Debbo dire grazie a quella vecchia volpe della comunicazione pubblicitaria che e Andrea Ruggeri se – tramite i suoi romanzi Potemkin Cola e Che ne sara del Cosmo, Yuri? – ho scoperto (o ri-scoperto) il mio interesse di ragazzino per l’Universo e i rapporti dell’uomo con esso. Debbo invece dire grazie a Bill Frisell e a questa sua ultima fatica Guitar in the space age! se quello stesso interesse e diventato materia sonora e al tempo stesso materia di riflessione. Il tutto e sfociato in un’intervista/chiacchierata in occasione del suo concerto a Torino il 27 ottobre scorso.
Ma facciamo un salto indietro: William Richard ‘Bill’ Frisell e nato nel 1951, e dunque puo legittimamente affermare d’essere un ‘figlio della Telecaster’, il primo modello di chitarra elettrica solid-body, destinata a una produzione in serie, concepito gia dal 1950 da Leo Fender e che solo in seguito a una disputa con l’altro grande produttore, Gretsch, prese il nome Telecaster, in onore all’invenzione che in quel periodo avrebbe cambiato la storia dell’uomo: la televisione. Il vostro cronista, piu modestamente, e nato nel 1957 e si onora di condividere l’anno di nascita con l’invenzione che avrebbe altrettanto cambiato la storia dell’umanita: il primo oggetto costruito dall’uomo per orbitare attorno alla Terra, il ‘compagno di viaggio’ Sputnik, messo in orbita dai russi il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Baikonur, nell’odierno Kazakistan. Sono dunque legittimamente un ‘figlio dello Sputnik’.
Fu proprio Ruggeri, in occasione dell’uscita del suo libro, a farmi notare che c’era una differenza tra le denominazioni usate da statunitensi e russi: i primi dicevano ‘spazio’, i secondi ‘cosmo’, e dunque astronauta e cosmonauta, astronautica e cosmonautica, astronave e cosmonave, cosmodromo e base spaziale. Mi e tutto tornato in mente in occasione della tournee Guitar in the space age! e sono andato a sfrucugliare in giro.
Per quanto effettivamente nel russo moderno il termine ‘cosmo’ (kocmoc) voglia semplicemente dire ‘spazio’, in realta esso ha conservato in certi linguaggi l’originario significato greco: ??sµ?? (kosmos) significa ‘ordine’ (in quanto opposto a ‘caos’) e nello specifico l’ordine dell’Universo, inteso come quella struttura invisibile che regola il moto e la posizione degli astri, cosi come le leggi fisiche al suo interno. Ipotizzo che in tal senso il tramite tra la Russia antica e moderna sia stato il lessico della Chiesa greca ortodossa, consideratasi erede di quella di Roma ai tempi di Bisanzio e successivamente trasportata a Mosca. In quel contesto ??sµ?? aveva un senso profondo, essendo la manifestazione dell’opera del creatore primo.
Non stupisce che sia transitato nella lingua russa con la stessa accezione, specie se si pensa alla considerazione che gli zar avevano di se stessi. Quello che non si sa – o meglio si sa poco – e quanto ??sµ?? sia rimasto nella cultura russa, sia a livello popolare che scientifico. Scrivere adesso la storia delle relazioni prima dello zarismo poi del bolscevismo, dello stalinismo e del post-stalinismo con una concezione in fondo assolutamente religiosa dell’Universo sarebbe inopportuno. Segnalo solo a titolo di esempio come la sovrapposizione/sostituzione della coppia religione/magia con la coppia antitetica scienza/tecnologia sia stata una realta tangibile del mondo sovietico sin dalla proclamazione a opera di Lenin del termine diamat, il materialismo dialettico ateo che avrebbe dovuto permeare e dirigere le scienze tutte del nuovo Stato (??sµ?? cioe ‘ordine’).
Chi volesse, potrebbe inoltre andare a scoprire gli insospettabili legami del comunismo sovietico con le scienze occulte e la costruzione del movimento cosmista, nel cui orizzonte c’era ovviamente la conquista di Marte pianeta rosso per eccellenza, e la cui sopravvivenza al comunismo non e meno interessante della complessa diatriba ideologica con conseguenti purghe che ha attraversato tutto la storia russa post rivoluzione (1).
Il punto vero di tutto questo zibaldone e l’affermazione-manifesto del padre della esplorazione dell’Universo, lo scienziato russo Konstantin Ciolkovskij (1857-1935) (2): “La Terra e la culla dell’umanita, ma non si puo vivere nella culla per sempre”. Non mi stupisco di questa affermazione: semmai del fatto che sia stata formulata tanto in anticipo sui tempi scientifici, esattamente come nel 1865 Dalla Terra alla Luna di Jules Verne era stato profetico sull’uso dei razzi/proiettili per il viaggio fuori dal nostro pianeta.
