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Home Archivio No Expo 2015

Expo 2015: Daspo al lavoro

Rivista Paginauno by Rivista Paginauno
10 Ottobre 2015
in No Expo 2015
0
Expo 2015: Daspo al lavoro

Domenico Corrado

  • (Paginauno n. 44, ottobre – novembre 2015)

Expo 2015, vuoi un lavoro? Decide la polizia: pareri riservati, email misteriose e Daspo, la testimonianza di un lavoratore respinto

Dopo anni di attese lo scorso maggio ha aperto i battenti la grande Esposizione Universale milanese. Un costo totale di 11 miliardi di euro, speculazioni, appalti truccati, decine di arresti illustri e la promessa che Expo sarebbe stata un’opportunità per rilanciare le sorti dell’economia nazionale e per dare nuovo impulso alle politiche occupazionali, soprattutto quelle giovanili, che versano in uno stato di depressione totale. E invece a corollario di quello che in questi due anni abbiamo descritto come il Sistema Expo, lo scorso 15 maggio è emersa un’altra faccia che finora era rimasta nell’ombra: quella della discriminazione e della repressione. I cosiddetti Daspo.

Seicento lavoratori già assunti per lavorare all’interno dell’Esposizione si sono visti negare l’accredito per accedere al sito sulla base di un ‘parere riservato’ della Questura, con il conseguente licenziamento o ricollocamento da altre parti. Le diverse imprese, organizzazioni, agenzie che svolgono le loro attività dentro Expo hanno infatti l’obbligo di segnalare i dati dei propri lavoratori attraverso la cosiddetta ‘piattaforma accrediti’; la richiesta arriva in Questura, che per ogni nominativo rilascia o nega il permesso ad accedere all’area espositiva.

Un provvedimento poco trasparente in quanto non si sa quali siano i criteri utilizzati per dare la risposta, e i lavoratori ‘respinti’ che hanno chiesto spiegazioni hanno ricevuto solo un indirizzo email (backgroundcheckdenialenquiries@expo2015.email) a cui scrivere e una risposta del tutto
evasiva (vedi Box); e discriminatorio e repressivo in quanto la Questura avrebbe preso in considerazione anche i cosiddetti ‘reati di polizia’ (denunce, arresti o processi conclusi senza alcuna condanna), e quindi usato informazioni in proprio possesso prive di rilevanza penale, come ha affermato anche Antonio Lareno, delegato Cgil per Expo: “Ci risulta che fra i casi di rifiuto esistano anche alcuni nei quali il giudice aveva previsto la non menzione nel casellario e a giudizio dei segnalanti la Questura avrebbe utilizzato dati in proprio possesso per negare l’accredito”. Sono infatti state respinte anche persone incensurate.

Le più elementari garanzie democratiche e di tutela del lavoratore sono state congelate: l’assunzione o l’accesso a un luogo di lavoro non possono essere subordinati al giudizio di un organo di polizia, così come non possono essere causa di discriminazione le opinioni politiche o le azioni prive di risvolti legali. Ma Expo ha creato anche questo precedente.

[…] per sua informazione, un accredito risulta negato da Expo 2015 quando la Questura ha riscontrato la presenza di background incompatibile con i livelli di sicurezza garantiti nel sito. Le regole d’ingaggio per essere accreditati a Expo 2015 sono differenti da quelle di qualunque altro evento, in quanto l’Expo è stata dichiarata obiettivo sensibile, nonché sito di interesse strategico nazionale, per cui, per essere accreditati, occorre non aver mai commesso reati.

Allegare visure o altri documenti non serve e, comunque, questi non vengono considerati. I controlli vengono fatti in altra sede ufficiale, accedendo a fonti più strutturate. Ovviamente nessun dettaglio o informazione specifica può transitare tramite terze parti o essere divulgata. Sono le autorità di Polizia a gestire queste informazioni. Quest’indirizzo email e la struttura che lo gestisce non hanno alcun legame diretto con la Questura e le autorità, né possono accedere ad alcuna informazione relativa al background delle singole persone. In specifici casi questa struttura può chiedere una riverifica di quanto già notificato, ma, si ribadisce, nessuna spiegazione o dettaglio verrà mai trasmessa per questo tramite. La risposta potrà essere solo di conferma del diniego o di rivalutazione della posizione.

