Il sacrificio del cervo sacro, Yorgos Lanthimos, 2017

… me so ricordato presto, eh? È uscito solo sei anni fa?! C’è chi ha gridato al “capolavoro”, chi ha strillato “è monnezza travestita da cinema d’autore che ti fa ddù palle così” e qualcuno, nel mezzo, che ha contro-gridato strillando: “Oooooh, cazzo gridate? Basta strillà, domattina c’ho la sveglia presto, IO, che devo andà a lavurà”. Non appartengo a nessuna delle 3 categorie (soprattutto sono orgogliosamente fuori dalla cerchia di quelli che domattina andranno a lavurà), per cui posso solo raccontarvi la mia esperienza di non-gridatore, non-strillatore e non-lavoratore senza sveglia mattutina nelle orecchie e nel cuore. Parte. Appena inizia già senti che sta iniziando anche qualcos’altro. Lì per lì non capisci. Sai che c’è qualcosa ma non sai cosa. La storia va avanti, covando quella sensazione ignota, che lievita, lievita, diventa sempre più grande. Quanto si dicono gli attori, come il regista (o chi per lui) muove la macchina da presa, le musiche… tutto: tutto quanto è un escamotage per… coltivare. Far lievitare quella sensazione iniziata all’inizio, che via via inizia a essere riconoscibile… perché ha iniziato a essere fastidio. A dare fastidio. Eppure, dopo la fine: Cazzo, mi ha dato fastidio… un meraviglioso fastidio. Ancora, ancora, per favore! Una festa bipolare.
Ercole al centro della Terra, Mario Bava, 1961

(Così come lo siamo un pochino tutti) Da buoni Cialtroni vi sarà capitato almeno una volta di sostenere – con tanto di impettita fierezza, quella propria di “colui che è saldo e inamovibile nei e dai propri sacri principi” –: “No, non guardo queste cose perché non mi piace questo genere di film”. Tolto che oggigiorno se non siete voi stessi DI GENERE siete dei fasci bastardi retrogradi non inclusivi terrapiattisti complottisti negazionisti: ci avete mai pensato che se dietro una pellicola “di un genere che non mi piace” possa esserci un vero Maestro l’affermazione potrà risultare semplicistica e, appunto, cialtronesca? Certo: sto parlando anche di me: A me il Peplum non piace. QUESTO GENERE DI FILM MI FA CAGARE. Ed è vero. Ci ho provato a farmeli piacere. Zero. Nada. Ma: se alla consolle ci sta un geniale, seminale, inimitabile artigiano del calibro di Mario Bava? Ti rendi conto di essere anche tu uno stereotipatello che campa a pane e cliché. E che probabilmente grazie ai tuoi pregiudizi chissà quante perle ti sei perso a priori; in via pregiudiziale. Una pellicola semplice, girata “per fare cassa”, senza pretese… capace di farti spalancare la mascella di genuino stupore. Per una serata dalle atmosfere oniriche. Reperibile in italiano su Yutubbo. Bella, inaspettata sorpresa.
Parasite, Bong Joon Ho, 2019

Penso sia arduo che un vero appassionato di Cinema riesca a dire “m’è piaciuto mica”, perché questo è una Festa del Cinema; c’è tutto, per tutti i gusti, anche per chi si sega solo coi supereroi. Che cazzo gli vuoi dire a Parasite? Quelli che hanno detto “è lento” è perché probabilmente saranno stati abituati a un ritmo di 1 esplosione/jump scare ogni 7’ (ci avete mai fatto caso? Guardate un film dell’orrore o d’azione recente; più o meno ogni 7’ ti fanno saltare in aria sparando l’audio all’improvviso – o fanno saltare un’auto, una casa o sa ‘l cazzo!). Ultimamente la mia personale ‘soglia del dolore cinematografico’ s’è abbassata parecchio; in certi casi riesco a resistere massimo un quarto d’ora su di un film, dopodiché il mio corpo non prova nulla e il cervello vorrebbe scappare, sicché si mette a implorarmi; così, a oggi, non riesco più a dare la famosa chance a tutti-tutti; dieci minuti… e se “non sento niente” vaffanculo (significa che se entro 3 minuti dall’esplosione o jump scare succede il nulla abbandono per sempre). Con Parasite sono rimasto 2h15 fuso col/nel suo mondo; non capitava da (boh!!!) che riuscissi letteralmente a innamorarmi di una storia/dei personaggi/ambientazioni/atmosfere. Siccome è tutta una lieta sorpresa continua vi racconto niente. Meraviglia.