Alice Quintini e Chiara Vimercati |
Milano, chi governa la città metropolitana? La farsa democratica: politica paralizzata e gestione in mano al Centro Studi PIM
“La Città metropolitana di Milano è già alla paralisi. Tutte le riunioni della settimana annullate per assenza di numero legale”. Si apre così il comunicato stampa del 14 maggio scorso a firma di Marco Cappato, consigliere del Comune di Milano (Partito Radicale) e della Città metropolitana di Milano (Lista Civica Costituente per la Partecipazione-La Città dei Comuni), contenente una lettera aperta indirizzata a Giuliano Pisapia, sindaco di Milano e della Città metropolitana, e ai ministri Maria Elena Boschi e Graziano Delrio – che ha dato il proprio nome alla legge che ha istituito le nuove Province e le Città metropolitane.
Cappato denuncia l’assenteismo dei consiglieri e dei sindaci e afferma che “le ragioni della paralisi delle assemblee elettive di secondo livello della Città metropolitana non sono casuali o contingenti, ma strutturali. Il doppio mandato di sindaci e consiglieri, chiamati a una sorta di volontariato politico in un contesto di competenze oscure e di clandestinità dell’istituzione stessa, consegnano la Città metropolitana alle decisioni assunte – in forma riservata e antidemocratica – da pochi referenti di partito, con i quali devono collaborare i funzionari”; e conclude sottolineando la necessità di “far funzionare le assemblee elettive della Città metropolitana sia attraverso l’attribuzione di risorse e competenze certe, sia affidando loro decisioni vere e non la ratifica di decisioni prese altrove” (1).
Indubbiamente gli incarichi a titolo gratuito previsti dalla legge Delrio sono un disincentivo alla partecipazione, e il problema è aggravato dal meccanismo dell’elezione di secondo livello: per ovvie ragioni di consenso, consiglieri e sindaci sono portati a impegnarsi maggiormente nei Comuni in cui sono stati eletti direttamente dai cittadini. Ne consegue che la Città metropolitana è in mano a “pochi referenti di partito”, i consiglieri delegati nominati dal sindaco Pisapia, tutti appartenenti al centrosinistra. Ma non solo. Se si analizza il ruolo degli attori che ruotano intorno al nuovo ente, si scopre un altro soggetto e un altro altrove in cui vengono prese le decisioni: il PIM, Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’Area Metropolitana.
Lo statuto
L’ente Città metropolitana ha una genesi travagliata. Ad agosto 2012 il Parlamento approva la legge n. 135 che all’art. 18 istituisce le Città metropolitane, con l’obiettivo principale di risparmiare denaro pubblico (2). Nel milanese ad attivarsi non è la Provincia, a cui la Città metropolitana si andrà a sostituire e che rappresenta gli interessi di tutti i comuni, bensì il capoluogo. Il Comune di Milano, infatti, a novembre dello stesso anno si fa carico del costo di una consulenza esterna per la scrittura dello statuto del nuovo ente, attraverso due delibere.
Con la prima (3) approva il progetto “Città metropolitana” presentato dal PIM e stanzia 110.000 euro per il Centro Studi, il quale dovrà disporre dossier tematici, realizzare il nuovo sito web e dare un supporto tecnico-scientifico. Si legge infatti che “il PIM può contare su un collettivo di professionisti capace di coniugare elevata competenza disciplinare – nei settori dell’urbanistica e del territorio, dell’economia regionale, della viabilità e trasporti, delle tecnologie ambientali e della pianificazione paesistica, della progettazione e gestione di sistemi informativi territoriali – a una consolidata esperienza sedimentata nella realtà milanese e lombarda”, e può quindi fornire un contributo alla stesura dello statuto, in particolare in merito alle funzioni da assegnare al nuovo ente. Con la seconda (4) dà mandato a quattro università milanesi (Università commerciale Bocconi, Università di Milano-Bicocca, Università degli Studi di Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore) affinché curino l’aspetto giuridico del documento (costo 100.000 euro).
