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Home Società Nuove Tecnologie

La corsa allo Spazio è una corsa al profitto (seconda parte)

Giovanna Cracco by Giovanna Cracco
5 Marzo 2025
in Nuove Tecnologie
0
La corsa allo Spazio è una corsa al profitto (seconda parte)

Photo by NASA on Unsplash

  • (Paginauno n. 90, marzo – aprile 2025)

Profitto e transumanesimo nella corsa allo Spazio. Dalla Space Highway Terra-Luna ai satelliti, dall’energia spaziale alla missione Artemis, dalla Stazione Spaziale Internazionale alla colonizzazione di Marte, dai cyborg alla biofabbricazione di astronauti: perché le aziende della Silicon Valley occupano la space economy, perché i loro profitti non vengono dalle commesse pubbliche della NASA e della Difesa, perché se mai l’Uomo andrà su Marte non sarà l’umano come oggi lo conosciamo

“Noi (e la nostra progenie qui sulla Terra) dovremmo fare il tifo per i coraggiosi avventurieri spaziali, perché avranno un ruolo fondamentale nel guidare il futuro postumano e nel determinare cosa accadrà nel ventiduesimo secolo e oltre.”
Martin Rees, On the Future: Prospects for Humanity, 2021

“Nei prossimi cinque o dieci anni, il generale di brigata della Space Force John M.Olson prevede molto più di una semplice missione della NASA per riportare l’umanità sulla Luna: prevede un ‘vibrante focus commerciale’ guidato da aziende spaziali in rapida espansione. Componente chiave di tutto questo sarà un’architettura spaziale ibrida, resiliente e robusta, con una visione che arriva fino alla Luna e forse oltre […]. Tale architettura, a volte definita ‘space highway’ (autostrada spaziale, n.d.a.), dovrà realizzarsi con uno sforzo collettivo tra l’industria privata, le agenzie civili e l’esercito” (1). È il 2021 quando la Space Force statunitense (2) inizia a parlare di space highway, e il 2022 quando il concetto di “infrastruttura spaziale” viene sviluppato da un gruppo di lavoro coordinato da diverse agenzie governative: “[La] Space Superhighway potrebbe supportare le attività spaziali civili, commerciali e di sicurezza nazionale […] un’infrastruttura spaziale di tipo commercial-first che contempla tre componenti primarie: hub regionali, una rete di trasporto sostenibile e la logistica Terra-orbita. I settori spaziali civile, commerciale e di sicurezza nazionale potrebbero utilizzare questa infrastruttura comune per supportare l’assistenza ai satelliti e lo studio scientifico della Terra e per sviluppare la consapevolezza del dominio spaziale. […] La Space Superhighway è l’infrastruttura spaziale necessaria per il 21° secolo (3). Economia e guerra sono sempre andate di pari passo – per accaparramento di risorse, difesa di rotte commerciali strategiche, protezione o espansione di mercati di acquisto o di vendita… – e dunque non sorprende che lo Spazio sia stato da subito concepito come un ambiente dual use, militare e commerciale. “Mentre osserviamo questa competizione globale per le risorse, per le opportunità, per l’esplorazione e per i benefici che ne possono derivare, penso che gli Stati Uniti debbano essere i primi” continua il generale Olson; “non si può permettere alla Cina di raggiungere la Luna e costruire la propria architettura prima degli Stati Uniti”. Il primato economico va dunque conquistato e, se necessario, difeso, con le armi. Il concetto di ‘sicurezza nazionale’ implica la sfera economica. Ancor più in un territorio limitato.

Quando guardiamo allo Spazio pensiamo alla vastità infinita, ma non è così se l’obiettivo è andare dalla Terra alla Luna, o Marte. “Ciò che a prima vista appare un vuoto senza ostacoli è invece ricco di montagne e valli gravitazionali, di oceani e fiumi di energia variamente concentrata, di zone pericolose irte di radiazioni mortali e di peculiarità in posizioni precise”, scrive Everett Dolman, docente di Strategia allo Air Force Air Command and Staff College statunitense (4). Le rotte che consentono uno “sfruttamento efficiente e profittevole dello Spazio” (!) sono poche e fanno i conti con i pozzi gravitazionali e la meccanica orbitale (5); mentre gli “hub regionali”, ossia stazioni spaziali in grado di supportare centri manifatturieri, stoccaggio di risorse, impianti di lancio intermedi e basi militari, devono tenere in considerazione i Punti di Lagrange (6), che sono appena cinque. La Cina ne ha già conquistato uno, il punto L2, nel giugno 2018, collocandovi un satellite in orbita che, per la prima volta, permette di mantenere comunicazioni attive e stabili tra la Terra e il versante nascosto della Luna. Ma di Cina parleremo nel prossimo articolo, oggi parliamo della space economy statunitense. Perché la corsa allo sfruttamento dello Spazio è già iniziata.

Lo Spazio della Luna

Se la space highway Terra-Luna è la base per lo profittabilità economica statunitense dello Spazio, e in quanto infrastruttura centrale deve essere protetta militarmente, parallelamente il futuro dominio militare ha bisogno dei capitali privati per sostenere gli enormi costi della corsa spaziale contro la Cina. Rispetto ai tempi della guerra fredda, la dinamica è infatti mutata. Le commesse statali di un tempo, appaltate alle storiche grandi industrie legate alla difesa e all’aeronautica, come Boeing e Lockheed Martin, rimborsavano pienamente i costi aggiuntivi non contemplati nel contratto, spesso legati a imprevisti, e comprendevano un margine di profitto per l’impresa; oggi il finanziamento pubblico è ancorato al raggiungimento dell’obiettivo fissato, e ogni onere extra non calcolato è a carico dell’azienda privata la quale, detenendo la proprietà di ciò che costruisce – lanciatore, navetta, satellite ecc. – potrà rientrare dei costi e registrare profitti con i successivi contratti commerciali di utilizzo, in “un ambiente di mercato in cui i servizi di trasporto spaziale commerciale siano disponibili per il governo come per il settore privato” (7).

Dietro l’entusiasmo di Obama del 2010 per il razzo Falcon 9 di SpaceX (8), troviamo dunque la partnership pubblico-privato che nasce nel 2006 con il Commercial Orbital Transportation Services (COTS) della NASA (9), strutturata in due fasi: nella prima l’agenzia federale aiutava le imprese a sviluppare lanciatori e navette per il trasporto di beni e astronauti in orbita terrestre bassa – l’obiettivo era il rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) – nella seconda stipulava contratti standard, i Commercial Resupply Services (CRS), per comprare questi servizi dalle relative aziende (10). Il contributo pubblico è stato di 821 milioni di dollari per il COTS (vedi Grafico 1, pag. 9), 3,5 miliardi per i contratti CRS-1 (11) e 14 miliardi per i contratti CRS-2, ancora in essere (12)…

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