Adults in the room, Costa-Gavras
Tra i registi più attenti all’attualità e al disvelamento dei meccanismi reali che soggiacciono dietro al velo di Maya dell’ideologia e della propaganda, il greco Costa-Gavras ha sempre rappresentato uno splendido esempio di coerenza e impegno politico. Il tema del potere, in particolare, attraversa molti dei suoi lavori.
Da Z (1969) in cui viene descritto in tutte le sue fasi il colpo di Stato che avrebbe portato alla dittatura dei colonnelli in Grecia (1967-1974), passando per L’amerikano (1973) dove l’ingerenza statunitense nei Paesi dell’America Latina nell’ambito dell’Operazione Condor (1) è raccontata attraverso una vicenda chiaramente ispirata al rapimento e all’uccisione di Dan Mitrione, istruttore e consigliere di diverse polizie sudamericane per conto degli Usa, da parte dei Tupamaros, l’organizzazione rivoluzionaria di ispirazione marxista-leninista attiva in Uruguay dal 1966 al 1972; argomenti ripresi poi da Missing (1982), film ispirato alla storia di Charles Horman, giovane giornalista statunitense divenuto vittima nel 1973 del regime di Pinochet e degli americani che avevano supportato il golpe di quest’ultimo contro il governo socialista di Allende; fino ad arrivare a Cacciatore di teste (2005), grottesca rappresentazione di come la precarietà del lavoro nei cosiddetti Paesi a capitalismo avanzato produca uno stato di perenne angoscia negli esseri umani, spingendoli ad adottare comportamenti estremi quali l’eliminazione fisica di tutti gli altri candidati al medesimo ruolo dirigenziale all’interno di un’azienda – la legge della giungla applicata all’economia.
Non deve stupire, dunque, che sia stato proprio Costa-Gavras ad aver deciso di occuparsi, unico finora, di uno degli argomenti più spinosi e difficili da trattare attraverso il mezzo filmico: l’anima essenzialmente antidemocratica di quel mostro tentacolare con tana in un intricatissimo labirinto burocratico che è l’Unione europea.
Adults in the room (2019) è, infatti, la resa cinematografica dell’esperienza di Yanis Varoufakis nei circa sei mesi in cui ricoprì la carica di ministro delle Finanze greco all’interno del governo Syriza, dopo le elezioni del 25 gennaio 2015 che il partito vinse con il 36,34% dei voti. Già nel 2018 era uscito il monumentale memorandum politico di Varoufakis – quasi 900 pagine – intitolato Adulti nella stanza. La mia battaglia contro l’establishment dell’Europa (2), e appunto da questo Costa-Gavras prende le mosse per il suo film, estremamente preciso nel riportare sullo schermo molte delle situazioni raccontate dall’ex ministro delle Finanze greco, proponendo, a seconda dei casi, la loro esatta trasposizione rispetto allo scritto oppure una sintesi di due o più episodi all’interno di un’unica scena.
Va subito detto che proprio tale precisione smorza, nonostante gli sforzi per creare una suspense quasi da thriller attorno alla battaglia condotta da Varoufakis (Christos Loulis) contro i vari soggetti dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale, l’aspetto prettamente estetico del lavoro. Tuttavia, tale difetto passa subito in secondo piano, se si considera che l’urgenza di Costa-Gavras non era legata tanto al valore di intrattenimento dell’opera quanto a quello storico-giornalistico. Dimodoché anche l’approccio dello spettatore dovrebbe essere quello di chi assista a un docufilm invece di recare le aspettative solitamente nutrite nei confronti di un film vero e proprio. Da questo punto di vista, il lavoro di Costa-Gavras si mostra in tutta la sua enorme importanza. Ed è un vero peccato che in Italia non sia uscito ufficialmente, ma ci si debba accontentare delle versioni in lingua originale, sottotitolate, che si trovano online. A pensar male, si potrebbe giudicare tale mancanza dovuta a un boicottaggio – e forse non saremmo poi così lontani dal vero, vista la scomodità dell’argomento trattato.
