Sound of Metal, regia di Darius Marder, 2019
Sarà che sono un musicista e per me l’udito – inteso come “canale sensoriale preposto a captare cosa sta accadendo fuori e dentro me” – è fondamentale tanto quanto la vista… Qualcuno avrebbe dovuto riprendermi di nascosto, mentre guardavo il film; sembravo uno di quelli che fanno le reactions a video porno esageratamente schifosi ed estremi; in realtà stavo guardando un film emotivamente denso, incentrato su un problema (cinematograficamente) trattato poco e quasi sempre in maniera funzionale ad altro: la perdita di uno dei sensi. Ci vengono mostrati ‘prima’, ‘durante’ e ‘dopo’ (inteso come ‘accettazione’) nella vita di un batterista professionista che vive con la compagna nel suo camper/studio di registrazione, e la lenta, dolorosa discesa nell’inferno della sordità. Trama lineare, elementare; è tutto incentrato su: Renditi conto di cosa potrebbe succederti! Perché consiglio un film così cupo e triste? Perché da amante di storie in generale, trovare qualcuno che abbia saputo trattare questo argomento senza mai cadere nel banale e nel pietismo, anzi, piazzando qui e lì piccoli sprazzi di poesia… è sempre un regalo. Il finto perbenismo e il politically correct – oramai onnipresenti nei social e nei media – stanno annacquando persino l’Arte. Non in questo caso.
Ai confini della realtà, episodio The Obsolete Man, 1961
In passato scrissi una recensione ‘cumulativa’; consigliavo di procurarvi tutti gli stratosferici cofanetti delle cinque stagioni della serie originale Ai confini della realtà (non quella cagata anni ’80). In questo caso, però, mi trovo a recensire un singolo episodio, il 29° della 2ª stagione (un giorno mi piacerebbe scrivere un libro su questa meravigliosa antologia; per ora mi limito a suggerirvi ‘sta chicca). Perché questo episodio in particolare? Perché questo, più degli altri, mostra con chiarezza ciò che sta accadendo oggi. Certo, qui lo Stato proibisce i libri e condanna a morte chi li legge mentre noi possiamo ancora leggere ciò che vogliamo e andare in libreria… tecnicamente… per ora… Ciò che mi ha folgorato è come ci viene presentato “lo Stato”, in particolare una delle sue principali ‘incarnazioni’: la figura del ‘cancelliere’; cioè: guardatelo, poi ditemi se non sembra Quello Lì. Sì, proprio lui! Il protagonista invece è tutti noi: noi poràcci che abbiamo deciso di resistere e di non mettere mai il cervello in stand-by nemmeno per 10 secondi – e non ci vuole un Chomsky per capire che smettere di pensare per sempre è quanto ci stanno praticamente ordinando. Da vedere. Per non mollare. https://www.dailymotion.com/video/xx5l52 (qui è disponibile gratuitamente).
Angst, regia di Gerald Kargl, 1983
Come fai anche solo a iniziare la recensione di un ròbo così? Il regista girò questo e basta, eppure lo stile maturo, quasi documentaristico, col quale fu realizzato funse da fonte ispiratrice per vari Maestri (Gaspar Noè sostiene di averlo visto 40 volte [!!!] e Michael Haneke su tutti). La trama non è importante; vuole raccontare un’atmosfera, sviscerare cosa succede nei più insidiosi antri di una mente fottutamente disturbata. E ci riesce come pochi. Ho visto decine, decine di ‘film sui serial killer’; bene o male l’approccio è sempre quello (scientifico/forense/C.S.I. c’hairotto li cojoni, tanto pe’ capisse). Angst è un caso a parte; è unico. Ho trovato qualche somiglianza con lo stracult (consigliatissimo anche quello) Maniac di William Lustig (non quella cagata di remake del 2012 dove il ‘maniaco’ l’hanno fatto fare a ‘Frodo Baggins’; da hobbit innocuo a maniaco feroce il passo è breve [anche perché gli hobbit con quelle gambette non è che potessero esibirsi in falcate à la Carl Lewis]), ciononostante, a costo di ripetermi, è unico. Ogni tanto utilizzo l’aggettivo esperienziale; dopo aver visto Angst non so se potrò usarlo ancora; cioè, sei lì con lui, dentro di lui, e da lì vedi, vivi ciò che succede… Detta così è più che banale… ma io… EEEEGGGUÀRDATELO!!!