Stuart Parkinson (SGR), Linsey Cottrell (CEOBS)*
Se il settore militare fosse uno Stato avrebbe la quarta maggiore impronta di carbonio al mondo: lo afferma lo studio di SGR e CEOBS, che sottolinea come la stima non includa le emissioni dovute alle guerre in corso nel pianeta
Riepilogo
Stimare le emissioni totali di gas serra delle forze armate globali è reso intrinsecamente difficile dalla mancanza di rapporti e dalle significative lacune nei dati a disposizione. In questo studio, descriviamo una metodologia innovativa per fornire stime aggiornate a livello mondiale e regionale. In particolare, abbiamo scoperto che l’impronta di carbonio totale del comparto militare è pari a circa il 5,5% delle emissioni globali di gas serra. Se le forze armate del mondo fossero un Paese, avrebbero la quarta più grande impronta di carbonio al mondo, superiore a quella della Russia. Ciò sottolinea l’urgente necessità di intraprendere un’azione concertata sia per misurare con precisione le emissioni militari, sia per ridurre la relativa impronta di carbonio; soprattutto perché è molto probabile che esse aumenteranno a causa della guerra in Ucraina [e a Gaza, n.d.r.].
1. Perché è importante stimare le emissioni militari globali?
Affrontare la crisi climatica richiede l’azione di tutti i settori industriali ed economici, al fine di ridurre notevolmente il loro impatto sul nostro pianeta. Il settore militare globale, compresa la sua catena di approvvigionamento, è un elemento importante della spesa pubblica e un enorme consumatore di combustibili fossili. Pertanto è essenziale che le emissioni militari di gas a effetto serra (GHG) siano riportate in modo affidabile, e soggette a obiettivi di riduzione; ma non è ciò che avviene attualmente.
In tutto il mondo, i dati sulle emissioni militari GHG sono spesso di bassa qualità – incompleti, nascosti all’interno di categorie civili, o non raccolti affatto. La causa principale di questa situazione viene dalla preoccupazione dei governi di potenziali restrizioni alle attività militari. Attualmente, ai sensi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), i Paesi sono obbligati a fornire un inventario delle loro emissioni di gas serra, e tale obbligo varia a seconda del contributo storico del Paese alla crisi climatica (1). Le linee guida del gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) affermano che gli inventari presentati all’UNFCCC devono includere le emissioni di alcune attività militari; nel 2015, invece, l’Accordo di Parigi (2) ha reso volontario il reporting delle emissioni militari. Ciò significa che ci sono lacune significative nei set di dati presentati all’UNFCCC, e nessun dato accurato sulla reale portata del problema. Senza un minimo obbligo di rendicontazione, la maggior parte dei Paesi, compresi quelli con ingenti spese e personale militare, non richiede alle proprie forze armate di fornire alcun rapporto significativo sulle emissioni GHG.
La comunità scientifica sul clima ha ampiamente trascurato questi aspetti: per esempio, l’ultimo (il sesto) rapporto di valutazione dell’IPCC (3) parla a malapena del settore militare. Questo approccio, a sua volta, ha portato i governi a trascurare il comparto quando negoziano obiettivi di riduzione delle emissioni nell’ambito dell’UNFCCC…
Continua a leggere acquistando il numero 84
copia digitale PDF: 3,00 euro
copia cartacea: 10,00 euro
* Estratto dal Report Estimating the Military’s Global Greenhouse Gas Emissions pubblicato da Scientists for Global Responsibility (SGR) e Conflict and Environment Observatory (CEOBS) nel novembre 2022, sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; traduzione a cura di Paginauno