Mentre chiedo a Frisell che cosa abbia significato per lui essere ‘figlio della Telecaster’, gli parlo di queste mie riflessioni. “Wow, no, non avevo idea di tutto questo mondo russo”, risponde, “e il fatto che i russi usassero la parola ‘cosmo’ anziche ‘spazio’ e una cosa su cui dovro riflettere alla luce di quello che mi dici. Se parlo della Telecaster e perche e un ricordo estremamente vivo dell’aria di quei tempi. Tutto cio che mi circondava era pieno di queste cose. Dovunque si sentivano frasi come ‘andremo su altri mondi’, ‘il nostro domani e la conquista spaziale’”.
Hai quindi deciso questo titolo per il nuovo disco perche per te ragazzino l’idea dello spazio e stata speciale?, domando. “Quando parli di spazio penso a cosa significava per noi ragazzini aprire una prospettiva assolutamente enorme, spropositata, rispetto a tutto quello che vivevamo: era un universo di possibilita, un senso di apertura ottimistica verso l’infinito. Il fatto di avere avuto come presenze vive Martin Luther King e John Kennedy nella mia vita, era la testimonianza stessa di questa possibilita che diventava reale”.
Ottimismo e apertura dispensati a piene mani, in pratica lo stesso spirito originario dei pionieri che dopo la corsa al west vedevano nello spazio la Nuova Frontiera da esplorare e conquistare. Se andate a studiare la storia dalla parte dei russi vedrete che c’e uno spirito non troppo diverso ad animare l’anelito del movimento di esplorazione e conquista del cosmo: nel pensiero di Ciolkovskij si riteneva che la felicita consistesse nell’assenza di qualsiasi forma di sofferenza nell’intero Universo, e visto che la Terra era avviata verso la fine del suo ciclo vitale, era necessario procedere a una colonizzazione del sistema solare. Il tutto accoppiato a un rigoroso programma di eugenetica.
Addirittura piu radicale fu il maestro di Ciolkovskij, ovvero Nikolai Feodorov, per il quale il principale nemico da abbattere era la morte, ‘nemico laico’ dello sviluppo umano. La resurrezione sara opera dell’Uomo Nuovo (il proletario nella successiva ottica sovietica), compiuta con mezzi scientifici, grazie alla quale verra acquisito il potere assoluto sulla Natura, che giungera a consentire anche l’opera di resurrezione degli antenati, l’immortalita e la colonizzazione dell’Universo. Facile capire come tale concezione sia transitata nell’ideologia bolscevica, nello specifico a opera di pensatori e politici come Aleksandr Bogdanov (1873-1928) e Anatolij Lunacarskij (1875-1933, per dodici anni ministro sovietico della Cultura).
Se ci pensate un attimo vedrete che dietro tutto questo c’e un’impressionante similitudine tra il pensiero statunitense e quello sovietico: la natura e qualcosa da conquistare e sottomettere al proprio volere. Il dominio prima sulla natura e poi a cascata addirittura sui mondi extraterrestri ha la stessa valenza dell’affermazione di una volonta di potenza. Ed entrambi hanno la stessa radice monoteista, laddove nel Genesi il mondo e stato fatto per l’Uomo che, su invito del Creatore, da un nome a tutti gli animali che gli sfilano davanti.
E una concezione tuttora profondamente radicata sia nei politici che negli uomini di scienza, molti dei quali sono convinti che si possa continuare a consumare risorse naturali allo stesso ritmo e con lo stesso spreco iniziato nel dopoguerra con l’American way of life. Ovviamente a scuola (almeno in Occidente) si insegna – quando se ne ha la fortuna – che a fronte dell’ottimismo della ricostruzione post bellica c’e stata una guerra non dichiarata tra le forze del Bene e quelle del Male, e che la costruzione e l’uso della bomba atomica e stato un male necessario, visto che anche dall’altra parte del Muro i rossi stavano facendo la stessa cosa e che, insomma, si vis pace para bellum…
Ho nelle orecchie, automaticamente, il lamento negro di Charles Mingus Oh Lord Don’t Let Them Drop That Atomic Bomb on Me (su Oh Yeah) inciso proprio negli stessi anni dell’ottimismo verso lo spazio (1961)… mentre dall’altro lato la Telecaster imita le (possibili) sonorita-colonna sonora dell’esplorazione spaziale. Frisell e molto consapevole di questo aspetto, a un tempo tecnico ma anche in qualche modo ideologico.
Se ascolto i suoni degli strumenti, prima ancora delle melodie, trovo che ci siano molti dei suoni della tecnologia dell’epoca (da tener presente l’uso massiccio della pedal steel guitar suonata meravigliosamente da Greg Leisz, quella che conosciamo come chitarra hawaiana alla Santo&Johhny)…
Si, pensa a come i fischi degli amplificatori a valvole cosi come quelli della radio e della tv diventano musica quando suoni la Fender Telecaster e la Williams pedal steel.
C’è anche un sacco di spazio tra una nota e l’altra, una dilatazione….
Si, ancora una volta uno spazio che fa pensare a come potrebbero essere i suoni nello spazio, disgregati, note staccate e lontane le une dalle altre, ma e anche lo spazio delle possibilita che tutta la tecnologia nuova a nostra disposizione prometteva di aprirci.