Paginauno si è già occupata di questo tema, lavorando sugli euroleaks resi pubblici da Varoufakis il 14 marzo 2020. Gli euroleaks contengono documenti e audio trafugati – le riunioni erano classificate “riservate” – degli Eurogruppo, della Troika e dell’Euro Working Group a cui Varoufakis stesso ha partecipato in quei sei mesi. Unica testata italiana – a quanto ci risulta – ad aver ‘trattato’ gli euroleaks di modo da renderli comprensibili anche ai non addetti ai lavori, nel luglio 2020 Paginauno ha pubblicato un approfondimento di tutto il materiale, rendendo disponibile per ogni leak una sintesi priva di interpretazione, un commento interpretativo e il link alla fonte primaria (3). In questa sede quindi non ci addentreremo nell’analisi di ogni singolo incontro, ma ci limiteremo a riportare alcuni di quelli mostrati nel film di Costa-Gavras, da cui risulta evidente l’inflessibilità opposta dalla Ue di fronte a un Paese in cui andava consumandosi una vera e propria crisi umanitaria.
Quello che più stupisce dalla lettura del memoriale di Varoufakis e dalla visione del film è, infatti, la totale assenza di disponibilità al compromesso mostrata dalla Ue e dall’Fmi di fronte a richieste molto meno radicali di quanto la propaganda di Syriza volesse far credere ai suoi elettori – o almeno a una parte di essi. Citando Tsipras, Primo ministro greco da gennaio a luglio 2015, interpretato nel film da Alexandros Bourdoumis: “Il programma del partito non è quello del governo”. Echeggia qui un riferimento all’episodio, narrato nel libro di Varoufakis, in cui quest’ultimo si mostra furente per alcune dichiarazioni di Tsipras risalenti al settembre 2014, quando viene presentata a Salonicco la piattaforma economica di Syriza: “Mi si rivoltò lo stomaco per la rabbia e la nausea. […] Il ‘Programma di Salonicco’, come venne etichettato il discorso di Alexis [Tsipras, n.d.a], era pieno di buone intenzioni, ma incoerente e del tutto inconsistente rispetto alla Strategia in cinque punti, che si supponeva Alexis e Pappas [Nikos Pappas, economista divenuto poi ministro dello Stato nel governo Tsipras, n.d.a] avrebbero sostenuto. Prometteva aumenti salariali, sussidi, benefici e investimenti che avrebbero dovuto essere coperti da fondi immaginari o illegali. C’erano anche promesse che non avremmo voluto mantenere. Soprattutto faceva a pugni con qualunque strategia negoziale che avrebbe tenuto la Grecia nell’Eurozona, sebbene sostenesse che avrebbe dovuto restarci” (4). In seguito, Varoufakis si sarebbe sentito dire da Pappas che quello era solo un modo di “chiamare a raccolta le truppe” e avrebbe provveduto lui a scrivere il vero programma economico.
Del resto, per comprendere appieno come la posizione di Varoufakis sia sempre stata di impianto socialdemocratico – tutt’altro che ‘radicale’ – può essere utile ricordare che la sopracitata Strategia in cinque punti era stata redatta anche allo scopo di convincere Tsipras e la cerchia di economisti a lui vicina che la Grexit non era una soluzione praticabile e andava perciò tolta dagli obiettivi politici di Syriza.
Dopo la vittoria alle elezioni, Varoufakis è pronto a cominciare i negoziati all’interno dell’Eurogruppo. Negoziati attraverso i quali spera di ottenere non una cancellazione del debito greco, ma una sua ristrutturazione in modo da uscire dall’austerità, il che implica la revisione del MoU (Memorandum of Understanding), il documento con cui il precedente governo di Samaras aveva accettato le riforme da attuare, in cambio delle somme elargite dalla Troika allo Stato greco, mirate a privatizzazioni, licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici e a un più generalizzato smantellamento del welfare e delle tutele dei lavoratori. Prima, tuttavia, Varoufakis è intenzionato a capire che aria tira a livello internazionale, producendosi in una serie di visite ufficiose e ufficiali a vari esponenti dell’establishment europeo e del mondo finanziario. Nel film di Costa-Gavras vengono mostrate quella a Michel Sapin (Vincent Nemeth), ministro delle Finanze francese nel governo Hollande – occasione in cui Varoufakis incontra anche Emmanuel Macron (Damien Mongin), all’epoca ministro dell’Economia – a George Osborne (Dan Fredenburgh), cancelliere dello Scacchiere nel governo di Cameron, alla Bce di Mario Draghi (Francesco Acquaroli) e a Wolfgang Schäuble (Ulrich Tukur), all’epoca ministro delle Finanze tedesco (oggi ricopre il ruolo di presidente del Bundestag). Tour rivelatosi un fallimento per diverse ragioni.
