Società consumistica, mediatica, voyeuristica: la progenie afasica del Capitale è talmente concentrata sulla propria bulimia consumista da ignorare i meccanismi coercitivi che la alimentano sottotraccia
“La postmodernità significa molte cose diverse per molte persone diverse. Può significare un edificio che ostenta arrogantemente gli ‘ordini’ che prescrivono cosa si adatta a cosa e cosa deve essere tenuto rigorosamente fuori per preservare la logica funzionale dell’acciaio, del vetro e del cemento. Significa un’opera di immaginazione che sfida la differenza tra pittura e scultura, stili e generi, galleria e strada, arte e tutto il resto. Significa una vita che assomiglia sospettosamente a un serial televisivo, e un docudramma che ignora la tua preoccupazione di mettere da parte la fantasia rispetto a ciò che ‘è realmente accaduto’. Significa licenza di fare tutto ciò che si può desiderare e il consiglio di non prendere troppo sul serio ciò che si fa. Significa la velocità con cui le cose cambiano e il ritmo con cui gli stati d’animo si succedono l’un l’altro in modo da non avere il tempo di ossificarsi nelle cose. Significa rivolgere la propria attenzione in tutte le direzioni contemporaneamente, in modo che non ci si possa fermare su nulla per molto tempo e che nulla possa essere guardato da vicino. Significa un centro commerciale traboccante di merci il cui uso principale è la gioia di acquistarle; e un’esistenza che sembra una reclusione a vita nel centro commerciale. Significa l’esilarante libertà di perseguire qualsiasi cosa e la sconcertante incertezza su ciò che vale la pena perseguire e in nome di cosa la si dovrebbe perseguire.” Zygmunt Bauman
Zombi di George Romero (1978) comincia in medias res. Comincia che l’epidemia zombie si è già diffusa. Comincia con il caos in una stazione televisiva dove due esperti dibattono a vuoto sulle misure di contenimento. Chissà in virtù di quale congiuntura astrale i morti non muoiono davvero, a meno che non si stacchi loro la testa o gli si faccia esplodere il cervello. Non a caso: a partire dal primo degli zombi romeriani il cervello si palesa come la sede ontologica a perdere del semi-vivente. Lo zombi non agisce più sotto l’influsso malefico della tradizione haitiana, agisce in apparente autonomia ma senza precise ragioni, epitome cioè di un’alienazione concettuale: dagli zombie-schiavi assoggettati al volere dello stregone agli zombi a-teleologici della nuova schiavitù capitalistica. Secondo Rocco Ronchi (Zombie outbreak, Textus, L’Aquila, 2015) una perfetta rappresentazione marxiana di forza-lavoro:
[Gli zombi] non sono definiti da nessun’altra caratteristica se non dalla capacità astratta di lavorare per produrre valore. Non pensano, non parlano, non socializzano, non hanno una vita privata, neppure quella residuale che era concessa al proletariato inglese della prima rivoluzione industriale.
L’archetipo del non-morto si affranca in questo modo dalla propria accezione orrifica, convertendosi nella configurazione politica del semi-vivo, cioè in emblema di asservimento neocapitalista, di ingranaggio interno e reificato alla catena produttiva del Sistema. Lo zombi diventa essere altro da sé in quanto parte inconsapevole del processo di produzione, e in quanto – più in senso lato – indotto alla reiterazione del consumo indifferenziato di merci. Un’ampia parte dello Zombi di Romero ha luogo, non a caso, in un ipermercato, al cui interno i morti viventi sono richiamati dalla mera pulsione consumista che li caratterizzava da vivi. Il consumatore inconscio e bulimico di prodotti, ostaggio dell’induzione mediatica, trova nello zombi romeriano la sua rappresentazione più efficace. Un simbolo dell’homo consumens baumaniano, affatturato dai brand, ossessionato dall’idea effimera di possesso, enunciato dentro metafora di zombie: la progenie (post)umana del Capitale, omologata nei desideri (il nuovo modello di smartphone, l’ultimo modello di auto, l’ultima moda, e persino le mete, i linguaggi, i passatempi di tendenza), sprovvista di spirito critico, avalutativa, silente, succube della pubblicità e degli abbagli liberisti. Il nugolo di morti viventi che in Zombi assedia il supermercato è attratta dalle merci al pari dei corpi concretati in merce dei sopravvissuti. Segno evidente della cosificazione del corpo umano: tra il corpo-preda dei sopravvissuti e un qualsiasi altro prodotto in vendita nel ipermarket sotto assedio non c’è più alcuna differenza.L’assoluta mancanza di spirito discernitivo della nuova carne zombiesca non riferisce soltanto all’esclusivo ambito lavorativo/consumista ma coinvolge anche il consumo di notizie. In assenza di capacità valutativa, di fronte al martellamento mediatico che veicola l’informazione, la massa-zombi è resa supina nell’accoglimento del messaggio. In Zombi, il racconto dell’epidemia comincia proprio nello studio di un’emittente tv: nella recente circostanza pandemica, la campagna-stampa filogovernativa dimostra come lo schermo fantastico abbia tracimato – adesso e qui – dalla finzione alla realtà globale.
La bulimia dello zombie, il quale non mangia per nutrirsi ma semplicemente per continuare a farlo in una reiterazione pressoché infinita, rimanda poi alla produzione di merce all’interno del sistema capitalistico che domina la società contemporanea. Uno smartphone o un PC, infatti, dopo pochi mesi è subito sostituito da un nuovo modello (‘zombificazione’ della produzione) mentre i soliti consumatori faranno la fila per acquistarlo gettando via il loro vecchio modello anche se acquistato pochi mesi prima (‘zombificazione’ del consumo). (Guy Van Stratten in Gli zombi del capitale, Codice Rosso.net)
I nuovi zombi del capitale costituiscono una massa afasica, desiderante a vuoto. La loro condizione discende dalla coercizione subliminale operata dal sistema politico-informativo globale che li detiene nel loro sotto-stato di afasia progettuale per l’esclusivo interesse delle lobby. Non suoni come monito escatologico, ma ritengo la passività con cui la maggioranza (zombiesca) della popolazione accetta le perversità del Capitale, un segno dell’imminente estinzione della progenie Sapiens avvicendata dalla progenie Zombie. Non soltanto la religione è “oppio dei popoli”. Lo sono anche i dissuasori occulti dal pensiero oppositivo (unanimismo politico, media omologati, pubblicità pervasiva)…
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