di Nicola Loda |
Il bombardamento di Colonia: una città distrutta, tranne lo stabilimento della Ford
Con bombe intelligenti si intende generalmente indicare armi che, facendo uso di un sistema di puntamento laser, riescono a colpire con maggiore precisione il bersaglio loro designato.
Divenute celebri durante la prima Guerra del Golfo, queste tipologie di bombe permettono, a detta dei loro sostenitori, di evitare distruzioni inutili (i cosiddetti danni collaterali) incidendo chirurgicamente solo l’area di interesse militare.
Lungi dal criticare questa affermazione, l’intenzione è invece quella di dimostrare come siano esistite bombe intelligenti già durante il secondo conflitto mondiale, celebre per le sue brutali e tutt’altro che mirate tecniche di bombardamento a tappeto.
Restituiremo quindi onore a quella che può essere considerata la nonna di tutte le bombe intelligenti e la ringrazieremo per tutte le vite che ha salvato grazie alla sua precisione.
Ma procediamo con ordine. La storia ufficiale della dottrina del bombardamento a tappeto comincia simbolicamente con l’attacco da parte dell’aviazione tedesca alla città spagnola di Guernica il 26 aprile 1937, durante la guerra civile spagnola.
Tale dottrina viene poi sviluppata durante il secondo conflitto mondiale: si passa dall’utilizzo delle tecniche di bombardamento verticale (piccoli aerei che in picchiata sganciano con accuratezza un’unica bomba, i celebri Stuka), a una matura applicazione del bombardamento a tappeto, grazie all’adozione dei grandi bombardieri strategici (le cosiddette fortezze volanti) capaci di sganciare tonnellate di bombe da altezze considerevoli, diminuendo la precisione dell’azione e aumentando i danni inflitti. Il primo caso di bombardamento a tappeto fu l’attacco del 30 maggio 1942 presso Colonia, mentre l’episodio più eclatante fu la distruzione di Tokyo per mezzo di bombe incendiarie – usate indiscriminatamente sulle case di carta e legno dei quartieri residenziali – che portarono allo sterminio di 85.000 persone in una sola notte.
Queste tecniche, per quanto efficaci nel demoralizzare la popolazione, si rivelavano però inadeguate nel colpire con precisione obbiettivi importanti. Un esempio fra tanti: Pontevico, un piccolo paese sulla strada fra Brescia e Cremona, dal 1943 al 1945 viene attaccato undici volte. Obiettivo dei raid, i due ponti che attraversano l’Oglio proprio a Pontevico. Dopo numerosi tentativi e senza l’intralcio di alcuna difesa i due ponti vengono resi inutilizzabili, ma sono colpite anche altre zone – il cimitero e un convento di suore.
Bombardamenti imprecisi sono quindi uno spreco di tempo, di risorse e uno strumento in mano alla propaganda nemica.
Finalmente arriviamo, nel 1972, alla nascita delle bombe intelligenti. Il loro battesimo, durante la guerra del Vietnam, non poteva essere più soddisfacente: utilizzando bombe laser guidate, l’aviazione USA riuscì ad abbattere il ponte di Thahn Hoa, importantissima arteria di comunicazione, con un’unica missione, mentre le 871 azioni precedenti condotte con armi convenzionali erano tutte terminate in un fallimento e nella perdita di undici aerei.
Da questo momento le bombe a guida laser sono introdotte in ogni esercito e grazie alla prima Guerra del Golfo balzano all’onore della cronaca ed è coniato per loro il gratificante appellativo di bombe intelligenti.
Questa, in sintesi, la storiografia ufficiale, che si discosta però dalla Storia. Ciò che nessuno ha mai rivelato infatti, è che durante la seconda guerra mondiale sono stati usati prototipi molto più efficaci e precisi delle moderne bombe intelligenti.
Queste bombe, che definiremo senzienti per differenziarle dalle loro nipoti meno sviluppate, hanno contribuito a salvare la vita di migliaia di persone, perlopiù lavoratori coatti (ebrei, slavi o prigionieri di guerra) impiegati nell’industria bellica tedesca.
Per raccontare questa storia straordinaria e misteriosa dobbiamo tornare a Colonia. Come detto questa città servì da cavia per sperimentare le nuove tecniche di bombardamento a tappeto ed entro la fine della guerra venne quasi completamente distrutta.
Ma nell’audio documentario “Soldati di Badoglio” a cura di Karola Fings, del Centro di documentazione sul nazionalsocialismo di Colonia, possiamo ascoltare l’intervista di Claudio Sommalunga, al tempo ufficiale italiano prigioniero dei tedeschi e costretto al lavoro forzato nello stabilimento della Glanzstoff & Courtaulds. Sommalunga afferma che lo stabilimento dove lavorava “fu l’unica fabbrica di Colonia a non essere bombarda. Anzi, ci fu un altro caso. Anche la Ford non fu mai bombardata. Caso strano: la Glanzstoff che era mezza inglese e la Ford che era mezzo americana. Io poi sono riuscito ad avere le foto aeree dei bombardamenti di Colonia e c’è un cerchio di 800 metri di diametro senza bombe che è quello della fabbrica. Idem la Ford”.
In mezzo a questo mare di distruzione, bombe senzienti erano riuscite a evitare con chirurgica precisione questi due obiettivi, e grazie alla loro pietà Sommalunga e molti altri suoi colleghi forzati riuscirono a salvarsi.
