Nell’ultimo articolo (1) abbiamo analizzato le origini del cosiddetto fascioleghismo, negli anni ’80, ai tempi delle prime leghe regionali. Fu dalle pagine di Orion, una delle più importanti riviste della destra radicale italiana, che iniziò questa interessante sinergia, che porterà una parte dei suoi lettori e collaboratori, su diretto invito del fondatore del mensile, Maurizio Murelli, militante dell’ultradestra milanese e in seguito editore e animatore della Società Editrice Barbarossa, nota casa editrice militante di destra, ad aderire alle leghe e in seguito alla Lega stessa, perché, a detta del direttore, nel panorama politico degli anni ’80, dominati dal pentapartito, sono percepite “come un mezzo per scardinare il sistema liberale, retto dalla partitocrazia”. Un nome su tutti? Mario Borghezio, che inizia a collaborare attivamente a questo progetto culturale (2).
La Lega Nord però, avvicinatasi sempre di più all’area di governo con Tangentopoli, mostra effettivamente il suo vero volto: pur predicando una netta differenza dagli altri soggetti politici, il progetto leghista, da un punto di vista economico, si allinea sempre di più al nuovo corso imposto dal sistema, proponendo soluzioni liberoscambiste. Il sodalizio di Orion, quindi, archivia quella fase e, parallelamente a questo flirt coi leghisti, accentua i rapporti con i soggetti nazional-europeisti a lei simili sparsi nel continente, con gli ambienti culturali della nouvelle droite franco-belga, specialmente con Robert Steukers e l’opposizione nazionalcomunista russa, guidata dal comunista Gennadij Zjuganov.
Orion e questi ‘camerati’ animeranno dal 1989 soggetti come il movimento Nuova azione e il Fronte europeo di liberazione, coordinamento continentale dei vari movimenti ‘nazionalisti rivoluzionari’ ispirati alle idee di Jean Thiriart, animatore negli anni Sessanta di Jeune Europe (dove militerà il giovane Borghezio), un movimento nazional-rivoluzionario che arriverà a proporre – tesi sposata da Orion dal 1986-87, con il Muro di Berlino in piedi, venendo tacciata di comunismo da ampi settori della destra dell’epoca – la nascita di un immenso “impero euro-sovietico da Vladivostok a Dublino” (3), l’Eurasia; suggestioni che vengono unite alle tesi enunciate negli anni ’30 dal generale Karl Haushofer, sostenitore dell’alleanza fra Germania e Russia per contrapporre il kontinentalblok (blocco continentale) eurasiatico alle “potenze oceaniche”, e che saranno studiate negli ambienti dello Stato Maggiore sovietico dagli anni Settanta, costituendo il perno delle idee geostrategiche di Aleksandr Dugin teorico eurasiatista scoperto in Italia dagli ambienti di Orion e poi sulle pagine della rivista Eurasia, alternativa antiamericana a Limes, e parte dell’entourage di Vladimir Putin (4).
Questo non significa che la Lega Nord smetterà di diventare d’un tratto un parziale punto di riferimento per certi settori del radicalismo di destra.
Tralasciando momentaneamente gli orionisti rimasti nel partito, che influenzeranno molte fasi della storia del Carroccio, andiamo ad analizzare nel dettaglio alcuni sodalizi interni al Carroccio animati da ex militanti di destra capaci di introdurre nel partito i temi del Grece (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), l’associazione culturale animata negli anni ’60 da Alain de Benoist, che elabora tutt’oggi il discorso metapolitico della nouvelle droite, su Paginauno più volte analizzato: una corrente di pensiero che elogia il regionalismo perché, scrive il belga Steukers, potrebbe costituire la “leva a una contestazione globale del sistema giacobino, direttamente ispirato dai Lumi” (5).
La Nuova destra italiana e la Libera compagnia padana
La Nuova destra italiana nasce negli anni ’70 in seno alla corrente rautiana del Msi. Il gruppo trae origini da un sodalizio animato nel 1974 da alcuni giovani esponenti del Fronte della gioventù di Firenze guidati da Marco Tarchi (all’epoca collaboratore delle Edizioni di Ar di Freda oltre che pupillo di Pino Rauti), i quali, dopo essere entrati in contatto con il Grece, animeranno una fanzine dissacrante, La voce della fogna, un tentativo di risvegliare l’ambiente dal mero nostalgismo. Che cosa meglio delle pubblicazioni edite dal Grece per rinnovare il Msi? Chi meglio di Pino Rauti, da tutti conosciuto come il più aperto alla cultura, per applicare il cosiddetto gramscismo di destra al partito?
