SULLO STATO, Pierre Bourdieu, Feltrinelli, 208 pagg., 22,00 euro
Oggetto di contesa politica per tutto il Novecento, oggi lo Stato è considerato qualcosa di scontato. Semplicemente c’è. Ben venga quindi la traduzione italiana delle lezioni tenute da Bourdieu al College de France nell’anno accademico 1989/90, in cui questo oggetto misterioso che è lo Stato, viene messo a fuoco a partire dalla sua genesi. La domanda cardine è la più elementare: che cos’è lo Stato? Il sociologo francese pone alcuni punti fermi, e sin dalle prime battute destruttura l’antitesi Stato hegeliano e Stato marxista, mettendo in primo piano una serie di pratiche con cui l’elemento umano, attraverso il fare, nel corso della storia costruisce e modifica le istituzioni, rimodellando di continuo la struttura statale. Lo Stato è un nome che identifica principi nascosti che legittimano un dominio; è il detentore della violenza simbolica con cui si legittima; è un’illusione radicata nelle teste dei cittadini; è una serie di atti istituzionali che lo legittimano, ma, soprattutto, è un mistero che Bourdieu, fornendo di continuo spunti stimolanti nel procedere del suo discorso, contribuisce a districare, consegnando al lettore un prezioso metodo di analisi per comprendere in profondità le dinamiche tipiche dei giochi di potere. (Gio Sandri)
TU NON SEI UN GADGET, Jaron Lanier, Mondadori Strade Blu, 267 pagg., 17,50 euro
“Qualcosa è cominciato ad andare storto nella rivoluzione digitale intorno al passaggio del millennio. Il Word Wide Web è stato inondato da una fiumana di tecnologie di pessimo livello talvolta etichettate come Web 2.0”. Inizia così il saggio di Lanier – pioniere della realtà virtuale – e prosegue sul medesimo tono per l’intero libro. Diverse le denunce rivolte ai tecnologi vincenti della Silicon Valley. Una tra tutte, la convinzione che i computer siano in grado di rappresentare il pensiero umano, di comportarsi come un cervello. Sotto la lente dell’analisi cadono “la mente alveare” (e il sogno di vederla tramutare in un megacervellone similumano) e la “dittatura cibernetica” che pretende di cogliere la realtà dei rapporti umani con rappresentazioni digitali. A vent’anni dall’ingresso della rete nelle nostre vite, i conti con l’umano sono in passivo. Il ‘tutto gratis e subito’ sta facendo scomparire i giornali e minaccia di fare altrettanto con musica e cinema. E nemmeno la letteratura si sente molto bene, visto il progetto dei cervelloni di Google di costruire una libreria virtuale universale. Intanto, lo sfruttamento del lavoro gratuito degli utenti arricchisce i furboni della Googleplex. E non si vede la fine. (Gio Sandri)
INTERNET CI RENDE STUPIDI?, Nicholas Carr, Raffaello Cortina Editore, 317 pagg., 24,00 euro
Il titolo originale dell’opera è: “Come la rete sta cambiando il nostro cervello”. È questo il tema del libro. Partendo da una breve e sintetica storia della scrittura, della stampa e della lettura, Nicholas Carr, dati scientifici alla mano, spiega come il cervello umano sia predisposto al cambiamento e a un’evoluzione, in conformità con i mezzi tecnologici a disposizione. La rete e la diffusione dei pc non fanno eccezione. Tuttavia, in quest’ultimo stadio tecnologico, più che di cambiamento si può parlare di totale riprogrammazione del cervello. Una mutazione radicale del meccanismo di approccio cerebrale ai testi, dovuta alle caratteristiche delle dinamiche tipiche della rete e dei suoi sacerdoti. Velocità, sovraccarico di informazioni, distrazione, sono gli impulsi che internet consegna impacchettati insieme alla merce più diffusa del XXI secolo: l’informazione. Un meccanismo automatico, legato alla sopravvivenza economica del sistema creato dai guru di Google e dai loro soci ormai miliardari. Più pagine viste, più click sulla pubblicità, più servizi. Il prezzo da pagare è l’incapacità di concentrarsi, di leggere e di memorizzare. L’antidoto? La diffusione di una cultura della consapevolezza. (Gio Sandri)