Oxfam International
L’accusa di Oxfam International: “La pandemia ha rivelato come per la maggior parte degli abitanti del pianeta la distanza dalla miseria equivalga a un solo stipendio. Sono tassisti, parrucchieri, piccoli commercianti. Sono guardie di sicurezza, addetti alle pulizie, cuochi. Sono operai, sono contadini. La crisi del coronavirus ci ha mostrato come, per la maggior parte dell’umanità, non vi sia mai stata una via d’uscita definitiva dalla povertà e dall’insicurezza bensì, al massimo, una temporanea e fragilissima tregua”
La crisi del coronavirus si è abbattuta su un mondo già estremamente disuguale. Un mondo in cui uno sparuto gruppo di oltre 2.000 miliardari possedeva più ricchezza di quanta non ne potesse spendere in un migliaio di vite; un mondo in cui quasi metà dell’umanità era costretta a sopravvivere con meno di 5,50 dollari al giorno. Un mondo in cui, in 40 anni, la quota del surplus di reddito andata all’1% più ricco era oltre il doppio di quella fluita alla metà più povera della popolazione globale e in cui, negli ultimi 25 anni, lo stesso 1% più ricco ha bruciato il doppio di carbone rispetto al 50% più povero, acuendo l’attuale crisi climatica e ambientale. Un mondo in cui il crescente divario tra ricchi e poveri ha alimentato e aggravato antiche disuguaglianze di genere e razza.
La disuguaglianza è il prodotto di un sistema economico distorto e improntato allo sfruttamento, le cui radici affondano nei principi neoliberisti e nel condizionamento della politica da parte delle élite. Ha sfruttato ed esacerbato sistemi basati su disuguaglianza e oppressione croniche, ossia il patriarcato e il razzismo strutturale radicati nella supremazia bianca. Questi sistemi sono le cause primarie dell’ingiustizia e della povertà: generano enormi profitti, accumulati nelle mani di un’élite patriarcale bianca, sfruttando persone che vivono in povertà, donne e comunità razzializzate e storicamente emarginate e oppresse in tutto il mondo. La disuguaglianza fa sì che vi siano più malati e meno persone istruite che vivono una vita felice e dignitosa; avvelena la politica, alimenta l’estremismo e il razzismo, ostacola la lotta alla povertà, condanna molte più persone alla paura e lascia a poche la speranza.
Quest’estrema disuguaglianza significa che miliardi di persone vivevano già al limite delle proprie possibilità quando è scoppiata la pandemia: non avevano né risorse né alcuna forma di sostegno per resistere alla tempesta economica e sociale che essa ha creato. Oltre tre miliardi di persone non avevano accesso all’assistenza sanitaria, tre quarti di tutti i lavoratori non avevano accesso a forme di protezione sociale come il sussidio di disoccupazione o l’indennità di malattia, e nei Paesi a basso e medio-basso reddito oltre la metà degli occupati si trovava in condizione di povertà lavorativa.
Dall’inizio della pandemia i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri
Nei primi mesi della pandemia il mercato azionario ha subìto un crollo che ha causato una drastica riduzione della ricchezza finanziaria dei miliardari. Questa battuta d’arresto è stata però di breve durata: nel giro di nove mesi i 1.000 miliardari più ricchi, principalmente uomini e bianchi, hanno recuperato tutta la ricchezza che avevano perso. I governi hanno fornito alle proprie economie un sostegno senza precedenti e il mercato azionario è tornato a espandersi, facendo lievitare i patrimoni miliardari anche mentre l’economia reale si trovava ad affrontare la più profonda recessione da un secolo a questa parte. Dopo la crisi finanziaria del 2008 sono stati necessari cinque anni affinché la ricchezza dei miliardari tornasse ai livelli pre-crisi. A livello mondiale, tra il 18 marzo e il 31 dicembre 2020 la ricchezza dei miliardari ha registrato un’impennata di ben 3.900 miliardi di dollari arrivando a toccare quota 11.950 miliardi. Tale cifra è pari a quella spesa dai governi del G20 in risposta alla pandemia. Il patrimonio dei 10 miliardari più ricchi al mondo è complessivamente aumentato di 540 miliardi di dollari nei nove mesi presi in esame.