La componente, nel 1977 darà vita al primo Campo Hobbit, tenutosi a Montesarchio, presso Benevento, l’11 e 12 giugno 1977, “il primo festival di musica, spettacolo e grafica dell’estrema destra”, ispirato ai raduni della sinistra come Parco Lambro, un omaggio a J.R.R. Tolkien, autore dell’opera fantasy Il Signore degli Anelli, saga ispirata alle leggende nordiche e ai romanzi medievali, dove magia, esoterismo, paganesimo, la venerazione völkisch per la natura e per la comunità, si fondono insieme. Infatti, “per i più avvertiti”, nota Tassinari in Fascisteria, “c’erano valori e contenuti importanti nel ‘camerata elfo’: le radici, la lotta del bene contro il male, il richiamo alle tradizioni europee, la contrapposizione tra spirito e materia, il senso forte della comunità”, un modo per uscire dal nostalgismo, unico perno identitario missino, costruendo così dei miti alternativi (l’identità) intorno ai quali aggregare una comunità militante.
Fra il 1978-1979 la Nuova destra animerà diverse esperienze editoriali come Dimensione ambiente, pubblicazione scientifica ed ecologista; Eowyn, periodico dell’alternativa femminile, che esalterà la femminilità contro il discorso del femminismo, ispirata a un personaggio femminile di Tolkien; Machina, consacrata allo spettacolo; Dimensione cosmica, incentrata su fantascienza e fantasy (vi scriveva Gianfranco De Turris, oggi presidente della Fondazione Julius Evola, curava i romanzi dell’Editrice Nord e dell’Urania, la collana di fantascienza della Mondadori); Diorama letterario ed Elementi, ispirato all’organo del Grece. L’obiettivo è rinnovare l’ambiente, e da lì partire, con un nuovo Msi egemonizzato da questi giovani intellettuali, meno di destra, più aperto, meno nostalgico, alla conquista della società civile italiana. L’espulsione del giovane Tarchi nel 1981, per aver pubblicato sulla Voce della Fogna una falsa pagina del Secolo d’Italia dove si sbeffeggiavano i leader del partito, porrà fine al progetto, dando il via a una serie di convegni dove non solo si contesterà la vecchia destra e il radicalismo di destra, ma si porranno le basi per questa corrente, imitando sempre più il modello metapolitico dei cugini francesi del Grece (6).
La corrente inizia a interessarsi al Carroccio nel 1990. L’integrazione europea, inoltre, spinge Alain de Benoist a interessarsi alla Lega, visti gli ottimi risultati del 1992. Nel gennaio 1993, su Diorama letterario, il filosofo contesta Maastricht perché aggrega i popoli dall’alto partendo da valori “materialisti”, “economicisti” e “illuministi” e non in virtù di un’identità basata sull’appartenenza, sul radicamento e su un “comune destino”. I popoli però non stanno a guardare: “ovunque” avvengono reazioni a Maastricht, visto che “le patrie carnali riprendono il sopravvento” e “a Ovest l’Italia regista l’ascesa delle leghe autonomiste”. De Benoist punta alla “possibilità di formare in Europa un’unità politica federativa, sulla base dei popoli e delle regioni” (7). Nel settembre 1993 esce un numero monografico del mensile dal tema L’ipotesi federalista, una prospettiva per l’Europa dei popoli. L’editoriale d’apertura del direttore, Marco Tarchi, è intitolato Dalla riscoperta delle piccole patrie alla grande federazione dei popoli d’Europa.
Vi sono anche contributi di leghisti come Irene Pivetti, cattolica tradizionalista filovandeana e, in seguito, presidente della Camera, e di Gianfranco Miglio, ideologo del Carroccio. Sono presenti interventi di intellettuali della Nuova destra, come il fiammingo Luc Pauwels, che propone il federalismo etnico “basato sull’autogestione, che si è sviluppato dal basso e nel quale i fattori culturali ed etnici hanno la priorità sui fattori tecnico-amministrativi” (8), e Robert Steukers, che sostiene l’ipotesi secessionista bossiana perché “l’Italia del Nord, senza il peso finanziario determinato dalla corruzione politica e dalle reti di rapporti, sarebbe prospera come la Germania, se non di più” (9). Inizia una fruttuosa collaborazione fra la Nuova destra europea e il Carroccio, con convegni organizzati in giro per il nord Italia, in comuni amministrati dalla Lega (10). Insomma, il filosofo della nouvelle droite non scopre la Lega con Salvini.