Se Varoufakis spera di trovare in Sapin un alleato in nome della secolare amicizia che unisce i loro due Paesi e del malcontento francese rispetto all’influenza esercitata dalla Germania sulla Ue – tema su cui torneremo più avanti – deve presto ricredersi. Mentre in privato l’uomo di Hollande si mostra entusiasta rispetto alle proposte di Varoufakis e deciso a dargli tutto il suo appoggio all’Eurogruppo, nella immediatamente successiva conferenza stampa dichiara esattamente il contrario, ribadendo come la Grecia farebbe meglio ad “accettare le regole inflessibili degli accordi e dei regolamenti passati con disciplina, ma soprattutto firmare il MoU”. Una vera e propria lezione di realpolitik impartita da Sapin a Varoufakis, il quale, dopo aver chiesto spiegazioni al primo, si sente rispondere: “Ti dovrai abituare. Yanis, devi capire… La Francia non è più quella di una volta”.
A Londra anche l’euroscettico Osborne promette di aiutare Varoufakis nella sua battaglia contro la Troika – per quanto, da bravo conservatore, ci tenga a specificare come non condivida affatto il ‘dogmatismo’ di Syriza, intendendo forse l’attenzione del partito verso le fasce più deboli della popolazione, e, in particolare, il suo programma economico, da egli definito un grosso pericolo per i mercati internazionali – ma, nel concreto, nulla fa di significativo.
Molto più interessante è il discorso tenuto da Varoufakis di fronte ad alcuni esponenti del settore finanziario, episodio ambientato nel film di Costa-Gavras presso l’Adam Smith Institute, il think tank fondato nel 1977 che promosse il progetto neoliberista della Thatcher, il quale, in seguito all’incontro sopracitato, fa recapitare all’ex ministro delle Finanze greco un entusiastico messaggio di approvazione, rilasciato pubblicamente: “Il compito della Banca centrale europea è di garantire la stabilità nominale dell’Eurozona. La Bce non dovrebbe salvare finanziariamente governi o banche. Purtroppo negli ultimi sei anni la Bce è stata costretta a intervenire più volte per salvare Paesi dell’Eurozona. Quindi la Bce ha svolto più volte una politica di credito (invece che una politica monetaria) per impedire il default dei Paesi dell’Eurozona […] invece legando il debito Ue e Bce al Pil nominale greco, come suggerito da Varoufakis, la finanza pubblica della Grecia sarebbe meno esposta a crisi monetarie dell’Eurozona. Il cancelliere dello Scacchiere George Osborne dovrebbe essere un entusiasta sostenitore del progetto di gestione del debito di Varoufakis perché questo ridurrebbe il costo delle rigide politiche monetarie della Bce e ridurrebbe il pericolo di un’altra seria crisi dell’Eurozona” (5).
Come effetto di tale dichiarazione, l’indice generale della Borsa di Atene schizza a +11,2% e le azioni delle banche greche hanno un incremento di più del 20%. Ma Varoufakis non aveva fatto i conti con Mario Draghi, il quale si preoccupa fin dal giorno seguente di sabotare la situazione. Dopo un infruttuoso incontro tra i due a Francoforte il 4 febbraio 2015, il Comitato esecutivo della Banca centrale europea interrompe, infatti, l’esenzione a cui vanno soggette le banche greche e che permette loro, senza entrare in eccessivi tecnicismi, un afflusso di denaro dalla Bce in regime di ‘emergenza’. Obiettivo della mossa: informare i mercati della scarsa fiducia della Bce nei confronti delle banche greche. Sicché avviene un crollo verticale delle azioni di queste ultime che, di fatto, annulla il vantaggio conquistato da Varoufakis a Londra.