A seguito del blocco dei voli commerciali, in tutto il mondo sono aumentate a dismisura le vendite di jet privati. Mentre il Libano si trova ad affrontare una vera e propria implosione economica, i suoi super-ricchi vanno a rilassarsi in località di montagna. Qualsiasi Paese si prenda in esame, sono sempre i più abbienti a essere meno colpiti dalla pandemia e a recuperare più velocemente i propri livelli di ricchezza; rimangono però tra i maggiori responsabili delle emissioni di carbonio e contribuiscono in maniera più incisiva alla crisi climatica.
Tutto ciò accade mentre il mondo è colpito dal più grande shock economico dopo la Grande Depressione e centinaia di milioni di persone perdono il lavoro e affrontano la miseria e la fame a causa della pandemia. Questo shock è destinato a invertire il trend decrescente della povertà globale a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni. Si stima che nel 2020 l’aumento del numero totale di persone che vivono in povertà potrebbe essersi attestato tra 200 e 500 milioni. Ci vorranno oltre dieci anni perché il numero di persone che vivono in povertà possa tornare al livello precedente la crisi.
La pandemia ha rivelato come per la maggior parte degli abitanti del pianeta la distanza dalla miseria equivalga a un solo stipendio. Vivono con una somma giornaliera che va da 2 a 10 dollari, affittano due stanze in uno slum per la loro famiglia, prima della crisi riuscivano a tirare avanti e cominciavano a sognare un futuro migliore per i propri figli. Sono tassisti, parrucchieri, piccoli commercianti. Sono guardie di sicurezza, addetti alle pulizie, cuochi. Sono operai, sono contadini. La crisi del coronavirus ci ha mostrato come, per la maggior parte dell’umanità, non vi sia mai stata una via d’uscita definitiva dalla povertà e dall’insicurezza bensì, al massimo, una temporanea e fragilissima tregua.
Di fronte a tali sofferenze è assolutamente assurdo, sia dal punto di vista logico che morale che economico, permettere che i miliardari traggano vantaggio dalla crisi. Le loro crescenti ricchezze dovrebbero invece essere usate per combattere la crisi e per salvare milioni di vite e garantire fonti di sostentamento a miliardi di persone.
Con la pandemia la disuguaglianza potrebbe aumentare come mai prima d’ora
Anche se è troppo presto per avere un quadro completo della situazione, la maggior parte degli studi iniziali suggerisce che la disuguaglianza possa essere aumentata in modo significativo. Questo punto di vista è supportato dal sondaggio condotto da Oxfam tra 295 economisti di 79 Paesi, tra cui eminenti economisti mondiali come Jayati Ghosh, Jeffrey Sachs e Gabriel Zucman. L’87% degli intervistati riteneva che nel loro Paese la disuguaglianza di reddito sarebbe aumentata o fortemente aumentata a seguito della pandemia, un’opinione espressa dagli economisti di 77 Paesi su 79. Oltre metà degli interpellati riteneva inoltre che la disuguaglianza di genere sarebbe probabilmente o molto probabilmente aumentata, e oltre due terzi pensavano lo stesso in merito alla disuguaglianza razziale. Due terzi dei partecipanti al sondaggio ritenevano inoltre che i loro governi non avessero un piano adeguato e coerente di lotta alle disuguaglianze.
Il coronavirus ha acuito le disuguaglianze preesistenti
La pandemia ha colpito molto più duramente le persone in stato di povertà rispetto ai ricchi e ha avuto effetti particolarmente devastanti sulle donne, la popolazione di colore, gli afro-discendenti, i popoli indigeni e le comunità storicamente emarginate e oppresse in tutto il mondo. Le donne, e in misura maggiore le donne razzializzate, sono più esposte degli uomini al rischio di perdere il lavoro a causa del coronavirus. In America Latina gli afro-discendenti e i popoli indigeni, già emarginati, hanno subìto conseguenze peggiori rispetto al resto della società, sono più esposti al rischio di morte e ancora di più al rischio di povertà.