Interessante anche il fatto che uno degli ex collaboratori della Voce della Fogna, Gilberto Oneto, detto Il Gamotta, fumettista, inizierà a introdurre uno dei temi clou della Lega, ovvero la messa in discussione del Risorgimento, nel fumetto Il Gamotta fa le pulci alla storia patria… a libera ruota su Gary Baldi, una satira ai danni di Garibaldi e dell’epopea risorgimentale.
L’Italia moderna, marcia e decadente, si fonda su un patriottismo fittizio e massonico, e Garibaldi è dipinto come un individuo mediocre, onanista, un imbelle che unifica l’Italia solo grazie all’aiuto della massoneria, forza occulta che contamina l’Italia, manovrando le varie battaglie dei Mille per distruggere la tradizione e le piccole patrie aristocratiche d’Ancient Régime (11). Oneto aderirà poi al Carroccio, animando un’associazione, la Libera compagnia padana che, all’inizio dell’epopea secessionista, quando i vertici di via Bellerio intendono costruire il mito della Padania libera, darà un contributo essenziale.
Come nel XIX secolo gli Stati assoldano letterati, eruditi, accademici per forgiare discorsi di memoria atti ad animare una storia condivisa con lo scopo di “inventare” – e non semplicemente “inventariare”, visto che “all’alba del XIX secolo, le nazioni non hanno ancora storia […]. Alla fine del secolo [però], esse sono in continuo possesso di un racconto continuo” – (12) entità nazionali che si ritenevano eterne, essenze precedenti a ogni esistenza, partorienti però una mitologia identitaria (13), in epoca più recente la Lega, per legittimare l’esistenza di una Patria padana, fa qualcosa di simile, dato che Oneto verrà addirittura nominato Ministro dell’Identità Padana nel Governo sole. L’organo di Oneto, i Quaderni Padani, è un bimestrale incentrato su “l’autonomia e l’unità della Padania” (14), cercando di tracciare “i confini fisici di una koinè come quella Padana, intesa come comunità etnoculturale e sociale che aspira a istituzioni coerenti anche dal punto di vista delle suddivisioni territoriali”.
I padani sono concepiti da Oneto come una “comunità umana […] con numerosi punti di omogeneità etnica e linguistica […] e uno dei dati essenziali fa riferimento alle comuni indoeuropee di tutta la popolazione formata dai discendenti dei liguri, veneti, celti e longobardi, le quattro stirpi che hanno contribuito in forma prioritaria e pressoché esclusiva alla formazione del comune patrimonio genetico dei padani” (15). Nel bimestrale vi sono numerosi articoli revisionisti sul passato celtico, longobardo e germanico dei padani (16), sulle insorgenze antigiacobine fra la fine del XVIII secolo e i primissimi anni del XIX secolo, strumentalizzate dall’estrema destra evoliana per contestare la modernità vigente, utilizzate dalla Lega Nord per innalzare le piccole patrie cancellate dal centralismo giacobino e massonico, processo simile, secondo i leghisti, al mondialismo, che annichilisce le piccole realtà locali in nome dell’universalismo, innalzandone le istanze vocaliste in ambito culturale (17).
Abbondano, inoltre, le nostalgie al passato imperiale asburgico, vero Impero delle patrie, che secondo Oneto tutelava le minoranze etniche, compresi i padani (18). Ma il riferimento alla nuovelle droite è diretto: nel n. 43/44 del 2002 viene pubblicato un articolo di de Benoist intitolato Europa e mondializzazione. Il leader del Grece ripete ai lettori leghisti che il federalismo deve sempre e comunque collegarsi all’idea di Impero: “Solo il federalismo ‘dal basso’, detto […] federalismo integrale o societario, fondato su una applicazione rigorosa del principio di sussidiarietà, può permettere – facendo partire la costruzione europea dal livello comunitario, locale e regionale – di scongiurare allo stesso tempo impotenza e livellamento.
