Gli anni ’90 sono stati un decennio di grandi cambiamenti per l’Italia e l’Europa intera, visto l’inizio di una nuova fase a seguito del collasso del socialismo reale nell’Est; una fase che si caratterizzerà con l’avvio del neoliberismo, la globalizzazione e la sostituzione, in alcuni Paesi – come il nostro – della classe dirigente politica. La Lega Nord, partito populista che inizia ad affermarsi grazie a Tangentopoli, cavalcando il malcontento popolare verso una partitocrazia corrotta, e in realtà una falsa opposizione al sistema, in quanto funzionale al nuovo corso economico: lo dimostrano le affermazioni di alcuni esponenti del Carroccio, come Franco Castellazzi (“Noi siamo per il liberismo della piccola e media impresa, a fianco del siur Brambilla, per dire, e non per quello di Gardini. Perché e nel modo di produrre della piccola e media impresa che noi ci riconosciamo, in cui troviamo i valori di vita, le tradizioni, la cura dell’ambiente che ci appartengono”, Il Giorno, 1o marzo 1991), Umberto Bossi (“Noi siamo ostili ai grandi gruppi, ma vogliamo che il liberalismo conviva con la società. Non abbiamo nulla contro il capitale multinazionale, vogliamo salvare altri valori”, Corriere della Sera, 7 novembre 1990); posizioni ribadite espressamente nel primo Congresso della Lega, dove la piccola e media impresa e assunta a “base sociale e civile contro l’inciviltà dei partiti”, come “spina dorsale dell’economia italiana”, senza alcun riferimento ai lavoratori (1).
Non mancano nemmeno appoggi da parte di quella stessa stampa straniera che sosterrà apertamente il modello di sviluppo neoliberista e i piani di risanamento proposti dai vertici della Ue e dal Fondo monetario internazionale – come il Wall Street Journal (4 ottobre 1991), che definisce il partito bossiano “il più influente agente di cambiamento della scena politica italiana”, o il settimanale britannico The Economist, che il 28 febbraio 1992 si spinge “addirittura oltre, invitando gli elettori italiani a dare il loro voto proprio alla formazione di Bossi oppure al Pri di La Malfa, considerati entrambi come gli unici fautori di rinnovamento all’interno del decadente panorama politico italiano” (2).
La fortuna della Lega Nord e spiegabile entro le dinamiche di questo scontro economico accennato nelle dichiarazioni dei vari esponenti del partito: una parte della borghesia produttiva vedeva con apprensione la nascente globalizzazione, e agiva di conseguenza. L’appoggio da parte dell’estrema destra e anch’esso funzionale, a creare un’arma di distrazione di massa con l’utilizzo di tematiche populiste atte a espandere verso il classico elettorato di sinistra il soggetto leghista. E in quegli anni, infatti, che i “caratteri di destra della Lega Nord” diventano “da subito evidenti, nonostante le pretese di Bossi di accreditare il mito di un nazionalismo padano trasversale alla tradizionale bipartizione dell’asse politico”, scrive lo studioso Ugo Maria Tassinari (3). E una caratteristica che tocca sia l’ala lombarda che quella piemontese, da cui partirà il flirt coi leghisti della rivista nazionalista rivoluzionaria Orion (4), che quella venetista incarnata dalla Liga Veneta.
Il Carroccio si avvicinerà palesemente all’estrema destra subito dopo la rottura con il centrodestra di Silvio Berlusconi, quando riscopre la sua identità padana e secessionista. Il ricercatore antifascista Saverio Ferrari e solito dire che la Lega inizia il suo viaggio nell’estrema destra nel 2002, con il suo quarto congresso ad Assago, quando il movimento assume ufficialmente la linea della difesa della purezza della razza padana contro la società multirazziale, per la necessita di difendersi dall’invasione extracomunitaria in corso, portatrice di contaminazioni di ogni genere, malattie comprese. Il giornalista nota dal palco la denuncia di un non meglio identificato complotto internazionale, “ordito da circoli finanziari, massoni e comunisti”, volto a intaccare “tradizioni culturali e religiose” allo scopo di favorire un indistinto cosmopolitismo (5), cioè il mondialismo (la critica da destra alla globalizzazione, riflessione nata negli anni ‘60 da Jean Thiriart, leader nazionalbolscevico di Jeune Europe, e rielaborata da certi esponenti della nouvelle droite e del radicalismo di destra (6).
Non solo: vengono rilevati degli stand librari dove sono venduti i testi di Julius Evola e quelli delle Edizioni di Ar di Franco Freda, e Ugo Maria Tassinari nota la presenza – non solo in quell’assise – di gadget particolari con figure come il Triskel, “un antico simbolo runico già adottato da alcune divisioni delle Waffen SS”, diffusissimo fra i giovani padani e i volontari verdi (7). E grazie a personalità di tale area che il movimento riscopre certe simbologie utilizzate per animare un senso di appartenenza. Il fenomeno pero non nasce nel 2002: casomai viene ufficializzato.
