Maternità surrogata: autodeterminazione o mercificazione? Il contratto di surrogacy commerciale e il profilo socio-economico delle donne che diventano madri surrogate
La maternità surrogata o utero in affitto (in inglese surrogacy), è la pratica in cui “una donna intraprende una gravidanza con l’intento di affidare il nascituro a terzi all’atto della nascita” (1). È un tema particolarmente spinoso, perché coinvolge il concetto di libertà individuale e di libero mercato, i diritti genitoriali, complessi aspetti normativi e ancora più delicati temi etici.
Esistono diverse forme di surrogacy: altruistica o a pagamento, con ovuli della stessa madre surrogata (maternità surrogata tradizionale), della madre intenzionale (2) o di una donatrice terza (maternità surrogata gestazionale). Per quanto sia tecnicamente possibile che anche lo spermatozoo usato per fecondare l’ovulo non appartenga al padre intenzionale, nella quasi totalità dei casi il padre intenzionale e quello biologico coincidono, per cui il dettato mater semper certa est viene rovesciato.
Coloro che ricorrono alla maternità surrogata sono nella stragrande maggioranza dei casi coppie eterosessuali in cui la donna è sterile o incapace di portare a termine una gravidanza e che desiderano comunque assicurarsi una posterità genetica (nei casi in cui è l’uomo a essere sterile si ricorre infatti alla fecondazione eterologa), e in secondo luogo coppie gay con il medesimo obiettivo – è evidente che per le coppie lesbiche, salvo casi particolari, la questione della maternità surrogata non si pone.
Per evitare valutazioni ambigue, la presente analisi si concentra sulla maternità surrogata a pagamento (o commerciale), e cioè sui casi in cui alla donna che mette a disposizione il proprio corpo ed eventualmente i propri ovuli viene riconosciuto un compenso che eccede le spese sostenute durante la gravidanza. E per evitare possibili accuse di omofobia, desideriamo inoltre chiarire che chi scrive ritiene sarebbe giusto concedere la possibilità di adottare un figlio a coppie di qualunque genere e orientamento sessuale, a patto che dimostrino di possedere le caratteristiche necessarie ad assicurare il rispetto dei diritti del bambino.
La surrogacy nella Comunità europea
Il 17 dicembre 2015 il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha votato la “Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Unione europea in materia”. Il rapporto, già approvato con una maggioranza schiacciante dalla Commissione competente (47 a favore, 4 contrari, 4 astenuti) condanna impietosamente la pratica della surrogazione, ritenuta compromettente per la dignità umana della donna perché mercifica il suo corpo e le sue funzioni riproduttive. Questo tipo di gestazione, che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, secondo gli europarlamentari dovrebbe essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani.
Ma dal punto di vista normativo la questione in Europa è piuttosto eterogenea (3). Esiste un divieto generalizzato alla maternità surrogata in Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Malta, Portogallo e Spagna; la maternità surrogata gestazionale è vietata in Austria, dove esiste il divieto alla donazione di ovuli, e in Finlandia, mentre la sola surrogacy a pagamento è vietata in Belgio, Danimarca, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito.
Paesi che permettono la maternità surrogata commerciale
La maternità surrogata è praticata nei Paesi che riconoscono la genitorialità agli individui che trasmettono i geni, e non solo alla donna che partorisce il bambino, come avviene normalmente sulla base del principio giuridico mater semper certa est. I Paesi in cui essa è permessa da più tempo sono il Canada (nella sola forma altruistica, per cui non approfondiremo l’analisi), e gli Stati Uniti, dove esistono agenzie e cliniche specializzate competenti e con numerosi anni di esperienza, che programmano e monitorano la procedura clinica, e trovano la donna che accetta di farsi impiantare uno o più ovuli fecondati e di portare avanti la gravidanza.
Tali intermediari si servono di centri clinici specializzati per eventuali donatori di sperma o donatrici di ovuli diverse dalla surrogata, e sono inoltre estremamente accurati nella stesura del contratto di mandato (fra l’agenzia e i genitori intenzionali), di quello con la madre surrogata ed eventualmente di quello con i donatori (4). In questi Stati è consentito alla madre surrogata di rinunciare, ancor prima del parto, ai propri diritti a favore degli aspiranti genitori, e sulla base di tale rinuncia viene rilasciato un certificato di nascita su cui risultano come genitori i genitori biologici, o uno dei due; il documento viene poi tradotto e munito di una certificazione che ne convalida l’autenticità per l’uso internazionale.
