Inside story dell’inchiesta Log in. Fenomeno rider
Michele Biella, Gian Mario Felicetti
Dopo aver sottoscritto il contratto online e fatto un incontro collettivo di formazione presso la sede di Glovo – un’oretta, di cui la gran parte dedicata alle raccomandazioni per fare salire il ranking e poter così scegliere meglio i turni – sono pronto per iniziare. Apro il calendario – lo si può fare il lunedì e il giovedì – ma la app mi comunica che per me (come matricola, immagino) le prenotazioni aprono circa 200 minuti dopo; un pratico countdown è messo a disposizione, non sia mai che me ne dimentichi.
Gli unici slot che mi compaiono sono al sabato e alla domenica, dalle 20:00 alle 22:00, orari diamante ossia con tanta richiesta di rider, ma la sera sono quasi sempre impegnato in un altro lavoro, quindi niente.
Non mi piace lasciare la app funzionante in background per cui ogni volta mi sloggo. Ma Glover è una app che richiede continue attenzioni: dopo ogni logout per qualche ora continua a propormi di tornare online; chissà mai che la trascuro troppo.
Alla fine, una domenica pomeriggio mi si apre al volo un turno per la sera tra le 20:00 e le 21:00 e decido di prenderlo. Alle 19 vedo che il calendario è particolarmente attivo, mi si aprono (e chiudono) vari slot per i giorni successivi: è una coincidenza, basta cominciare a lavorare per avere più possibilità, o è solo un orario in cui tanti sono online e rimescolano le ore di lavoro?
Dieci minuti prima dell’inizio del turno la app mi chiede di fare un check-in per confermare di essere operativo, subito dopo esco di casa: senza troppa fretta, dato che abito già all’interno della zona di lavoro. Metto in tasca la carta di credito che mi hanno dato alla formazione (per gli acquisti negli esercizi non convenzionati con la app), prendo il cubo portavivande (che mi costa 65 euro, trattenuti sui primi pagamenti e di cui non vedrò più 15 euro, Glovo se li tiene per compensare i costi dell’usura e del lavaggio, e 50 in teoria mi saranno restituiti in caso di riconsegna dello scatolotto) e inforco la bici. Mi dirigo verso piazzale Loreto: se ci sono sempre così tanti rider in attesa, deve essere un buon posto per aspettare gli ordini. Speranza mal riposta: passano i minuti, ma niente.
Mi sento vagamente stupido a stare fermo, con uno zaino extra large color evidenziatore in spalla e la faccia incollata al telefono. Decido quindi di tenere i muscoli caldi pedalando lentamente su e giù per corso Buenos Aires… un buon milanese non sa resistere a un po’ di struscio lungo il Corso! Tanto più se, a quanto pare, per il momento sto lavorando gratis: un’evenienza che in passato, in tempi meno smart, ho sempre definito ‘fare volontariato’. Non so cosa ne direbbe oggi la Crusca, ma so come la penso io: rischio d’impresa scaricato sui lavoratori. Ti faccio lavorare perché penso che mi servi, ma se la quantità di lavoro è minore di quanto mi aspetto, non ti pago. Semplice e redditizio.
Per un minuto o due la app mi segnala la possibilità di continuare il ‘volontariato’ anche tra le 21:00 e le 22:00, rassicurandomi che “certo qualcosa è sulla strada”. Ci penso perplesso: è un nonsense, gli sto pure facendo pubblicità gratis con questo cubo sulle spalle.
Alla fine, dopo mezzora abbondante di riscaldamento, arriva l’ordine: accetto e mi dirigo rapidamente verso il punto di ritiro, a circa mezzo chilometro di distanza – la bici permette qualche ‘licenza poetica’ sul codice della strada, sarebbe stato quasi un chilometro altrimenti; e poi visto che metà del turno se n’è già andato, prima faccio meglio è: se questa si rivelasse una consegna rapida, potrei riuscire a farne un’altra dopo.
