Francesca Albanese, Consiglio ONU per i Diritti Umani
Un documento preciso e rigoroso che dettagliando i singoli eventi da ottobre 2023, legandoli fra loro e contestualizzandoli, mostra come Israele abbia strategicamente invocato la struttura del Diritto Internazionale Umanitario come “mimetizzazione umanitaria” per legittimare la sua violenza a Gaza
Il 25 marzo scorso Francesca Albanese, nominata “Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967” dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU nel marzo 2022, deposita il rapportoA/HRC/55/73, Anatomia di un genocidio,che pubblichiamo con traduzione a cura di Paginauno (qui il Report originale in inglese, con le 309 note a piè di pagina che Albanese include a sostegno di ogni fatto e citazione inseriti, che non riportiamo unicamente per ragioni di spazio https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/ahrc5573-report-special-rapporteur-situation-human-rights-palestinian). È un documento preciso e rigoroso, fondamentale e necessario, perché consente lo sguardo complessivo su ciò che è accaduto, e sta ancora accadendo, nella Striscia di Gaza: contestualizza, svela, mette in ordine e soprattutto lega fra loro i singoli atti, fino a fare emergere la strategia che li muove.
Riepilogo
Dopo cinque mesi di operazioni militari, Israele ha distrutto Gaza. Sono stati uccisi oltre 30.000 palestinesi, tra cui più di 13.000 bambini. Si presume che vi siano oltre 12.000 morti e 71.000 feriti, molti dei quali con mutilazioni che cambiano la vita. Il 70% delle aree residenziali sono state distrutte. L’80% dell’intera popolazione è stata sfollata con la forza. Migliaia di famiglie hanno perso i propri cari o sono state sterminate. Molti non hanno potuto seppellire e piangere i propri parenti, costretti invece a lasciare i propri corpi in decomposizione nelle case, per strada o sotto le macerie. Migliaia di persone sono state detenute e sistematicamente sottoposte a trattamenti inumani e degradanti. L’incalcolabile trauma collettivo sarà vissuto per le generazioni a venire.
Analizzando i modelli di violenza e le politiche di Israele nel suo attacco a Gaza, questo rapporto conclude che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che sia stata raggiunta la soglia che indica che Israele ha commesso un genocidio. Uno dei punti più importanti è che la leadership esecutiva e militare e i soldati israeliani hanno intenzionalmente distorto i principi dello jus in bello, sovvertendo le loro funzioni protettive, nel tentativo di legittimare la violenza genocida contro il popolo palestinese.
1. Introduzione
In questo rapporto, Francesca Albanese, Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati (“TPO”) dal 1967, affronta il crimine di genocidio perpetrato dallo Stato di Israele (“Israele”) nei territori occupati, specificamente nella Striscia di Gaza, dal 7 ottobre 2023. Poiché Israele vieta le sue visite, questo rapporto si basa su dati e analisi di organizzazioni sul campo, giurisprudenza internazionale, rapporti investigativi e consultazioni con individui, autorità, società civile ed esperti interessati.
La Relatrice Speciale condanna fermamente i crimini commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi in Israele il 7 ottobre e sollecita la responsabilità e il rilascio degli ostaggi. Il presente rapporto non esamina tali eventi, poiché esulano dall’ambito geografico del suo mandato. Né esamina la situazione in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est.
Da quando ha imposto l’assedio a Gaza nel 2007, rafforzando la chiusura imposta dal 1993, Israele, la potenza occupante, ha effettuato cinque grandi attacchi prima di quello attuale.
Al nono giorno, questo assalto aveva già causato più morti (2.670) della precedente guerra più mortale condotta da Israele contro Gaza, nel 2014 (2.251). Solo una minima parte delle uccisioni di massa, dei danni gravi e delle condizioni spietate e pericolose per la vita inflitte ai palestinesi nei successivi cinque mesi di aggressione, possono essere catturate in questo rapporto.
Esperti indipendenti delle Nazioni Unite, studiosi e Stati, compreso il Sudafrica dinanzi alla Corte internazionale di giustizia (“CIG”), hanno avvertito che gli atti commessi in quest’ultimo assalto potrebbero equivalere a un genocidio. La CIG ha riscontrato un rischio plausibile di “pregiudizio irreparabile” ai diritti dei palestinesi di Gaza, un gruppo protetto dalla Convenzione sul genocidio, e ha ordinato a Israele, tra l’altro, di “adottare tutte le misure in suo potere” per prevenire atti genocidari, prevenire e punire l’incitamento al genocidio e garantire aiuti umanitari urgenti.
A sua difesa, Israele ha sostenuto che la sua condotta è conforme al Diritto Internazionale Umanitario (“DIU”). Una scoperta chiave di questo rapporto è che Israele ha strategicamente invocato la struttura del DIU come “mimetizzazione umanitaria” per legittimare la sua violenza genocida a Gaza.
Il contesto, i fatti e l’analisi presentati in questo rapporto portano alla conclusione che ci sono ragionevoli motivi per ritenere che sia stata raggiunta la soglia che indica che Israele ha commesso un genocidio. Più in generale, indicano anche che le azioni di Israele sono state guidate da una logica genocida che è parte integrante del suo progetto coloniale di insediamento in Palestina, segnalando una tragedia annunciata.
2. Contestualizzare il genocidio
A. Genocidio inerente al colonialismo di insediamento
Il genocidio, inteso come negazione del diritto di un popolo a esistere e il successivo tentativo o la riuscita nell’annientarlo, comporta varie modalità di eliminazione. Raphael Lemkin, che ha coniato il termine ‘genocidio’, ha osservato che esso è “un insieme di diversi atti di persecuzione o distruzione”, che vanno dall’eliminazione fisica alla “disintegrazione forzata” delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali e della religione di un popolo. Il genocidio è un processo, non un atto….
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