La procedura legale, che deve essere seguita da un avvocato sul posto, negli Usa è particolarmente sicura, perché alcune sentenze hanno già riconosciuto la prevalenza dei genitori biologici rispetto alla portatrice, e perché in alcuni Stati è possibile per le coppie omosessuali ottenere un certificato di nascita in cui entrambi i partner compaiono come genitori (ma in questo caso il documento ha valore solo all’interno dello Stato). Tuttavia il costo della surrogacy è particolarmente elevato, e si aggira intorno ai 120.000 dollari.
Molto diverse le somme necessarie nei Paesi che si affacciano solo da qualche anno alla procedura dell’utero in affitto: in Georgia un pacchetto completo di prestazioni viene offerto già a partire da 5.300 dollari, mentre India, Russia e Ucraina si situano nel mezzo. La confederazione elvetica ha presentato a maggio del 2013 un rapporto molto accurato sulla surrogacy nei vari Paesi, in cui le informazioni relative alle situazioni locali sono state fornite dalle ambasciate e dai consolati svizzeri sul territorio (5). Dai dati comunicati dalla rappresentanza svizzera a Tiflis, in Georgia vi erano due cliniche che proponevano la maternità surrogata (Surrogate Motherhood Center of Georgia e New Life), e si configuravano come esempi tipici di strutture specializzate in trattamenti di procreazione assistita: il carattere commerciale era palese e le strutture si facevano pubblicità con ‘offerte speciali’, aggirando, se necessario, anche la legislazione georgiana.
In India si stimava esistessero circa 600 strutture private, specializzate in trattamenti di procreazione assistita, che spesso non erano in linea con le regole del settore: “Il Segretario del Ministero indiano della Salute e del benessere familiare ha evidenziato che non tutte le cliniche sono dotate di personale specializzato o delle attrezzature tecniche necessarie. Inoltre destano preoccupazione le offerte che propongono la scelta del sesso del nascituro poiché non vi è un consenso sociale in merito”. Nel 2005 l’Indian Council of Medical Research aveva emanato direttive esaustive, che imponevano alle cliniche di procreazione di accreditarsi al fine di garantire un’impostazione dell’offerta uniforme e qualitativamente elevata, visto che già allora molte strutture non solo risultavano carenti dal punto di vista sanitario, ma avevano addirittura ingannato le coppie sterili con false promesse; tuttavia l’obiettivo di registrare tutte le cliniche e ‘bonificare’ il settore non è mai stato raggiunto.
In Ucraina “i prezzi vantaggiosi e la legislazione lassista vengono pubblicizzati alla luce del sole”. Le offerte hanno provocato reazioni negative nei media: una rivista francese ha riferito di una coppia gay che ha potuto esaudire il proprio desiderio di avere un bambino rivolgendosi a una madre surrogata, sebbene la legge ucraina precluda tale possibilità alle coppie omosessuali e, stando a quanto riportato nell’articolo, il bambino è stato consegnato al padre per strada a causa dell’illegalità della transazione. Il magazine di Le Monde ha sintetizzato con parole acute la situazione in Ucraina: “Un pied dans la modernité, l’autre dans la misère”. Da un lato, il Paese ha cliniche all’avanguardia (realizzate e sviluppate in seguito al calo della natalità conseguente alla catastrofe di Chernobyl); dall’altro, i controlli statali sono praticamente assenti. Il risultato di tale realtà sono genitori intenzionali ingannati, madri portatrici abusate e sfruttate, e persino sparizioni di minori.
La confederazione elvetica conclude che “in nessuno Stato le cliniche e le agenzie intermediarie sono accreditate o autorizzate in via generale. I Paesi d’origine non hanno dunque alcun controllo sull’operato delle cliniche e sulle persone che possono ricorrere alle tecniche di procreazione assistita (soltanto coppie, soltanto coppie sposate, coppie omosessuali, persone sole). I genitori intenzionali stranieri sono considerati clienti facoltosi ai quali riservare un trattamento privilegiato.
Il Consiglio federale rileva che la mancanza di controlli statali arreca pregiudizio soprattutto alle madri surrogate. Non in tutti i Paesi è garantita un’assistenza post parto da parte delle cliniche che possono sottrarsi alle loro responsabilità nei confronti della madre surrogata se il parto non avviene come pianificato”.
