Il Muro, John Lanchaster, Sellerio, 285 pagg., 16,00 euro
In un prossimo futuro, il cambiamento climatico ha fatto sì che la superficie abitabile delle terre emerse sia diminuita drasticamente a causa dell’innalzamento delle temperature in connessione diretta con quello dei mari. La Gran Bretagna è uno dei pochi luoghi in cui è ancora possibile condurre una vita relativamente dignitosa. Senonché, per impedire l’accesso alla massa di migranti che si accalca attorno alle sue coste – definiti genericamente gli Altri – lo Stato ha eretto un muro, anzi, il Mu-ro. Qui ogni cittadino – a meno che non sia abbastanza ricco da poterlo evitare oppure venga assegnato alla Guardia costiera o all’aeronautica – deve prestare due anni di servizio militare in qualità di Difensore. Il che significa dare l’allarme e sparare contro qualunque individuo non autorizzato tenti di forzare il blocco. Evidente il riferimento all’attualità per quanto riguarda il discorso immigrazione. Ma non solo: il Muro è anche metafora della divisione in classi, nonché dell’incomunicabilità, frutto dell’alienazione, di cui è causa il regime capitalistico – proprio come lo è della crisi ambientale. Tutte cose di cui Joseph Kavanagh, protagonista e narratore della storia, è destinato a fare esperienza. Anche perché basta davvero poco a trovarsi dal ‘lato sbagliato’ del Muro… (Iacopo Adami)
Un cigno selvatico, Michael Cunningham, La Nave di Teseo, 150 pagg., 18,00 euro
Quando il quotidiano si addentra nella favola, la banalità del male che provoca può rivelarsi assai più terribile dei sortilegi del demone oscuro che aleggia nei racconti per bambini. È Michael Cunningham a darcene prova con undici brevi racconti che ribaltano altrettante notissime favole, trasformando gli antieroi del nostro presente nei protagonisti di una nuova narrazione fiabesca. Attraverso un susseguirsi di antifrasi e ribaltamenti etici e tematici, i personaggi delle fiabe si mostrano con un nuovo volto e così i piccoli Hansel e Gretel diventano due giovani tossici in preda alla fame chimica, mentre il soldatino di piombo e la sua ballerina impersonano le gioie e i dolori di una coppia di mezza età alle prese con le contraddizioni del matrimonio. E come ogni libro di fiabe che si rispetti, anche quello di Cunningham ha la sua morale che questa volta però alberga nell’incipit e non nel finale: “La gran parte di noi non corre rischi. […] L’apparizione camuffata da spiritello non ci pensa nemmeno a offrirvi tre desideri con la catastrofe nascosta dentro come una lametta in una torta. […] La gran parte di noi può stare tranquilla: riusciremo a rovinarci con le nostre stesse mani”. (Mariachiara Farina)
Portoro, Giulio Neri, Il Maestrale, 240 pagg., 18,00 euro
È un protagonista che non lascia indifferenti, il Carmelo Hayez che scopriamo nel nuovo romanzo di Giulio Neri. Straniero a se stesso e alla sua terra sia nel nome che nell’approccio alla vita, Carmelo attraversa le pagine con un incedere malinconico che ne fa il simbolo di una mascolinità vittima dei suoi stessi stereotipi. Promessa del calcio o forse no, aspirante artista eternamente aspirante, disperato erotico senza brama di un vero riscatto, Hayez inciampa attraverso l’esistenza schiacciato da un senso di inettitudine che lo sprofonda in se stesso e che lo allontana dalla pulsione vitale del desiderio. I rimandi colti che aleggiano intorno alla sua figura sono numerosi, in primis quello a Lo Straniero di Camus, ma la visione proposta da Neri si stacca dalle suggestioni letterarie per mostrare un’originale contemporaneità. La svolta nel percorso e-volutivo di Carmelo verrà solo dopo un lungo vagare e metterà radici proprio nel rapporto con la sessualità: sarà la scoperta dell’Eros a riscattarlo dall’inferno dell’uguale e a emanciparlo dalla pornografia dell’indifferenza mettendo forse la parola fi-ne a quella depressione strutturale che soffoca sul nascere l’anelito a un’autentica rivoluzione poetica. (Mariachiara Farina)
