Poche volte come quest’anno l’assegnazione dei premi Oscar è stato un vero terno al lotto. La maggior parte dei film che ha ricevuto almeno una nomination aveva già fatto man bassa di titoli in manifestazioni cinematografiche precedenti. La competizione si presentava ardua. L’imprevedibilità era altissima. E come al solito l’esito ha finito per scontentare una bella fetta di pubblico e di critica. Man mano che passano gli anni la prevedibilità di alcuni premi diventa quasi insopportabile. Hollywood per esempio ama protagonisti e caratteri estremi. Come se l’unico criterio per giudicare la validità di una storia fosse l’arco di trasformazione del protagonista: dalle stalle alle stelle o viceversa. E più sei ‘strano’ in partenza, o viceversa più ‘strano’ diventi, tanto meglio. Fate la prova di quanti personaggi bislacchi, eccentrici, estremi, hanno guadagnato premi: vado a memoria e cito Dustin Hoffman in Rain Man, Tom Hanks in Forrest Gump, Eddie Redmayne in The Danish Girl e La teoria del tutto, Geoffrey Rush in Shine, Daniel Day-Lewis ne Il mio piede sinistro, Charlize Theron in Monster, Angelina Jolie in Ragazze interrotte, Joanne Woodward ne La donna dai tre volti, Patty Duke in Anna dei miracoli, Marlee Matlin in Figli di un dio minore. E mi fermo qui perché la lista sarebbe davvero molto lunga, anche temporalmente.
Serve a qualcosa ricordare che è molto più difficile, dal punto di vista della recitazione, portare sullo schermo un personaggio magari tormentato ma solo ai limiti della patologia, che non un personaggio afflitto da una patologia evidente? Erano pochi quest’anno che non davano per vincente come attore protagonista il Brendan Fraser di The Whale. Erano altrettanto pochi quelli che scommettevano a piene mani sull’Oscar a Cate Blanchett per Tár. I calcoli delle probabilità, su tutte le riviste, davano per altissime queste vittorie, anche per il numero di premi vinti in precedenza da entrambi i personaggi: Blanchett la Coppa Volpi a Venezia – e io ero già in fibrillazione perché nel film Tár deve registrare dal vivo la Quinta Sinfonia di Mahler, quella di Morte a Venezia di Visconti, ma ‘sbarazzandosi’ di Visconti.
Ora, tutti i personaggi che ho nominato sono stereotipi, e la loro evoluzione/involuzione costituisce il nucleo di alcune storie altrettanto stereotipate: l’Eroe/Eroina trionfa sulle difficoltà; viceversa l’Eroe/Eroina va ‘in caduta’ con modalità e tempi diversi e nonostante (o proprio per) le premesse…
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