Infine, nella visita a Schäuble si delinea fin da subito l’atteggiamento ostile che questi terrà nei confronti di Varoufakis in occasione dei vertici dell’Eurozona.
Ecco il clima in cui l’ex ministro delle Finanze greco si trova a iniziare i negoziati per salvare la Grecia a partire dall’11 febbraio 2015, quando a un vertice dell’Eurogruppo si manifestano già i primi dissidi in rapporto al comunicato stampa che tutti i membri avrebbero dovuto firmare in modo da offrire ai media una chiara dichiarazione di intenti riguardo alla Grecia. Immediata l’opposizione di Varoufakis: lì dentro non si fa il minimo riferimento alla rinegoziazione del MoU. Si parla di ‘massima flessibilità’, ma, come spiega lo stesso Varoufakis a un suo collaboratore, è una trappola: “Dice ‘buone relazioni’ e dimentica di affrontare il budget di spesa da sottomettere alla Troika. Non parla né di ristrutturazione né di austerità”. Analisi che si rivela corretta, dal momento che, quando propone di aggiungere la parola ‘modificato’ a MoU, trova la ferma opposizione dell’olandese Jeroen Dijsselbloem (Daan Schuurmans), presidente dell’Eurogruppo: “La rinegoziazione del MoU è fuori discussione”. Frase che fa eco a un precedente discorso di Schäuble, secondo cui – testuali parole – le elezioni non possono cambiare le politiche economiche: “Il suo Paese deve implementare in pieno il MoU. Le persone cambiano idea. L’Eurogruppo non può riprendere da capo ogni volta. Sarebbe la fine dell’Eurozona”. Al che giustamente Varoufakis domanda all’uditorio che ne è del concetto di democrazia: “Se il voto popolare non è importante, se non possiamo discutere del MoU, che stiamo a fare qui? Proibite le elezioni per quel che servono”.
Ci siamo soffermati su questa scena poiché è emblematica dell’atteggiamento elitario e fortemente antidemocratico che regna all’interno delle ‘stanze dei bottoni’ dell’Unione europea. Inoltre, risulta chiaro l’asservimento di Dijsselbloem – e di tutto l’Eurogruppo – a Schäuble. Non per niente, nel corso del film, si fa più volte riferimento al primo come a un uomo di paglia, un burattino. Il che rimanda al tema – già accennato – della fortissima influenza tedesca su tutta quanta l’Eurozona. Un’ulteriore conferma di ciò ce la offre Varoufakis all’interno del suo memoriale, commentando la promozione di Pierre Moscovici al vertice per l’economia della Commissione europea: “Berlino voleva (e vuole tuttora) che Bruxelles freni il deficit di bilancio francese e quindi era contraria a dare quel posto a un francese, e tantomeno a un ex ministro delle Finanze francese. […] Lo stallo venne risolto in un modo che chiunque al posto di Pierre Moscovici avrebbe trovato umiliante: Moscovici ebbe il posto, ma venne contemporaneamente inventata un’altra posizione per controllarlo, la vicepresidenza della Commissione. Per aggiungere la beffa al danno Berlino volle a quel posto l’ex primo ministro della Lettonia, famoso per avere imposto al suo Paese misure di austerità così severe da ‘risolvere’ la crisi economica della Lettonia obbligando metà della popolazione a emigrare” (6).
