La questione della maternità surrogata
Che cosa sta succedendo nel movimento che dal World Pride del 2000 si è chiamato LGBT, fatto di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender, intersessuali e così via fino al queer, che
vorrebbe assorbire in sé tutte queste denominazioni?
Nel luglio 2016 dopo vent’anni di lotte è stata approvata la legge sulle unioni civili (1), che iscrive nel diritto il riconoscimento degli amori tra persone dello stesso sesso. Gay e lesbiche possono da allora ufficializzare le proprie relazioni, ovvero fondare – secondo la Costituzione – una “formazione sociale specifica” che non è una famiglia, ma che comunque permette di stabilire una priorità relazionale ‘togliendoci’ finalmente all’appartenenza alla famiglia di origine, fino ad allora inscindibilmente la relazione più prossima. Inutile ricordare i drammi vissuti da chi si è vista o visto strappare la propria o il proprio partner nei casi di malattia o di incidenti gravi – la famiglia di origine spesso non perde l’occasione di allontanare la o il partner sgradito, impedendole non solo di prendere decisioni ma anche di essere vicina all’amata o all’amato.
Certo, non è la pari dignità tra le relazioni eterosessuali e omosessuali, ma un passo in avanti lo è. Che cosa farà il movimento LGBT dopo questa vittoria? Dal 2007 la parola d’ordine era già diventata ‘matrimonio’, non più ‘unione civile’, allo scopo di stabilire una completa equiparazione tra coppie etero e omosessuali in nome del principio di uguaglianza e di non discriminazione. Anche dopo l’istituzione delle unioni civili questo rimane l’obiettivo del movimento, secondo quanto dichiarato il 22 novembre a Roma al convegno “Italia e Diritti LGBTI nel mondo. Un anno di applicazione della legge sulle unioni civili”.
L’incontro, nel quale hanno parlato i rappresentanti di tutte le associazioni nazionali LGBT e i parlamentari di riferimento: Cirinnà, Lo Giudice (presidente onorario di Arcigay), Manconi (invitata anche Polverini), è stato organizzato da Globe Mae, l’associazione dei dipendenti gay e lesbiche del ministero degli Affari esteri presieduta dal ministro plenipotenziario Fabrizio Petri. Matrimonio con filiazione alla nascita, si è insistito. In effetti una pecca delle unioni civili è che non permette il riconoscimento di una doppia maternità: se un bambino nasce voluto da una coppia di donne, la madre non biologica non ha alcun ruolo ufficiale nei confronti del nuovo nato. Il riconoscimento non è comunque negato in assoluto dallo Stato italiano: in nome della continuità delle relazioni, diversi tribunali hanno stabilito la condivisione della responsabilità (un tempo ‘potestà’) genitoriale tramite un’adozione come caso speciale, senza perdita di responsabilità per il genitore biologico (art. 44 lettera B, l. 184/1983): il 30 luglio 2014 il Tribunale dei minorenni di Roma l’ha dichiarata per una coppia lesbica, e l’adozione è stata confermata dalla Corte d’appello (23 dicembre 2015) e poi dalla Cassazione il 22 giugno 2016 (sentenza 12962/16).
Anche i diritti di visita alla partner dopo una separazione sono stati riconosciuti dal tribunale di Palermo (sez. I, 13 aprile 2015). Nulla vieta di richiedere miglioramenti nell’unione civile come il riconoscimento di questa filiazione sociale per legge, grazie alla capacità della madre di condividere la propria maternità con la partner, pratica che dovrebbe avere riflessi nel diritto. Secondo logica, il riconoscimento del nucleo familiare andrebbe accompagnato dalle modifiche che spostino l’unione civile dalla rubrica costituzionale “formazione sociale specifica” a “famiglia”.
Invece nelle coppie maschili nessuno partorisce – e quindi che cosa significa richiedere la “filiazione alla nascita” per un movimento che è composto in grande maggioranza da uomini gay (2)? Significa – mi correggano se sbaglio – la richiesta che anche in Italia venga introdotta la surrogazione di maternità (3), presente in alcuni disegni di legge sul matrimonio egualitario della legislatura che sta per finire, oppure che si continuino a chiudere entrambi gli occhi sulle centinaia di casi di neonati partoriti all’estero da qualcuna di estranea alla coppia etero o (naturalmente) gay e uomini singoli, e poi importati in Italia.