Occorre disfarsi di quella visione statalista e assolutista che ha per troppo tempo impedito di pensare l’esercizio della democrazia all’interno di un quadro diverso da quello dello Stato-nazione, che ha dappertutto fatto crescere l’uniformità, la relegazione nel privato dei legami sostanziali fra i membri delle diverse comunità, la soppressione dei radicamenti concreti e delle appartenenze particolari, la centralizzazione e la concentrazione dei poteri nelle mani di una Nuova Classe di gestori e di tecnici. […] i piccoli Stati europei devono federarsi fra di loro […] i grandi devono federarsi all’interno delle grandi frontiere. Si tratta di trovare i corpi intermedi soppressi da secoli di giacobinismo e di far risorgere una vita locale fondata su dei valori condivisi e oggi minacciata dalla razionalità anonima, dai valori mercantili e dalla globalizzazione. […] si tratta in una certa misura di immaginare un’altra globalizzazione. Non una globalizzazione orientata verso l’omogeneo, verso la diffusione uniforme di valori mercantili, ma una globalizzazione fondata sulla conservazione della diversità […], la formazione di grandi spazi continentali autocentranti, la pluralità delle potenze, l’economia locale, la democrazia partecipativa (e non più solo rappresentativa) e il principio di sussidiarietà” (19).
Abbiamo anche delle ‘sviste’, che rivelano come su Quaderni padani non vi siano solo riferimenti a una cultura come la Nuova destra, ormai estranea ai vari miti totalitari del XX secolo – si pensi a Edoardo Zarelli, animatore di Arianna Editrice, ecologista e decrescista convinto, autore di articoli dove è evidente come la sua percezione di ‘nuova sintesi’ cerchi di coniugare ecologismo profondo, decrescita, radicamento identitario e critica verso la modernità – ma anche riferimenti al nazifascismo: è il caso della ristampa di un saggio pubblicato nel marzo 1943 su Signal, la “rivista delle forze armate dell’Asse pubblicata durante la seconda guerra mondiale in numerose lingue europee” (20), intitolato Noi Europei. Wir, die Europäer, che “descrive con grande chiarezza l’idea di Europa fatta di nazioni-stato che si era venuta formando in taluni ambienti intellettuali nazisti. Il documento è estremamente importante perché rivela una corrente di pensiero di cui molto poco è stato detto ma molto in certe visioni contemporanee e nei progetti di uomini, gruppi e partiti che pure parrebbero essere ideologicamente antitetici all’ambiente culturale di cui Signal era il coerente prodotto” (21).
Ma questo non è che uno dei sodalizi padanisti che introducono nella Lega temi etnocentrici mutuati dalla Nuova destra o dal neofascismo. E neanche uno dei più radicali. La sua esistenza, però, indica, dato che Oneto aveva incarichi ‘istituzionali’ e la sua rivista era sponsorizzata su La Padania e Radio Padania – uno dei collaboratori è Andrea Rognoni, vicino a Borghezio, speaker dell’emittente di partito – che la presenza di queste sottoculture all’interno del Carroccio non avveniva all’insaputa dei vertici di via Bellerio, ma era da questi patrocinata, rivelando quindi che la Lega Nord si barcamenava fra un modello centrista e liberale, propenso a catturare il consenso dei ceti moderati e, all’occorrenza, allearsi con il centro-destra, e la destra radicale. Non va tralasciato il fatto che non è una prerogativa della sola Lega: anche nella vecchia Alleanza nazionale – e oggi in Fratelli d’Italia – e nello specifico nella destra sociale (basti spulciare le pagine culturali del Secolo d’Italia o di Area), abbondavano i contatti con la destra radicale militante, la stessa che Fini sosteneva estranea al suo progetto di destra moderna e democratica; segno che il vecchio retaggio almirantiano del Msi, un partito che indossa simultaneamente il doppiopetto moderato, tirando fuori il manganello della militanza dura al momento opportuno, non è affatto tramontato.