Nel film di Costa-Gavras, dove a interpretarlo è Aurélien Recoing, troviamo Moscovici protagonista di un episodio alquanto imbarazzante – pure questo realmente accaduto, come tutti gli altri qui descritti – quando fa chiamare Varoufakis nel suo ufficio a Bruxelles per risolvere l’impasse sul comunicato stampa sopracitato. La bozza che Moscovici offre a Varoufakis è quanto di meglio quest’ultimo possa aspettarsi, dal momento che parla chiaramente di rinegoziazione del MoU e crisi umanitaria in Grecia. Peccato si tratti di una specie di trappola. Al momento di firmare, infatti, i due si spostano nell’ufficio di Dijsselbloem, dove questi porge a Varoufakis la versione ufficiale del testo, presumibilmente identica a quella di Moscovici. E invece no: è addirittura peggiore di quella proposta all’Eurogruppo dell’11 febbraio. Forse Dijsselbloem sperava che Varoufakis lo sottoscrivesse senza leggerlo. Ma si sbagliava. Dopo lo ‘scherzo’ combinatogli da Sapin a Parigi, è probabile che l’ex ministro delle Finanze greco si fosse effettivamente ‘abituato’ all’ipocrisia e ambiguità che regolano la maggior parte delle relazioni all’interno dell’Unione europea.
Rispetto a ciò, l’arroganza e l’indifferenza mostrate da Schäuble verso Varoufakis appaiono perlomeno più oneste – per quanto limitate ai loro confronti diretti e determinate dalla consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico. Solo per un momento il cinismo di Schäuble sembra vacillare ed è quando, nel contesto di un incontro ufficioso con Varoufakis, alla domanda di quest’ultimo se l’ex ministro delle Finanze tedesco firmerebbe il MoU al suo posto, egli risponde: “Come patriota, no. È un male per il tuo popolo. Non vi permetterà di riprendervi”. Tuttavia, lo stesso Varoufakis nel memoriale fa notare come un osservatore disincantato avrebbe potuto indovinare nelle parole di Schäuble la sua volontà, spesso manifestata, di imporre la Grexit al governo di Tsipras in modo da avere un’Eurozona più piccola e controllata, con la Troika solidamente insediata a Parigi. Proprio su questo punto vertono i maggiori dissidi tra Schäuble e la Merkel, decisa a mantenere la stretta dell’Ue sulla Grecia. Dissidi che Tsipras e Varoufakis sperano – ingenuamente, è il caso di dirlo – di sfruttare a proprio vantaggio.
Basti pensare all’episodio in cui, sollecitato dalla cancelliera tedesca, il presidente dell’Euro Working Group, Thomas Wieser, si reca in incognito ad Atene per un colloquio con Varoufakis e alcuni membri della sua squadra. Ora è necessario aprire una parentesi su questo individuo, poiché nel film di Costa-Gavras non è chiamato con il suo vero nome, bensì con quello immaginario di Wims (Cornelius Obonya). E non si tratta di una svista dell’addetto ai sottotitoli: esaminando il cast su diversi siti internet, il soggetto appare indicato sempre come Wims. Eppure Varoufakis nel memoriale parla apertamente di Thomas Wieser. Come spiegare l’incongruenza, unica in un film in cui tutti i personaggi sono chiaramente identificati con gli uomini e le donne reali che rappresentano? Non possiamo che lasciare aperta la domanda. In ogni caso, tutte le speranze riposte da Tsipras e Varoufakis nella Merkel si rivelano presto infondate. Per usare le parole dell’ex ministro delle Finanze greco, pronunciate dalla voce fuori campo nel film di Costa-Gavras: “Stavano giocando con noi. Angela lo aveva mandato per chiudere una a una tutte le possibilità di dialogo. Wims ha favorito la cena con evidente piacere, mentre gli esponevamo le nostre paure sulle nostre banche”. Da notare, infine, la frase pronunciata da Wims verso la fine dell’incontro: “La libertà è un concetto essenziale per le nostre democrazie. Ma la libertà deve essere sostituita da un sistema che mantenga l’ordine”. Si tratta, in realtà, di un assioma espresso da Friedrich von Wieser, vissuto tra il 1851 e il 1926, il cui pensiero contribuì alla formazione di economisti quali Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek, di scuola neoliberista ma capisaldi dell’ideologia ordoliberista che soggiace ai trattati dell’Unione europea (7).