L’interessato può trovare informazioni più specifiche all’indirizzo
http://www.interno.gov.it/it/cittadini-e-imprese/informazioni-utili/come-sapere-siamopresenti- nella-banca-dati-forze-polizia

Email di risposta alla richiesta di spiegazioni per la negazione dell’accredito di accesso al sito Expo

Abbiamo preso contatto con alcuni dei lavoratori colpiti dal ‘decreto di espulsione’; Vincenzo (nome di fantasia) è uno di loro, e ha accettato di darci la sua testimonianza su quanto accaduto. Abbiamo omesso i dettagli che avrebbero potuto rivelare la sua identità, per tutelarlo da eventuali ricatti lavorativi.

Allora Vincenzo, partiamo dall’inizio. Quando sei stato assunto e cosa prevedeva il tuo contratto?

Dopo tre incontri dedicati alla formazione a cui ho partecipato tra fine marzo e metà aprile, pochi giorni prima del primo maggio ho firmato un contratto con una società di vigilanza che per sei mesi mi impegnava nella mansione di guardia non armata addetta alla sicurezza. Il contratto prevedeva un compenso lordo di 800 euro mensili per 40 ore alla settimana, distribuite su cinque giorni con due di riposo, formula che fin dall’inizio è rimasta su carta. I primi dieci giorni di lavoro, infatti, sono stati davvero un inferno. Nella straordinarietà dell’apertura è ‘saltata l’organizzazione’, e mi sono trovato, insieme ai miei colleghi, a fare diversi turni consecutivi di dodici ore al giorno senza riposo. Se ci penso mi suona all’orecchio come una beffa, visto che dopo poco più di tre settimane sono stato allontanato dalle mie mansioni senza alcuna spiegazione esaustiva.

Spiegaci meglio. Come è andata, cosa è successo?

Come dicevo, malgrado fossi stato assunto per sei mesi, dopo poco più di tre settimane mi è stato comunicato dal mio ‘superiore’ che l’indomani non mi sarei dovuto presentare al lavoro, perché non mi era stato convalidato il pass per entrare in Expo. Non mi è stato detto niente di più. Quindi a fine turno mi sono diretto verso l’ufficio Expo che si occupa dei pass e ho chiesto informazioni. Mi aspettavo che qualcuno mi desse delle spiegazioni, e invece me ne sono tornato a casa con un indirizzo di posta elettronica a cui avrei dovuto scrivere per ricevere delucidazioni sulle motivazioni del mio allontanamento.

E tu gli hai scritto, immagino. Cosa ti hanno risposto?

Mi è arrivata una mail a quanto pare creata ad hoc per le richieste di accredito negate, nella quale mi hanno comunicato che la Questura aveva “riscontrato la presenza di background incompatibile con i livelli di sicurezza garantiti nel sito”, e che le regole d’ingaggio per essere accreditati a Expo “sono differenti da quelle di qualunque altro evento, in quanto l’Expo è stata dichiarata obiettivo sensibile, nonché sito di interesse strategico nazionale”.

Quindi richiesta respinta e stop. Nessuna informazione sui criteri che hanno portato al diniego della richiesta di accreditamento, su quale sia questo “background incompatibile”, e nessuna possibilità di appello. Giusto per cercare di capire il più possibile, hai un passato giudiziario o sei incensurato? Hai alle spalle una militanza politica di qualche tipo?

Come dicevi non mi è stato comunicato il motivo per cui il mio ‘background’ è risultato incompatibile, e non ho nessuna militanza politica alle spalle. Ho avuto un passato giudiziario che si è concluso con un nulla di fatto, quindi la mia fedina penale risulta pulita. Mi sembra chiaro che se sono incensurato probabilmente sarà stata la Questura a utilizzare alcuni dati sul mio passato e che non sono menzionati nel casellario.

Ti vedo amareggiato e sorpreso, e a ragione. Un provvedimento del genere è degno di uno Stato di polizia. Per tutelare il profitto le assunzioni dei lavoratori vengono ancorate al parere riservato di un organo di polizia, e chi risulta potenzialmente ‘scomodo’, anche se non ha alcun ‘pegno’ da pagare con la Giustizia, viene allontanato preventivamente. Dopo questo provvedimento sei stato licenziato o ti hanno ricollocato?

Dopo due settimane dal mio allontanamento sono stato contattato dall’azienda che mi aveva assunto e ricollocato presso un altro posto, con lo stesso contratto e le stesse mansioni. Sta di fatto che all’assunzione non mi è stato richiesto l’invio del casellario giudiziario e nessuno mi ha spiegato in modo soddisfacente il motivo per cui sono stato allontanato. Mi sembra ovvio che ci sia stata una mancanza di trasparenza e un’azione discriminatoria, che per alcuni colleghi si è conclusa senza il ricollocamento.

Tags: lavoro
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