Il contratto di maternità surrogata commerciale
Nonostante le presunte istanze altruistiche richiamate dai genitori intenzionali, la surrogacy commerciale non ha nulla di romantico. Per comprenderne meglio le implicazioni abbiamo analizzato il contrattotipo di maternità gestazionale a pagamento per coppie eterosessuali utilizzato negli Stati Uniti (6). All’interno del testo, il termine Surrogata si riferisce alla donna che si sottoporrà al trasferimento di embrioni formati con lo sperma del Padre genetico e di una Donatrice di ovocita (soggetta a un agreement separato), porterà avanti la gravidanza, partorirà il bambino e lo consegnerà al Padre genetico e alla Madre intenzionale; il termine Padre genetico si riferisce al donatore il cui sperma verrà usato per fertilizzare l’ovocita della Donatrice, mentre il termine Madre intenzionale si riferisce alla moglie del Padre genetico (il padre intenzionale e il padre genetico dunque coincidono); infine, il termine Bambino si riferisce a qualunque individuo nato per effetto del contratto di surrogacy.
Ecco le clausole principali del contratto:
- a) scopo: “Il solo obiettivo e scopo del presente accordo è rendere possibile al Padre genetico e alla Madre intenzionale di avere un figlio o dei figli per mezzo della fertilizzazione in vitro di ovociti di una donatrice da parte dello sperma del Padre genetico e del successivo trasferimento e impianto dell’embriore/i nell’utero della Surrogata, che accetta di portare avanti la gravidanza e di affidare la custodia del Bambino/i al Padre genetico e alla Madre intenzionale”;
- b) modalità: “È intenzione delle parti tentare fino a tre trasferimenti di embrioni. Inoltre, è intenzione delle parti trasferire un massimo di tre embrioni alla volta, o il numero di embrioni consigliato dal medico, nel periodo di un anno. Se la gravidanza desiderata non si verifica entro il terzo tentativo, il presente accordo può essere annullato da una qualunque delle parti previa comunicazione scritta”;
- c) doveri della Surrogata: “La Surrogata dichiara di essere maggiorenne e che intende partecipare al presente accordo per gli scopi sopra citati e non per diventare madre del Bambino concepito dal Padre genetico e dalla Donatrice. La Surrogata dichiara inoltre di dare il suo consenso informato al presente accordo […] cui aderisce volontariamente e in assenza di qualunque tipo di costrizione economica o emotiva. […] La Surrogata dichiara che né lei né suo marito tenteranno di formare una relazione parentale con il Bambino nato in conseguenza del presente accordo […] e che, come permesso delle leggi dello Stato, rinunceranno liberamente e immediatamente a ogni diritto genitoriale su tale Bambino. […] La Surrogata e suo marito dichiarano di ritenere che il Bambino concepito ai sensi del presente accordo appartenga moralmente e contrattualmente al Padre genetico e alla Madre intenzionale, e che debba essere cresciuto dal Padre genetico e dalla Madre intenzionale senza nessuna interferenza da parte della Surrogata e del marito di questa. […] Dopo la nascita del Bambino le parti accettano di sottoporsi volontariamente a qualunque esame del sangue necessario a determinarne in modo conclusivo la paternità legale […]. La Surrogata promette che non avrà nessun rapporto sessuale a partire dal primo giorno del ciclo mestruale precedente al trasferimento degli embrioni e fino a che la gravidanza non sarà confermata per iscritto dal medico che ha effettuato il trasferimento. La Surrogata acconsente inoltre a non partecipare ad attività in cui esiste la possibilità che dello sperma venga introdotto nel suo utero, così che non le sia possibile rimanere incinta per ragioni diverse da quelle previste dal presente accordo. La Surrogata dichiara inoltre che successivamente all’accertamento della gravidanza e fino al parto non avrà rapporti sessuali non protetti con individui diversi dal marito, e che farà tutto il possibile per proteggere il feto da qualunque malattia venerea trasmissibile […] La Surrogata accetta di seguire un piano di esami prenatali prescritto dal suo ginecologo, e di seguire le indicazioni che le verranno date, per esempio assumere farmaci e vitamine. La Surrogata acconsente a sottoporsi a qualunque test ritenuto necessario dal medico o dal ginecologo, inclusa l’amniocentesi. La Surrogata accetta di sottoporsi ad amniocentesi su richiesta del Padre genetico e della Madre intenzionale. La Surrogata acconsente a non praticare sport o attività pericolosi, e a non esporsi di sua volontà a radiazioni, agenti chimici tossici o malattie infettive. La Surrogata accetta di non fumare, di non bere bevande alcoliche o contenenti quantità eccessive di caffeina, di non usare droghe o sostanze illegali, di non assumere farmaci di qualunque tipo senza l’autorizzazione scritta del ginecologo o del medico. La