Alberto Sciandra, ex segretario provinciale della Lega Nord nella città piemontese di Cuneo, proveniente culturalmente dalla destra ultraradicale (era un assiduo frequentatore del Centro librario Barbarossa di Saluzzo, li dove c’erano le Edizioni Barbarossa e dove veniva pubblicata la rivista Orion di Maurizio Murelli) ammette, intervistato, che la decisione di iniziare a “giocare con il dio Po”, le adunate, gli alzabandiera, l’uso non più di Alberto da Giussano ma del Sole delle Alpi – introdotto da Gilberto Oneto, direttore dei Quaderni Padani ed ex vignettista della Voce della Fogna di Marco Tarchi, animatore della nuova destra italiana – e di determinati simboli e miti celtici (“la riscoperta del celtismo in salsa padana”), furono determinati da personaggi interni alla Lega Nord e provenienti dagli ambienti dal radicalismo di destra; persone che conoscevano molto bene l’importanza comunicativa ed emotiva di determinati simboli, e che riuscirono a convincere Bossi a incamminarsi su questa strada, giudicata, pero, da Sciandra, molto pericolosa: “Abbiamo giocato molto agli apprendisti stregoni e che nessuno si sia fatto male e stato davvero un caso”.
Anche l’uso delle Guardie Padane, secondo Sciandra, venne giudicato interessante, ma non come un mero servizio d’ordine bensì una realtà pericolosa, un movimento nel movimento, “le SA della situazione”. Sciandra fu uno degli organizzatori della prima manifestazione della Lega Nord alla sorgente del Po nel 1996, autore dello striscione Dio lo vuole (8).
Tornando ai temi affrontati al congresso leghista di Assago, notiamo che l’analisi di Ferrari pecca semplicemente perché va retrodatata: le collaborazioni sulle pagine de La Padania di personalita provenienti dalla nouvelle droite – come Alain de Benoist o Guillaume Faye, autore nel 1981 de Il sistema per uccidere i popoli, manifesto neodestrista dell’antimondialismo ristampato nel 1997 dalla Societa Editrice Barbarossa, quando Orion e organo di Sinergie europee, associazione rosso-bruna che univa destra radicale e l’ala piu dura della nuova destra europea – sono datate fra il 1998 e il 1999, quando infuria la guerra in Kosovo, denunciata da questi come un’ingerenza imperialista americana ordita dai poteri forti per espandere l’American way of life verso Est. E a Belgrado andranno alla corte di Slobodan Miloševic delegazioni leghiste e di Forza nuova – oltre ai Comunisti italiani di Cossutta e Diliberto, che pero stavano al governo con D’Alema, pur contestando l’intervento militare e manifestando una certa ambiguità.
Uno dei documenti del partito bossiano era intitolato, non casualmente, Multiculturalismo, società multirazziale e mondialismo: il sistema per uccidere i popoli, e riprendeva palesemente le tesi neodestriste; pubblicato dal Carroccio nel 1998, vi si leggeva che il mondialismo americano non e il naturale frutto insito nella natura stessa del capitalismo – come invece dicono i marxisti – ma un complotto anglo-americano-sionista, animato da lobby occulte per omogeneizzare i popoli attraverso il meticciato, il melting pot e l’immigrazione extraeuropea; la stessa tesi e riportata in un altro documento dello stesso anno, Padania, identità e società multirazziali, al n. II di Enti padani locali federali.
La riscoperta del celtismo accomunerebbe poi Orion e il Carroccio, che ha fatto proseliti anche in una frazione dell’estrema destra che si richiama giust’appunto all’esperienza nazionalbolscevica, i cosiddetti ‘partigiani europei’, eredi Thiriart, “una fazione dell’estrema destra, che, passando attraverso il neofascismo si e evoluta verso il nazionalismo rivoluzionario e l’estrema sinistra anti-sionista, libertaria e non dogmatica” (9), un filone che nel Carroccio viene riscoperto, oltre che dalla Libera compagnia padana di Oneto, dall’associazione identitaria Terra Insubre di Varese – impegnata a valorizzare il patrimonio storico ed etnico dell’area che va dall’Adda al Ticino e dal Po al Canton Ticino – e in moltissimi altri gruppi parte del movimento identitario che stanno nella Lega Nord.
