Intervista di Giuseppe Ciarallo
Inventionis Mater è un progetto che già nel nome racchiude i propri intenti e finalità, essendo la traduzione in latino, lingua classica, di Mothers of Invention, gruppo rock guidato da Frank Zappa fin dalla sua formazione nel lontano 1964, che si distinse per eterogeneità dei territori musicali esplorati (dal free jazz alla musica colta, passando per r&b e anche doo-wop, genere in voga negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, fatto di coretti, ritornelli e testi spesso sdolcinati e banali). Andrea Pennati e Pierpaolo Romani, giovani musicisti toscani che del progetto sono i fautori, si prendono un impegno non da poco dichiarando di voler “trascrivere il gigantismo zappiano” in modo classico, utilizzando unicamente gli strumenti di cui sono virtuosi interpreti, rispettivamente la chitarra e il clarinetto.
Sino a oggi gli Inventionis Mater hanno dato alla luce due album che nel titolo altro non sono che la parodia (e già qui troviamo un piacevole paradosso: parodiare Frank Zappa, il re dei parodisti) di due dischi del genio di Baltimora: Does Humor Belong In Classical Music? (che richiama il Does Humor Belong In Music? originale) e Kong’s Revenge (che invece si ispira al brano King Kong contenuto nel disco Uncle Meat, e all’album Chunga’s Revenge). Un esordio col botto, il loro. Ma facciamoci raccontare da Andrea e Pierpaolo come è nata la loro avventura negli impervi territori zappiani.
Dunque Andrea e Pierpaolo, mi pare che per iniziare, la domanda d’obbligo sia: come siete entrati in contatto con la musica di Frank Zappa che, ricordiamolo, ha sì un nutrito seguito di aficionados – tra i quali il sottoscritto – ma che non è certo il più conosciuto tra le ‘rockstar’ della sua epoca?
Tutto è nato la notte del 17 marzo del 2011, quando casualmente ci incontrammo a un concerto. Fino ad allora avevamo suonato insieme solo nell’improbabile quartetto per due chitarre, violino e clarinetto di Filippo Gragnani, per un corso di musica da camera al Conservatorio di Firenze. Con la voglia di suonare insieme ci siamo ritrovati qualche sera per leggere musica. Ci rendemmo conto che il repertorio originale per chitarra e clarinetto era tendenzialmente bruttino. Così, parlando, è venuta fuori la nostra passione per Frank Zappa: decidemmo di iniziare qualcosa di tremendamente difficile, ma che da allora ci coinvolge con passione in sfide sempre nuove.
La musica di Frank Zappa è nota per la sua complessità (leggenda vuole che i musicisti che lo accompagnavano fossero pressoché schiavizzati e costretti a estenuanti sedute di prove, al fine di giungere alla perfetta esecuzione dei brani durante i concerti e le registrazioni) e per la varietà di colori, ottenuti anche con l’uso di una molteplicità di strumenti inutilizzati da altri gruppi (dal vibrafono alla poderosa sezione fiati, per esempio). Non si corre il rischio, ‘minimalizzando’ tale musica con l’utilizzo di due soli strumenti, in qualche modo di ridurne efficacia e impatto emotivo? Quali sono i vostri accorgimenti per evitare questo effetto?
Crediamo che rifare nota per nota, strumento per strumento, ciò che faceva Frank nei live e in studio sia piuttosto rischioso – e nemmeno troppo interessante. Purtroppo, o per fortuna, è semplicemente impossibile. Come duo cerchiamo piuttosto di sfruttare tutta la tavolozza timbrica della chitarra e il potenziale dinamico del clarinetto per restituire un’interpretazione che non stravolga o snaturi l’originale. Nelle nostre trascrizioni- traduzioni, la musica di Frank è costretta per necessità a vivere nel livello dell’essenzialità. Cerchiamo sempre il rispetto dell’originale – non lasciando indietro lo studio del testo. Suonare Frank in duo obbliga a entrare a fondo nella sua musica, a coglierne le strutture portanti, cercando solo in un secondo momento di ‘tradurre’ il tutto.
Frank Zappa, questa la mia opinione, era un autentico maestro nel coinvolgere l’ascoltatore introducendo nella sua musica molteplici chiavi di lettura, diversi registri, dal colto al popolare, dall’alto all’infimo, dal virtuosismo al puro ‘cazzeggio’, senza mai però scadere nel banale e nel volgare, il tutto filtrato da un’ironia pungente che sembra voler di continuo suggerire che “non è il caso di prendersi troppo sul serio”. Ecco, mi chiedevo, la vostra operazione non rischia di apparire un po’ seriosa, di voler portare ‘in accademia’ la materia che Frank Zappa voleva ne restasse fuori?
