The Substance di Coralie Fargeat: l’immagine si impone sulla carne, la merce sull’essere umano
“Vieni, creatura micidiale; coi tuoi denti acuti sciogli d’un tratto questo intricato nodo di vita”.
William Shakespeare, Antonio e Cleopatra
Uno spettro si aggira tra le superfici levigate e scintillanti del mondo postmoderno: quello del nostro corpo. Lo sa bene Vittorio Lingiardi che al corpo, umano (la virgola non è un errore di battitura, bensì un rimando alla suggestiva pausa inserita nel titolo del suo saggio, Corpo, umano, per l’appunto) dedica uno studio approfondito in cui il tema viene affrontato attraverso diverse lenti argomentative, dalla medicina alla filosofia, dalla pittura alla letteratura. Lo scopo: restituire interezza e unità al nostro organismo, oggi esposto a un implacabile processo di alienazione, reificazione, mercificazione, scomposto in oggetti parziali dalla medicina, sottratto alle relazioni toccanti dall’invadenza del digitale nella sfera del reale, strumentalizzato dalla politica. Sembra paradossale affermarlo in una società che pare aver sviluppato una vera e propria ossessione a riguardo – basti pensare alla sovraesposizione addirittura pornografica della carne nelle pubblicità o sui social-network, all’assillo per la forma fisica che si traduce nella proliferazione di palestre, diete, integratori, per non parlare del ricorso alla chirurgia estetica sempre più diffuso anche tra i giovanissimi in modo da aderire a un preciso canone di bellezza – senonché proprio tale ossessione è sintomo di una drammatica frattura tra il corpo idealizzato e quello reale. Come fare allora a ristabilire un contatto con quest’ultimo? Per Lingiardi: “L’unico modo per ritrovare un corpo, anche un corpo fantasma, perduto, stanco di sé o del mondo, è raccontarlo. Il corpo ritrovato è quello raccontato”.
Il che è appunto quanto si propone il film The Substance (2024) di Coralie Fargeat – body horror in perfetto stile cronenberghiano – vincitore del premio Oscar per il Miglior trucco e acconciatura a Pierre-Olivier Persin, Stéphanie Guillon e Marilyne Scarselli e del Golden Globe alla Miglior attrice protagonista in un film commedia o musicale a Demi Moore nel 2025. Qui lo spettatore viene letteralmente costretto a fare esperienza del proprio organismo attraverso la visione di immagini a dir poco disturbanti, capaci di produrre intense sensazioni fisiche di disgusto e repulsione – immagini che diventano sempre più grottesche e violente, via via che il lavoro procede verso la fine. Al centro, la storia – in fondo, patetica – di Elisabeth Sparkle (Demi Moore), ex attrice di successo, finita poi a condurre un programma di fitness in tivù, ora sul viale del tramonto anche in questo settore. Sì, perché, in concomitanza col suo cinquantesimo compleanno, l’emittente ha deciso di sostituirla con una ragazza più giovane, bella e prestante. Prima ancora che ciò le venga comunicato, Elisabeth scopre per caso quanto l’aspetta, origliando di nascosto una conversazione telefonica di Harvey (Dennis Quaid), il direttore della rete: “Come abbia fatto quella vecchia stronza a restare nel giro così a lungo per me è un cazzo di mistero. Mi ci pulisco il culo col suo Oscar. Quando è stato? Negli anni Trenta per King Kong? Non me ne frega un emerito cazzo di quello che le abbiamo promesso. Questa è una rete televisiva, non un ente benefico, cazzo!” Un personaggio a dir poco squallido, come si evince anche dal suo linguaggio, degno rappresentante dell’ethos sessista e patriarcale che ancora impera nell’ambito dello spettacolo – e non solo – il quale, non per niente, al momento di dare la notizia ufficiale a Elisabeth, viene rappresentato intento a ingurgitare voracemente un’intera ciotola di gamberi, a indicare, sul piano simbolico, l’essenza bulimica e cannibalica del mondo delle merci: un mostro che divora se stesso e perciò sempre in cerca di nuove vittime da fagocitare. A essere al centro dell’analisi di Coralie Fargeat, infatti, non è solo il corpo in generale, bensì, più precisamente, quello femminile, tanto più esposto ai processi di feticizzazione e frammentazione sopracitati, fermo restando il fatto che tali processi investono chiunque si trovi a vivere in una società a capitalismo avanzato…
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