Surrogata acconsente a non viaggiare fuori dagli Stati Uniti dopo il secondo trimestre di gravidanza, a meno che non vi siano episodi di malattia o morte nella famiglia della Surrogata e solo con il consenso scritto del ginecologo o del medico. […] La Surrogata e suo marito acconsentono che il nome del bambino sia scelto dal Padre genetico e dalla Madre intenzionale, e che tale nome compaia sul certificato di nascita rilasciato dalla clinica in cui il Bambino è nato. La Surrogata e suo marito acconsentono a non tentare di contattare e a non comunicare in alcun modo con il Bambino nato in conseguenza del presente accordo […] senza il precedente consenso scritto del Padre genetico e della Madre intenzionale. Inoltre, la Surrogata e suo marito accettano di non intervenire o interferire nella vita del Bambino, del Padre genetico o della Madre intenzionale senza il consenso scritto di tutte le parti”;
- e) doveri del Padre genetico e della Madre intenzionale: “Il Padre genetico e la Madre intenzionale acconsentono a prendere in custodia ogni Bambino nato ai sensi del presente accordo, senza eccezioni riguardanti il genere, il numero, lo stato di salute, le condizioni fisiche, le condizioni psicologiche, che sia nato prematuro o a termine”. Devono inoltre provvedere a tutte le spese per la fecondazione in vitro, per il trasferimento degli embrioni, per il mantenimento della Surrogata durante la gravidanza (cibo, abbigliamento, trasporti, ecc.), per i controlli e le visite mediche, per i farmaci e gli esami, nonché a tutti i costi relativi al parto e a tutte le spese legali. Inoltre, alla Surrogata e a suo marito è dovuto il compenso pattuito per l’affitto dell’utero (che di solito varia da 25.000 a 30.000 dollari, n.d.a.);
- f) aborto: “Le Parti riconoscono che la Surrogata ha il diritto costituzionale di abortire o non abortire, tuttavia esse intendono conformarsi per quanto possibile ai termini del presente contratto. La procedura di aborto non deve accadere dopo la ventesima settimana di gravidanza, a meno che il medico o il ginecologo stabiliscano che tale azione sia necessaria per evitare alla Surrogata un alto rischio di danni e/o la morte. La Surrogata rinuncia al suo diritto di abortire il feto concepito ai sensi del presente accordo, a meno che non sussistano ragioni mediche verificate da un medico scelto dal Padre genetico e dalla Madre intenzionale o da un medico indipendente. […] Qualora i controlli diagnosticassero anormalità fisiche o psicologiche nel feto, la decisione se abortire o meno dovrà essere presa unicamente dal Padre genetico e dalla Madre intenzionale. La Surrogata accetta di sottoporsi ad aborto nei casi previsti dai seguenti paragrafi. Tuttavia, se rifiuterà di abortire, la Surrogata rinuncerà a ogni compenso […] e tutti i doveri a cui il Padre genetico e la Madre intenzionale sono assoggettati ai sensi del presente contratto si considereranno annullati”;
- g) aborto selettivo: “Nel caso in cui il trasferimento di embrioni dia luogo a tre o più feti, le parti possono accordarsi per effettuare un aborto selettivo con lo scopo di ridurne il numero. Il rifiuto della Surrogata a sottoporsi ad aborto selettivo, qualora tale procedura non costituisca, secondo il parere del ginecologo, un rischio per la salute della stessa o dei rimanenti embrioni, è da considerarsi una violazione del presente contratto da parte della Surrogata. La Surrogata acconsente a non effettuare un aborto selettivo senza l’esplicito consenso scritto del Padre genetico e della Madre intenzionale, eccetto nei casi in cui tale procedura sia necessaria per evitare gravi danni alla salute della Surrogata. Il consenso delle parti non deve essere irragionevolmente negato”;
- h) assunzione dei rischi: “La Surrogata e suo marito comprendono e accettano di assumersi i rischi connessi alle procedure mediche precedentemente citate, e di liberare il Padre genetico e la Madre intenzionale, nonché tutte le parti coinvolte nell’esecuzione del presente accordo (a eccezione dei professionisti medici), da ogni tipo di responsabilità. La Surrogata e suo marito dichiarano di aver consultato un medico di propria scelta e di essere consapevoli che i possibili rischi che derivano dal presente accordo includono, fra l’altro, la morte, la disabilità, l’impossibilità di avere figli, la sofferenza, la perdita delle fonti di reddito, il parto multiplo, il parto cesareo, il riposo forzato. […] Il Padre genetico e la Madre intenzionale accettano di assumersi la custodia legale e la responsabilità genitoriale del/i Bambino/i subito dopo la nascita, anche in caso di anormalità o difetti congeniti o di altro genere. La Surrogata e suo marito non possono essere considerati responsabili di anormalità o difetti del Bambino che non siano dipesi dalla violazione dei termini del presente accordo”.
