Tria e Savona, l’accoppiata euro-scettica: Lega e 5 stelle si giocano tutto: Contratto di governo o perdita di voti, flessibilità europea o procedura d’infrazione. Le contraddizioni destinate a esplodere e la paura dell’establishment che una solida narrazione critica della Ue metta radici
Giovanni Tria al Ministero dell’Economia al posto di Paolo Savona, e quest’ultimo agli Affari europei, e tutto si è appianato: la crisi, politica, mediatica e finanziaria (speculativa [1]), dettata dalle posizioni anti-euro di Savona è rientrata. Sorprendentemente, perché sulla carta l’accoppiata è la più euroscettica che un governo italiano abbia mai visto. Non si spiega quindi il ‘cessato allarme’, se non con il fatto che l’alternativa – un governo Cottarelli che non avrebbe ricevuto neanche un voto in Parlamento, altre elezioni a breve e la conseguente instabilità per mesi – sarebbe stata ancora peggiore; evidentemente ora sono tutti convinti che Tria e Savona non usciranno dai consueti binari nei rapporti con l’Unione europea, ma ha ragione Salvini quando afferma di non aver fatto alcun passo indietro perché sulla moneta unica Tria ha le stesse posizioni di Savona.
Certamente il primo è meno barricadero del secondo, non ha mai parlato di un Piano B per l’Italexit, ma condivide il medesimo pensiero – che tra l’altro appartiene a diversi economisti critici verso l’euro, una posizione che fino a oggi ha avuto poco visibilità al di fuori dei circoli accademici, delle testate specializzate e della rete.
In una estrema sintesi, inevitabilmente tecnica, i punti chiave di questa posizione sono due: l’impostazione mercantilistica della Germania, che genera un surplus commerciale e finanziario in un’area monetaria priva di collaterali strumenti di compensazione che possano riequilibrare la bilancia dei pagamenti import/export tra i Paesi; e le regole inserite nei Trattati, fiscal compact ma non solo, che impediscono agli Stati di attuare una politica economica espansiva in una fase di crisi non certo alle spalle. “Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, ma non ha ragione neanche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando dice che «l’euro è irreversibile», se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l’implosione non l’exit” scriveva Tria sul Sole 24 ore nel marzo 2017 (2), puntando il dito sia sulla politica commerciale tedesca che sull’ostinazione europea a voler perseguire l’austerity invece di promuovere un piano di investimenti pubblici.
Aspetti affrontati anche a dicembre 2016, su Formiche.net, in un articolo nel quale Tria si dichiarava d’accordo con le posizioni espresse proprio da Savona qualche giorno prima sul Corriere della sera, in un commento scritto a quattro mani con Giorgio La Malfa (“Quel che mi ha colpito è che un’analisi economica seria, non si tratta di una battuta di politici anti-euro, ma di due eminenti economisti con i quali peraltro concordo in pieno, non abbia ricevuto fino a oggi commenti rilevanti, in accordo o in disaccordo”) (3): qui Tria entrava nella dinamica della svalutazione della moneta come strumento di riequilibrio economico del mercato, interdetto all’interno di un’unica area valutaria quale è l’euro, concludendo: “Non si tratta di dividersi tra liberisti e keynesiani, tra fautori delle virtù del mercato e fautori dell’intervento dello Stato. Il nodo è che il libero mercato qui non c’entra niente. Se con cambi fissi si rinuncia a un meccanismo di riequilibrio allora devono esserci altri meccanismi in un sistema coerente, i mercati non funzionano a metà. E non c’entrano neppure le maggiori o minori virtù italiche rispetto a quelle germaniche. Se saremo meno bravi saremo più poveri, ma la competizione non può essere truccata, il mercato non può essere distorto solo per la parte che conviene ad alcuni Paesi e invocato per il resto. Peraltro, dal 2008 ci dicono che la risposta dovrebbe essere la deflazione interna, ma è evidente che questa c’è stata ma non ha funzionato, anche perché promuovere la deflazione in Paesi con alto debito, e non parliamo solo dell’Italia, è un evidente suicidio. Forse è ora di abbandonare molti tabù che hanno impedito, come rilevano La Malfa e Savona, almeno di analizzare i problemi e prepararsi a soluzioni alternative”.
È indubbio quindi che il neo ministro dell’Economia ha nei confronti dell’euro una posizione che non è mai appartenuta ad alcuno dei suoi predecessori, e questo potrebbe portare interessanti e nuovi sviluppi con l’Unione europea.
L’Osservatorio conti pubblici italiani ha quantificato il costo del “Contratto di governo” sottoscritto da 5 stelle e Lega tra i 108 e i 125 miliardi, a fronte di coperture che non sono state indicate (Figura 1).
