Domenico Corrado
L’invasione del cantiere e l’ipocrisia dei sindacati targata Esposizione Universale
Il 12 dicembre scorso, nel giorno dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil contro il Jobs Act e le politiche economiche del governo, una cinquantina di attivisti della rete Attitudine No Expo ha oltrepassato le recinzioni del cantiere Expo a Milano ed è sfilata all’interno al grido di: “Scioperiamo Expo: contro debito, cemento e precarietà”, rompendo il tabù dell’inviolabilità del sito e portando la protesta laddove scioperare non è possibile. Un’azione rapida e dimostrativa, un messaggio a quei sindacati che da una parte hanno convocato uno sciopero generale contro la precarietà, e dall’altra se ne sono resi complici firmando, insieme alla Cisl, lo scorso 23 luglio 2013, l’accordo che disciplina le modalità di assunzione durante i sei mesi dell’Esposizione, un accordo che avvalla proprio il ricorso al lavoro precario e non retribuito e contemporaneamente impegna le tre sigle sindacali a evitare gli scioperi.
L’intesa raggiunta tra la società Expo 2015 s.p.a. e le tre organizzazioni, sia come federazioni milanesi del settore terziario che come articolazioni territoriali di ciascuna confederazione, si compone di otto articoli e cinque allegati. Il primo articolo sancisce il “sistema delle relazioni sindacali”, e istituisce un Osservatorio “allo scopo di assicurare la corretta applicazione dei contenuti dei Protocolli e intese sopra richiamati nonché del presente accordo, con l’obiettivo di intervenire efficacemente e tempestivamente a fronte di problematiche e/o criticità per evitare l’assunzione di iniziative unilaterali” (1). Di questo Osservatorio fanno parte solo i soggetti firmatari dell’accordo: è stata quindi esclusa la rappresentanza del sindacalismo di base, che si è (giustamente) rifiutata di sottoscriverlo.
E, fatto ancora più grave, i tre sindacati confederali si sono impegnati a non dichiarare sciopero (“evitare l’assunzione di iniziative unilaterali”), sottraendo di fatto ai lavoratori un loro diritto. Un patto ancor meglio dettagliato nel “Protocollo aggiuntivo in materia di relazioni sindacali (tutela della sicurezza e salute sul lavoro e della legalità)” allegato all’accordo, dove si legge al punto 1: “L’Osservatorio permanente ha il compito […] di intervenire a fronte dell’insorgenza di problematiche e/o irregolarità in modo efficace e tempestivo, anche al fine di prevenire l’insorgenza del conflitto, e di concordare le opportune soluzioni” (2).
Altri punti focali dell’accordo sono gli articoli 4, 5 e 6.
Il primo fissa la nascita di nuove figure professionali (operatore grande evento, specialista grande evento e tecnico sistemi di gestione grande evento) allo scopo di aprire la strada al contratto precario di apprendistato. Viene infatti individuato “nel contratto di apprendistato la tipologia contrattuale cui fare ricorso per una rilevante quota del fabbisogno occupazionale di Expo 2015 s.p.a. nella fase di realizzazione dell’esposizione”, e viene stabilito che “è ammesso il ricorso al contratto di apprendistato per il conseguimento della qualifica” delle tre nuove figure lavorative appena create.
A tale fine viene anche istituito il “Programma esperienza giovani” (allegato 2), nel quale, per giustificare una durata della formazione decisamente ridotta – tra i 7 e i 12 mesi – Expo 2015 e Cgil, Cisl e Uil hanno avuto il coraggio di scrivere e sottoscrivere quella che pare una barzelletta: “Date le particolari caratteristiche organizzative dei grandi eventi – eventi con un termine temporale preciso e anelastico, organizzazioni snelle, presenza di numerosi professionalità che devono coordinarsi tra loro, grande esposizione e momento di ‘live’ più o meno esteso – il contesto di apprendimento ed esperienza può considerarsi accelerato rispetto agli altri settori di riferimento”.
L’articolo 5 regola lo stage, la cui durata viene portata a sette mesi, mentre è contemplata la possibilità di una “elevazione al 60% dell’organico dipendente alla data del 01/04/2015” dei rapporti di tirocinio: lavoratori ricattabili, senza diritti e sottopagati. L’articolo prevede infatti “un rimborso spese nella misura di € 516,00 mensili, oltre a un buono pasto del valore di € 5,29 per ciascun giorno di effettiva presenza”. Niente stipendio quindi, né contributi, né ferie né permessi, perché questo è, per legge, uno stage.
Ma la vera innovazione di questo accordo è il ricorso legale al lavoro volontario e non retribuito per ben 18.500 persone. Nel nostro ordinamento giuridico vige il principio secondo il quale alla prestazione lavorativa deve corrispondere una retribuzione. Ma con questo protocollo, i sindacati hanno accettato la creazione della figura del ‘volontario’, affiancando così al lavoro sottopagato quello gratuito. L’articolo 6 recita che Expo 2015 vuole “coinvolgere la società civile garantendo la partecipazione anche tramite forme di volontariato ovvero di prestazione di attività volontaria personale e gratuita”, come occasione per vivere la cittadinanza in modo attivo e per “trovarsi ogni giorno in oltre 145 Paesi del mondo”, come recita uno degli slogan della campagna.
In conclusione, al netto dei conti, possiamo dire che delle migliaia di posti di lavoro promessi da Expo 2015 s.p.a. questo è il dato reale rimasto, come indicato negli allegati dell’accordo: 340 apprendisti, 300 lavoratori a tempo determinato (dai 6 ai 12 mesi), 195 stagisti e 18.500 volontari.
È chiaro che con questo accordo si vuole andare verso un nuovo dualismo del mercato del lavoro, non più fra garantiti e non ma tutto interno alla precarietà, di tipo generazionale: da una parte il giovane, che va a fare l’apprendista o il tirocinante, dall’altra il precario adulto, che vive di contratti a termine.
La “gita sociale” del 12 dicembre scorso, come è stata definita dalla rete Attitudine No Expo in un video rivendicativo lanciato su Youtube (3), è stata accolta nel totale silenzio dei grandi media. Non sorprende, visto gli interessi che gravitano intorno a Expo 2015. È di certo poco producente mettere in risalto la facilità con cui è stato violato un sito che dovrebbe essere inaccessibile, al punto che è stato creato un drone che lo sorvola e rende possibile “vedere quello che normalmente non si può vedere: il cantiere”, “un luogo che normalmente è chiuso al pubblico, ed è la prima volta per un Expo”, come ha affermato Roberto Arditti, direttore Institutional Affairs Expo 2015, durante il suo intervento alla presentazione di “Belvedere in città”, all’Expo Gate a Milano, nel settembre scorso (4). All’arrivo della stazione di Rho–Fiera infatti, da cui è partita l’azione, gli attivisti non hanno incontrato alcun ostacolo. Dopo aver scavalcato un piccolo muretto adiacente all’ultimo binario, si sono trovati davanti le recinzioni del cantiere, che in diverse zone risultavano tagliate o rimosse, come ci ha riferito Michele, uno degli attivisti che abbiamo incontrato alla fine del corteo.
Di ragioni per scioperare ce ne sono parecchie, contro Expo e contro gli stessi sindacati, Cgil, Cisl e Uil.
1) Protocollo sito espositivo Expo 2015, 23 luglio 2013. Riportato in www.expo2015. org
2) Corsivo dell’autore
3) Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=ZCGlWljWRHQ
4) Il drone che sorvola l’Expo per vedere come va il cantiere, milano.corriere.it, 23 settembre 2014