CHE COSA È LA MAFIA, Gaetano Mosca (a cura di Marcello Saija), Edizioni di storia e studi sociali, 72 pagg., 8,00 euro
Nel 1900, in una conferenza a Milano, sull’onda del processo Notarbartolo, il palermitano Gaetano Mosca racconta la mafia: è rurale e satellitare, formata da tante piccole cosche spesso in conflitto fra loro. È in pratica l’eredità diretta dei gabellotti, sganciatisi dall’aristocrazia dopo l’Unità d’Italia e divenuti piccoli proprietari di terre. Non è certo la mafia di oggi. Eppure la lettura di questo breve pamphlet non ha solo ragioni storiche. Ciò che supera il tempo, infatti, e che prevale sull’evidente diversità economica, politica e culturale di una realtà distante più di un secolo, è la collusione della mafia con le istituzioni: polizia, prefetti, questori e via a salire, sindaci, assessori e deputati. Mosca parla di “mafia in guanti gialli”, quelli che oggi definiamo ‘colletti bianchi’, e di una protezione che ha tradizioni antiche: “Protezione che individui delle classi superiori, qualche volta investiti del mandato politico, e che le stesse autorità governative accordano alle cosche di mafia”. Dunque, conclude Mosca, non fu la mafia – non ne aveva la forza – a impedire che i responsabili del delitto Notarbartolo fossero scoperti, a garantire loro una lunga impunità, ma “buona parte del nostro mondo politico”. Allora come oggi, la forza dell’organizzazione è la sua relazione con lo Stato. (Gio Sandri)
L’IMPERO VIRTUALE, Renato Curcio, Sensibili alle foglie, 112 pagg., 15,00 euro
“La colonizzazione dell’immaginario […] è dunque un processo sociale post-novecentesco, attuale e di una tale ampiezza che il passato colonialistico dei Paesi capitalistici non ha mai conosciuto”. Usando i termini ‘colonizzazione’ e la locuzione che dà il titolo al saggio, Impero virtuale, Curcio mostra sin dall’inizio la posta in gioco della società nel futuro prossimo venturo – indirettamente evidenziando le basi sulle quali organizzare una resistenza. Focus del discorso è la tecnologia digitale, ovvero l’analisi della vita sociale ormai scandita quasi esclusivamente dall’intenso rapporto emotivo legato alla convivenza dell’uomo con la macchina. Tra i tanti meriti di questo ricco saggio, il più importante è quello di smantellare il mito della ‘rivoluzione’ digitale come qualcosa che avrebbe liberato l’individuo, mostrando come “l’innovazione digitale, al contrario, abbia stretto la morsa del capitale sui lavoratori, sui consumatori e più in generale su chiunque vi acceda”. A tutto vantaggio delle grandi imprese capitalistiche – Google, Apple, Facebook, Microsoft, Amazon – che fondano la loro fortuna economica sulla vendita di informazioni che ogni utente fornisce, più o meno inconsapevolmente, ai loro ‘misteriosi’ algoritmi. (Gio Sandri)
ETICA E FOTOGRAFIA, Raffaella Perna e Ilaria Schiaffini (a cura di), Derive Approdi, 154 pagg., 16,00 euro
Ricco di stimoli e spunti che spingono nella direzione di un approfondimento, Etica e fotografia è una raccolta di contributi, di taglio per lo più storico. Spicca l’intervento di Adolfo Mignemi, in cui appare la fattispecie del fotografo-vittima; quello di Federica Muzzarelli, sul corpo delle donne e l’importanza dell’immagine fotografica come sconfitta delle censure; e quello di Michele Smargiassi, “Bugie dell’elocutio”, che affronta il tema della manipolazione delle immagini, in un susseguirsi di tesi e controtesi e comparando scrittura e fotografia nel contesto giornalistico. Nell’insieme del libro tuttavia, il tema principale, l’etica, aleggia senza quasi manifestarsi, sopraffatta dall’impostazione storica dei testi. Argomento attuale e complesso, per le implicazioni e gli usi della fotografia nell’era del web 2.0, viene solo accennato da Raffaella Perna in una citazione di Tano D’amico, che nel 1978 scrive: “Io mi incazzo con noi che non abbiamo ancora imparato a leggere le foto, i volti che vi appaiono, gli ambienti”. Da allora non abbiamo fatto molti passi in avanti, e finché non sapremo leggere una fotografia non avremo il senso critico che l’era delle immagini richiede. (Gio Sandri)