Le madri surrogate
Fra i principali motivi di interesse della relazione del Consiglio federale svizzero precedentemente citata vi è il fatto che essa riporta il profilo delle donne che decidono di divenire madri surrogate, e le loro caratteristiche socio-economiche sono tali da destare serie preoccupazioni. In generale le cliniche e le agenzie di mediazione propongono donne sane d’età compresa tra i 20 e i 35 anni che hanno già avuto figli: “Si tratta di donne provenienti dal ceto medio o basso, senza istruzione o con un livello d’istruzione molto ridotto. Non hanno un lavoro o lavorano, in mancanza di un’istruzione superiore, per salari molto bassi. In Paesi come l’Ucraina, la Georgia o l’India, le donne sono disposte a fungere da madri surrogate a causa della povertà e per mancanza di alternative. Decidono di compiere tale passo per necessità nonostante la situazione giuridica per loro poco chiara e i molti quesiti aperti sull’assistenza medica durante la gravidanza surrogata.
Tali incertezze e il perenne interrogativo se la gravidanza e il parto si svolgeranno senza complicazioni, costituiscono una notevole pressione psicologica. Inoltre in alcuni Paesi le madri surrogate patiscono gravi pregiudizi sociali poiché tale attività è equiparata alla prostituzione o al traffico di minori”. In Georgia “si tratta di donne provenienti da zone rurali molto povere, senza istruzione o con un livello d’istruzione molto basso. La famiglia e la religione rivestono grande importanza nella società georgiana, motivo per il quale si presume che le madri surrogate godano di un’accettazione sociale molto bassa, se non addirittura nulla”.
In India, secondo l’ambasciata elvetica di Nuova Dehli, si tratta esclusivamente di donne dei ceti più bassi provenienti da piccole cittadine o villaggi molto poveri. Sovente sono analfabete, coniugate e hanno un’età compresa tra i 20 e i 35 anni. Nel 2011, il Center for Social Research ha pubblicato una ricerca sulla maternità surrogata in India, fondandosi su interviste con madri surrogate provenienti dalla regione del Gujarat, che per la sua medicina riproduttiva in piena espansione è anche chiamata culla del mondo: “Le donne che accettano di diventare madri surrogate sono povere e si mettono a disposizione per provvedere al sostentamento della loro famiglia. Sono sposate e hanno già avuto altri figli. Tale circostanza è utile affinché i medici siano in grado di comprovare che le donne sono in grado di procreare.
Nella maggioranza dei casi, i mariti acconsentono alla maternità surrogata, tuttavia dopo il parto e la consegna del bambino molti di essi e in parte anche i figli voltano le spalle alla madre surrogata. Due terzi delle madri surrogate interpellate hanno dichiarato di aver provato paura e tristezza prima dell’inizio della gravidanza. Per timore di venir escluse socialmente, molte di loro desiderano rimanere anonime e affermano inoltre di essersi sentite alla mercé degli specialisti. Altre circostanze fanno concludere che in molti casi le madri surrogate indiane vengono sfruttate e subiscono forti pressioni psicologiche: molte madri surrogate sono analfabete e pertanto non in grado di leggere i contratti e quindi costrette a fidarsi delle spiegazioni fornite loro dagli specialisti.