Abbiamo suonato ‘il nostro Zappa’ in varie occasioni, sia in teatro (al Festival dei Due Mondi di Spoleto), che in rassegne jazz (al TrentinoInJazz Festival), che in festival rock open air (allo Zapperlot Festival in Svizzera, o come faremo allo Zappanale 2015 in Germania), sia dentro ai pub (il nostro primo concerto al Soul Kitchen di Firenze), che dentro a un cripta longobarda dell’VIII secolo. Abbiamo suonato pure dentro a un frantoio, per una festa di laurea di una carissima amica. Pensiamo che la musica di Zappa, anche nella veste che abbiamo scelto di dargli, si presti a ogni contesto, perché no, anche quello accademico! Non è stato certo un caso portare il nostro lavoro dentro il Conservatorio di Firenze per la laurea in prassi esecutiva di Andrea.
Qual è la reazione del pubblico alle vostre esibizioni dal vivo? E soprattutto, da chi è composto il vostro pubblico, da cultori di musica classica o da zappiani incalliti?
Il nostro pubblico è eterogeneo. Gli zappiani incalliti mostrano spesso di amare il nostro lavoro; chi non conosce Zappa, ai concerti ascolta con curiosità e interesse il nostro lavoro. È capitato pure che persone che non apprezzano la musica di Frank, una volta tornati a casa dal concerto, riascoltino poi l’originale, finendo magari per ricredersi. Nei nostri concerti non ci limitiamo a suonare, ci teniamo a raccontare chi diavolo fosse Zappa e che cosa rappresentino la sua musica e i suoi testi. Quando si fa musica che si ama e la si fa con sincerità, la sala risponde sempre.
Come avviene la scelta dei brani da re-interpretare? Vi affidate unicamente ai vostri gusti personali o utilizzate dei ‘paletti’ e dei criteri che selezionano naturalmente l’immenso materiale da cui pescare?
Tendenzialmente ci muoviamo per intuizione, fantasia e rapidità d’esecuzione [cit.]. Parafrasando: le cose vengono da sole. Quando crediamo che un pezzo possa funzionare, ci mettiamo subito al lavoro, cercando il modo di renderlo al massimo dei nostri mezzi musicali. L’unico caso in cui siamo stati costretti – e dobbiamo dire, felicemente – ad affrontare un brano, è stato per commissione degli organizzatori del Festival Moo-ah! (al quale parteciperemo a marzo in Inghilterra). È loro infatti il progetto di produrre un ‘Weasels re-ripped’ con le track del disco zappiano Weasels Ripped My Flesh suonate dai gruppi invitati al festival. Il brano obbligato è il Prelude to the Afternoon of a Sexually Aroused Gas Mask, un happening dove Zappa si diverte a mischiare frammenti musicali diversi, con voci orgasmatiche, finendo col citare apertamente la Patetica di Tchaikovsky. È stato un lavoro impegnativo, ma alla fine siamo soddisfatti del risultato. Senza tener conto di quanto ci siamo divertiti durante la produzione.
C’è stato un brano (o più brani) nei confronti del quale vi siete arresi, dichiarandolo non riproducibile alla vostra maniera?
Ci sono dei pezzi che, per umiltà intellettuale, non abbiamo provato neanche ad abbozzare. Si pensi a brani come Watermelon in Easter Hay, dove la musica nasce dal suono che Zappa ha scelto di utilizzare, dove la sonorità stessa è la chiave compositiva. Beh, quando ci troviamo davanti a questi motivi, sappiamo già che conviene star fermi: non renderebbero e non avrebbero un gran senso fatti in duo. Tuttavia non ci poniamo limiti a priori, altrimenti il nostro progetto nemmeno sarebbe nato. Dopo Peaches en Regalia, Brown Shoes don’t Make It e Zomby Woof, ci piacerebbe per esempio rielaborare brani come Andy e G-Spot Tornado.
Raccontateci qualcosa, magari qualche aneddoto, relativamente alla realizzazione dei vostri due album Does Humor Belong In Classical Music? e Kong’s Revenge…
Il nostro primo album, Does Humor Belong In Classical Music?, è nato nell’aprile del 2012. L’idea iniziale era quella di fare una demo di tre brani, tra i quali il nostro “Orgoglio della Nazione” Brown Shoes don’t Make It. Vedendo che l’album stava nascendo spontaneamente, abbiamo scelto di ampliare la tracklist con altre cinque tracce. Così è nato il nostro primo disco. Colpiti da una sacra follia e alla ricerca di un’etichetta, abbiamo pure avuto il bell’ardire di scrivere a etichette tra le quali spicca la Deutsche Grammophon.