Da quanto scritto finora, risulta evidente come la strategia dell’Eurogruppo nei confronti di Varoufakis sia stata quella di un lento logoramento in cui, tra le altre cose, agiva costantemente la minaccia da parte della Bce di interrompere i flussi di liquidità somministrati alla Grecia, determinando così la chiusura delle banche elleniche, nonché le pressioni esercitate dai tecnici della Troika per consentire la privatizzazione di strade, campi, spiagge, edifici, porti, ferrovie, aeroporti, insomma tutto ciò che apparteneva al Paese, a beneficio di investitori esteri, pubblici e privati, secondo una dinamica che sa molto di neocolonialismo. Valga tra tutti l’episodio in cui si fa riferimento alla (s)vendita di quattordici aeroporti per la cifra (ridicola) di 1,2 miliardi di euro a un’impresa tedesca pubblica, operazione in cui si era impegnato il precedente governo di Samaras, rispetto alla quale la proposta della Troika è che siano le banche greche a prestare il denaro necessario all’acquirente, scatenando così la protesta incredula di Varoufakis: “Volete comprare i nostri aeroporti con i nostri stessi soldi? Pensate veramente che io possa accettare?”
Intanto, la confusione e l’incertezza all’interno di Syriza aumentano, anche per effetto dell’azione incrociata della Merkel e di Schäuble, intenti a giocare dall’esterno i rispettivi ruoli di poliziotto buono e poliziotto cattivo, secondo la classica logica del dividi et impera. Emblematica, da questo punto di vista, la scena del litigio tra Varoufakis e Tsipras riguardo una lettera attraverso cui l’ex Primo ministro si impegna con la Troika ad avere per dieci anni un bilancio primario del 3,5% sulle entrate nazionali – una pretesa assurda per uno Stato con un’economia depressa, senza un sistema bancario efficiente e con tassi di investimento negativi, visto che cifre simili si hanno solo tra i Paesi produttori di petrolio – laddove uno degli obiettivi principali di Varoufakis era ridurre i margini richiesti al +1,5%.
In questo contesto, viene indetto il famoso referendum consultivo del 5 luglio 2015 in cui agli elettori si domanda se il governo greco dovrebbe accettare il MoU così com’è o rifiutarlo – fatto che determina l’immediata sospensione della liquidità alle banche da parte della Bce, a cui Syriza risponde con l’istituzione di un tetto massimo sui prelievi per i cittadini greci di sessanta euro al giorno. Non si parla apertamente di Grexit, ma è nell’aria. Forse, come si legge nel memoriale di Varoufakis, esisteva già da tempo un piano B da attuare in caso la Grecia fosse stata obbligata a uscire dall’Europa – piano che prevedeva, com’è ovvio, la creazione di una nuova valuta – ma non è mai stata fatta definitiva chiarezza su questo. Di certo, un simile scenario restava per il governo Tsipras il peggiore possibile. La mossa del referendum serviva a dare uno scossone alla Troika e all’Eurogruppo: se avessero continuato a mostrarsi inflessibili dopo la vittoria del No, la loro indifferenza nei confronti del popolo greco – non solo del governo – sarebbe risultata lampante, troppo, si sperava, perché le istituzioni europee potessero conservare un atteggiamento simile. Questo almeno in teoria…
Come sia andata a finire è risaputo: il 6 luglio 2015 Varoufakis dà le dimissioni da ministro delle Finanze; Tsipras, convocato a un vertice del Consiglio europeo il 13 luglio, firma un documento in cui approva tutte le pretese della Troika per aprire la strada a un terzo ‘salvataggio’ della Grecia per la cifra di 86 miliardi di euro da ricevere attraverso il MES (8) – episodio ironicamente descritto da Costa-Gavras attraverso una danza grottesca tra l’ex primo ministro e i suoi colleghi dell’Eurozona, culminante in una foto di gruppo in cui Tsipras, da ‘vero’ uomo di sinistra, rifiuta comunque di indossare la cravatta. Un mese dopo, il 19 agosto, il Parlamento greco vota a favore del MoU con il 73% dei Sì.