Da li partono i contatti politici, datati sempre attorno al 1999, e il cemento di questo flirt fra radicalismo di destra e Lega Nord sarà – nel contesto citato – la critica all’immigrazione, al mondialismo e all’Islam, dagli strali contro i poteri forti e l’innaturale liason fra alta finanza, triplice sindacale e sinistra di governo. Quando verrà malmenato da militanti forzanovisti, in diretta tivù, il convertito all’Islam Adel Smith, la cosa verrà plaudita negli ambienti leghisti – ma non in quelli di un certo radicalismo di destra, che ruota intorno a riviste filoarabe come Avanguardia e Orion: la prima filo-iraniana, la seconda capace di proporre un’Eurasia delle regioni e delle comunita identitarie caratterizzata da una forte connotazione antiamericana, alleata alle forze nazionalcomuniste, tradizionaliste, integraliste dell’ex impero sovietico e della sfera islamica, una componente che ipotizzerà l’alleanza con il mondo dell’Islam (eccetto le petromonarchie, fondamentalismo ritenuto manovrato dalla Cia e dal Mossad) in chiave antimondialista.
L’altro legame e la difesa delle radici cristiane, portando a metter da parte o semplicemente a barcamenarsi con un certo neopaganesimo, e a flirtare con il cattolicesimo tradizionalista preconciliare, con i lefebvriani e altre realtà affini: per esempio, il Movimento universitario padano della Cattolica di Milano organizza convegni anticonciliari e anti-risorgimentali con l’Istituto Mater Boni Consilii, realtà legata a Sodalitium che promuove l’anti-giudaismo in voga nella Chiesa fino alla prima meta del Novecento.
Ma i legami – senza dilungarci in personalità vicine a Borghezio come Marco Rondini, segretario leghista della Martesana proveniente dalle file del Fronte nazionale di Franco Freda e poi vicino a Cuore nero, Max Bastoni, leader dei volontari verdi legatissimo a Borghezio, che gli donera per l’inaugurazione del Centro identitario Bassano del Grappa, centro sociale leghista, un’ascia bipenne, simbolo oltre che della tradizione europea utilizzato dal Centro studi Ordine nuovo di Pino Rauti e Clemente Graziani – portano il Carroccio a fare manifestazioni in comune con Forza nuova e Fiamma tricolore, cavalcando una serie di casi di cronaca nera a Milano nel 1999, e a proporre un referendum anti-immigrati, stringendo con tali partiti patti per raccogliere le firme.
Spulciando la rete, non era – e tutt’ora non e – insolito trovare forum dell’ultradestra con collaboratori che bazzicano o militano nella Lega Nord, come non e insolito imbattersi in siti di associazioni identitarie gravitanti attorno al Carroccio – alcune delle quali le abbiamo elencate qui e in altri articoli – che consigliano ai loro militanti letture ‘fondanti’ prese dai cataloghi delle Edizioni di Ar, Settimo Sigillo, Edizioni all’insegna del Veltro, Società Editrice Barbarossa e di molte altre case editrici della destra più estrema e radicale; a sottolineare innanzitutto che nella Lega Nord un filo nero – qui più volte accennato – esiste, e soprattutto che viene a crollare lo stereotipo della destra estrema composta da picchiatori semianalfabeti; uno stereotipo presente nell’antifascismo militante, che si limita all’eterna schedatura ma non comprende che oggi la battaglia e anche culturale.
Si era accorto di questa mancanza il prof. Giorgio Galli già nel lontano 1983, il quale partecipo al convegno “Nuova Destra e cultura reazionaria negli anni Ottanta” tenutosi a Cuneo il 19-21 novembre 1982, insieme ad alcuni fra i maggiori intellettuali italiani riconducibili all’area politico-culturale della sinistra e a quella del liberalismo, come Nicola Tranfaglia, Marco Revelli, Gianni Vattimo, Costanzo Preve, Giovanni Tassani, Norberto Bobbio, Franco Ferraresi, Marco Nozza, riuniti con il presupposto di esaminare in maniera critica le varie novità provenienti dall’estrema destra italiana, per “approfondire senza pregiudiziali le idee e la prassi dell’avversario” (10). Peccato che i pregiudizi, invece, c’erano eccome.
Infatti, nel 1983, nell’introdurre il suo libro La Destra in Italia, il politologo milanese, dopo aver spiegato che la destra tout court non e affatto un corpo estraneo alla cultura europea o, peggio, una parentesi nella storia italiana (in barba alle tesi di Benedetto Croce) ma una risposta reazionaria a certe istanze progressiste (11), egli dirà la sua, criticando la metodologia dei colleghi che come lui a Cuneo analizzavano la destra di quegli anni, spiegando che negare l’esistenza di una cultura di destra sarebbe stato senz’altro deleterio per le ricerche e per la comprensione del fenomeno: “L’atteggiamento degli studiosi definiti o che si definiscono ‘democratici’ e questo: la cultura di destra non esiste, oppure e un insieme di concetti mal digeriti; essa non e quindi l’ambiente nel quale si formano giovani che hanno una certa visione del mondo o un certo sistema di valori; i giovani della destra sono una minoranza di squadristi pagati dagli industriali che vogliono combattere i sindacati. Mi chiedo se valeva la pena pubblicare in Italia decine di libri sulle origini e le ragioni di successo del fascismo, per poi ridursi a simili semplificazioni di fronte a un fenomeno attuale che lo studioso deve capire come tale, prima di decidere di osteggiarlo in tutti i modi come cittadino o, se si vuole, come intellettuale democratico”.
