Tra anarco-capitalismo e blockchain, i miliardari della Silicon Valley stanno progettando le loro smart city con sovranità politica
Nel 2018 Jeffrey Berns ha messo sul tavolo 170 milioni di dollari e ha comprato 67.000 acri (270 km²) di nulla, in Nevada: terra arida, non edificata, disabitata. Berns, comunemente definito “il miliardario delle criptovalute”, fondatore e amministratore delegato di Blockchains – azienda specializzata nei sistemi crittografici impiegati nelle criptovalute – ha dichiarato nel 2020 che in quell’area sarebbe sorta Painted Rock, una smart city a base blockchain: 36.000 residenti programmati, case, scuole, spazi commerciali e aziende, una criptovaluta interna e servizi cittadini erogati su struttura blockchain. Perché funzioni, ha affermato Berns alla BBC, “è necessario un nuovo modello di governo locale”: istituzioni politiche autonome da quelle del Nevada (1).
Nel febbraio 2021 il governatore Democratico dello Stato, Steve Sisolak, ha annunciato la proposta di legge Innovation Zones, destinata alle aziende dei settori Internet of Things, robotica, intelligenza artificiale, blockchain, tecnologia wireless e green: le società in possesso di almeno 50.000 acri di terreno non edificato e disabitato – all’interno di un’unica contea e al di fuori da città o paesi – con una disponibilità finanziaria di 250 milioni di dollari e un piano di investimento per un miliardo in dieci anni, avrebbero potuto costruire città e governarle autonomamente. “Le zone inizialmente opererebbero all’interno della contea locale in cui si trovano”, ha dichiarato Sisolak, “ma alla fine sarebbero in grado di assumerne le funzioni e diventare un ente governativo indipendente”: avrebbero un consiglio di sorveglianza di tre membri, scelti dall’azienda, con gli stessi poteri di un consiglio di commissari di contea, e il governo autonomo avrebbe l’autorità, “per esempio, di imporre tasse, formare distretti scolastici e tribunali di giustizia, e fornire servizi governativi” (2). Il piano non è andato in porto: la proposta di legge si è insabbiata nel Parlamento del Nevada e il 30 settembre 2021 Berns ha ritirato il programma, lamentandosi del mancato supporto politico (3). Ma Painted Rock non è l’unico progetto in piedi.
Nel 2017 Bill Gates, tramite la Cascade Investment, ha pagato 80 milioni di dollari per quasi 25.000 acri (100 km²) di deserto disabitato, in Arizona. Obiettivo: costruire Belmont, una smart city pianificata per 200.000 abitanti, destinata a “una comunità lungimirante, con una spina dorsale di comunicazione e infrastruttura che abbraccia la tecnologia all’avanguardia, progettata attorno a reti digitali ad alta velocità (5G), data center, nuove tecnologie di produzione e modelli di distribuzione, veicoli autonomi e hub logistici autonomi”, interamente digitale, dai servizi governativi, ai trasporti urbani alla produzione alimentare; un funzionamento automatico complessivo che solo la blockchain può garantire (4). A ottobre 2020 sono stati comprati altri 2.800 acri (5). Del progetto non si sa altro, perché dopo la fuoriuscita della notizia sull’acquisto del terreno le informazioni sono state tenute riservate. Lo stesso coinvolgimento di Gates è stato inizialmente taciuto, finché una ricerca giornalistica su dati societari e registri delle proprietà non l’ha svelato.
Peter Thiel – creatore di Paypal, tra i primi investitori di Facebook e fondatore nel 2003 di Palantir, importante azienda di big data attiva nell’ambito militare e di sicurezza, appaltatrice di Pentagono, Cia e Dipartimento di Stato USA – ha invece investito quasi 9 milioni di dollari in Pronomos Capital, una società di venture capital che si concentra esclusivamente su startup come Bluebook Cities (6): fondata nel 2019, sta lavorando al progetto “Praxis”. Il sito (www.praxissociety.com/) dà l’idea della visione generale: con una narrazione epica si definisce un movimento di moderni pionieri che vogliono costruire una smart city, all’interno della quale una comunità di membri facoltosi – 10.000 nella prima fase, poi a crescere: “10.000 residenti con un tenore medio di vita di oltre 2 milioni di dollari rappresentano collettivamente oltre 20 miliardi di dollari di valore della città” – vivrà in uno Stato con sovranità politica, con una criptovaluta e una criptoeconomia a base blockchain. L’ubicazione è ancora da scegliere, potrebbe essere “da qualche parte nel Mediterraneo” (7): “collaboreremo con un governo ospitante” si legge sul sito, “per creare una giurisdizione speciale”.
