L’AMICO ESTRANEO, Christoph Hein, Edizioni e/o, 176 pagg., 9,00 euro
C’è un termine in grado di descrivere l’anima di questo romanzo, della sua protagonista, della vicenda narrata e del suo tema: negazione. Il titolo, in tal senso, spiega molto: L’amico estraneo è un ossimoro che esplicita il dramma della contemporaneità. Non inganni l’ambientazione nella Berlino della DDR, perché non vuole essere solo la denuncia di un regime. Nessuna forma di Stato potrà mai garantire felicità ai propri cittadini, e a dimostrazione di ciò Hein costruisce un’infelicità negata mostrando l’irrisolutezza umana di un ambiente metropolitano riconoscibile anche oggi. “Sto bene” ripete spesso la protagonista, per non dire che sta malissimo. Il male di cui soffre è il rifiuto di darsi, la paura di stringere rapporti per non lasciarsi travolgere dalle emozioni. La struttura del romanzo è semplice. Dalla morte del compagno di Claudia, la vicenda ripercorre la loro relazione di persone incapaci di ammettere il sentimento che li unisce. Da cosa questo dipenda, Hein lo fa trasparire seminando indizi a informare della personalità della protagonista e delle misteriose spinte, consapevoli e inconsapevoli, che agiscono sull’individuo, stimolando nel lettore la capacità di guardarsi dentro per riuscire a coglierli. (Gio Sandri)
LA CITTÀ NEL GOLFO, Boris Pahor, Bompiani, 304 pagg., 19,00 euro
Un romanzo sulla responsabilità dell’agire e sulla libertà, in linea di continuità con l’opera intera di Pahor, insieme al tema dell’appartenenza. Il filo della trama è sottile. Rudi Leban è uno studente sloveno che dopo l’8 settembre decide di tornare a casa per sfuggire alla guerra. Giunto alla stazione di Trieste riesce a evitare i controlli dei tedeschi. Salta su un treno diretto a Miramare, raggiunge l’altipiano e ripara a casa di un’amica della madre sul Carso triestino dove incontra Vida, una ragazza dalle fumose fantasie che rinnega la propria slovenità. È la prima delle figure femminili di supporto al tema della vicenda. La seconda è Majda, staffetta partigiana che mette in contatto Rudi con la Resistenza. Diviso dall’attrazione per le due donne, lo studente comprende che il momento storico gli impone un ruolo in cui l’amore non ha posto. Il suo tormento diventa occasione per ripercorrere il passato della Slovenia tra racconti di aneddoti, di anziani dell’altipiano, e fatti di vita personali. In questa rievocazione della Grande Guerra e della violenza del fascismo che ne è seguita, Rudi decide di accantonare il privato per accettare la responsabilità alla quale lo chiama la Storia della sua terra. (Gio Sandri)
LA PANNE, Friedrich Dürrenmatt, Adelphi, 87 pagg., euro 10,00
Fa sempre piacere rileggere un classico come La panne per accorgersi quanto l’inattualità in narrativa riesca a essere sempre attuale, soprattutto quando si parla di Giustizia. Soprattutto se a farlo è Dürrenmatt con la sua capacità di essere sintetico senza perdere intensità. La trama è semplice: Alfredo Traps, un rappresentante di commercio abbandonato dalla sua automobile di lusso, trova ospitalità per la notte in una casa nella quale, ogni sera, quattro anziani pensionati si divertono a inscenare i grandi processi della Storia (Gesù, Socrate, Dreyfuss…). Questa volta, però, l’imputato sarà lui. Ed ecco che la sala da pranzo e una tavola imbandita, dove si consuma un pranzo luculliano, si trasformano in aula di tribunale, e una chiacchierata informale diventa un interrogatorio spietato; e il racconto di una normale vita da piccolo borghese, simile a quella di molti altri, un ricettacolo di piccoli e grandi crimini quotidiani. Come dice il giudice della vispa combriccola (gli altri tre sono un ex avvocato, un ex pubblico ministero e un ex boia): un capo d’imputazione lo si trova sempre. Un consiglio di lettura: evitare interpretazioni metafisiche alla ricerca di un fantomatico Giudizio Universale. Dürrenmatt non sarebbe d’accordo. (Gio Sandri)