1) Cfr. M. L. Andriola, Alle radici del fascioleghismo. Gli anni ’80: dalle leghe alla Lega, Paginauno n. 44, ottobre-novembre 2015
2) Il direttore del mensile, spiegando ai lettori l’avanzata della Lega lombarda in alcuni comuni della provincia di Varese e di Bergamo a scapito di Dc e Pentapartito, parla di “etnocrazia alla riscossa”, sostenendo che “è pur vero che il discorso politico-culturale che va sfiorando [la Lega] è di estremo interesse e di estrema sintonia con le posizioni già espresse in Orion, almeno potenzialmente. Per questa ragione invitiamo i nostri lettori lombardi ad avvicinarsi alla Lega apportando il loro contributo per una visione più profonda della concezione etnocentrica”. M. Murelli, Etnocrazia alla riscossa, in Orion, a. IV, n. 3, marzo 1988
3) Jean Thiriart, ex membro delle Waffen-SS, divisione Wallonien, e attivo sostenitore dell’Oas, imposta questo nuovo movimento con l’intento di liberare l’Europa dal dominio sionista e da quello russo-americano, unendo così “l’Europa da Brest a Bucarest”, illustrata nel libro-manifesto Un impero di 400 milioni di uomini, l’Europa, scritto nel 1964. Dal 1965 Jeune Europe si sposterà gradualmente a ‘sinistra’, divenendo “un’organizzazione nazional-rivoluzionaria e poi nazional-comunista, alla perenne ricerca di un’alleanza con gli Arabi nasseriani, i Palestinesi, i Cinesi di Chu En-lai, i Romeni di Ceausescu ecc.” (Cit. in Aa.Vv., Léon Degrelle fascista per Dio e per la Patria, Barbarossa, 1999, p. 57
4) Nelle analisi di Dugin – rielaborazione del tradizionalismo di René Guénon e Julius Evola, della scuola eurasiatista russa di Trubeckoj e Gumilëv e del bizantinismo di Konstantin Leont’ev – partendo dalle posizioni di Haushofer, il kontinentalblok è percepito come una “casa eurasiatica” antiatlantica, fortemente spirituale, dove il popolo russo è visto come l’erede del “turanismo”, la “psicologia-ideologia imperiale nomade” trasmessa a Mosca dall’Orda d’Oro, individuando nella Russia il “cuore del mondo” (l’Heartland haushoferiano) attorno al cui centro geometrico, ricavato dall’intersezione del 60º meridiano est con il circolo polare artico, ruoterebbero le “peregrinazioni dell’anima umana”, una “geografia sacrale” tratta dalle opere dello storico francese Gaston Georgel, allievo di Guénon, spingendolo a ricavare il concetto di Leont’ev di novyj sojuz (nuova alleanza) fra Islam e cristianesimo ortodosso contro Occidente liberale decadente (A. Dugin, Continente Russia, Edizioni all’insegna del Veltro, 1991, pp. 63,64; 33; 22-24; 6); tesi che si sommano al nazional-europeismo di Jeune Europe, a quelle di Alain de Benoist (nonostante fra questi e Dugin, pur nella reciproca stima, vi siano differenze) e a una parziale rivalutazione del ruolo geopolitico di Stalin e dell’Unione Sovietica (al punto di collaborare nei primi anni ’90 con il Pc russo di Gennadij Zjuganov alla stesura del libro-manifesto di quest’ultimo, Stato e Potenza, Edizioni all’insegna del Veltro, 1998), la cui esistenza è vista come una continuità fra la Russia pre-rivoluzionaria e quella successiva, la cui caduta è giudicata come una iattura, l’inizio della penetrazione euro-atlantista verso est e la possibile instaurazione del “nuovo ordine mondiale” americano, l’omologazione mondialista del globo, tutte tesi che la rivista Orion propagandò per anni
5) R. Steukers, Introduzione, in G. Faye, Il sistema per uccidere i popoli, Barbarossa, 1997, p. 22
6) Cfr. gli atti dei seguenti convegni: Apiù Mani, Proviamola nuova, atti del convegno “Ipotesi e strategie di una ‘Nuova destra’”, L.Ed.E., 1980; Apiù Mani, Al di là della destra e della sinistra, atti del convegno “Costanti ed evoluzioni di un patrimonio culturale”, L.Ed.E., 1982; Apiù Mani, Occidente: decadenza di un mito, L.ed.E., 1982; Apiù Mani, Le forme del politico, La Roccia di Erec, 1984
7) A. de Benoist, L’Europa oltre Maastricht, in Diorama letterario, n. 164, gennaio 1993, p. 4