In seguito, l’art. 18 della legge 135 viene dichiarato incostituzionale, così nel dicembre 2013, mentre la legge Delrio è in fase di approvazione al Parlamento, il Comune di Milano stanzia altri 97.000 euro per il PIM (5) – approvando un secondo progetto presentato dal Centro Studi, “Milano Città metropolitana e municipalità-Fase 2” – affinché il piano di lavoro venga aggiornato alle novità introdotte dalla nuova normativa. A settembre 2014, con elezioni di secondo livello, si forma il Consiglio metropolitano, che come primo compito ha proprio quello di scrivere lo statuto della Città metropolitana, in quanto legittimo organo costituente. Alla Commissione Statutaria viene presentata la bozza di statuto redatta congiuntamente dal PIM e dalle quattro università.
“Scrivere uno statuto è una cosa complessa: significa studiare, ascoltare degli esperti, farsi arrivare dei documenti, decidere quali scegliere” rivela il consigliere Cappato in un’intervista a Paginauno; “La realtà è che è stato preso come base il testo commissionato a un Centro Studi, per la modica cifra, se non ricordo male, di 140.000 euro, il PIM […]. Noi arriviamo in Commissione con qualcuno che ha già scritto un testo: con quali indicazioni politiche se i politici ancora non c’erano, perché non erano ancora stati eletti? […] A questo punto, sulla base di un meccanismo di sintesi e non di votazione, il relatore e il presidente della Commissione si sono assunti la responsabilità di sintetizzare le cose emerse durante il dibattito, e hanno presentato questo testo alla plenaria, che, con una fretta evidente di una sessione fiume durata 17 ore, ha votato su centinaia di emendamenti fino ad arrivare all’approvazione dello statuto” (6). Quando i lavori del Consiglio si concludono, lo statuto definitivo (7) risulta sostanzialmente uguale alla bozza presentata, sia nella struttura che nel contenuto.
Le questioni sono due. C’è l’aspetto economico: mentre l’istituzione delle Città metropolitane è stata sostenuta da una propaganda di riduzione dei costi, di cui ne è esempio il lavoro gratuito dei consiglieri, il Comune di Milano spende 307.000 euro di consulenze esterne per far redigere lo statuto del nuovo ente. E c’è il punto politico. Se può essere comprensibile la consulenza richiesta alle quattro università per collocare il testo in una cornice giuridica, è più arduo capire il ruolo del PIM. Certamente, come vedremo, il Centro Studi è qualificato per occuparsi di pianificazione territoriale, ma scrivere lo statuto di un ente pubblico è un’altra cosa: riguarda diritti, doveri, trasparenza, partecipazione, democrazia.
E difatti, le modifiche più importanti, proposte dalla Lista Civica Costituente e approvate dal Consiglio, riguardano l’ampliamento della partecipazione, dei singoli cittadini e dei comuni. Oltre al già previsto referendum consultivo d’indirizzo non vincolante viene inserito il referendum abrogativo e propositivo con esito vincolante (art. 11), anche se con quorum al 50% che di fatto ne indebolisce l’efficacia (l’emendamento collegato che proponeva di eliminarlo è stato respinto). Vengono poi aumentate le competenze della Conferenza metropolitana, organo in cui siedono i sindaci: si stabilisce che essa possa esprimere parere vincolante sul piano territoriale e sul piano strategico, oltre che sul bilancio, e le viene affidato un ruolo più attivo nei confronti del Consiglio, con la possibilità di fare proposte e non solo ratificare o rifiutare le decisioni già prese (art. 28).
“Gli strumenti di iniziativa popolare non erano praticamente esistenti, se non in forma consultiva e molto debole, nella proposta originaria del Centro Studi PIM” evidenzia Cappato nella stessa intervista. Evidentemente il PIM non ha ritenuto importante il coinvolgimento ‘dal basso’ dei cittadini nel governo del nuovo ente, già penalizzato dalle elezioni di secondo livello.
