Francesco Guccini, cantautore del Tempo e del Dubbio
“Ma un’altra grande forza spiegava allora le sue ali/ parole che dicevano «gli uomini son tutti uguali»/ e contro ai re e ai tiranni/ scoppiava nella via/ la bomba proletaria e illuminava l’aria/ la fiaccola dell’anarchia […] Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva/ e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva/ e sembra dire ai contadini curvi/ il fischio che si spande in aria:/ «Fratello, non temere, che corro al mio dovere!/ Trionfi la giustizia proletaria!»”
Francesco Guccini, La locomotiva, 1972
A un certo punto della Locomotiva c’era chi alzava il pugno, il volume dello stereo, o tutti e due. Era quando contro i re e ai tiranni/ scoppiava nella via/ la bomba proletaria e illuminava l’aria/ la fiaccola dell’anarchia. All’epoca l’eskimo era ancora “innocente” (mica griffato e modaiolo come gli eskimo attuali), “Dio era morto, a monte” già da un po’, c’erano soltanto gli lp, e sulla copertina di Via Paolo Fabbri 43 il piano ravvicinato di Francesco Guccini si confermava barbuto e lungi dalla canizie. Il tempo è un tritacarne implacabile, oggi come oggi solo “stoviglie color nostalgia”, e siamo arrivati al punto: al netto dell’eco politica che – sulla scorta della Locomotiva e di una manciata di altre ballate – aggettivizza parte del suo percorso musicale, Guccini non è (non è mai stato) cantautore da trincea. Nemmeno da verità rivelate. O fedi incrollabili, se è per questo. L’universo tematico di Francesco Guccini è, piuttosto, sfumato, abitato dai forse, da dubbi, dai quasi, da se. L’evanescenza tragica del tempo – e per contrappasso la caratura dei suoi sensi ultimi – sono le cifre pregnanti dei dischi di Guccini. Una fetta di vita spesa “a domandarsi e a far finta di niente”. Ottantaquattro anni a giugno, e dimostrarli tutti. Come chi, in assoluta coerenza con se stesso, si dice anti-moderno, ha poco da perdere e niente da nascondere. Come chi dello spaesamento, dei dilemmi grandi e piccoli, di canzoni da domande (in)consuete e bizzeffe di ironia (soprattutto ‘dal vivo’) ha fatto la sua trama esistenziale, prima ancora che autoriale…
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