Ci dissero di mandargli il disco per posta. Ridevamo alla sola vista del pacchetto: gloriosamente inviato la vigilia di Natale del 2012. Chiaramente nessuna grande etichetta era interessata al nostro lavoro! Decidemmo allora di fare da soli (zappiani nel midollo). Ci mancava un artwork per il disco e Pierpaolo pensò di indire un ‘cover contest’ su facebook per la creazione della copertina dell’album (sulla nostra pagina si può trovare ancora il link dell’evento: https://www.facebook.com/events/444169378991121/). Ci risposero più di venti fan da tutto il mondo. Tra loro, colui che sarebbe diventato il nostro Cal Shenkel – Antero Valerio, da Lisbona: un uomo generosissimo che ha preso a cuore il nostro progetto e ha curato i disegni per entrambi i nostri album. Fu così che nel luglio 2013 andammo in stampa.
Il disco è piaciuto a un sacco di gente in giro per il mondo. Visto l’interesse suscitato da questa prima uscita, nell’ottobre 2014 siamo tornati in studio per l’opera seconda. Questa volta con le idee chiare: più spazio dedicato alle improvvisazioni, alcune tracce di nostra composizione, un lavoro di post produzione più ardito. Insomma, da una demo per farsi conoscere, siamo passati a un album che sfrutta anche mezzi espressivi di post produzione difficilmente utilizzabili nei nostri live. Il tutto però senza snaturare la dimensione acustica del nostro duo. In Kong’s Revenge convivono con Zappa atmosfere di musica sperimentale-aleatoria, citazioni da Stravinsky, Debussy e Tchaikovsky, rock, jazz, etnica e musica per liuto del millecinquecento (quasi mille e sei).
La discografia di Frank Zappa è sterminata – tra ufficiali e bootleg si va ben oltre il centinaio di album, singoli, doppi, tripli – quindi di spartiti su cui lavorare ne avete a iosa. Ma il progetto Inventionis Mater è stato creato col fine di esplorare l’intero universo zappiano (siete giovani e il tempo gioca a vostro favore) o questa è solo una tappa della vostra ricerca musicale?
Siamo entrambi impegnati su più fronti, abbiamo altre formazioni con le quali spaziamo dal repertorio originale a trascrizioni di qualsiasi genere e, perché no, musica propria. Adoriamo Zappa e continueremo a reinterpretare la sua musica, ma nel frattempo lavoreremo a tutto ciò che ci passerà per la testa o a qualsiasi cosa nascerà spontaneamente dal nostro far musica.
Domanda conseguente: Cosa avete attualmente in cantiere? Quali sono i vostri progetti futuri?
Al momento siamo coinvolti, insieme al chitarrista Stevan Joka, al percussionista Nazareno Caputo e al bassista Claudio Ferrari nel quintetto Balkan Damar: un progetto incentrato sulla musica balcanica, in particolare macedone. Per il futuro, stiamo lavorando a un progetto ‘top secret’ sulle musiche di Stravinsky (non possiamo anticipare altro) e su colonne sonore originali per film.
Tutte le informazioni relative all’attività del duo e all’acquisto dei dischi degli Inventionis Mater si possono trovare sul sito http://www.inventionismater.com/
Andrea Pennati è nato ad Arezzo nel 1985. Diplomatosi al liceo musicale di Arezzo continua gli studi umanistici all’Università degli Studi di Siena dove consegue la laurea in Letteratura italiana ed europea e in Letteratura e spettacolo entrambe con lode. Nel 2009 si diploma con lode presso il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, sotto la guida di Alfonso Borghese e prosegue gli studi musicali superando con il massimo dei voti l’esame finale dei Corsi speciali presso la Scuola di musica di Fiesole. Nel 2013 discute la tesi Frank Zappa: traduzione e trascrizione di un compositore americano laureandosi con lode in prassi esecutiva. Nel 2014 conclude il biennio di didattica, anch’esso con lode. Ha collaborato con il Maggio Musicale Fiorentino, con l’Estate Fiesolana, il Festival della Chitarra Classica fiorentino, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il TrentinoInJazz Festival, lo Zapperlot Festival (CH). Ha interpretato come solista la Fantasia para un Gentilhombre di Rodrigo per chitarra e orchestra. È attivo come chitarrista nel repertorio zappiano con gli Inventionis Mater e nella world music con i Balkan Damar, come chitarrista e compositore con La Penna di Zeno.
Pierpaolo Romani, nato ad Abbadia San Salvatore nel 1987, si è diplomato brillantemente in clarinetto presso il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze sotto la sapiente guida di Fabio Battistelli e ha conseguito la laurea in Ingegneria informatica presso l’Università degli Studi di Firenze. Si è perfezionato con maestri quali Giovanni Riccucci, Antony Pay, Richard Stoltzman, Alessandro Carbonare, Dario Goracci, Stefano Cardo. Ha avuto modo di esibirsi come solista con orchestra interpretando i concerti di W.A. Mozart e A. Copland. Risulta attivo, al momento, come clarinettista, arrangiatore e compositore con gli Inventionis Mater, Odd Solution, Two-Fol Quartet, Balkan Damar, ex Quartetto Metamorphosis.