Resta il mistero del perché il Comune di Milano si sia rivolto al PIM. Dei 207.000 euro ricevuti, il Centro Studi ne ha spesi 52.400 per consulenze esterne relative a: pubblicità del Progetto Città metropolitana, creazione del sito web, preparazione del dossier tematico “Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale” (8). Ciò significa che il lavoro sullo statuto è stato sviluppato internamente, mentre sono stati delegati all’esterno alcuni aspetti non sostanziali. Nella bozza presentata alla Commissione sono indicati i nomi di coloro che hanno svolto l’incarico: il direttore Franco Sacchi e Dario Corvi, dipendente del PIM. Che competenze hanno in materia di statuti di enti pubblici?
Avremmo voluto chiedere delucidazioni in merito a Daniela Benelli la quale, in quanto assessore all’Area Metropolitana per il Comune di Milano dal 2011, si è occupata della genesi del nuovo ente, ma si è rifiutata di incontrarci e di rispondere alle nostre domande.
Il PIM
Il PIM nasce nel 1959 attraverso un decreto del ministro dei Lavori Pubblici Togni, per far fronte alla grande espansione di Milano e alla conseguente necessità di una pianificazione territoriale coordinata tra il capoluogo e i comuni circostanti (vedi box Breve storia del PIM). Oggi è un’associazione privata senza scopo di lucro, i cui soci sono enti pubblici locali dell’area milanese: il Comune di Milano, il Comune di Monza, la Provincia di Monza e Brianza, la Città Metropolitana di Milano (ex Provincia) e altri 59 comuni più piccoli. Ciascun Comune può liberamente scegliere se aderire o meno al PIM.
Nell’assemblea dei soci le quote sono ripartite nella misura di una ogni mille abitanti per i Comuni e una ogni tremila abitanti per il Comune di Milano e la Città metropolitana. In base alle quote detenute, ciascun socio paga una somma annuale: il Comune di Milano, per esempio, è titolare del 33% delle quote e paga ogni anno 327mila euro (9). Sulla base dello stesso principio, anche il voto di ogni ente locale è moltiplicato per il numero di quote possedute: il voto di un piccolo comune come Melzo vale 19, quello del Comune di Milano vale 1.325 (vedi tabella Quote PIM).
Breve storia del PIM (Fonte: sito web PIM)
- 1959 Un decreto ministeriale del ministro dei Lavori Pubblici Togni dispone la formazione del Piano Intercomunale per l’area milanese, che coinvolge il Comune di Milano e 35 comuni limitrofi, e ne affida l’elaborazione al Comune di Milano
- 1961 Si riunisce per la prima volta l’assemblea dei sindaci dei comuni associati, che delibera la nascita ufficiale del PIM; a ogni ente spetta un voto 1968 Un decreto del ministro dei Lavori Pubblici Mancini allarga la base territoriale del PIM, portando a 94 il numero dei comuni soci
- 1975 La Regione Lombardia crea il Comprensorio milanese formato da 106 comuni e finanziato dalla Regione stessa. Il PIM assume il nome di CSCM-Centro Studi per il Comprensorio Milanese e diventa la struttura tecnico-operativa del Comprensorio, nuovo ente pubblico a cui è affidato il governo dell’intercomunalità attraverso il Piano Socio-Economico e il Piano Territoriale Comprensoriale. Per legge siedono nella nuova assemblea i rappresentanti di tutti i 106 comuni del Comprensorio, più un rappresentante della Provincia di Milano
- 1981 Il Comprensorio milanese chiude, al contrario del PIM che non cessa mai la sua attività. Torna a essere un’associazione privata con il nome di PIM-Centro Studi per la programmazione Intercomunale dell’Area metropolitana, finanziata dalle quote dei soci, ossia il Comune e la Provincia di Milano, oltre a 99 comuni più piccoli. L’adesione degli enti pubblici diventa volontaria e non più obbligatoria per legge
- 1988 Il sistema di votazione subisce un cambiamento: i voti del Comune e della Provincia di Milano sono moltiplicati per quattro, mentre ai piccoli comuni continua a spettare un solo voto ciascuno
- 2005 Avviene la trasformazione più radicale al sistema di governance, che porta all’assetto attuale: le quote associative sono distribuite in base al numero di abitanti, nella misura di una ogni 1.000 abitanti per i comuni e una ogni 3.000 abitanti per il Comune di Milano e la Città Metropolitana
Dal 2004 il direttore del PIM è Franco Sacchi, esperto di economia regionale, sviluppo locale e pianificazione territoriale, un passato accademico all’Università di Pavia e al Politecnico di Milano, iscritto al Pci (poi Pds e Ds) dagli anni Settanta, di cui è stato Segretario di Sezione e membro della Segreteria Cittadina e Provinciale di Pavia. All’attivo ha anche una serie di incarichi nel Comune di Pavia: consigliere dal 1983 al 1993, presidente della Commissione Consiliare II (Economico-Finanziaria) dal 1988 al 1993, assessore al Bilancio, Tributi, Economato e Patrimonio dal 1997 al 2000, assessore all’Urbanistica dal 2005 al 2009 (in concomitanza, quindi, con il ruolo di direttore del PIM, con il quale ha iniziato a collaborare nel 1989 come ricercatore- progettista).
