di Alberto Piccinini * |
L’attacco dell’azienda al sindacato e la legittima difesa di Fiom: dentro le pieghe di un contenzioso giudiziario senza precedenti
Se un giorno qualcuno scriverà la storia degli ultimi anni di Fiat in Italia (‘ultimi’ nel senso di ‘più recenti’, vogliamo sperare) negli anni dieci del XXI secolo, dovrà inevitabilmente dedicare un capitolo al contenzioso giudiziario che ha visto contrapposte la Fiat alla Fiom. Contenzioso, come vedremo, ampio e articolato, non certo perché la Fiom abbia scelto di privilegiare la ‘lotta giudiziaria’ rispetto a quella sindacale, ma solo perché la strategia del più grosso gruppo industriale italiano ha perseguito l’estromissione dalle proprie fabbriche – prima fisica e poi giuridica – dei rappresentanti sindacali, e persino degli iscritti, appartenenti a quell’organizzazione.
Le decine di cause promosse da Fiom, quindi, altro non sono che legittima difesa a fronte di un attacco senza precedenti, programmato, vien da pensare, con scientifica determinazione.
Licenziamento dei delegati sindacali
Gli ‘storici’ non potranno ignorare come nell’anno 2010 – quello dei primi accordi separati di Pomigliano (15 giugno 2010-29 dicembre 2010) e Mirafiori (23 dicembre 2010) – vi sia stata una singolare coincidenza di licenziamenti per motivi disciplinari che andavano a colpire rappresentanti sindacali Fiom, a distanza di meno di un mese dal primo accordo di Pomigliano.
Con lettera del 13 luglio 2010 Pino Capozzi, esperto Fiom (figura equivalente al membro di Rsu) dipendente di Fiat Group Automobiles (FGA) presso lo stabilimento di Mirafiori, veniva licenziato con l’accusa di aver gettato discredito sulla società diffondendo, tramite email aziendale, un testo proveniente dallo stabilimento polacco di Tichy indirizzato “ai colleghi di Pomigliano” per invitarli a “resistere e sabotare l’azienda”.
A seguito di ricorso della Fiom di Torino il licenziamento veniva dichiarato illegittimo e antisindacale con decreto del tribunale di Torino (13/10/2010), confermato con sentenza dello stesso tribunale (22/04/2011) e con sentenza della Corte d’Appello di Torino (13/03/2012). È pendente il giudizio di Cassazione.
Con lettera del 14 luglio 2010 venivano licenziati i delegati Rsu Fiom dello stabilimento Sata di MelfiGiuseppe Barozzino e Antonio Lamorte, insieme con l’iscritto Fiom Marco Pignatelli, accusati di aver volutamente impedito, in occasione di uno sciopero, il transito di un carrello contenente materiale per rifornire i reparti che proseguivano l’attività produttiva. A seguito di ricorso della Fiom di Potenza i licenziamenti venivano dichiarati illegittimi e antisindacali con decreto del tribunale di Melfi (09/08/2010), che veniva riformato con sentenza dello stesso tribunale (15/07/2011). La Corte d’Appello di Potenza riformava a sua volta tale ultima sentenza confermando l’antisindacalità dei licenziamenti (23/03/2012). È pendente il giudizio di Cassazione.
Riconoscimento delle Rsa Fiom
‘L’itinerario giuridico’ per cercare di negare la rappresentanza alla Fiom all’interno degli stabilimenti Fiat ha richiesto alcuni passaggi: l’uscita di Fiat da Federmeccanica (firmataria dell’Accordo Interconfederale che aveva introdotto le Rappresentanze sindacali unitarie [Rsu], di natura elettiva, assegnando alle stesse le prerogative che lo Statuto dei lavoratori riserva alla Rappresentanze sindacali aziendali [Rsa]), la disdetta di tutti gli accordi previgenti e la scelta, negli accordi ‘separati’ di Pomigliano e Mirafiori prima e nel Contratto collettivo di settore (Ccls) del 13 dicembre 2011 poi, di ritornare al vecchio istituto delle Rsa, unicamente perché il testo di legge che le disciplina (art. 19 Statuto dei lavoratori) prevede il requisito dell’essere firmatari della contrattazione collettiva applicata in azienda.