Anche Elon Musk, a marzo 2021, ha dichiarato di voler costruire Starbase, una smart city che vuole inglobare e riprogettare il villaggio di Boca Chica, nel Texas, dove attualmente ha sede la base spaziale Space X. La stampa statunitense la definisce una “città privata con leggi proprie”, ma dalle informazioni a oggi disponibili sembra più un allargamento della struttura aziendale di Space X e meno una città vera e propria, aperta a residenti.
Infine c’è Telosa. Uscita nel 2021 dall’immaginazione di Marc Eric Lore, il miliardario “mago dell’e-commerce” che ha portato Walmart a diventare il secondo sito di shopping online dopo Amazon, questa città del futuro dovrebbe essere costruita in una zona desertica degli Stati Uniti ancora da definire: “La prima fase di costruzione, che ospiterà 50.000 residenti su 1.500 acri, ha un costo stimato di 25 miliardi di dollari; l’intero progetto dovrebbe superare i 400 miliardi, con la città che raggiungerà 150.000 acri (600 km², n.d.a.) e la popolazione target di 5 milioni entro quarant’anni”, si legge sul sito (www. cityoftelosa.com/). Interamente ecosostenibile e con una produzione alimentare autosufficiente, non è del tutto chiara la governance. Lore parla di “equitismo, una nuova e più giusta fase del capitalismo”: rispolverando una teoria economica del 1879 proposta da Henry George, propone “la creazione di una fondazione privata fondiaria, proprietaria del terreno, che utilizzerà il reddito generato dalla rivalutazione della terra stessa (grazie alla costruzione e vendita di case, infrastrutture, edifici ecc., n.d.a.) per finanziare i servizi sociali della città”. Una sorta di nuovo contratto sociale, la cui cittadinanza dipende quindi dalla capacità economica dell’individuo di acquistare una casa. Questa condivisione della ricchezza generata dalla fondazione, afferma Lore, “ricalca il modello delle startup digitali, dove i dipendenti vengono pagati con stock option”. L’organo di governo della città sarà una sorta di “consiglio di amministrazione” eletto direttamente dai residenti tramite voto elettronico e blockchain. “Non stiamo solo costruendo una città, stiamo creando un nuovo modello per la società”, ha dichiarato Lore.
Folli visionari del Big Tech? Non proprio. È più una tendenza, che prova a muovere i primi passi su base locale. Anarco-capitalismo e nuove tecnologie, privatizzazioni ed esternalizzazioni di funzioni statali e cambiamento nella percezione collettiva dell’immagine e del ruolo delle imprese, sono il terreno su cui l’idea ha messo radici e la visione ha iniziato a concretizzarsi.
Anarco-capitalismo
Come tutti i pensieri politici, anche l’anarco-capitalismo ha correnti al proprio interno, che vanno dall’idea di uno Stato minimo fino a visioni più radicali. Se prendiamo queste ultime, e tralasciando il quadro economico e filosofico sui quali poggia storicamente e culturalmente, l’anarco-capitalismo è la dottrina secondo la quale una società capitalistica del tutto priva di Stato è economicamente efficiente e moralmente desiderabile. La società così strutturata non ha governo, parlamento, magistratura, polizia, forze armate né qualsivoglia istituzione pubblica: interamente basata sulla proprietà privata, vede le imprese competere sul libero mercato per offrire tutte le merci e tutti i servizi che la società stessa richiede.
Qualche dettaglio pratico.
Ciò che individuiamo come welfare pubblico (sanità, previdenza, disoccupazione, istruzione…) è venduto al singolo cittadino da aziende private, sotto forma di servizio o assicurazione; non esiste suolo pubblico, sia esso un terreno, un fiume, un lago… le infrastrutture (strade, piazze, ponti, acquedotti, aeroporti, rete digitale…) sono costruite da imprese private, che ne affittano alle singole persone il diritto di utilizzo, passaggio o sosta, oppure ne vendono la proprietà (anche in regime di comproprietà, come la strada che porta a un complesso abitativo acquistata dai proprietari degli appartamenti); polizia, tribunali e carceri sono gestiti da società private di sicurezza: fermo restando il diritto riconosciuto a ciascuno a difendere da solo la propria persona e la propria proprietà con ogni mezzo, il singolo individuo acquista servizi da una compagnia di sicurezza privata per prevenire o reprimere azioni a suo danno (funzione di polizia), e accetta di rimettersi alla stessa compagnia nel caso in cui si rendesse lui stesso colpevole di violenza contro persone o proprietà (funzioni di tribunale e carcere); queste stesse compagnie lo difenderanno anche in caso di attacchi da parte di entità straniere, svolgendo la funzione delle forze armate. Alla base di tutto, un ordine sociale strutturato su un diritto naturale oggettivo che postula nulla più del diritto alla proprietà privata e alla libertà individuale, propria e altrui; su tale diritto viene a costruirsi spontaneamente un corpus di leggi, date dal diritto consuetudinario e dalla giurisprudenza dei tribunali privati.