Sono le 20:40 e davanti al piccolo bar che vende sushi ci sono un po’ di rider in attesa: tre di Glovo, uno di Deliveroo, due di Justeat. Comunico alla app di essere arrivato al ristorante e visti i minuti che passano, mi consolo pensando che dal sesto di attesa in poi mi pagheranno 5 cents al minuto. Se dovessi aspettare un’ora (non per colpa mia!) sarebbero 3 euro, che è comunque meglio dello zero della mezz’ora precedente. Riesco a perdere ancora qualche minuto perché non capisco che il locale chiama secondo il nome del cliente e non del rider, errore da novellino, ma del resto nessuno mi ha spiegato precisamente come funziona. Ci pensa un altro glover, un ragazzo americano, vedendomi in difficoltà: un po’ di solidarietà, almeno!
Alla fine riparto verso le 21:00, il punto di consegna è a un chilometro di distanza, riesco anche a sbagliare strada; niente di grave, ma improvvisamente mi è chiaro perché tutti usino il porta-smartphone e il navigatore: per qualche minuto in più la singola consegna non ne risente, il tempo di farne un’altra sì. Arrivo all’abitazione, mi fanno salire al piano (neanche l’idea di poter scendere), consegno, certifico il risultato sulla app. La gratificazione è immediata: il guadagno compare sulla schermata, 4,70 euro! Guardo l’ora, le 21.13.
Il conto è facile, fa meno di 3,90 euro l’ora, lordi; circa 3 netti.
Disorientato, mi convinco a prenotare anche lo slot delle 21:00-22:00 che nel frattempo si è riaperto, tanto di fatto ci sto già lavorando! Appena iscritto, sono ormai le 21:30, arriva un ordine, un locale a cinque minuti di pedalata. Se tutti gli ordini hanno questa grandezza di distanze forse è davvero possibile farne di più in un’ora. Guardo l’indirizzo del cliente: 5 chilometri. Come non detto! Intanto, una mail di Glovo con l’immagine di un glover-supereroe mi fa le congratulazioni per il mio primo ordine…
Dopo l’attesa al ristorante, riesco a consegnare alle 22:16, anche questa volta un quarto d’ora oltre l’orario: sarebbe stato di più se non avessi deciso di pedalare più velocemente possibile. Ovviamente il ritorno alla zona di partenza, altri 5 chilometri, non è conteggiato da nessuna parte: il bello di lavorare su tutta Milano.
Quest’ultima consegna presenta una particolarità: il cliente deve pagarmi in contanti, si vede che non ha potuto farlo online al momento della prenotazione. Sono più di 40 euro che mi rimangono in tasca, ma sono di Glovo. Io invece per questa consegna ho preso 6,65 euro lordi.
Bilancio della serata: due consegne in due ore di lavoro (in realtà due ore e un quarto), 9,5 chilometri percorsi a una velocità media di 10,4 km/h (dimenticavo, grazie alla geolocalizzazione sono costantemente monitorato!) e 45 minuti il tempo medio per completare un ordine (di cui 13 minuti di attesa media al ristorante). Guadagno: 11,35 euro lordi che diventano 9,08 netti, ossia 4,5 euro l’ora – senza contare il quarto d’ora in più! Il mattino seguente la app mi dirà di trattenere 5 euro dei contanti che ho in tasca come anticipo sulla retribuzione; il resto è di Glovo, se servirà dovrò usarlo durante i prossimi turni per fare acquisti presso esercizi non partner, oppure restituirlo in sede.
Improvvisamente mi è chiaro perché nella scarna dotazione fornita da Glovo figuri anche una power bank per lo smartphone: io ero uscito senza e in due ore la batteria è scesa del 25%! Sarà mancanza di allenamento, ma la sensazione è che la mia batteria corporea sia scesa del 90%. Mi aspettavo di pedalare tranquillo come pubblicizzano, invece anche in condizioni di meteo e traffico perfette la fatica si fa sentire, dopo solo due ore!