8) L. Pauwels, Il lungo cammino dopo Maastricht: dalla Cee all’impero federale europeo, in Diorama letterario, n. 171, settembre 1993, p. 19
9) R. Steukers, Verso l’unità europea attraverso la rivoluzione regionale?, in Diorama letterario, n. 171, settembre 1993, p. 42
10) Diorama pubblicizzerà un interessante dibattito fra la Lega Nord e de Benoist tenutosi a Gorizia l’11 dicembre 1993 e organizzato dalla locale giunta regionale leghista intitolato Dopo Maastricht, quale Europa? Prospettive e scenari per l’unità europea, dove il presidente della provincia Monica Marcolini e l’assessore alla Cultura e alle Politiche di confine Raoul Lovisoni, leghisti, mostrandosi in sintonia con il filosofo, sostengono che all’Europa serve “un pensiero forte transmoderno da opporre al pensiero debole postmoderno”, che tenga presente che “tutta la cultura europea subisce il fascino del ‘mitopoietico’ dove il fatale, il sacro, il fantastico, l’identitario, prendono il sopravvento sulle normali coordinate illuministico-razionaliste”. E. D’Erme, Un federalismo imperiale. Lega e Nuova Destra si sono incontrate a Gorizia. Stesse parole, nemici e proposte. Invitato d’eccezione, il filosofo francese Alain de Benoist , in il manifesto, 15 dicembre 1993
11) Cfr. Il Gamotta fa le pulci alla storia patria… a libera ruota su Gary Baldi, in La Voce della Fogna, n. 14, giugno 1977
12) A.-M. Thiesse, La creazione delle identità nazionali in Europa, Il Mulino, 2001, p. 127
13) Per Benedict Anderson l’idea nazionale partorisce una mitologia che si declina sotto aspetti differenti: mito di origine, mito di continuità e mito di destinazione. Cfr. B. Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Manifestolibri, 2000
14) Un’associazione per la Padania, n. f., in Quaderni Padani, n. 1, estate 1995, p. 2
15) G. Oneto, L’invenzione della Padania, Foedus, 1997, pp. 156, 157 e 169
16) Cfr. M. G. Montagna, La Terra di Mezzo. Il recupero del celtismo padano, in Quaderni Padani, n. 2, autunno 1995, pp. 1-4; B. Maggi, Anche i Celti possono aiutarci a ottenere l’indipendenza, in ivi, n. 6, luglio-agosto 1996, pp. 20-23; E. Percivaldi, L’alfabeto Ogam: un’espressione originale della cultura celtica, in ivi, n. 11, maggio-giugno 1997
17) Cfr. F. Grisolia, Viva Maria! Le insorgenze antigiacobine in Liguria, in Quaderni Padani, n. 20, novembre-dicembre 1999, pp. 29-30; A. Rognoni, Per una geofilosofia delle Insorgenze padane, in ivi, n. 29, maggio-giugno 2000, pp. 1-4; M. Pintus, Insorgenze piemontesi e partigiani ‘barbetti’ dell’epoca napoleonica, in ivi, pp. 33-37; O. Sanguinetti, Le insorgenze popolari contro-rivoluzionarie in Lombardia nel periodo napoleonico, in ivi, pp. 41-47; F. Bonaiti, Le insorgenze antigiacobine bergamasche (29-30 marzo 1797), in ivi, pp. 48-49; A. Mestriner Benassi, La Vandea estense, in ivi, pp. 57-62; G. Oneto, Quegli autonomisti di duecento anni fa, in ivi, pp. 81-84; R. Bracalini, La scuola e l’istruzione negli Stati preunitari, in ivi., n. 33, gennaio-febbraio 2001, pp. 32-37
18) Cfr. G. Oneto, L’aquila d’Europa, in Quaderni Padani, n. 31, settembre-ottobre 2000, pp. 20-28; M. de Leonardis, Francesco Giuseppe I: sovrano esemplare di un Impero provvidenziale, in ivi, pp. 29-35; C. Galimberti, Lombardo-Veneto e Impero asburgico, in ivi, n. 40, marzo-aprile 2002, pp. 14-23
19) A. de Benoist, Europa e mondializzazione, in Quaderni Padani, a. VIII, n. 43-44, settembre-dicembre 2002, p. 65
20) Sulla storia della rivista nazionalsocialista Signal rimando a F. Guidali, Il fotogiornalismo tedesco. Il caso di Signal, in Forme e modelli del rotocalco italiano tra fascismo e guerra, atti del convegno “Attualità, cultura e politica: forme e modelli del rotocalco italiano tra fascismo e guerra”, a cura di R. De Berti – I. Piazzoni, XIII, Cisalpina, 2009, pp. 377-412
21) Introduzione a G. Wirsing, Noi Europei. Wir, die Europäer, in Quaderni Padani, n. 43-44, settembre-dicembre 2002, p. 149