Beh, direi che i tuoi brani originali (in specie Lift Off e Shortest Day, fantastici) riprendono in pieno questo senso di dilatazione e anche in qualche modo di tranquillità.
Si, se pensi solo a Reflections from the moon di Speedy West [da noi del tutto misconosciuto come compositore e suonatore di pedal steel, n.d.a.] hai immediatamente il senso evocativo di una lontananza, la Terra vista dalla Luna, ma anche la tranquillita della visione della Luna da una spiaggia californiana come in Surfer Girl di Brian Wilson (Beach Boys).
Il che mi fa pensare a quanto poco le composizioni di Wilson e in generale di tutto il movimento della surf music siano state oggetto di riscrittura interpretativa da parte del mondo del jazz: di fatto ci sei solo tu a fare operazioni del genere.
Beh, in questo disco non c’e solo la surf music, c’e anche del boogie in Messin with the Kid (Junior Wells), del blues col surf in Rumble (Link Wray) [una vera orgia di tremolii per il vostro redattore, n.d.a.], un po’ di pop e rock’n roll con musica da film western in Baja [composta nientemeno che da Lee Hazlewood per gli Astronauts, 1963… piacerebbe sicuramente a Tarantino, n.d.a.].
E poi anche qualche sfumatura di epico inno religioso come in Turn, Turn, Turn di Pete Seeger, diventata un hit dei Byrds… anche questo è un inno generazionale.
(Frisell ride) Si, ho visto che ti sei alzato quando ho attaccato i primi accordi, sei anche religioso?
No, religioso proprio no. Anche se il testo della canzone è fatto con i versi dell’Ecclesiaste, per me è una specie di condensato dello spirito pre 1968.
1968? Ah gia, tu sei europeo. Noi avremmo detto pre 1964, quando cominciano le manifestazioni nei campus e il movimento per i diritti civili.
Un amico mi ha detto che il suono della chitarra di Roger McGuinn in quel brano è una specie di miracolo…
E il vantaggio di suonare con una Telecaster e non con una Rickenbaker 12 corde come quella di McGuinn, quasi impossibile da tenere accordata!
Sempre a proposito dei vari generi che qui frequenti, Rebel Rouser di Duane Eddy mi sembra piena di jazz anni Venti, anche se dilatato e distorto, quasi uno spiritual.
(Frisell ride) A pensarci bene se ascolti le prime note sono quelle di When the Saints go marchin’in, ma noi la facciamo molto piu semplice, Duane Eddy cambia accordi tre o quattro volte nell’originale.
Durante il sound check ho ascoltato te e Grez Leisz provare un brano che non è incluso in quelli dell’album, con delle strane scale quasi bachiane…
(Frisell quasi arrossisce) Lo stiamo ancora studiando, e un brano del mio insegnante al conservatorio Johnny Smith… forse nei prossimi concerti lo faremo.
Oh boys, come direbbe Woody Allen, che concerto. Dire memorabile e dir poco. Per me e stata la dimostrazione di come si puo riscrivere un pezzo della storia della musica statunitense in modo straordinariamente intelligente e piacevole. Anche se non scrivi musica nuova ma reinterpreti, puoi fare lo stesso qualcosa di eccellente, divertente, intellettualmente ed emozionalmente iper-stimolante. Dovessi solo parlare dell’interscambio intricato e sottile ma altamente sofisticato tra Frisell e Leisz, ci vorrebbe un articolo intero, anche perché da noi Leisz non e conosciuto se non dagli addetti ai lavori, ma da quarant’anni e forse il sideman piu richiesto sul mercato da una sfilza di nomi eccellenti (Eric Clapton, The Eagles, The Smashing Pumpkins, Sheryl Crow, Bruce Springsteen, Robert Plant, Alison Krauss, Joe Crocker, Bon Iver). “A me interessa soprattutto mantenere il senso melodico dei brani che reinterpreto, al di la delle sonorita e dei generi…” dice Frisell.
“E cosi riesci a far diventare bellissimo anche un brano di Madonna come Live to tell”, gli rimando. “Beh, non ha una bellissima melodia?” conclude lui. Dio (o chi per esso) ti benedica Bill, per l’apertura-spazio della tua mente. Continua cosi, a trasformare il nostro tempo quotidiano in musica.
1) Cfr. Giuseppe Vatinno, Il comunismo magico e i cosmisti sovietici, Estropico.com; id. Giuseppe Vatinno, Il Transumanesimo. Una nuova filosofia per l’Uomo del XXI secolo, Armando Editore, 2010; Francesco Dimitri, Comunismo magico: leggende, miti e visioni ultraterrene del socialismo reale, Castelvecchi, 2004
2) Ciolkovskij è il legittimo padre dell’esplorazione del cosmo tramite razzi grazie proprio alla fondamentale ‘equazione del razzo’ (1903), in cui si afferma che per la legge di conservazione della quantità di moto, un corpo può accelerare semplicemente espellendo parte della sua massa in senso opposto a quello in cui si vuole l’aumento di velocità