L’organo di governo del PIM è il Consiglio Direttivo composto da cinque membri, dei quali tre eletti dall’assemblea dei soci, uno nominato dal Comune di Milano e uno scelto dalla (ex) Provincia di Milano; come per le quote associative, anche il diritto di scegliere un membro del Consiglio è ora passato dalla Provincia alla Città metropolitana.
Matteo Alessandro Goldstein Bolocan, presidente, designato dal Comune di Milano, è professore presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano; rappresentante del Comune di Milano presso l’assemblea del PIM negli anni 1993-1997 e 2002-2005, è stato consigliere di zona nel capoluogo lombardo nelle fila del Pci dal 1985 al 1990 ed è attualmente iscritto al Pd.
Oliviero Tronconi, nominato dalla (ex) Provincia e quindi oggi in quota alla Città metropolitana, è docente ordinario di Tecnologia dell’Architettura al Politecnico di Milano e si muove da una vita nel settore immobiliare: ha svolto attività di ricerca e consulenza per Europa Gestioni Immobiliari
gruppo Poste Italiane, Pirelli Real Estate, Ferrovie Nord, BNL Fondi Immobiliari, Generali Gestione Immobiliare, Paschi Gestioni Immobiliari; dal 1996 al 2003 è stato membro dell’Osservatorio sul Patrimonio Immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale; attualmente è presidente del Comitato Scientifico della manifestazione fieristica Expo Italia Real Estate (dal 2004), membro del Consiglio di amministrazione del Consorzio AP3 in rappresentanza di Generali Gestione Immobiliare spa (dal 2007), presidente del Comitato Investimenti del Fondo Toscanini di Generali Immobiliare Italia SGR (dal 2008), presidente del Fondo Scarlatti di Generali Immobiliare Italia SGR (dal 2013).
Maria Enrica Galbiati, eletta dall’assemblea dei soci, è architetto; ha progettato diversi lavori urbanistici soprattutto nei comuni di Agrate Brianza e Caponago, e in quest’ultimo ha rivestito la carica di assessore ai Lavori pubblici, Ecologia, Ambiente, Mobilità e Protezione Civile dal 2009 al 2014, prima di diventare l’attuale vicesindaco in quota Pd con deleghe all’Urbanistica, Ecologia, Protezione civile e Pari opportunità.
Angelo Rocchi, anch’esso eletto dai soci, è architetto e attuale sindaco di Cologno Monzese per la Lega Nord; in passato ha collaborato con diversi comuni lombardi (Trezzo sull’Adda, Arona, Cusano Milanino, Gorgonzola, Melegnano), è stato assessore all’Urbanistica, Lavori pubblici, Patrimonio ed Edilizia privata del Comune di Cernusco sul Naviglio dal 1994 al 1998 e assessore ai Lavori pubblici e Patrimonio al Comune di Vimodrone dal 1998 al 2002.
Claudio Palmerini, infine, eletto dai soci, lavora da vent’anni presso il Consorzio Cooperative Lavoratori, società promossa da Acli e Cisl Milano attiva nell’edilizia convenzionata e agevolata, di cui oggi è direttore generale (dal 2007) dopo essere stato vicedirettore (2000-2007) e responsabile ufficio legale (1995-2000).