La maggior parte delle madri surrogate è incapace di descrivere il contenuto del contratto. Generalmente, i contratti sono firmati soltanto nel corso del quarto mese di gravidanza, quando le madri surrogate non possono più recedere dal contratto e dunque, di fatto, sono obbligate ad accettare qualsivoglia condizione contrattuale. In alcuni casi, la clinica non firma neppure un contratto con la madre surrogata sottraendosi in tal modo a qualsiasi responsabilità dopo il parto. Il compenso della madre surrogata non viene fissato in anticipo ed è a discrezione delle cliniche, che decidono l’ammontare della retribuzione. Se il bambino non nasce come previsto e non può essere consegnato ai genitori intenzionali, la madre surrogata riceve soltanto una minima parte del compenso. Nel caso di complicazioni, in generale sono i genitori intenzionali o la clinica a decidere in merito a un’eventuale interruzione della gravidanza senza nemmeno consultare la madre surrogata”.
La maternità surrogata è dunque allettante soltanto per le donne provenienti da un contesto sociale caratterizzato dalla povertà, e le donne indiane giustificano la loro scelta di fungere da madre surrogata anzitutto con motivazioni finanziarie. L’incentivo finanziario è anche il motivo per il quale, almeno inizialmente, il coniuge o la famiglia, sempreché coinvolti, acconsentono alla maternità surrogata. Contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti, tuttavia, in India le madri surrogate non soltanto sono decisamente più povere, ma rischiano anche di essere stigmatizzate ed escluse dalla società, perché spesso la maternità surrogata, come la prostituzione, è considerata un’attività impura. Nelle zone rurali, inoltre, le madri surrogate sono di frequente sospettate di voler vendere il proprio neonato e di praticare dunque la tratta di esseri umani: per questo motivo, durante la gravidanza le madri surrogate soggiornano nelle grandi strutture mediche e celano la gravidanza persino ai propri genitori.
In Russia la tipica madre surrogata proviene dal ceto basso o medio basso, è priva di una formazione superiore e non è in grado di provvedere ai bisogni della propria famiglia; le sue prospettive professionali sono ridotte e sovente sono donne sole, divorziate o vedove. I medici e le infermiere sono scettici e nutrono pregiudizi nei confronti della maternità surrogata: “Il fenomeno non è compreso e dunque viene rifiutato; per cui si deduce che in Russia le madri surrogate non godano di grande stima”.
L’ambasciata svizzera a Kiev ha comunicato di non essere in grado di tracciare un profilo generale delle donne disposte a fungere da madri surrogate in Ucraina. Tuttavia la documentazione disponibile consente di concludere che le donne decidono di compiere tale passo soltanto per motivi finanziari: occorre pertanto partire dal presupposto che si tratta prevalentemente di donne dallo sfondo socioeconomico caratterizzato da povertà, senza istruzione o quasi. “Nel gennaio 2013 Le Monde ha pubblicato il ritratto di due madri surrogate ucraine che conferma le informazioni fornite dalla nostra rappresentanza: le maternità surrogate in Ucraina consentono alle giovani donne di guadagnare somme di denaro non indifferenti. In questo Paese, molti giovani, donne in particolare, non hanno né un lavoro né una prospettiva economica e quindi le promesse finanziarie che accompagnano la maternità surrogata appaiono molto allettanti. Vengono sfruttate le ristrettezze economiche delle giovani donne, il che provoca in parte gravi abusi e irregolarità”.
Negli Usa la tipica madre surrogata è sposata, attorno ai 30 anni, a sua volta già madre e proviene dal ceto basso (livello d’istruzione e reddito famigliare esigui). Al contrario delle madri surrogate indiane o ucraine, quelle statunitensi in generale non vivono sotto la soglia di povertà, e sono convinte che nella loro decisione di mettersi a disposizione come madri surrogate prevalgano i motivi altruistici. Tuttavia i dati dimostrano che lo stimolo finanziario costituisce un importante criterio decisionale, e che le donne che auspicano diventare madri surrogate sovente non dispongono dei mezzi finanziari sufficienti per rivolgersi a un legale di fiducia.
La ricerca di donatrici di ovociti si differenzia decisamente da quella delle madri surrogate: le prime vengono reclutate presso università elitarie, mentre le seconde provengono piuttosto dai ceti sociali ed economici più sfavoriti. È diffusa la tesi che buona parte delle madri surrogate siano mogli di militari: “Le agenzie si rivolgono in modo mirato a questa categoria di donne poiché dispongono del tempo necessario e molte famiglie di militari versano in ristrettezze economiche. Come madre surrogata, la moglie di un militare ha la possibilità di guadagnare una somma superiore al reddito annuo di base del coniuge. Infine, l’ammontare del compenso lascia pensare che le madri surrogate siano sfruttate economicamente. Convertendo il compenso corrisposto alla madre surrogata in una retribuzione oraria, se ne ricavano circa 50 centesimi di dollaro l’ora. Tale importo è nettamente inferiore al salario statale minimo. Indipendentemente dall’autopercezione (altruistica) delle madri surrogate, è comunque un dato di fatto che il fenomeno delle maternità surrogate negli Usa è inserito in un contesto di ineguaglianza etnica e sociale”.
