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Home Economia Lavoro

Lavoro: morti, infortuni e malattie professionali. Uno sguardo globale

Rivista Paginauno by Rivista Paginauno
21 Febbraio 2024
in Lavoro
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Lavoro: morti, infortuni e malattie professionali. Uno sguardo globale

Fonte: "A call for safer and healthier working environments", Geneva, International Labour Organization, 26 novembre 2023

International Labour Organization (ILO)*

  • (Paginauno n. 85, febbraio – marzo 2024)

Nel Report dell’ILO i numeri di una strage: 2,93 milioni di lavoratori morti e 395 milioni di lavoratori infortunati nel solo 2019. I decessi rappresentano il 6,71% di tutte le morti avvenute nell’anno a livello mondiale

Secondo le ultime stime elaborate dall’ILO e relative all’anno 2019, oltre 395 milioni di lavoratori in tutto il mondo hanno subito un infortunio non mortale sul lavoro. Inoltre, circa 2,93 milioni di lavoratori sono morti a causa di fattori legati al lavoro, un incremento di oltre il 12% rispetto al 2000.

Il considerevole aumento del numero assoluto di decessi legati al lavoro è influenzato da diversi fattori, che possono riguardare un aggravamento in termini di esposizioni non protette ai rischi professionali così come ai cambiamenti socio-demografici. Per esempio, la forza lavoro globale è aumentata del 26% tra il 2000 e il 2019, da 2,75 miliardi a 3,46 miliardi. Anche gli strumenti diagnostici sono migliorati in modo significativo negli ultimi due decenni, contribuendo a un aumento del numero di casi rilevati.

I decessi legati al lavoro sono distribuiti in modo diseguale, con il tasso di mortalità maschile (108,3 per 100.000 lavoratori) significativamente più alto di quello femminile (48,4 per 100.000). In termini di distribuzione regionale, l’Asia e il Pacifico detengono la quota più elevata, contribuendo quasi al 63% della mortalità globale correlata al lavoro. Ciò riflette il fatto che la regione possiede la più alta popolazione attiva al mondo.

In termini relativi, i decessi legati al lavoro rappresentano il 6,71% di tutti le morti a livello globale (1). Si stima che la frazione attribuibile dei decessi legati al lavoro sia più alta in Africa (7,39%), seguita da Asia e Pacifico (7,13%) e Oceania (6,52%).

La grande maggioranza di questi decessi, ossia 2,6 milioni, sono stati attribuiti a malattie legate al lavoro, mentre gli infortuni hanno provocato 330.000 morti. Le malattie che hanno causato la maggior parte dei decessi sono state quelle circolatorie, le neoplasie maligne e le malattie respiratorie. Insieme, queste tre categorie contribuiscono a quasi i tre quarti della mortalità totale correlata al lavoro.

Esaminando in dettaglio i fattori di rischio professionale più diffusi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ILO hanno sviluppato una metodologia di stima per produrre le stime congiunte OMS/ ILO relative al carico di malattie e infortuni legati al lavoro. A oggi sono state studiate 42 coppie di fattori di rischio professionale e di esiti sanitari associati (vale a dire una malattia o un infortunio specifico). Queste stime forniscono prove sulla relazione tra l’esposizione professionale a specifici fattori di rischio e i conseguenti esiti negativi sulla salute.

Tra i 20 fattori di rischio professionale considerati (2), quello con il maggior numero di decessi attribuibili nel 2016 è stato l’esposizione a orari di lavoro prolungati (55 o più ore settimanali), che ha ucciso quasi 745.000 persone, seguito dall’esposizione a particolato, gas e fumi con oltre 450.000 decessi e infortuni sul lavoro con oltre 363.000 morti.