I membri del Consiglio direttivo hanno quindi un passato e/o un presente politico e si muovono nel settore immobiliare, legati ai grandi gruppi finanziari privati (Tronconi) e all’ambiente religioso delle Acli (Palmerini). Il PIM è dunque una realtà a controllo politico, simile nella struttura a un ente pubblico, dove il personale dipendente tecnico ricopre lo stesso ruolo per anni mentre la guida politica può mutare a ogni tornata elettorale. In passato i membri del Consiglio Direttivo ricevevano una somma simbolica (10), nel 2014 ogni compenso è stato eliminato. Evidentemente non sono poltrone occupate per personali interessi finanziari, ma espressione di poteri politici ed economici.
La pianificazione territoriale
Con ‘pianificazione territoriale’ si intende quell’insieme di attività che organizzano una porzione di territorio in tutti i suoi aspetti, dai classici elementi edilizi e infrastrutturali a quelli demografici, economici, sociologici e politici. Si tratta forse del compito più importante esercitato da un ente locale. La pianificazione territoriale (o PGT – Piani di Governo del Territorio) è anche la funzione cardine del PIM, quella per cui è stato creato e in cui è innegabilmente competente. Il bilancio 2014 dell’associazione (11) – ma anche i bilanci degli anni precedenti registrano lo stesso ordine di grandezza – evidenzia un costo di 998 mila euro di spese per il personale dipendente, su un totale di 1 milione 478 mila euro di fatturato. È chiaro quindi che il personale interno (18 persone) rappresenti la principale risorsa del PIM e sia altamente qualificato; il Centro Studi si affida solo in misura marginale a consulenze esterne.
Il Comune di Milano affida al PIM la pianificazione del suo territorio, eppure al suo interno non mancano certo le professionalità per poter svolgere tale funzione. La sola Direzione Centrale Sviluppo del Territorio, unità con compiti di pianificazione urbanistica, pianificazione degli interventi di riqualificazione territoriale, edilizia privata, pianificazione dello sviluppo del territorio e della localizzazione dei servizi ecc. occupa ben 348 dipendenti, compresi dodici dirigenti (12). Un tale nutrito gruppo di personale pubblico non è in grado di svolgere il lavoro affidato al PIM? I 300.000 euro che Milano paga annualmente al PIM non sono certo una cifra significativa nel bilancio comunale, che si aggira intorno ai 5 miliardi di euro. Tuttavia, in anni di spending review e tagli, è denaro che potrebbe essere destinato altrove, per esempio alle biblioteche, sempre a corto di risorse, o a progetti sociali. Anche la neonata Città metropolitana si sta appoggiando al PIM per il primo Piano Strategico triennale, l’importante programma che stabilisce gli impegni del nuovo ente per i prossimi tre anni.
Un documento che riporta la dicitura ‘riservato’, elaborato dal PIM e intitolato “Documento di indirizzo per l’avvio del procedimento relativo al Piano strategico triennale del territorio metropolitano”, è stato approvato dal Consiglio metropolitano, fatta salva l’accortezza di eliminare dal documento finale il logo del Centro Studi della carta intestata. In aggiunta, nella delibera del 16 aprile scorso del Consiglio metropolitano (13) si legge chiaramente che “la Città metropolitana […] intende avvalersi del supporto tecnico del Centro Studi PIM per la redazione del Piano Strategico”. Ebbene, ‘supporto tecnico’ significa ratificare i progetti sviluppati dal PIM? Non è una domanda oziosa, perché le decisioni di un ente locale in merito al proprio Piano strategico investono scelte politiche, non solo tecniche.
Cosa ci si può aspettare dal Piano Strategico che il PIM elaborerà per l’area metropolitana? Come abbiamo visto, Milano può vantare un forte peso nell’assemblea del Centro Studi, dal momento che possiede il 33% delle quote; ma non è tutto. Anche all’interno della Città metropolitana il Comune di Milano registra uno strapotere, per effetto del meccanismo delle elezioni di secondo livello (14), e l’ente metropolitano detiene il 26% delle quote del PIM. Anche dal punto di vista economico il peso si fa sentire: 331.000 euro pagati da Milano e 264.000 dalla Città metropolitana, per un totale di 595.000 euro su 1 milione complessivo di quote annualmente versate al PIM dagli enti associati (vedi tabella Quote PIM). È quindi più che probabile che il Piano Strategico elaborato dal Centro Studi avrà una forte impronta Milano-centrica, sebbene la Città metropolitana dovrebbe rappresentare tutti i comuni dell’area.