“Sia la fecondità sia il bambino sono oggetto dell’accordo di maternità surrogata e diventano dunque una merce”, conclude la relazione svizzera; “lo stesso dicasi per gli ovociti e gli spermatozoi necessari alla fecondazione. La globalizzazione, la crescente sterilità nei Paesi industrializzati e le nuove tecniche hanno indotto una commercializzazione della procreazione umana. Tale commercializzazione ha generato un turismo procreativo […] In questo mercato, le opportunità e i rischi sono ripartiti in modo decisamente ineguale. Si è giunti a una ‘colonizzazione del corpo umano’, fondata su processi regolati da rigorosi meccanismi dell’economia di mercato: le diverse tappe del procedimento – estrazione del materiale genetico, fecondazione, gravidanza e parto – sono effettuate nel luogo che offre i costi più bassi”. Il corpo della donna e la sua capacità di procreare dunque come merce, e vale la pena sottolineare anche che i rapporti tra tutti gli ‘attori’ di questo contratto sono mediati da cliniche specializzate, imprese che dalla compravendita traggono i propri profitti.
I diritti dei bambini
Mentre sui media si fa un gran parlare del diritto alla genitorialità e alla posterità biologica di chi desidera talmente un figlio ‘proprio’ da giungere a pagare per averlo – ma la genitorialità si può considerare un diritto? – uno degli aspetti meno considerati nel dibattito è quello relativo ai diritti del bambino nato da surrogacy.
Per quanto riguarda gli aspetti giuridici, in primo luogo vi è il problema del riconoscimento formale del minore quando il parto è avvenuto in un Paese diverso da quello di cui sono cittadini i genitori intenzionali. Dal momento che nella stragrande maggioranza degli Stati la maternità legale è conferita in base al parto (mater semper certa est), e che possono insorgere difficoltà normative anche per il riconoscimento della paternità legale, o per il diritto all’adozione da parte di due genitori dello stesso sesso, “potenzialmente il minore può ritrovarsi non solo privo di genitori legali, ma anche privo di nazionalità e cittadinanza, dal momento che la documentazione contenente la registrazione della nascita non è riconosciuta al di fuori del Paese in cui è avvenuto il parto. Tale condizione risulta particolarmente problematica quando il minore ha bisogno non solo della documentazione di stato civile per l’espatrio (ossia il passaporto), ma anche di un visto per l’ingresso nel Paese d’origine del genitore o dei genitori intenzionali” (7).
Inoltre, nell’ambito di qualunque diritto, compreso quello internazionale, il bene del minore dovrebbe prevalere su ogni altra considerazione. L’Italia (come tutti gli Stati Ue) prevede meccanismi che consentono alle coppie senza figli di diventare genitori, il cui obiettivo è la protezione del minore e dei genitori biologici, la prevenzione della tratta dei minori e la protezione contro il commercio del patrimonio germinale umano. Tali norme prevedono un esame rigoroso dell’interesse del minore e dell’idoneità dei genitori adottivi a occuparsi del bambino (anche chi ‘semplicemente’ accoglie un minore deve sostenere un esame di idoneità), e si assicurano che, qualora lo desideri, egli possa risalire alla sua filiazione.
I futuri genitori adottivi devono, per le loro qualità personali, lo stato di salute, il tempo a disposizione, la situazione finanziaria e l’idoneità a educare, offrire garanzie per la cura e la formazione del minore. Nel caso della maternità surrogata tutte queste norme a tutela del minore e dei genitori biologici vengono eluse dai genitori intenzionali, e ciò costituisce (nell’ordinamento italiano e in quello di diversi altri Paesi) una violazione dell’ordine pubblico, cioè delle leggi fondamentali dell’ordinamento giuridico riguardanti i principi etici e politici e delle leggi la cui osservanza e attuazione è ritenuta indispensabile (8).