1) Cfr. V. Moioli, Il tarlo delle Leghe, a cura della Associazione Culturale A. Gramsci, ed. Comedit 2000, 1991 e P. Griseri, Nel Paradiso del senatur, Il manifesto, 8 novembre 1992
2) L. Costantini, Dentro la Lega, Euripes/Koinè, 1994
3) U. M. Tassinari, Fascisteria. Storia e mitografia della destra radicale in Italia, Sperling & Kupfer, 2008
4) Cfr. M. L. Andriola, Alle radici del fascioleghismo. Gli anni ‘80: dalle leghe alla Lega, Paginauno n. 44/2015
5) Cfr. S. Ferrari, Tra razzismi vecchi e nuovi l’evoluzione della Lega Nord, Osservatorionuovedestre.org, 28 aprile 2004
6) Il mondialismo per Jean Thiriart, è l’“espressione delle scadute concezioni dell’ideologia liberalborghese e dei suoi derivati che, partendo dalla considerazione che gli uomini sono uguali, ritengono che sia possibile stabilire delle regole generali, applicabili a tutti e in tutti i tempi”; J. Thiriart, La grande nazione. 65 tesi sull’Europa [1965], Società Editrice Barbarossa, 1993
7) U. M. Tassinari, op. cit.
8) A. Sciandra, intervista rilasciata a F. Dalmasso il 10 dicembre 2005, ora in Le Leghe di S. Dalmasso, da C.I.P.E.C, Quaderno n. 17, Appunti sui partiti politici in provincia di Cuneo (1976-1992), ora in http://www.cipec-cuneo.org/quaderni/cipec34.htm
9) Manifesto politico del Partigiano europeo, in Orion, a. VI, n.10, ottobre 1989. “Nell’area nazionalcomunista – rileva Tassinari – non esistono problemi di appartenenza religiosa e convivono tranquillamente cattolici tradizionalisti, pagani come Murelli, Battarra (che dichiarano di avere abbandonato da tempo i riti del solstizio), Carlo Terracciano (che usava il calendario romano e ha testimoniato autentico stoicismo preparandosi alla precoce morte per tumore con rigore e intensa spiritualità) e Alessandra Colla (cultrice di Ipazia, la prima martire del paganesimo), agnostici come Galmozzi [Enrico, ex fondatore di Prima linea, avvicinatosi nei primi anni ‘90 al gruppo ma poi allontanatosi successivamente, ritornando a posizioni intransigentemente antifasciste, n.d.a.] e musulmani come Mutti”; U. M. Tassinari, op. cit.
10) G. Quazza, Introduzione ai lavori, in Aa.Vv. Fascismo oggi. Nuova Destra e cultura reazionaria negli anni Ottanta, in Notiziario dell’Istituto Storico della Resistenza in Cuneo e provincia, n. 23, giugno 1983
11) “La cultura della destra e le sue proposte politiche – scrive il professore – non sono un’escrescenza anomala del corpo socio-culturale dell’Occidente. Ne sono una componente da tre secoli minoritaria, che ciclicamente riaffiora come alternativa all’illuminismo riformista (compresa la sua componete cristiana), ogni volta che questa forma culturale basilare all’Ovest dal XVII secolo a oggi incontra difficoltà di riflessione o di progetto. La difficoltà dell’Occidente in questo scorcio di secolo consiste nel problema irrisolto del rapporto fra sviluppo e arretratezza in singoli ambiti nazionali, ma soprattutto a livello mondiale. I ‘limiti dello sviluppo’, per usare un’espressione tipica degli anni Settanta, coesistono con il sottosviluppo. È decisivo sottolineare […] che il problema della ‘fame nel mondo’, sul quale si sono ultimamente impegnati i radicali, è un aspetto di questo dramma dell’Occidente. È nella famosa misura in cui l’illuminismo riformista (filone nel quale si colloca l’esperienza radicale) non trova a questo problema una sua soluzione, che la cultura e la proposta di una gerarchizzazione mondiale del radicalismo di destra potrebbe trovare spazio e consenso, come rilevo in sede di conclusione”; G. Galli, La Destra in Italia, Gammalibri, 1983