La doppia genitorialità è comunque già stata riconosciuta per verdetto anche a coppie gay: nel febbraio 2017 il tribunale di Trento oltre a riconoscere la genitorialità del partner del padre biologico di figli nati con una Gpa in Canada (atto dovuto se vi è stata continuità del doppio ruolo paterno in quella famiglia), ha anche conferito validità al certificato di nascita che li indica entrambi come genitori legali, senza menzionare la madre, nemmeno con il suo anonimato. Questo è legale in alcune province canadesi, che tolgono alle madri la possibilità di riconoscere i figli con dei “pre-birth orders” che assegnano la genitorialità ai committenti ancora prima della nascita. Gli “ordini pre-nascita” sono atti veramente bizzarri per il nostro ordinamento, dal momento che si diventa ‘figlio di’, cioè una persona, soltanto con la nascita.
La disponibilità delle donne canadesi a farsi veicolo di genitorialità altrui non è ovviamente priva di scambi di denaro: cospicui “rimborsi spese” cambiano normalmente di mano per il passaggio di neonati da una famiglia all’altra, smentendo quello che ha scritto il tribunale di Trento che ha giustificato la sentenza con la gratuità e l’altruismo. Pende infatti il ricorso in appello, che dovrà includere nella valutazione il recente giudizio della Corte Costituzionale che ha nettamente escluso la possibilità di riconoscere in automatico la surrogazione di maternità fatta all’estero nel nostro ordinamento, dato che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” (272/2017 del 19 dicembre 2017).
Siamo in attesa di vedere se queste pesanti parole che dichiarano la surrogazione di maternità contraria ai valori della Costituzione avranno eco nel movimento LGBT, che è fermo alle prese di posizione favorevoli di alcune associazioni, mentre nettamente contraria è solo l’ArciLesbica uscita dall’ultimo congresso del 2017, che ritiene che nessun regolamento bene intenzionato possa togliere alla surrogazione di maternità il suo carattere intrinsecamente costrittivo verso le madri retribuite.
A parte la menzione poco articolata e argomentata della Gpa del documento politico del Gay Pride di Roma del 2017 (con l’adesione del Comitato Torino Pride) (4), solo Famiglie Arcobaleno e Certi Diritti, tra le tante componenti nazionali del movimento LGBT, hanno apertamente rivendicato la legalizzazione di questi contratti, richiedendo che il consenso della futura madre a separarsi dalla prole sia irreversibile, venendo contestualmente retribuita. È questo il succo della ‘gestazione per altri’, o surrogazione di maternità: un istituto giuridico nel quale un neonato o una neonata (più spesso gemelli, dato che in molti casi vengono impiegate tecniche di riproduzione assistita con acquisto di ovuli, per motivi legali e psicologici) nascono da una “portatrice”, non da una madre in senso legale. Sono pochi, una ventina, i Paesi che hanno introdotto questa novità giuridica: una donna che partorisce non è riconosciuta come madre quando si impegna a fare una “gestazione per altri”, nemmeno se lo vuole.
In California non è nemmeno necessaria una parentela genetica: si possono acquistare i gameti e mettere la “portatrice” sotto contratto diventando genitori con tutte le garanzie della legge. E se la “portatrice” cambia idea nel corso della gravidanza e vuole essere madre del bambino che ha messo al mondo? Come detto, in generale non può, anche se in alcune giurisdizioni la madre può chiedere a un tribunale di valutare “il migliore interesse” del neonato di rimanere con lei, ma dopo aver restituito tutte le somme ricevute e pagato la penale prevista. Però difficilmente i giudici – proprio come se la donna nella Gpa si trasformasse in una macchina da riproduzione (Marco Gattuso di Famiglie Arcobaleno definisce la Gpa “una tecnica”, non una gravidanza (5) – riconoscono che il migliore interesse di un neonato è quello di stare con la propria madre, anche se più povera o se prima era intenzionata a venderlo. La donna avrà qualche speranza di proseguire la sua relazione materna solo se è anche la madre genetica, altrimenti – in generale – la gravidanza per altri non è riconosciuta come fondazione di una famiglia.
Quando Gran Bretagna e Canada hanno introdotto la surrogazione di maternità, la “portatrice” non doveva separarsi dai figli se non lo voleva, ma oggi sulla sorte dei neonati non decide lei ma un tribunale. Con l’approvazione della Gpa l’unica parentela veramente relazionale e non solo biologica alla nascita di un essere umano, quella con la donna che l’ha ‘portato in grembo’ – cioè creato con la sua carne e il suo sangue e il suo dolore e la sua gioia – è sparita dalla legge. Questo istituto giuridico permette quindi di fare commercio di esseri umani, richiedendone la produzione in cambio di soldi da parte di donne concettualmente parificate a macchine per partorire, che agiscono come operaie della gravidanza, con l’interdetto di affezionarsi ai propri figli.