Con quest’ultima cifra messa a paragone con il 61,31% dei No al referendum, si chiude il lavoro di Costa-Gavras: un epitaffio sulla lapide della democrazia. Di fronte a ciò, appare evidente l’illusione di Varoufakis – il quale vorrebbe ancora oggi proseguire lungo la stessa via – di voler cambiare il sistema dall’interno. E suonano profetiche le parole dell’economista Larry Summers, segretario al Tesoro degli Stati Uniti dal 1999 al 2001, incontrato a Washington dall’ex ministro delle Finanze greco all’indomani dell’elezione di Syriza: “Sei un rappresentante della sinistra radicale. Loro faranno di tutto per distruggere voi e la speranza che rappresentate. I tedeschi e i loro alleati vi strangoleranno: una tragedia per il tuo popolo. […] Rimani una persona fuori dal sistema. Gli uomini del sistema non ti perdoneranno”.
Una nota a conclusione è d’obbligo. Costa-Gavras sceglie di basare l’opera esclusivamente sul memoriale di Varoufakis. Un uomo politico, rimasto in politica – ha poi fondato un proprio movimento, Diem25 – e che ha tutto l’interesse a proporre una precisa immagine di sé. Ciò non significa che affermi cose non vere, ma la storia che raccontano gli euroleaks presi nella loro oggettività è molto più grigia che bianca o nera, decisamente più complessa. Varoufakis ha cercato fino all’ultimo un compromesso per mantenere la Grecia nell’euro, non aveva alcuna intenzione di farla uscire; per sua stessa ammissione, il referendum non era altro che un’arma politica di pressione sull’Eurogruppo, e anche nei giorni immediatamente successivi la sua indizione Varoufakis negoziava sul MoU e per ottenere un prestito dal Mes (9): non certo l’atteggiamento di una persona pronta a scendere in piazza con il popolo in caso di chiusura delle banche, come si legge nel suo memoriale. Dove scrive anche, verso la fine del libro, di essere stato praticamente il solo, tra i parlamentari di Syriza, a sperare davvero nella vittoria del No al referendum. Tuttavia, vale la pena ripeterlo, quello di Costa-Gavras resta un lavoro estremamente importante in un clima, come quello attuale, di totale accettazione, se non esaltazione, dell’Ue. Un’opera necessaria in quanto unica nel suo genere, capace, forse, di instillare il germe del dubbio nello spettatore non ancora dotato di una coscienza critica, dunque un film ‘pericoloso’ – termine che, dal nostro punto di vista, equivale al miglior complimento possibile.
1) Piano capitanato dalla CIA sotto la presidenza di Richard Nixon che, nell’ambito della guerra fredda, prevedeva di conservare o espandere l’ingerenza statunitense sul Sudamerica, attraverso anche l’organizzazione di colpi di Stato. Il Cile di Pinochet, l’Argentina di Videla, il Brasile dei Gorillas, solo per citare alcuni esempi, furono frutti di tale operazione
2) Il titolo viene da una frase di Christine Lagarde, all’epoca presidente dell’Fmi (oggi ricopre il medesimo ruolo per la Bce al posto di Mario Draghi). Lamentando l’infantilismo dei presenti a un vertice dell’Eurogruppo, ella avrebbe, infatti, commentato: “Abbiamo bisogno di adulti in questa stanza”
3) Cfr. Giovanna Cracco, Raffaella Berardi, Michele Biella, Erika Bussetti, Gian Mario Felicetti, Beatrice Fossati, Elisabetta Groppo, Alessandro Rettori ed Elisa Simoncelli, Gli Euroleaks di Varoufakis. La verità sui negoziati tra la Grecia e la Troika, Paginauno n. 68/2020
4) Yanis Varoufakis, Adulti nella stanza. La mia battaglia contro l’establishment dell’Europa, La nave di Teseo
5) Ibidem
6) Ibidem
7) Cfr. Giovanna Cracco, Ordoliberismo. Il piano biopolitico, Paginauno n. 53/2017 e Giovanna Cracco, L’Unione europea di Hayek, Paginauno n. 61/2019
8) Il primo salvataggio avviene a maggio 2010, quando l’Fmi e l’Ue si accordano con la Grecia per la somministrazione di 110 miliardi nell’arco di tre anni; il secondo di 130 miliardi risale a febbraio 2012
9) Cfr. Gli Euroleaks di Varoufakis. La verità sui negoziati tra la Grecia e la Troika, Paginauno, cit.