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Home Cultura Cinema

Un’isola al fulmicotone

Iacopo Adami by Iacopo Adami
24 Aprile 2024
in Cinema
0
Un’isola al fulmicotone
  • (Paginauno n. 86, aprile – maggio 2024)

La bomba atomica secondo Stanley Kubrick e Sidney Lumet

Un’isola al fulmicotone è, secondo Günther Anders, quel che sarebbe diventata la Terra in seguito all’invenzione della bomba atomica; un’invenzione che ci pone drammaticamente, sul piano della realtà concreta, di fronte all’ipotesi metafisica del nulla. Non è un caso che il film di Christopher Nolan su Oppenheimer – uno dei ‘padri’ della bomba atomica – vincitore di sette premi Oscar, abbia riscosso tanto successo: data la situazione geopolitica attuale, infatti, con la guerra in Ucraina e l’esacerbazione del conflitto israelo-palestinese, lo spettro di una catastrofe nucleare ha iniziato di nuovo ad agitarsi in seno all’opinione pubblica.

Basti pensare che nel 2023 l’orologio dell’Apocalisse, dispositivo simbolico ideato allo scopo di misurare il pericolo di un’ipotetica fine del mondo dovuta appunto a un’escalation nucleare – motivo a cui dal 2007 si è aggiunto qualsiasi altro evento in grado di infliggere danni irrevocabili all’umanità, come il cambiamento climatico – l’orologio dell’Apocalisse, dicevamo, ha segnato la distanza più piccola mai raggiunta alla mezzanotte, novanta secondi, mentre, al momento della sua creazione nel 1947, all’inizio della guerra fredda, era impostato sulle 23:53. Nemmeno la guerra di Corea del 1950-1953 aveva portato l’umanità così vicina al punto di non ritorno: complice il recente sviluppo della bomba all’idrogeno da parte di USA e URSS, nell’ultimo anno del conflitto, l’orologio aveva segnato due minuti dall’Apocalisse (per quanto riguarda la crisi dei missili di Cuba del 1962, non c’era stato il tempo materiale di ‘spostare le lancette’, essendosi tale crisi risolta nell’arco di tredici giorni; l’orologio viene regolato, infatti, dallo Science and Security Board del Bulletin of the Atomic Scientists solo una volta all’anno, tipicamente tra la metà e la fine di gennaio).

Prima ancora di Oppenheimer (2023) di Nolan, tuttavia, il cinema aveva riflettuto su questo tema. Esempi relativamente recenti sono The day after (1983) di Nicholas Meyer e Quando soffia il vento (1986) di Jimmy Murakami, dove vengono analizzate le conseguenze di un Armageddon nucleare dal punto di vista della gente comune. Del 1989 è, invece, L’ombra di mille soli di Roland Joffe, sorta di ‘Oppenheimer prima di Oppenheimer’, incentrato, come il lavoro di Nolan, sui processi storici che hanno portato alla creazione della bomba atomica nell’ambito del Progetto Manhattan. La principale differenza è che qui, a rivestire il ruolo di protagonista, non è tanto la figura dello scienziato – ferma restando la sua importanza – quanto quella del generale Leaslie R. Groove, interpretato da Paul Newman. I due film che analizzeremo nel nostro articolo risalgono, invece, entrambi al 1964 e sono probabilmente i lavori più efficaci mai dedicati all’argomento, caratterizzati da una trama molto simile, se non addirittura identica nei suoi aspetti fondamentali, alla quale corrisponde, tuttavia, una netta difformità nel tono e negli accenti tematici.

Partiamo con quella che è giustamente considerata una delle migliori opere satiriche di sempre, Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Stanley Kubrick, commedia nera liberamente tratta dal romanzo Red Alert di Peter George. Già le immagini che accompagnano i titoli di testa risultano emblematiche…

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