Anche lo scrittore Michael Parenti ricorda che “Colonia fu quasi rasa al suolo dai bombardamenti alleati, ma lo stabilimento della Ford, che forniva equipaggiamento militare per l’esercito nazista, non venne toccato; infatti i civili tedeschi cominciarono a utilizzare lo stabilimento come rifugio antiaereo”.
Quindi, quale logica di intelligenza spingeva quelle bombe a evitare accuratamente i due stabilimenti? La Glaznstoff produceva fibre sintetiche per i paracaduti mentre lo stabilimento Ford autocarri per l’esercito. Erano obiettivi strategici, ma non vennero mai colpiti.
E in secondo luogo, perché due fabbriche finanziate per metà da capitale alleato erano attive in Germania, producevano materiale bellico per i nazisti e sfruttavano manodopera schiavile acquistata dalle SS?
La risposta a questa seconda domanda è la più scontata: perché tali industrie erano estremamente redditizie.
Prendendo in esame solo le multinazionali statunitensi, si nota come dal 1929 in poi gli investimenti USA in Germania aumentarono del 48,5%, mentre diminuirono drasticamente nel resto d’Europa. Questo flusso finanziario era dovuto alle mutate condizioni politiche: gruppi come Ford, General Motors, General Electric, Standard Oil, Texaco, International Harvester, ITT e IBM, sfruttarono l’opportunità di operare in una grande nazione industriale e di beneficiare al contempo della disgregazione di sindacati e movimenti operai conseguenti all’avvento del nazismo; collaborarono inoltre attivamente al grande affare della ricostruzione dell’esercito tedesco e infine, durante la guerra, rifornirono la macchina bellica nazista e fecero largo uso del lavoro coatto di ebrei, slavi e prigionieri di guerra per aumentare ancor di più i propri profitti potendo contare su forza lavoro praticamente gratuita.
Prima dello scoppio della guerra, Ford e General Motors, quest’ultima attraverso la propria controllata Opel, si spartivano il 90% del redditizio mercato automobilistico tedesco. All’approssimarsi del conflitto, nell’ottica del riarmo tedesco, entrambe accettarono di riconvertire la produzione da civile a militare. Ford produsse i camion Blitz per l’esercito e GM/Opel motori per aerei da combattimento. Per questo motivo Hitler, che nutriva una devozione personale nei confronti di Henry Ford tanto da avere un suo ritratto a grandezza naturale nel suo ufficio di Monaco, nel 1938 riconobbe a quest’ultimo la massima onorificenza tedesca riservata agli stranieri: la Gran Croce dell’Aquila Tedesca. Ford accettò di buon grado e anche quando smise di pubblicare scritti antisemiti continuò a cercare di influenzare la politica americana in funzione filonazista. Un mese dopo anche James Mooney, dirigente General Motors, ricevette una simile onorificenza per “essersi distinto al servizio del Reich”.
Ma Ford e GM non si limitarono a divenire l’Arsenale del Nazifascismo prima ancora di essere le protagoniste, controvoglia, del tanto celebrato Arsenale della Democrazia.
Bradford Spell, storico che ha compiuto una ricerca ventennale sui maggiori produttori automobilistici, afferma in un articolo apparso sul Washington Post che Ford si adoperò per rifornire la Germania di materie prime strategiche, soprattutto gomma; e riferendo di una confessione ricevuta dallo stesso Albert Speer, ministro degli armamenti di Hitler, ci informa che solo grazie alle tecnologie ricevute da General Motors nel campo della produzione di combustibili sintetici (indispensabili per sopperire alla scarsità di risorse petrolifere nei paesi dell’Asse) Hitler poté prendere in considerazione l’invasione della Polonia.
Anche dopo lo scoppio della guerra i due grandi gruppi continuarono a mantenere contatti indiretti con le loro filiali in Germania (Robert Schmidt, il direttore della fabbrica Ford di Colonia e importante membro del partito nazista, si incontrò nel ‘43 in Portogallo con i dirigenti Ford); evitarono inchieste e aggirarono i divieti imposti dal governo americano rivendicando il diritto a proteggere i propri investimenti; utilizzarono forza lavoro schiavile proveniente dai campi di concentramento; incassarono dalle filiali i relativi profitti (Ford intascò 60.000 dollari nel periodo 1941/43), realizzati sulla pelle dei lavoratori coatti.
Finita la guerra ricominciarono a produrre veicoli civili per ricostruire l’Europa che avevano contribuito a distruggere, forti delle loro fabbriche lasciate intatte dalla saggezza delle nostre bombe senzienti.
Il governo USA, come quello britannico, chiuse entrambi gli occhi sulle attività delle corporations in Germania. Non le condannò in un tribunale, e ordinò esplicitamente ai propri piloti di non colpire i loro stabilimenti ben sapendo cosa producevano. Il loro potere era ed è inviolabile. Lo stesso Rober Schmidt, direttore di Ford Colonia, arrestato dopo l’arrivo degli alleati in città, trascorse solo un paio di mesi in prigione e nel 1950 fu riassunto come dirigente.
Un’ultima domanda: a quale logica di intelligenza, che la Storia ha mostrato esistere, rispondono le bombe intelligenti che colpiscono – “per errore” secondo le versioni ufficiali – scuole, ospedali, ambasciate, mercati, villaggi di civili, nelle guerre di oggi?