Krisis. Corpi, confino e conflitto, AA.VV., Catartica Edizioni, 120 pagg., 13,00 euro
Potere e corpo, disciplina e corpo, socialità e corpo, isolamento e corpo, vita e corpo, morte e corpo. Un evento – in senso antropologico – come la pandemia di Covid-19 interroga la filosofia, alla ricerca di una riflessione teorica che deve confrontarsi e farsi strada prima di divenire supporto per una pratica collettiva. Fortunatamente il pensiero critico sui dispositivi politici e mediatici messi in atto in questi mesi non è mancato, riuscendo ad attingere al sapere che ha preceduto questa nostra epoca, anche se certamente non è maggioritario ma nemmeno può esserlo, visti i tempi. I diversi contributi raccolti in Krisis si inscrivono in questo filone, non apportando nuove riflessioni ma avendo il pregio di toccarne diverse e contribuire a diffondere un’analisi, che si fa sempre più impellente, sulla crisi. Una crisi che il Covid-19 ha semplicemente reso visibile anche all’occhio che fino a oggi guardava da un’altra parte. Una crisi che è sistemica: economica, politica, sociale, ecologica. (Milton Rogas)
L’America post-globale, Andrew Spannaus, Mimesis, 192 pagg., 15,00 euro
Spannaus conosce bene la società statunitense e sa interpretarla: nel 2016 è tra i pochi analisti che prevedono la vittoria di Trump. Oggi torna a scriverne, ripercorrendo la politica interna ed estera di questi quattro anni, con un filo conduttore: Trump ha mantenuto le promesse della campagna elettorale? Se in qualche modo lo slogan American first non è stato disatteso – ha iniziato le schermaglie con la Cina, che Biden non potrà che continuare perché in gioco c’è l’egemonia globale, e ha messo in discussione diversi trattati di libero scambio, come il Nafta – sul piano interno ha fallito. Prima dell’epidemia Covid il Pil era cresciuto e la disoccupazione diminuita, ma i numeri mostrano che si trattava di working poor; la riforma fiscale a favore dei ricchi e delle imprese non ha portato il reshoring produttivo, ed era ciò che si prefiggeva (appena 1.000 miliardi sui 4.000 previsti, e tutti andati in buyback azionario); gli investimenti nelle infrastrutture sono rimasti sulla carta; la finanza non è stata limitata, anzi, maggiormente deregolamentata. Trump ha risposto al Covid con sostegni pubblici a fondo perduto ma ha perso le elezioni per il secondo mandato – pur prendendo 8 milioni di voti popolari in più rispetto al 2016. Le ragioni che l’avevano portato alla Casa Bianca, dunque, sembrano essere ancora lì. (G. Cracco)
La libertà verticale, Onofrio Romano, Meltemi, 340 pagg., 24,00 euro
Dal modello orizzontalista dell’Ottocento a quello verticalista dopo la crisi del 1929, per poi tornare al neo-orizzontalismo, con il neoliberismo, dopo i ‘trent’anni gloriosi’. Appoggiandosi a Polanyi, Romano approfondisce le tre fasi, analizzandone costruzione, struttura e crisi, per poi entrare nell’analisi sociologica, cuore del testo e della questione che si vuole affrontare: perché con il neo-orizzontalismo la “legge del rovesciamento” ha smesso di funzionare? Perché la sociologia non riesce a produrre un “pensiero capovolto” (orizzontalista quando la società è verticalista, e viceversa), ossia una riflessione critica sull’esistente, come ha sempre fatto? A cosa è dovuto il “ritardo del paradigma”? Dopo aver percorso la storia del pensiero sociologico, Romano si addentra nel sapere sviluppato dagli anni ’70 in poi, mostrandone i risvolti politici e sociali e cercando una via d’uscita verticalista. Un testo con cui confrontarsi, per la sua capacità di offrire uno sguardo complessivo sull’evoluzione della riflessione che si interroga sulla società e sul legame sociale; per quanto a tratti l’interpretazione risulti eccessivamente semplicistica e tranchant, davanti a scuole di pensiero decisamente più articolate e complesse di quanto Romano le presenti. (Gio Sandri)