La linea di difesa di questo indifendibile da parte dei soggetti LGBT che dicono di essere “a favore della Gpa” è che le “portatrici” non cambiano idea, sono donne generose, libere, autodeterminate. Ma è un paradosso: firmando il contratto di Gpa si “autodeterminano” a non autodeterminarsi. Firmano un contratto che è in pratica un contratto di lavoro, e forniscono un neonato alla stregua di un prodotto, perché le donne che lo fanno senza essere retribuite sono le proverbiali mosche bianche. Che l’argomento dell’autodeterminazione delle donne sia una foglia di fico lo ha mostrato la reazione del sito di informazione gay.it (6) al fatto che in Inghilterra – dove addirittura ancora chiamano il loro modello “Gpa altruistica” – una donna si è vista un poco forzata nel suo altruismo (7).
Quando ha voluto continuare a essere madre, la sua autodeterminazione è stata stroncata dal tribunale a cui si sono rivolti i due aspiranti padri committenti, che ha allontanato la bimba di sei mesi dalla madre per affidarla a loro, due sconosciuti (anche il padre genetico, non avendo una relazione con la madre, era tale per la bimba). “Gpa, madre surrogata cerca di tenersi il bambino
di una coppia gay” ha titolato gay.it, approvando la violenza di Stato di questo allontanamento. Nell’articolo si legge: “I due uomini si sono così rivolti a un tribunale inglese, che ha riconosciuto il loro diritto a crescere il bambino” mentre la madre e il suo compagno potranno vederla una volta ogni due mesi. Quello che gay.it chiama il “diritto” dei due uomini è solo il contratto di Gpa.
Non si tratta quindi di autodeterminazione delle donne, ma in sostanza della creazione di un nuovo mercato in tempi di crisi (periodica) del sistema di produzione capitalistico, che è alla continua ricerca di nuovi ambiti da trasformare in compravendite con occasioni di profitto per far funzionare la sua ragione d’essere: il circuito D-M-D’. Infatti la Gpa non è un accordo tra privati, ma un contratto con valore legale: ci vogliono modifiche importanti all’ordine pubblico per ammetterlo, perché quello che si cambia è che uno status di parentela, quello materno, diventa oggetto di commercio. La transazione si fonda ideologicamente sulla prevalenza del legame genetico paterno su quello materno, e quindi per gli acquirenti funziona al meglio quando l’ovocita non è della gestante, frammentando la figura materna grazie alle tecniche di procreazione assistita.
Le cliniche ci fanno soldi, gli avvocati ci fanno soldi, gli intermediari che vanno a caccia di donne disponibili ci fanno soldi, le donne ‘generose’ pure ci fanno soldi, anche se può non essere questa la loro motivazione principale secondo quanto raccontano. Un bambino costa più di un automobile, e quelli ‘fabbricati’ in vitro – più costosi – sono creduti essere migliori, così come è diffusa tra i gay la visione che la loro genitorialità scelta e non capitata sia addirittura migliore di quella degli etero. È l’ideologia neoliberale e transumanista (8) al suo culmine: la scelta, la migliorabilità degli esseri umani con gli interventi tecnologici sugli embrioni, il mercato che regola al meglio anche la riproduzione frammentando i compiti: la madre che non è più tale ma è ridotta a “gestante” (9), mentre il suo neonato è considerato una tabula rasa come se si trattasse di un oggetto e non di una persona che ha già la sua importantissima relazione materna, e può così essere assegnato al migliore offerente con miglioramento della felicità di tutti (10). Addirittura c’è chi va nei Paesi poveri per risparmiare e si sente un cooperante allo sviluppo: quante povere donne indiane diventano (quasi) ricche grazie all’affitto dei loro ventri!
I neoliberisti che hanno approvato le rivendicazioni del movimento LGBT, diventate la patente di progressismo di quella stessa Unione europea che fa a pezzi i diritti dei cittadini in rapporto alla salute, all’istruzione, al lavoro, alle pensioni come ha fatto il renzismo in Italia, ora passano all’incasso, volendo saldare le nuove rivendicazioni del movimento LGBT alla loro missione di creazione di nuovi mercati. Da dove viene infatti questa strana richiesta del movimento LGBT? Chi ha avuto figli con la Gpa sono coppie gay piuttosto facoltose, dato che il prezzo è di diverse decine di migliaia di euro, anche più di centomila. Gli eterosessuali possono risparmiare andando in luoghi come l’Ucraina, la Russia o la Cambogia, dove le donne vengono retribuite meno, ma i gay devono andare necessariamente in Canada o negli Stati Uniti, perché sono ‘discriminati’ nell’accesso a questo istituto giuridico in quasi tutti gli Stati che lo hanno introdotto.