Salute
Il coronavirus ha portato alla luce le fragilità di sistemi sanitari pubblici scarsamente attrezzati e sottofinanziati; ha inoltre rivelato i limiti dei sistemi sanitari privati, basati sul privilegio dei più ricchi, in momenti di crisi come quella che stiamo affrontando. La probabilità di morire per Covid-19 è molto più alta per chi è povero e probabilmente è ancora più elevata per gli appartenenti alle comunità di colore o indigene. In Brasile, ad esempio, gli afro-discendenti sono molto più esposti al rischio di morte rispetto ai brasiliani bianchi. Se il loro tasso di mortalità fosse uguale a quello dei bianchi, a giugno 2020 oltre 9.200 afro-discendenti sarebbero stati ancora vivi.
Istruzione
Nel 2020 oltre 180 Paesi hanno temporaneamente chiuso le proprie scuole. Nel periodo di chiusura simultanea, quasi 1,7 milioni di bambini e ragazzi sono rimasti a casa. Nei Paesi più poveri la pandemia ha privato gli alunni di quasi quattro mesi di frequenza scolastica, contro le sei settimane dei Paesi ad alto reddito. Si stima che la pandemia cancellerà i benefici ottenuti grazie ai progressi globali degli ultimi 20 anni nel campo dell’istruzione femminile, con conseguente aumento della povertà e della disuguaglianza.
Lavoro e mezzi di sostentamento
Centinaia di milioni di posti di lavoro sono andati persi a causa della pandemia. L’Indice di Contrasto alla Disuguaglianza (CRI, Commitment to Reducing Inequality) pubblicato da Oxfam e Development Finance International rivela che 103 Paesi sono andati incontro alla pandemia con almeno un terzo della propria forza lavoro privo di diritti e tutele, quali ad esempio l’indennità di malattia. La crisi del coronavirus ha messo brutalmente a nudo le disuguaglianze nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti, ad esempio, il 90% dei lavoratori nel quartile di reddito superiore ha diritto ai congedi di malattia retribuiti, mentre nel quartile inferiore solo il 47% gode di tale diritto. Nei Paesi a basso reddito il 92% delle donne svolge lavori informali, pericolosi o insicuri. La pandemia ha anche causato una crescita esponenziale dei lavori sottopagati o non retribuiti, svolti prevalentemente da donne e in particolare da donne appartenenti a gruppi emarginati per motivi razziali ed etnici. Una catastrofica perdita di reddito non bilanciata da adeguate misure di supporto ha determinato un aumento incontrollato della fame: secondo stime di pochi mesi fa, entro la fine del 2020 almeno 6.000 persone al giorno sarebbero morte per fame conseguente al Covid-19.
Il costrutto sociale della razza Oxfam usa il termine razza non come categoria biologica ma come costrutto sociale. L’espressione “gruppi razzializzati” è usata in riferimento a tutti quei gruppi che non godono dei privilegi della popolazione bianca a causa di processi di razzializzazione determinati da specifiche dinamiche sociali. Un sistema sociale razzializzato è “un sistema in cui i livelli economici, politici, sociali e ideologici sono parzialmente determinati dalla collocazione dei soggetti in categorie o gruppi razziali”. Alcune società sono altamente razzializzate; in altre la stratificazione non si esplica a livello di razza ma di etnia all’interno dello stesso contesto razziale, come in molti Paesi africani e asiatici, oppure a livello di casta in quei Paesi dove il sistema di caste costituisce la principale forma di oppressione sistemica. La specificità è importante quando si parla di gruppi razzializzati. Questo documento utilizza i termini neri, afro-discendenti, popoli indigeni e comunità storicamente emarginate e oppresse per fornire la più ampia specificità possibile. Il termine ha tuttavia dei limiti: non menziona in modo specifico altre identità razziali o etniche che sono incluse nella voce “comunità storicamente emarginate e oppresse”.
* Estratto dal Rapporto Oxfam International, gennaio 2021, disponibile integralmente qui https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2021/01/Sintesi_ report_-Il-Virus-della-Disuguaglianza_FINAL.pdf. In questo estratto non sono riportate le note a piè di pagina, relative alle fonti documentali dei dati inseriti nel rapporto, che si possono trovare nel testo completo