Nei ricorsi davanti al tribunale le Fiom dei diversi territori in cui esistono stabilimenti Fiat hanno da un lato sostenuto che Fiom era comunque firmataria di accordi applicati e dall’altro proposto una lettura “costituzionalmente orientata” della norma statutaria. Molti giudici (tribunali di Bologna, Napoli, Bari, Larino, Lanciano, Verona, Torino, Milano, Trento [1]) hanno accolto tale impostazione. Altri (tribunali di Milano, Lecce, Torino, Biella, Brescia, Cassino, Ancona, Pinerolo, Tolmezzo, Alba, Legnano, Napoli, Brescia, Piacenza [2]) hanno invece respinto i ricorsi. Il tribunale di Modena, con Ordinanza (04/06/2012), ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
Diritto della Fiom a ricevere le deleghe sindacali
Non paga di cercare di impedire la costituzione di rappresentanze sindacali della Fiom, la Fiat ha cercato persino di ostacolare la possibilità che gli iscritti a quell’organizzazione la finanziassero con il meccanismo delle deleghe sindacali, attraverso cui i lavoratori cedono una quota del loro salario (l’1% dei minimi contrattuali nazionali) mediante trattenuta volontaria sulla busta paga. Il meccanismo, un tempo previsto dalla legge, trova oggi una regolamentazione nei contratti collettivi, ma la trova anche nella richiesta effettuata all’azienda dal singolo lavoratore. Confidando sulla mancanza del requisito della firma del Ccls da parte di Fiom, dal gennaio 2012 in tutti gli stabilimenti Fiat venivano ‘tagliati i fondi’ a essa sola. Ma questa volta la cieca volontà di Fiat di sfiancare la storica e combattiva organizzazione sindacale anche sotto il profilo della sua sussistenza economica, ha cozzato contro un ostacolo giuridico.
Infatti, in occasione del ritesseramento di tutti gli iscritti, voluto dalla Fiom nel 2011 per una verifica della propria rappresentatività, era stato precisato, da parte dei lavoratori, che la cessione della quota sindacale aveva luogo ai sensi dell’art. 1260 cod. civ., secondo cui si ha diritto di cedere parte del proprio credito a una terza persona anche qualora il debitore (in questo caso il datore di lavoro) non sia d’accordo. A seguito di ricorsi giudiziari promossi dalle diverse Fiom territoriali, hanno dichiarato antisindacale la condotta Fiat i tribunali di Torino (cinque diversi giudici), Trento, Milano (tre diversi giudici), Bolzano, Ancona, Alba, Napoli (due diversi giudici), Bari, Bologna, Pinerolo (tre Decreti), Cassino, Ariano Irpino, Nola, Verona, Piacenza (3), mentre l’unica decisione contraria (del tribunale di Brescia, Decreto 04/06/2012) non riguarda la Fiat che, vista la mala partita, ha deciso di desistere da questo comportamento nelle aziende alle quali ancora non era stata fatta causa.
Le cause promosse dalla Fiom nazionale
La Fiom nazionale ha poi promosso due azioni legali in prima persona.
In data 6 luglio 2011 veniva sottoscritto davanti al ministero del Lavoro tra Fiat Group Automobiles (FGA) e Fim, Uilm, Fismic e Ugl un accordo nel quale veniva stabilito il ricorso alla cassa integrazione straordinaria (Cigs) (“per cessazione dell’intera attività” da parte di FGA) per
tutti i 4.367 lavoratori occupati presso lo stabilimento di Pomigliano, e la loro ricollocazione alle dipendenze della newco Fabbrica Italia Pomigliano (FIP) per la produzione del nuovo modello Panda. Il ‘passaggio’ dei dipendenti (il cui primo step era previsto, per il 40% dei lavoratori, entro luglio 2012) avrebbe dovuto avvenire, secondo l’accordo separato 29/12/2010, “senza l’applicazione di quanto previsto dall’art. 2112 cod. civ. (che, disciplinando il trasferimento d’azienda, salvaguarda le condizioni salariali e normative in essere all’atto del passaggio, n.d.a.) in quanto nell’operazione societaria non si configurano trasferimenti di rami d’azienda”.
Materialmente detti passaggi sono avvenuti mediante dimissioni da FGA seguite da riassunzioni da parte di FIP.