Si tratta quindi di uomini ricchi: la contrapposizione in termini di classe tra abbienti e non abbienti e la contrapposizione in termini di sesso tra uomini e donne sono fratture politiche che non risparmiano certo quell’entità apparentemente caratterizzata solo dall’orientamento sessuale (e dall’identità sessuale non conforme al proprio corpo per le o i trans) che è il movimento LGBT.
La contraddizione di classe e di sesso nel movimento LGBT è scoppiata prima nel settembre 2016 con la presa di posizione delle lesbiche contrarie alla regolamentazione (cioè all’introduzione) della Gpa (11) e poi con la vittoria delle tesi “A mali estremi lesbiche estreme” dell’8° congresso di ArciLesbica, avvenuto a Bologna nel dicembre 2017, che ha messo in minoranza il gruppo “Riscoprire le relazioni”, che voleva regolamentare la Gpa lasciando l’ultima parola alla gestante-madre, senza riflettere sul fatto che già in altri Paesi, come i summenzionati Canada e Gran Bretagna, questa garanzia data dalla legge è stata inevitabilmente tolta dal mercato, perché la certezza della consegna ai committenti paganti è la ragione d’essere di un istituto giuridico che si chiama appunto “gestazione per altri” (12).
Nel documento politico approvato si legge che: “La maternità surrogata non è una pratica né tanto meno una tecnica medica (anche se si avvale di tecniche mediche), ma è un nuovo istituto giuridico di forte impronta patriarcale che esercita un controllo sulle donne e imprime un marchio di proprietà sulle bambine e sui bambini tramite un contratto e la forza del potere economico, ripresentando la situazione tipica del periodo precedente l’emancipazione femminile, quando la madre forniva e accudiva la prole, ma non ne aveva la responsabilità genitoriale […] La maternità surrogata oggettifica i corpi femminili e legittima che parti del corpo delle donne siano trattate come merci: questo ha inevitabilmente effetti anche sul piano simbolico perché viene toccato e degradato il valore di donne e bambine/ i attribuendogli un prezzo” (13).
Pare che questa posizione abbia ‘messo fuori’ ArciLesbica dal movimento LGBT, tanto che la componente minoritaria è ora sollecitata a uscire dall’associazione per ricongiungersi ai gay. Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ha scritto contro ArciLesbica che “contrasterà senza sosta le istanze di esclusione delle persone trans, le posizioni contro la genitorialità per le coppie dello stesso sesso, la negazione della libertà di autodeterminazione delle portatrici di gravidanza per altri e altre o dei/delle sex workers e il concetto eteronormativo e binario di ‘maschi vs femmine’. Queste posizioni rappresentano una piattaforma politica e valoriale totalmente incompatibile con la storia e le rivendicazioni del movimento LGBT+”.
A parte il fatto, non indifferente, che gran parte di queste affermazioni sono interpretazioni false e diffamatorie del documento di ArciLesbica, nessuna di queste posizioni è mai stata una rivendicazione storica del movimento LGBT, anche prima che si chiamasse in questo modo, quando c’erano i gay da una parte e le lesbiche separatiste dall’altra. Non risulta che ai tempi del caso Baby M, la prima controversia legale sulla Gpa nel 1984 negli Usa, gay e lesbiche organizzati abbiano preso posizione, tanto più che la autodeterminazione della madre di Baby M sarebbe stata tenersi la bambina – cosa che le venne negata anche se il contratto di Gpa non fu considerato valido. ArciLesbica è talmente contro l’“omogenitorialità” che rivendica l’apertura dell’adozione alle coppie dello stesso sesso, ed è così escludente nei confronti delle donne trans da tesserarle nell’associazione – una di loro ha anche firmato le tesi approvate dal congresso.
Il cosiddetto “sex work” non c’entra nulla, ma è un’altra bandiera fatta propria dagli LGBT come Sergio Lo Giudice, che ha depositato un disegno di legge per ammettere la prostituzione nei confronti dei disabili (detta “assistenza sessuale”): primo passo per arrivare ai regolamenti di stampo ottocentesco come quelli contro i quali in Germania oggi le stesse prostitute si mobilitano? Che differenza dovrebbe esserci infatti tra un disabile e chiunque altro, una volta stabilito un presunto ‘diritto sessuale’ all’accesso a pagamento a un corpo altrui? Come il falso ‘diritto alla genitorialità’, questo presunto ‘diritto al sesso’ significa solo la garanzia dell’accesso all’interiorità di corpi altrui, trattati come merci.