Il soccombente, Thomas Bernhard, Adelphi, 186 pagg., 10,00 euro
Glenn Gould. Qualcuno potrebbe considerare quest’uomo un tutt’uno con il suo pianoforte, uno dei massimi virtuosi che lo strumento abbia avuto nel convulso Novecento. Dalla morte prematura del grande musicista, Thomas Bernhard prende spunto per raccontare, in un lungo e profondo monologo semi-autobiografico, la storia di tre amici: Gould, Wertheimer e il protagonista, studenti in una famosa scuola di musica di Salisburgo. Il talento di Gould nell’interpretazione delle Variazioni Goldberg di Bach spingerà nel dramma l’insicuro Wertheimer, che perdendo la passione per il pianoforte – distrutto dalla consapevolezza di non poter essere il migliore – vivrà un’esistenza solitaria nutrita dal rancore verso Gould, fino a decidere di uccidersi una volta appreso della scomparsa di quest’ultimo. Bernhard ci parla di un sentimento deleterio, una tragica inclinazione consumata all’ombra dell’altro che porta al completo annientamento di se stessi. E allora Wertheimer, il perdente, in quella concezione dalla forte connotazione capitalistica secondo cui la vi-ta è da considerarsi un’eterna competizione, non potrà che soccombere di fronte all’immenso genio di Gould. (Marco Bonalumi)
Padri e figlie. L’eclissi di uno sguardo, Donatella Caprioglio, Schena Editore, 206 pagg., 15,00 euro
Può uno sguardo trasformare un’intera esistenza? Se l’occhio da cui proviene è quello di un padre, può questo e può molto di più. È l’intenso libro di Donatella Caprioglio a suggerircelo descrivendo il processo di costruzione dell’identità di una figlia riflessa in quell’occhio amato che si posa e che si allontana. Il racconto della scrittrice procede lieve dal suo vissuto personale a un altro più universale, reso prezioso da una narrazione in prosa così ricercata che a tratti sfiora il lirismo della poesia. Poco alla volta la vicenda individuale si amplifica e si trasforma nella storia di milioni di padri e di figlie mentre il flusso di coscienza si converte in un dialogo che interroga l’interiorità dei lettori e delle lettrici. Sono pagine cariche di emozioni in cui è inevitabile vedersi riflessi e che allo stesso tempo danno la sensazione di essere accolti, protetti da quel modo di raccontare la vita che accarezza la fragilità rifuggendo dalla tentazione di qualsiasi giudizio. Perché dopo tutto, per citare l’autrice, non siamo mai solo noi stessi e “qualsiasi momento ha in sé la possibilità di un cambiamento. Sta a noi non lasciarlo sfuggire”. (Mariachiara Farina)
Un dramma borghese, Guido Morselli, Adelphi, 293 pagg., 24,00 euro
Un giornalista corrispondente estero si esplora padre a quarant’anni e la figlia diciottenne vuole mostrargli quanto il suo corpo e il suo logos possano incarnare una figlia, una moglie e un’amante ideali. Il riavvicinamento e il ritiro sociale dei due è dato dalla malattia di entrambi. La comparsa di una sagace ed esperta amica coetanea di Mimmina impone una rottura. La storia si intreccia in fatti sempre più sordidi e funesti, in una crepuscolarità che colora dall’inizio il carattere ozioso del protagonista genitore, l’enfasi patetica sentimentale di Mimmina, la seducente invasione di Teresa, il fantasma della morte di Carla, moglie e madre. Il rapporto tra il padre e Mimmina è un’avventura che si compie in una regione inesplorata, senza orme da ricalcare, con maldestra improvvisazione. La conoscenza implica una scelta: apprendere o meno consapevolezza di moti conflittuali e non sempre inscrivibili in comodi schemi di moralità precostituita. Morselli riesce a toccare un costellato di possibili riflessioni sulla modernità del mondo occidentale. L’autore abbraccia le lingue, la filosofia, la psicologia, la letteratura. Il lessico è ricco di ossimori, di climax, è volutamente cesellato e ogni parola è funzionale e significante. (Elisabetta Groppo)