È evidente che nel pensiero anarco-capitalista l’unità di base è il singolo individuo e tutto si compra e si vende, nella convinzione che il comportamento interessato di soggetti egoisti produca una cooperazione spontanea, efficace e auto-regolatrice. È stabilita l’uguaglianza formale degli esseri umani sul piano giuridico, ma è altrettanto postulato il darwinismo sociale: non esistono reti a supporto, chi è privo di denaro, perisce. Al punto che pur ammettendo mecenatismo e beneficenza come meccanismi privati volontari di produzione di beni pubblici, si afferma l’illegittimità di ogni politica distributiva – le imposte statali sono considerate un furto – in base al diritto alla libertà individuale: l’obbligo di aiutare gli altri è coercitivo rispetto alla libertà individuale, dunque non può esistere.
Jeffrey Berns di Painted Rock, “il miliardario delle criptovalute” sopra citato, colui che apparentemente si è maggiormente avvicinato alla realizzazione in Nevada della sua smart city con sovranità politica e a base blockchain, ha dichiarato alla BBC: “Non sono antigovernativo, ma penso che il governo abbia ficcato troppo il naso nei nostri affari”. Aggiungendo che la struttura decentralizzata della blockchain può finalmente creare “un posto” dove lo Stato non possa avere il potere di “interferire” nella vita delle singole persone.
La blockchain è infatti stata il punto di svolta: ha segnato il passaggio dell’anarco-capitalismo dall’utopia (!) alla possibilità concreta.
Blockchain
L’anarco-capitalismo scorre nelle vene della Silicon Valley fin dall’insediamento della prima azienda tecnologica. Non è un caso che il progetto della rete blockchain e del bitcoin nasca nel 2008 all’interno della comunità hacker californiana, con il manifesto Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System a firma Satoshi Nakamoto – uno pseudonimo di cui tuttora non si sa con certezza a chi corrisponda, nemmeno se si tratti di un singolo o un collettivo –; il documento contiene i principi e il codice di un software open source in grado di creare la prima criptovaluta digitale decentralizzata, che si sottrae al potere delle banche e al concetto politico di sovranità monetaria come monopolio statale (8).
Il punto debole dell’anarco-capitalismo è sempre stato il presupposto di uno stato di natura più vicino a Locke che a Hobbes: non il bellum omnium contra omnes ma uomini predisposti alla giustizia e alla pace, dotati di una Ragione che insegna loro uguaglianza, indipendenza e rispetto dell’altrui libertà e proprietà. Certo l’innesto, nella visione politica, dell’egoismo economico di Adam Smith, ha dato maggiore solidità alla convinzione di un ordine sociale spontaneo pacificato – più di quanto potesse fare una lettura idilliaca della natura umana – ma non ha risolto il problema della fiducia/garanzia a tutela, su cui si basano le relazioni sociali: lo ha fatto la tecnologia digitale.
La blockchain va ben oltre la capacità di creare una criptovaluta: è in grado di eliminare la necessità di qualsivoglia istituzione o organizzazione, ufficialmente riconosciuta, che si ponga come garante di legittimità e legalità nelle più diverse attività sociali, si tratti di una banca centrale per la moneta a corso legale, di un ministero per la certificazione di una votazione, di una università per l’autenticazione di titoli accademici, di un pass digitale per accedere a luoghi, esercitare diritti ecc. Grazie alla crittografia, alla rete decentralizzata e alla struttura a blocchi, la blockchain elimina la possibilità di truffe, frodi, manomissioni varie: la fiducia creata da bit.
Da Painted Rock a Belmont a Praxis a Telosa, tutte le smart city progettate dai miliardari del Big Tech citano la blockchain come struttura portante, a ragion veduta: è l’innovazione tecnologica che consente loro di implementare un nuovo tipo di governance, orizzontale e non verticale. Una società che possa fare a meno di autorità centrali a garanzia, gerarchiche, sia politiche che finanziarie ed economiche.
Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum di Davos, pubblica nel 2016 La quarta rivoluzione industriale. Nel prevedere “una fusione di tecnologie attraverso il mondo fisico, digitale e biologico”, una “trasformazione dell’umanità” grazie a blockchain, intelligenza artificiale, stampa 3D, robotica, computer quantistici e ingegneria genetica (“Non si tratta solo di cambiare ‘cosa’ e ‘come’ facciamo le cose, ma anche ‘chi’ siamo”), Schwab non tralascia l’aspetto politico: “I governi (governments, le amministrazioni pubbliche in senso ampio, n.d.a.), nella loro forma attuale, saranno costretti a cambiare, poiché il loro ruolo centrale nella conduzione della politica diminuirà sempre più, a causa dei crescenti livelli di concorrenza e della redistribuzione e decentralizzazione del potere che le nuove tecnologie rendono possibile”; sopravviveranno solo se saranno in grado di farlo, afferma Schwab, abbracciando il cambiamento, ma in ogni caso “saranno completamente trasformati in una cellula di potere, molto più snella ed efficiente, all’interno di un ambiente di strutture di potere nuove e concorrenti”.
In questa visione, lo Stato è dunque avviato a perdere centralità. Tuttavia non si può dire che non abbia collaborato alla propria graduale marginalizzazione.
Meno Stato più mercato
Il pensiero neoliberista ha dominato per trent’anni e ha ridisegnato la società e il rapporto pubblico-privato. Privatizzazioni ed esternalizzazioni hanno progressivamente svuotato lo Stato del proprio ruolo – soprattutto in Europa, dove avevamo conosciuto i ‘trenta gloriosi’. Oggi il welfare è principalmente di natura privata (in regime di accreditamento o meno) e sta prendendo piede quello aziendale; le guerre e le ‘missioni di pace’ le combattono i contractor delle Società Militari e di Sicurezza Private (Private Military and Security Companies, PMSC), chiamate sempre più a occuparsi anche di sicurezza interna (9); la corsa alla Luna e allo Spazio, le comunicazioni satellitari e le stazioni spaziali – ambiti sia commerciali che militari, come ci ha recentemente mostrato la guerra in Ucraina – sono sempre più dominate dai privati, da Elon Musk a Jeff Bezos (10); la tecnologia sta sgretolato monopoli statali – quello della moneta, reso obsoleto da blockchain e criptovalute – o ne sta sottraendo il reale controllo: algoritmi proprietari, di cui solo l’azienda privata fornitrice conosce il funzionamento (big data elaborati e logica di calcolo), sono già entrati nei tribunali, ‘dettano’ le sentenze e affiancano i giudici nelle decisioni dibattimentali (11), mentre intelligenza artificiale, algoritmi predittivi e telecamere a riconoscimento facciale disseminate in ogni angolo delle città stanno trasformando il modus operandi delle forze dell’ordine: non più la gestione di un evento criminale ma la prevenzione del crimine, attraverso l’identificazione di modelli, luoghi, attività e individui sospetti (12) – il pensiero va inevitabilmente a Minority Report di Philip Dick.
Lo Stato ha ceduto al capitalismo parte della propria sovranità e storica legittimità – il contratto sociale e il monopolio delle forza – ben prima che i visionari anarco-capitalisti della Silicon Valley iniziassero a progettare le proprie smart city.
L’impresa responsabile
Nell’accettazione di un cambiamento sociale, il passaggio simbolico è fondamentale: ai cittadini deve essere consegnata una nuova narrazione, che per essere introiettata e divenire dominate deve essere pervasiva e totalizzante, occupare ogni spazio pubblico.
Fino a non molto tempo fa, un’azienda era un’azienda, nulla più, e così era percepita: gli affari sono affari. Le persone vi si relazionavano nella consapevolezza che l’unico obiettivo di un’impresa è il conseguimento di profitti economici; le pubblicità rivendicavano la qualità dei prodotti e vendevano promesse di letizia o uno status sociale, entrambi indirizzati al singolo individuo; il patto sottaciuto tra il consumatore e l’azienda era: tu acquisti e sei felice, io faccio soldi aumentando fatturato e utili.
