Scritti dal carcere. Poesie e prose, Bobby Sands, (a cura di Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni), Edizioni Paginauno, 270 pagg., 18,00 euro
Con la prefazione di Gerry Adams e per la prima volta in italiano, le poesie e le pagine di prosa inedite scritte da Bobby Sands durante la sua carcerazione nei Blocchi H di Long Kesh, in Irlanda del Nord, tra il 1976 e il 5 maggio 1981, quando morì dopo 66 giorni di sciopero della fame. Oltre novanta pagine di versi (40 componimenti) e più di cinquanta pagine di brani in prosa che il rivoluzionario irlandese, morto a 27 anni in protesta contro il regime di detenzione imposto dal governo britannico, compose scrivendo su carta igienica e cartine di sigarette. L’amore per la libertà, l’attaccamento alla propria terra, il carisma, l’attenzione per i compagni, la passione per letteratura, storia e ornitologia: Bobby Sands rivela nei suoi testi non solo la tenacia di un ribelle acuto e inflessibile ma anche una straordinaria sensibilità umana e poetica, una capacità di trascendere e muoversi abilmente su diversi piani, oltre al senso morale altissimo che lo porterà in assoluta consapevolezza a scegliere di morire.
L’alba sepolta, Valentina Ricci, Edizioni Paginauno, 152 pagg., 19,00 euro
“Ancora appoggiato alla ringhiera, Davide resta solo a osservare la linea dell’orizzonte, dove i palazzi si moltiplicano tragicamente, e più in là dove la città lascia spazio alle montagne e poi ancora avanti fino ad arrivare a un’altra città e ad altre montagne. Spinge in là il sogno con tutte le sue forze ma sorprendentemente lo scenario si ripete, sempre uguale a se stesso. Niente disegni nel cielo per lui, né dettagli di un futuro radioso. Per la prima volta, la storia dei suoi successi gli scorre davanti agli occhi senza suscitare in lui alcuna emozione.” Davide è bello, bellissimo, un’opera d’arte. Ha diciannove anni e il mondo è suo. A scuola lo conoscono tutti, i compagni di squadra lo applaudono, le ragazze se lo contendono, ignare dell’amaro finale che le attende. Dentro casa, però, è un’altra storia: il padre, cardiologo e ricercatore di fama, è spesso in viaggio e perennemente evasivo, tanto che il giovane, per uscire dall’ombra, è deciso a diventare anch’egli medico. Ma l’incontro con la sfuggente Karin lo condurrà in un’inaspettata quanto ripida discesa nei bassifondi dell’anima, faccia a faccia con il drammatico vuoto che da sempre lo attanaglia. Lì ad attenderlo, sepolta nel mare calmo di memorie ormai vaghissime, l’ultima alba della sua vita precedente, quando gli altri, ancora, non se n’erano andati.
L’uomo nel mezzo, Alessandra Patriarca, Edizioni Paginauno, 192 pagg., 20,00 euro
“Non si dispiaceva per la sua vita perché l’aveva voluta così, era la sua vita, e se non c’era nessuno ad aspettarlo la sera e una tavola apparecchiata e le polpette col sugo da riscaldare, e nessuna telefonata della buona notte, né un ragazzino un po’ monello ma simpatico a cui chiedere la lezione del giorno dopo, se non aveva la foto ricordo delle vacanze in campeggio o del diploma della quinta C o del torneo di tennis, era semplicemente perché lui il giorno della foto ricordo non si presentava mai.” Alla vigilia dei quarant’anni Luca è un uomo sicuro di sé: piacevole, benvoluto, attraente. Ha un lavoro che lo appassiona nel mondo dell’arte, una vita ricca di interessi e amici; nessun rimorso, nessun rimpianto. Dunque, chi gli ha spedito quella maglietta color salmone? Mentre cerca di venire a capo di questo mistero, Luca si muove in una Milano contemporanea e fremente, che gli appare talvolta più torbida e oscura, tal altra quasi benigna.