Di certo se ne troveranno, ma gli analisti concordano sul fatto che le misure programmate possono essere attuate solo ricorrendo a un deficit di bilancio, come previsto anche al punto 8 dello stesso Contratto. Ciò significa entrare in rotta di collisione con l’Unione europea. Tria sa certamente cosa lo aspetta, ed è qui, oltretutto, che entrerà in gioco anche Savona. Quando il neo ministro dell’Economia presenterà alla Commissione Ue una manovra di bilancio in deficit, rischierà di far scattare l’art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFEU) che regola i “disavanzi pubblici eccessivi” (4) (vedi box in fondo all’articolo).
Di fatto, l’Italia potrà essere commissariata, perdendo sovranità sulla sua politica economica: gli potrà essere imposto un vincolo per l’emissione di nuovi titoli di Stato, una revisione dei prestiti concessi dalla Banca europea per gli investimenti, e delle sanzioni. Sull’avvio di questa procedura non solo Tria ma anche Savona avrà un ruolo chiave: rientra infatti tra le competenze del ministro per gli Affari europei seguire le procedure d’infrazione, adoperandosi per prevenirle.
La ‘messa in mora’ non scatterà in automatico: le regole europee hanno infatti la caratteristica di essere particolarmente sensibili alle convenienze e soprattutto ai giochi di forza e di potere: la Germania non ne rispetta da anni alcune fondamentali (5) eppure non è mai stata messa all’angolo. Ma proprio perché, per quanto rigide sulla carta, sono di fatto decisioni soggette a scelte politiche, è facile prevedere che con l’Italia e il suo governo ‘populista’ la Commissione non sarà altrettanto benevola come è da sempre nei confronti della Germania.
Tria e Savona, e Salvini e Di Maio, affermano di voler modificare le regole scritte nei Trattati; forse non gli ultimi due, ma di certo i primi sono consapevoli che non sarà possibile, perché solo un voto all’unanimità all’interno del Consiglio – quindi dei rappresentanti di tutti i Paesi – e la successiva approvazione da parte di tutti i relativi Parlamenti nazionali, può modificare il contenuto dei Trattati (6). Dunque qualcuno resterà con il cerino acceso in mano. O l’Unione europea, se la Commissione approverà il deficit in bilancio, stiracchiando le regole, o il governo italiano. Ma è difficile che la Ue forzerà i vincoli fino al punto di rendere realizzabile l’intero Contratto: potrà al massimo concedere un po’ di ‘flessibilità’, e a quel punto Di Maio e Salvini dovranno spiegare ai proprio elettori perché non sono in grado di attuare interamente il programma che hanno sottoscritto.
Non è detto che, come cittadini, sapremo ciò che accade in quelle segrete stanze. L’art. 126 infatti prevede che le ‘raccomandazioni’ della Commissione al Paese soggetto a procedura d’infrazione non siano rese pubbliche, a meno che il Paese si rifiuti di seguirle: in questo caso la Commissione può scegliere se togliere la riservatezza (vedi commi 7 e 8 nel box in fondo all’articolo).
C’è un altro aspetto da considerare. È probabile che il nuovo governo azzererà vertici e direttori Rai, com’è consuetudine, e insedierà i propri uomini. Se dunque l’Unione europea si rivelerà un ostacolo insormontabile per l’attuazione del programma, Salvini e Di Maio avranno nella televisione pubblica un palcoscenico da cui spiegare ai cittadini le ragioni per cui non possono dar seguito alle loro politiche economiche – e se non sono stupidi e non vogliono crollare nei consensi alle prossime elezioni non si limiteranno a lanciare generici slogan del tipo “è colpa dell’Europa”, poco efficaci perché presterebbero il fianco ad accuse di sprovvedutezza e incompetenza, ma daranno chiarimenti dettagliati –; potranno farlo direttamente o ponendo davanti alle telecamere Tria e Savona, ben più preparati in materia, e oltretutto due figure tecniche che all’interno del mondo economico si sono già contraddistinte per le loro posizioni critiche sull’euro (quindi difficilmente si faranno problemi a ribadirle) e, salvo sorprese, prive di ambizioni politiche, dunque di calcoli su futuri eventuali interessi elettorali.
Tirate giù le maschere, il governo potrà anche trovare conveniente dare le dimissioni. A quel punto la campagna elettorale avrà davvero i toni da referendum pro o contro l’euro, ma con una differenza sostanziale rispetto a oggi: le posizioni contro, anche quelle dei cittadini, saranno rafforzate dalla concretezza di una consapevolezza dei meccanismi e della realtà europea che oggi generalmente manca, perché la narrazione dominante a favore dell’euro è stata semplicistica, omissiva e il più delle volte falsa. Allora sì che la Lega, forse i 5 stelle, si spera anche una sinistra finalmente risvegliata (7), potranno porre seriamente sul tavolo il tema di un Piano B per l’Italexit; cosa impossibile ora – come dimostra anche l’impegno di Salvini e Di Maio ad affermare che non c’è alcuna intenzione di uscire dall’euro – perché mancando la conoscenza, nei cittadini prevale, ed è comprensibile, la propaganda a favore diffusa da decenni, e dunque l’incapacità a immaginare qualcosa di diverso e la conseguente paura per ciò che viene percepito come un salto nel vuoto.
