La prima considerazione è che da sempre la musica ha in sé qualcosa di magico, non fosse altro che nelle mitologie più antiche l’atto stesso della creazione del mondo è un atto sonoro. Sul piano della storia umana sappiamo che una delle qualità dei maghi e degli sciamani è l’uso evocativo e anche terapeutico della voce.
Seconda considerazione: se ci spostiamo un poco più avanti nel tempo, specie nel periodo rinascimentale (e il suo recupero dell’antichità classica), abbiamo parecchi tentativi di integrare in un sapere, sia speculativo che pratico, l’arte musicale e quella delle costruzioni. Da una parte si recupera cioè l’idea pitagorica della geometria delle forme come musica solidificata, dall’altra si dà attuazione pratica a questa speculazione costruendo spazi costruiti con una geometria sacra. Qui si eseguiranno composizioni musicali corrispondenti a tale geometria.
Il primo esempio è quello dell’architetto Eupalino da Megara (citato in un dialogo tra Fedro e Socrate): “Dimmi, perché sei così sensibile agli effetti dell’architettura, non hai osservato, camminando nella città, come tra gli edifici che la popolano taluni siano muti, e altri parlino, mentre altri ancora, che son più rari, cantano?” (1).
Il secondo è il già citato chiostro catalano descritto da Marius Schneider in Pietre che cantano.
Il terzo è il compositore franco-fiammingo Guillaume Dufay che 1436, per l’inaugurazione della splendida cupola di Filippo Brunelleschi per Santa Maria del Fiore a Firenze, compone il mottetto Nuper Rosarum Flores. È una composizionestrutturata polifonicamente in quattro linee sovrapposte (Tenor I, Tenor II, Motetus, Triplum) che rinvia con buonissima approssimazione, per ciò che riguarda la quantificazione metrico-temporale delle quattro parti in cui è suddiviso (rispettivamente 168, 112, 56 e 84 pulsazioni che corrispondono al rapporto 6:4:2:3), alla misura delle ‘braccia’ della chiesa fiorentina (navata 168, transetto 112, abside 56, cupola 84; dunque, di nuovo, il rapporto 6:4:2:3)…
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