Howard e il destino del mondo, regia di Willard Huyck, 1986
Vederlo ancora, dopo 30 anni (sì; trenta; 30-cazzo-di-anni-so’-passati!), dopo che da bambino c’ero andato sotto (lo registravo e ri-registravo quando lo trasmettevano su Italia1, e poi con la VHS mi ci facevo i clisteri per settimane), è stato… Dico solo non me l’aspettavo. C’hai presente quando adoravi qualcosa alla follia e, decadi dopo, vorresti rivederlo ma ti manca il coraggio perché appurare quanto eri infantile ti fa sentire ancora meno evoluto di quanto tu lo sia ora? C’avevo la febbre; stavo male; così c’ho provato. Il film parte come una scoppiettante commedia su ‘razzismo/integrazione/esclusione’ (dettaglio che, da ragazzetto, m’era sottilmente sfuggito; sai com’è: dopo Dylan Dog m’alzavo dall’asciugamano e andavo direttamente a buttàmmi in acqua; mica me leggevo pure Chomsky per poi litigà co’ la consorte!). E dopo una bella shakerata emozionale su “Io, in questo folle pianeta, sono solo un alieno bbbrutto”, vari twist di quelli da rimanerci, degniprecursori del cinema di Edgar Wright. In conclusione: s’era partiti per andare a fare un giretto nei giardinetti dell’imperante razzismo reaganiano e in finale ci si è ritrovati a fa’ la guerra a dei cazzo di mutanti alti 3 metri! … ahhh, gli anni ’80…
C’era una volta a… Hollywood, regia di Quentin Tarantino, 2019
Il 9° film del Tarantola per me è stato tra i più grandi atti d’amore (nei confronti del Cinema) mai celebrati durante il corso della storia. Tarantino: lo puoi amà, lo puoi odià; mai potrai dire che sia uno che di cinema non ci capisce ‘na mazza; è enciclopedia vivente della settima arte; uno che definire ‘feticista di film’ fa ride’; semmai un malato di celluloide ossessivo compulsivo. È riuscito a schiaffare tutto il meglio di ciò che girava (perdonate il gioco di parole) umanamente e artisticamente tra la fine degli anni ’50 e i ’60. Una storia che parla di storie. Attori, registi, produttori, stuntman, comparse; si parla un po’ di tutti quelli che alimentavano e aiutavano a diventare sempre più gloriose le ‘fabbriche dei sogni’ per eccellenza: cinema e tv. Cast stellare; decine di personaggi sfaccettati uno più interessante dell’altro… eppure l’unico indiscusso protagonista rimane… sì: il Cinema. 1.300 battute a disposizione (spazi inclusi); ne avessi di più scriverei pagine su (almeno) sei tra le scene che compongono questo parco giochi, questo circo delle meraviglie. A molti non è piaciuto “perché non l’ho capito”; quando vi siete innamorati sul serio di qualcuna/o, vi è interessato ‘il perché’ di quella infatuazione rincoglionente? Soprattutto: ve lo siete chiesto? Ecco.
I tre volti della paura, regia di Mario Bava, 1963
Boris Karloff introduce 3 pretesti. Non ‘storie’. Vojo dì: non è che si parli di ‘trame’. Pretesti. Sì; so’ pretesti; e io che ho detto? NON INTERROMPERMI! Dicevo (era solo un pretesto), ci sta Karloff che presenta 3 racconti, che però non dice quanti so’; lo sai tu che sei andato a vedè il film e sulla locandina c’era “tre”, e poi ti dice che il film è fatto di racconti così, automaticamente, dovresti (dovresti; mica detto che accada) intendere che saranno tre (3) segmenti, sicché ti vaccini per sostenere 3 storie diverse, probabilmente non connesse tra loro, vuoi perché all’epoca andava di moda fare così, vuoi perché costava meno, vuoi perché tre, “3” è il numero perfetto. Tranqui: non sto steganografando nulla alle Ur-Lodges (e ne è la prova che, fossi affiliato a una di Esse, mo starei a scrìve recensioni [tutte obbligatoriamente positive!] sui film distopici girati da Draghi e Macron nelle rispettive nazioni dominate). Scrivere su ITVDP significherebbe analizzare: 1. Luci; 2. Prospettive; 3. Snervante cinestesia flebile/flebologica; 4. Fotografia sobrio/ lisergica; 5. FX artigianali fatti/rifatti a mano mano; 6.Dilatazioni tempistiche musico/oftalmiche. Puro Cinema Gotico Essenziale. Ha fatto Scuola a tanti, Dario Argento su tutti; senza questo, Suspiria e Inferno non sarebbero stati gli stessi.