L’OMS e l’ILO hanno inoltre stimato un totale di 90,22 milioni di anni di vita persi a causa di disabilità (DALY) (3), attribuibili alle 42 coppie specifiche di fattori di rischio professionale ed esito sanitario. Gli infortuni sul lavoro sono stati responsabili del maggior numero di DALY persi (26,44 milioni), seguiti dall’esposizione a orari di lavoro prolungati (23,26 milioni) e dai fattori ergonomici (12,27 milioni).

In linea con le stime globali dell’ILO discusse sopra, l’onere di specifici fattori di rischio professionale considerati dalle stime congiunte OMS/ILO mostra un’evoluzione variabile nel tempo. Per esempio, il tasso di tumori della trachea, dei bronchi e dei polmoni attribuibili all’esposizione professionale al cromo è raddoppiato tra il 2000 e il 2016; il mesotelioma attribuibile all’esposizione all’amianto è aumentato del 40%; il tasso di tumore della pelle non melanoma è cresciuto di oltre il 37% tra il 2000 e il 2020. D’altro canto, i decessi dovuti all’esposizione ad agenti asmatici e a particolato, gas e fumi sono diminuiti di oltre il 20%.

L’ILO ha anche collaborato con altre istituzioni per stimare il numero di lavoratori colpiti da cattive condizioni di SSL (Salute e Sicurezza sul Lavoro). Per esempio, l’ILO e l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità hanno collaborato alla produzione di un rapporto che attira l’attenzione sulla visione sana come parte integrante della sicurezza e della produttività sul lavoro. Secondo il report, oltre 13 milioni di persone in tutto il mondo convivono con problemi alla vista legati al loro lavoro, con circa 3,5 milioni di lesioni agli occhi che si verificano ogni anno sul posto di lavoro. Ciò equivale all’1% di tutti gli infortuni sul lavoro non mortali, e il luogo di lavoro costituisce il terzo fattore di rischio per i problemi alla vista.

Lavorare in settori pericolosi come l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca, l’estrazione mineraria, l’edilizia e l’industria manifatturiera continua a rappresentare il principale rischio per la vita e il benessere dei lavoratori. Ogni anno in questi settori si verificano 200.000 infortuni mortali, che rappresentano il 60% di tutti gli infortuni letali sul lavoro: i settori minerario ed estrattivo, edile e dei servizi pubblici sono i tre più pericolosi a livello globale.

I gravi incidenti industriali rappresentano una minaccia significativa per i lavoratori e per le comunità più ampie. Disastri come l’esplosione di un grande deposito di nitrato di ammonio nel porto di Beirut (Libano) nel 2020 e quella in un centro di gestione dei rifiuti a Leverkusen (Germania) nel 2021 hanno causato morti, feriti, malattie, inquinamento ambientale, interruzioni delle attività commerciali e notevoli danni economici per intere comunità.

Le crisi e le emergenze, che vanno dai disastri naturali ai conflitti, o le emergenze sanitarie pubbliche, continuano a causare profondi disagi su dove, come e se le persone possono lavorare. Durante la pandemia COVID-19, tutti gli attori del mondo del lavoro sono stati esposti al rischio di infezione da nuovo coronavirus, ma anche a rischi inediti correlati all’emergenza e alle pratiche e procedure lavorative di nuova adozione.

I cambiamenti demografici nella popolazione attiva, anche in relazione all’età, al genere o alla migrazione, hanno importanti implicazioni per la SSL e la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. I giovani devono affrontare sfide significative quando si tratta di assicurarsi un lavoro dignitoso e registrano tassi di infortuni più elevati rispetto ai lavoratori più anziani. D’altro canto, quasi il 43% delle malattie professionali mortali colpisce i lavoratori più anziani di età pari o superiore a 70 anni, a causa degli effetti cumulativi delle esposizioni professionali nel corso degli anni lavorativi, insieme al declino delle funzioni biologiche.

Nonostante sia ampiamente riconosciuto che le differenze fisiologiche e psicologiche tra uomini e donne e la distribuzione di genere nei lavori e nelle occupazioni influenzano l’esposizione ai pericoli e ai rischi professionali e il loro impatto, la prospettiva di genere viene spesso trascurata nelle pratiche di SSL, con disuguaglianze nella partecipazione delle donne ai processi decisionali relativi alla SSL stessa.