Infine: gay e lesbiche sono sempre stati tanto ‘insensibili’ alle differenze tra maschi e femmine da farne la causa di unione politica in quanto donne che amano altre donne e uomini che amano altri uomini! Nelle rivendicazioni elencate dal Circolo Mieli e negli atti parlamentari del presidente onorario di Arcigay sembra profilarsi una nuova alleanza di maschi, etero e omo, che danno l’assalto ai corpi femminili volendo metterli sul mercato (14). La bandiera la fornisce il neoliberismo che esalta la libertà di scelta senza volere o potere cambiare le condizioni date alle scelte. È una ben strana ‘protezione’ data dai Paesi anglosassoni, cioè quelli in cui il liberismo e il neoliberismo la fanno da padrone, alla ‘libertà’ di vendersi come si vuole, ben misera merce politica di scambio per una classe lavoratrice che perde ogni altro diritto.
La Gpa significa anche avere dei contenitori femminili a disposizione di chi vuol riprodursi e non può o non vuole farlo direttamente, nell’attesa dell’utero artificiale. Queste le prossime frontiere transumaniste del movimento LGBT (i cui esponenti, beninteso, non sempre sono consapevoli di aderirvi) se la linea di ArciLesbica continuerà a essere minoritaria nel movimento. Ma l’omofobia e la lesbofobia in Italia continuano anche dopo il riconoscimento pubblico delle nostre relazioni: davvero vogliamo accrescerle con le nostre stesse rivendicazioni?
1) Legge 20 maggio 2016, n. 76, Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/05/21/16G00082/sg
2) E che anzi, nel corso del dibattito legislativo sulle unioni civili ha cancellato il femminile, come mostro nel mio articolo The Italian Debate about Homoparentality and Civil Unions: The Disappearance of Lesbians and Mothers, in corso di stampa su rivista scientifica
3) La surrogazione di maternità (o gestazione per altri, Gpa) è fondamentalmente un istituto giuridico che stabilisce eccezioni all’antico principio mater semper certa est, che significa che la legge ha sempre riconosciuto come madre – al di là dei casi di schiavitù – la donna che ha partorito, riconoscendo e trascrivendo nel diritto il legame relazionale materno-filiale
4) “Chiediamo […] una legislazione che permetta la gestazione per altri anche nel nostro Paese, rispettosa della libertà di autodeterminazione delle donne che scelgono di fare le gestanti in maniera libera e consapevole”, https://www.romapride. it/documento-politico/. Ma la Gpa è un contratto che impedisce alle donne la propria autodeterminazione, e non tiene conto del diritto dei neonati alla propria vita famigliare
5) http://www.giudicedonna.it/2017/numero-uno/articoli/forum/maternit%C3%A0/Gestazione%20per%20altri%20-20Gattuso.pdf
6) http://www.gay.it/attualita/news/gpa-madre-surrogata-cambia-idea
7) Sally Hayden, Surrogate mother loses battle to keep baby from gay couple, 18 novembre 2017
8) Il transumanesimo afferma che l’umano e la Natura sono migliorabili grazie allo sviluppo della tecnologia. Tutto quello che vediamo testimonia del contrario: l’impegno incessante degli attori del mercato capitalistico per tramutare ogni cosa in denaro distrugge gli equilibri del vivente
9) La cultura del patriarcato, che assorbiamo dalla nascita, trasmette disprezzo per quello che fanno le donne, come se mettere al mondo riguardasse la materia bruta, scrive Mariam Irene Tazi-Preve in Motherhood under patriarchy (Stoccarda, Budrich 2013)
10) Come sostiene la scuola Law and Economics dell’Università di Chicago, vedi: Landes, William M., e Richard A. Posner. 1978. “The economics of the baby shortage”. The Journal of Legal Studies 7(2): 323-348
11) Lesbiche contro la GPA: Nessun regolamento sul corpo delle donne, La Repubblica, 26 settembre 2016, download. repubblica.it/pdf/2016/cronaca/no-regolamenti.pdf
12) Ci sono anche eminenti esponenti del movimento gay contrari alla Gpa, come Aurelio Mancuso, Giampaolo Silvestri e Giovanni Dall’Orto, https://giovannidallorto.wordpress.com/2017/10/05/contro-la-gestazione-per-altri-gpa/
13) http://www.arcilesbica.it/wp-content/uploads/2015/12/a-mali-estremi-lesbiche-estreme_2017.pdf
14) Cfr. Giovanna Baer, Padri a tutti i costi, Paginauno n. 47/2016