In conclusione, la Città metropolitana è un ente pubblico che soffre di un grave deficit democratico, non essendo stata eletta direttamente dai cittadini, ma perlomeno è a loro che deve rispondere, mentre il PIM è una associazione privata con una guida politica non elettiva e forti addentellati nei poteri economici del settore immobiliare: a chi deve rispondere? Il PIM ha ricevuto soldi pubblici per scrivere lo statuto del nuovo ente metropolitano e riceve annualmente altro denaro dei cittadini per sviluppare la pianificazione territoriale, mentre la Città metropolitana è alla paralisi, per mancanza di competenze e risorse certe e per il disinteresse degli stessi politici che dovrebbero guidarla. La democrazia è sempre più una facciata.
1) Cappato a Boschi e Pisapia: la Città metropolitana di Milano è già alla paralisi, comunicato stampa del 14 maggio 2015
2) Legge n. 135 del 07/08/2012: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2012/08/14/12A09068/sg
3) Cfr. Delibera del Comune di Milano n. 2384 del 16/11/2012: http://www.comune.milano.it/albopretorio/ConsultazioneDelibere/showdoc.aspx?procid=44300
4) Cfr. Delibera del Comune di Milano n. 2489 del 30/11/2012: http://www.comune.milano.it/albopretorio/ConsultazioneDelibere/showdoc.aspx?procid=45086
5) Cfr. Delibera del Comune di Milano n. 2636 del 20/12/2013: http://www.comune.milano.it/albopretorio/ConsultazioneDelibere/showdoc.aspx?procid=73062
6) Milano, Città metropolitana: democrazia abolita, intervista a Marco Cappato di Giovanna Cracco, Daniela Cuccu, Tania Righi, Chiara Vimercati, Paginauno n. 42/2015
7) Statuto della Città metropolitana di Milano: http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/news/citta_metropolitana/doc/statuto_definitivo_22_12_2014.pdf
8) Cfr. Collaboratori PIM, incarichi 2013, http://www.pim.mi.it/amministrazionetrasparente/Documenti/Incarichi_2013.pdf; cfr. Collaboratori PIM, incarichi 2014, http://www.pim.mi.it/amministrazionetrasparente/Documenti/Incarichi_ 2014.pdf
9) Cfr. Determina dirigenziale del Comune di Milano n. 35 del 03/11/2014: http://www.comune.milano.it/albopretorio/ConsultazioneDelibere/showdoc.aspx?procid=104240. La stessa cifra è stata pagata per l’anno 2013, cfr. Determina dirigenziale del Comune di Milano n. 42 del 27/11/2013 http://www.comune.mi lano.it/albopretorio/ConsultazioneDelibere/showdoc.aspx?procid=72740. Per l’anno 2015 sono previsti 331.250 euro, cfr. PIM, Bilancio preventivo 2015
10) 60.000 euro totali (da dividere tra i cinque membri) nel 2012, 51.175 euro nel 2013, 12.500 euro nel 2014, anno in cui il compenso è stato abolito. Fonte: bilanci annuali PIM
11) Cfr. PIM, bilancio 2014: http://www.pim.mi.it/amministrazionetrasparente/Bilanci/Consuntivo2014.pdf
12) Cfr. Comune di Milano, distribuzione del personale nelle Unità organizzative https://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/amministrazione/trasparente/organizzazione/articolazione_uffici/DistribzionePersonaleUOvigenti
13) Cfr. Delibera del Consiglio metropolitano di Milano n. 10 del 16/04/2015: http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/amministrazione_trasparente/disposizioni_generali/doc/RG_10_2015_piano_strategico_2016_18.pdf
14) Cfr. Città metropolitane: la democrazia non passa da qui. Le elezioni a Milano, di Daniela Cuccu, Tania Righi, Chiara Vimercati, Paginauno n. 40/2014