Da qualche anno, slogan, dichiarazioni e marketing pubblicitario hanno al centro questioni etiche e sociali, collettive: il cambiamento climatico, l’ambientalismo, il bene comune, le diseguaglianze di genere e/o razziali ecc. Producono documenti nei quali affermano che l’azienda deve creare benefici non solo per gli azionisti ma per tutti gli stakeholder: dipendenti, fornitori, clienti e soprattutto la comunità circostante. Promuovono fondazioni filantropiche che finanziano strutture e servizi sociali, escludendo i circuiti statali – come, abbiamo visto, contempla il pensiero anarco-capitalista. Una rivendicata efficienza delle imprese private contro la lenta ed elefantiaca macchina pubblica, antagonismo già utilizzato per sostenere le privatizzazioni neoliberiste, viene ora messa al servizio di una comunicazione aziendale a favore di politiche sociali e ambientali. Si tratta certamente, anche, di banale marketing volto ad aumentare l’apprezzamento del brand e dunque vendite e profitti; ciò non toglie che la nuova narrazione sia riuscita a mutare l’immagine pubblica dell’impresa e la percezione del cittadino del suo ruolo: non solo un’entità produttiva e finanziaria, squisitamente economica, anche una realtà portatrice di valori. In una parola, una realtà politica. Al patto sottaciuto individuale si è dunque affiancato quello collettivo, che consegna all’immaginario la visione di un mondo futuro, un modello politico di società: più giusto, più equo, più responsabile. L’azienda si fa tutto.
Confini
La fabbrica, la società, la vita: il Capitale non può avere confini, il suo ciclo vitale è segnato dall’espansione. Deve alimentare costantemente l’accumulazione, fagocitare ogni spazio disponibile, mettere a valore ogni cosa. Sussumerà anche lo Stato? Forse non avrà, in realtà, la convenienza a farlo: svuotare progressivamente il potere politico fino a lasciarne solo un vuoto involucro utile a rappresentazioni di proscenio, può risultare economicamente e socialmente più proficuo; senza per questo rinunciare alla creazione di smart city private, riservate a facoltosi residenti. Per ora, lo Stato – borghese, direbbe Marx – conserva un’importante funzione: salvare il capitalismo dalle sue ontologiche crisi. Iniezioni di denaro pubblico e architettura legislativa su misura sono gli atti politici che consentono al sistema capitalistico di sopravvivere alle sue curve discendenti, e permettono il rinnovo tecnologico necessario alla continuità dei profitti: la crisi pandemica e quella energetica, la transizione ecologica e digitale, sono solo gli esempi più recenti (13). Tuttavia la visione marxiana struttura/sovrastruttura inizia a veder sfumare il confine. Non è un cambiamento di poco conto.
1) https://www.bbc.com/news/world-us-canada-56409924
4) https://www.dezeen.com/2017/11/13/bill-gates-plans-smart-city-arizona-desert-belmont-partners/# e https://hwy.co/bill-gates-smart-city-in-arizona/
5) Cfr. https://www.globest.com/2020/03/05/an-update-on-bill-gates-new-smart-city-in-arizona/
6) Cfr.https://nypost.com/2021/05/10/tech-bros-next-move-private-cities-without-government-control/
7) https://www.curbed.com/article/inside-the-peter-thielbacked-praxis.html
8) Il fatto che il bitcoin sia stato strutturato come una criptovaluta speculativa nulla toglie alla potenzialità della blockchain di creare una moneta mezzo di scambio. Per la storia del bitcoin e il funzionamento della blockchain, cfr. Giovanna Cracco, Bitcoin, tra tecnologia e politica, Paginauno n. 56, febbraio-marzo 2018
9) Per un approfondimento sul tema cfr. Giovanna Cracco, Contractor e diritti umani. Dalla guerra alla pace, la privatizzazione della violenza, 20° Rapporto sui Diritti Globali curato da Associazione Società Informazione, Milieu Edizioni, dicembre 2022
10) Per maggiori dettagli: Marcello Spagnulo, L’invisibile battaglia spaziale nella guerra d’Ucraina, Limes n. 7/2022, volume “La guerra grande”, luglio 2022; e volume “Lo spazio serve a farci la guerra”, Limes, dicembre 2021
11) Cfr. Giovanna Baer, USA: giustizia artificiale. Big data, IA e algoritmi predittivi nei tribunali, Paginauno n. 65, dicembre 2019/gennaio 2020
12) Cfr. Kate Crawford, Né intelligente né artificiale. Il lato oscuro delle IA, Il Mulino, 2021
13) Cfr. Giovanna Cracco, Capitalismo e ambientalismo. La transizione (non) ecologica, Paginauno n. 78, giugno/settembre 2022