La Fiom nazionale nell’aprile 2011, con un primo ricorso lamentava l’antisindacalità della condotta Fiat, chiedendo al tribunale di Torino da un lato di considerare detto ‘passaggio’ un trasferimento d’azienda a tutti gli effetti, e dall’altro di censurare l’esclusione della Fiom dall’esercizio dei diritti sindacali presso lo stabilimento di Pomigliano. Il tribunale di Torino (Sentenza 16/07-14/09/2011) ha respinto la prima domanda e accolto la seconda, dichiarando antisindacale il comportamento della Fiat e ordinando a FIP di consentire alla Fiom di fruire di tutte le prerogative e i diritti previsti dagli artt. da 19 a 27 dello Statuto dei lavoratori.
Con altro ricorso promosso nel marzo 2012 presso il tribunale di Roma, la Fiom nazionale (e 19 suoi iscritti presso FGA) lamentava come, in effetti, pur essendo a partire dal mese di marzo 2011 iniziate le assunzioni da parte di FIP, a quella data erano stati assunti 1.893 lavoratori (circa il 40% dei dipendenti di FGA collocati in Cigs, come previsto dall’accordo 06/07/2011) di cui nessuno iscritto alla Fiom. Nel corso del processo veniva prodotta una simulazione del professor Andrew Olson, docente di statistica presso l’Università di Birmingham, secondo cui in una selezione casuale le probabilità che nessuno degli iscritti Fiom venisse selezionato per l’assunzione ammontano a meno di una su dieci milioni! Con ordinanza (4) il tribunale dichiarava la natura di discriminazione collettiva dell’esclusione dalle assunzioni dei lavoratori dello stabilimento di Pomigliano iscritti alla Fiom e ordinava a FIP di cessare dal comportamento discriminatorio. La decisione veniva confermata, nella sua sostanza, dalla Corte d’Appello di Roma, che ancor più puntualmente con ordinanza del 19 ottobre 2012 ha ordinato a FIP di assumere i 19 lavoratori Fiom ricorrenti entro quaranta giorni e di predisporre e attuare nel termine di 180 giorni “un piano di assunzione di 126 lavoratori da selezionare nell’ambito dell’elenco nominativo degli affiliati Fiom risultante al momento di presentazione del ricorso di primo grado”.
Sergio Marchionne aveva definito a suo tempo il provvedimento di primo grado “folklore nazionale”. In considerazione del fatto che il decreto legislativo 216/2003 applicato nei due gradi di giudizio è attuazione delle direttiva CE 2000/78, sarebbe più corretto parlare di ‘folklore internazionale’ o meglio ancora ‘comunitario’. E il nostro governo, se solo avesse a cuore le sorti del diritto tanto quanto quelle dell’economia, avrebbe potuto rispondere: «Ce lo ha chiesto l’Europa».
* Avvocato giuslavorista membro del collegio difensivo Fiom
(1) Rispettivamente: Decreto 27/03/2012; Decreto 12/04/2012; Decreto 20/04/2012; Decreto 23/04/2012; Decreto 30/04/2012; Decreto 08/05/2012; Decreto 06/06/2012; Sentenza 10/07/2012; Decreto 27/07/2012
(2) Rispettivamente: Decreto 03/04/2012 riformato con Sentenza 10/07/2012; Decreto 12/04/2012; Decreto 13/04/2012; Decreto 21/04/2012; Decreto 24/04/2012; Decreto 09/05/2012; Decreto 18/05/2012; Decreti 21/05/2012 e 23/05/2012; Decreto 28/05/2012; Decreto 12/06/2012; Decreto 22/06/2012; Decreto 13/07/2012; Decreto 02/08/2012; Decreto 10/09/2012
(3) Rispettivamente: Decreti 12/03/2012, 07/05/2012, 28/06/2012, 10/07/2012 e Sentenza 26/07/2012; Decreto 14/06/2012; Decreti 22/06/2012, 19/07/2012 e 25/07/2012; Decreto 26/06/2012; Decreto 03/07/2012; Decreto 05/07/2012; Decreti 12/07/2012 e 25/07/2012; Decreto 24/07/2012; Decreto 24/07/2012; Decreti 27/07/2012; Decreto 27/07/2012; Decreto 30/07/2012; Decreto 30/07/2012; Decreto 13/08/2012; Decreto 31/08/2012
(4) Ordinanza 21/06/2012; con Ordinanza del 13/08/2012 la Corte d’Appello di Roma dichiarava inammissibile l’istanza di sospensione dell’effi cacia esecutiva del provvedimento proposta da Fiat