Infine, per il bene del bambino come pure per lo sviluppo della personalità di ogni essere umano non conta soltanto la genitorialità legale, ma anche la consapevolezza della propria origine genetica e biologica, come previsto dalla Convenzione Unicef dei diritti dell’Infanzia del 20 novembre 1989, recepita in Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991. Tuttavia, nella maggior parte dei casi di maternità surrogata, questo diritto del bambino viene annullato ancor prima della sua nascita.
L’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata
Il capitalismo, nell’incessante ricerca di prodotti e tecnologie per soddisfare ogni desiderio (spesso indotto dalla società dei consumi), ha dunque fagocitato anche il concepimento e la gravidanza, creando un mercato di facoltosi compratori e di fragili venditrici del proprio corpo mercificato, come ha denunciato il 2 febbraio 2016 a Parigi, presso il Parlamento francese, l’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata. L’incontro, avvenuto con il patrocinio delle massime istituzioni politiche e con la partecipazione del CoRP (Collettivo per il rispetto della persona), della CADAC (Coordinamento per il diritto all’aborto e alla contraccezione) e della CLF (Coordinamento lesbico francese), ha fatto il punto della situazione “del mercato mondiale delle donne e dei neonati” per invitare gli Stati a combattere “una pratica alienante per la persona umana, fonte di disuguaglianza di genere e di sfruttamento”.
Sylviane Agacinski, una delle femministe più celebri di Francia (saggista di spicco, ha fondato il Collegio internazionale di filosofia con Jacques Derrida, insegnando poi a lungo all’Ecole des hautes études en sciences sociales), ha spiegato: “Nonostante le prese di posizione contrarie e molto chiare di tutte le autorità in materia, le lobby delle industrie biotecnologiche esercitano una pressione tremenda. Dalla California alla Russia la procreazione medicalmente assistita rappresenta un grosso affare economico. Le agenzie comprano e vendono ovociti e spermatozoi, ma quello che più manca alla loro catena di produzione è la disponibilità del ventre femminile.
E allora si rivolgono a donne molto fragili, reclutate su un grande mercato che possiamo qualificare come neocoloniale […] Bisogna impedire che, come la prostituzione, anche la pratica dell’utero in affitto trasformi le donne in prestatrici di un servizio: sessuale o materno. Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico. La madre surrogata non è forse madre genetica ma è senza dubbio anche lei una madre biologica, tenuto conto degli scambi biologici che avvengono per nove mesi tra la madre e il feto. Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato” (9).
L’eurodeputato José Bové ha auspicato che, dopo il Parlamento di Strasburgo, anche la Commissione prenda posizione con un regolamento, attaccando gli oppositori all’adozione da parte di coppie omosessuali: “Insistere sul fatto che ogni bambino debba avere un padre e una madre ne fa gli alleati oggettivi della maternità surrogata” (10).
Gli appelli sembrano essere andati a segno, dal momento che il 15 marzo 2016 anche la Commissione affari sociali del Consiglio d’Europa si è schierata contro la surrogacy, bocciando con una risicatissima maggioranza (16 voti contro 15) il rapporto sulla GPA (Gestazione per altri) presentato dalla ginecologa transgender belga Petra De Sutter (11). Una piccola vittoria, ma la strada da percorrere contro lo sfruttamento del corpo femminile, e verso il rispetto dei diritti di ogni bambino, è ancora lunga e piena di insidie. Perché forse gli adulti possono scegliere, ma i neonati no.
1) Il regime della maternità surrogata negli Stati membri dell’Ue, Parlamento europeo, Direzione generale politiche interne
2) I genitori intenzionali sono le persone che intendono crescere il nascituro
3) Il regime della maternità surrogata negli Stati membri dell’Ue, testo cit.
4) Cfr. maternitasurrogata.info
5) Rapporto sulla maternità surrogata, Confederazione elvetica, Ufficio Federale di Giustizia, 15 maggio 2013
6) Cfr. allaboutsurrogacy.com, sample GS contract
7) Il regime della maternità surrogata negli Stati membri dell’Ue, testo cit.
8) Si veda, per esempio, la sentenza della Cassazione n. 24001 dell’11 novembre 2014
9) Julia Pascual, Les opposants de gauche à la GPA tentent de se mobiliser, Le Monde, 3 febbraio 2016
10) S. Montefiori, Firmata a Parigi la carta per l’abolizione universale della GPA, Corriere della Sera, 3 febbraio 2016
11) Cfr. http://abolition-gpa.org