pulite) – la classe dirigente esegue e carica il peso del debito pubblico sulla popolazione.
Dapprima vengono svendute, con la scusa nobile del far cassa, le aziende di Stato; poi viene sferrato un violento attacco al welfare, privatizzando pensioni, scuola e sanità. In questo modo consegnando brevi manu agli Shylock italiani – anch’essi per buona parte coinvolti nell’inchiesta Mani pulite – un lucrosissimo investimento protetto. Tutta gente che dai crateri scavati dalle bombe ha estratto enormi vantaggi economici che tuttora perdurano e prosperano.
* questo articolo trae spunto dalla Richiesta di archiviazione del Procedimento penale n. 2566/98 denominato ‘Sistemi criminali’, tribunale di Palermo; il virgolettato contenuto nel testo – salvo diversa indicazione nelle note a margine – è tratto dal suddetto decreto di archiviazione
(1) Debito pubblico: italianità al 104 per cento, Giovanna Cracco, PaginaUno n. 10/2008
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