E forse è questo che più terrorizza l’establishment politico, economico e finanziario: la Lega e i 5 stelle si giocano tutto e con questo governo potrebbe diffondersi e mettere radici una solida diversa narrazione rispetto all’Unione europea.
C’è una nota dolente, ovviamente: è un governo a trazione a destra. Il Contratto non è tutto da cestinare, ha luci e ombre, ma nelle più oscure di queste ultime si riconosce la mano della Lega: derive securitarie e giustizialiste (qui c’è anche il contributo dei 5 stelle), politica dell’immigrazione repressiva (tuttavia dopo quel che è riuscito a fare il Pd targato Minniti vedremo una linea di continuità [8]) e flat tax, su cui Tria, prima ancora che il nome uscisse per il Dicastero dell’Economia, su Formiche. net (9) si era espresso entusiasticamente, perfino prevedendo di far scattare in parziale copertura le clausole di salvaguardia dell’Iva – nel Contratto è tuttavia indicata la volontà di sterilizzarle, vedremo. Dubbioso era invece sul reddito di cittadinanza, ma è probabile che quando sarà chiaro che è in realtà un reddito di inclusione sociale, in stile Piano Hartz tedesco, che mira a gestire la povertà invece di modificare la struttura del sistema capitalistico che la genera (10), Tria diventerà favorevole.
Questo governo quindi potrebbe fare esplodere le contraddizioni – e ha già iniziato a farlo, costringendo Mattarella a mostrare l’etica non ufficiale in un discorso di 7 minuti che resterà nella storia della democrazia italiana: è il mercato ad avere il primato, non la volontà popolare. Salvo poi fare un passo indietro, sicuramente per l’errore Cottarelli, ma forse il Quirinale si è anche reso conto che anni di manipolazione dell’opinione pubblica a opera dei media mainstream non hanno normalizzato (rimbecillito) i cittadini fino al punto di non comprendere la gravità politica di quelle parole. Purtroppo sarà un governo di destra a farle esplodere. Ma qui, come più volte scritto in queste pagine, è mancata la sinistra.
Articolo 126, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(paragrafi 5-9/11)
5. La Commissione‚ se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo‚ trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
6. Il Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo.
7. Se, ai sensi del paragrafo 6, decide che esiste un disavanzo eccessivo, il Consiglio adotta senza indebito ritardo, su raccomandazione della Commissione, le raccomandazioni allo Stato membro in questione al fine di far cessare tale situazione entro un determinato periodo. Fatto salvo il disposto del paragrafo 8, dette raccomandazioni non sono rese pubbliche.
8. Il Consiglio, qualora determini che nel periodo prestabilito non sia stato dato seguito effettivo alle sue raccomandazioni, può rendere pubbliche dette raccomandazioni.
9. Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest’ultimo può decidere di intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le misure volte alla riduzione del disavanzo che il Consiglio ritiene necessaria per correggere la situazione. In tal caso il Consiglio può chiedere allo Stato membro in questione
di presentare relazioni secondo un calendario preciso, al fine di esaminare gli sforzi compiuti da detto Stato membro per rimediare alla situazione.
11. Fintantoché uno Stato membro non ottempera a una decisione presa in conformità del paragrafo 9, il Consiglio può decidere di applicare o, a seconda dei casi, di rafforzare una o più delle seguenti misure:
— chiedere che lo Stato membro interessato pubblichi informazioni supplementari, che saranno specificate dal Consiglio, prima dell’emissione di obbligazioni o altri titoli;
— invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato membro in questione;
— richiedere che lo Stato membro in questione costituisca un deposito infruttifero di importo adeguato presso l’Unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto;
— infliggere ammende di entità adeguata.
1) Cfr. Massimo Brambilla, Sull’Italia impazza la speculazione. Lo dicono i Cds, Milano Finanza, 30 maggio 2018
2) Giovanni Tria e Renato Brunetta, Superare i tabù per salvare Unione ed euro, Il Sole 24 ore, 8 marzo 2017
3) Giovanni Tria, Vi spiego la competizione truccata in Europa che favorisce la Germania, Formiche.net, 30 dicembre 2016
4) Art. 104 Trattato di Maastricht, divenuto l’art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFEU) dopo le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona
5) Cfr. Sergio Cesaratto, Chi non rispetta le regole? Italia e Germania, le doppie morali dell’euro, Imprimatur; vedi anche la recensione a pag. 75
6) Art. 48 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
7) Cfr. Giovanna Cracco, Sinistra e Unione europea: aspettando Godot, Paginauno n. 57/2018
8) Cfr. Giovanna Baer, Italia vs Ong: vietato salvare i migranti, Paginauno n. 58/2018
9) Cfr. Giovanni Tria, Perché Di Maio e Salvini devono concentrarsi sulla politica industriale. L’opinione di Tria, Formiche.net, 14 maggio 2018
10) Cfr. Clash City Workers, La Germania incantata, Paginauno n. 53/2017