Al giorno d’oggi, un numero crescente di lavoratori sono coinvolti in forme di occupazione non standard, che spesso si trovano in cattive condizioni di SSL e prive di tutele. Negli ultimi anni i lavoratori delle piattaforme hanno ricevuto un’attenzione crescente. Il lavoro su piattaforma può offrire opportunità significative sia agli individui che alle imprese, facilitando la transizione dal lavoro informale a quello formale e garantendo ai lavoratori un maggiore controllo sull’orario di lavoro e sull’equilibrio tra lavoro e vita privata. Tuttavia, questo tipo di lavoro è stato associato a un’enfasi eccessiva sulla disponibilità quasi continuativa e a una mancanza di tutela in materia di SSL, con accesso nullo o scarso a congedi per malattia retribuiti, consulenza e formazione in materia di SSL, attrezzature di lavoro o servizi adeguati, dispositivi di protezione individuale.

Circa 2 miliardi di persone lavorano nell’economia informale (più del 60% della popolazione globale occupata), senza un reddito stabile o regolare e adeguate tutele legali o sociali. Il loro lavoro spesso esula dall’ambito della legislazione in materia di SSL e dalla competenza degli ispettorati del lavoro, rendendo tali lavoratori praticamente invisibili in termini di regolamentazione e supervisione in materia di SSL. La percentuale di lavoro informale tra i lavoratori domestici è il doppio di quella degli altri settori (81,2 contro 39,7%). Il lavoro domestico è prevalentemente femminile, con una lavoratrice su 12 che lavora come collaboratrice domestica. Sono esposte a un’ampia gamma di rischi, che vanno da quelli chimici e biologici a quelli fisici ed ergonomici. Sono diffusi anche i rischi psicosociali, come orari di lavoro prolungati, isolamento sul posto di lavoro ed esclusione sociale, nonché violenza e molestie.

Le micro, piccole e medie imprese rappresentano il 90% delle aziende a livello mondiale e generano il 50% del prodotto interno lordo globale. La maggior parte di esse opera nell’economia informale. Comunemente precarie, tali imprese spesso si trovano ad affrontare vincoli relativi alle risorse che limitano la conoscenza e l’osservanza delle normative che tutelano i lavoratori in termini di condizioni di lavoro e di SSL.

Il lavoro da casa è da tempo una caratteristica importante del mondo del lavoro, con circa 260 milioni di lavoratori in tutto il mondo nel 2019. Il telelavoro ha registrato un’impennata a partire dal 2020, in risposta alla pandemia di Covid-19, ed è la forma predominante di lavoro da casa nei Paesi ad alto reddito, mentre nei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Asia, i lavoratori a domicilio si trovano in fondo alla classifica delle catene di fornitura, associati a settori quali abbigliamento, elettronica e casalinghi. Spesso, l’ambiente di lavoro e le attrezzature non soddisfano adeguati standard ergonomici, ambientali e di SSL, comportando rischi significativi non solo per il lavoratore a domicilio ma anche per gli altri membri della famiglia. I rischi psicosociali, come l’isolamento e i confini labili tra lavoro e tempo personale, sono abbastanza comuni.

Il cambiamento climatico e il degrado ambientale rappresentano una sfida multidimensionale per la SSL. Eventi meteorologici estremi, stress da calore, radiazioni ultraviolette, incendi boschivi, malattie infettive, comprese le malattie trasmesse da vettori/zoonosi, aeroallergeni, inquinamento atmosferico e uso di pesticidi sono esempi di pericoli che possono essere causati o esacerbati dai cambiamenti climatici. Le industrie e le tecnologie verdi stanno nascendo per rispondere a questa emergenza globale. Tuttavia, le tecnologie verdi possono creare o amplificare pericoli e rischi in materia di SSL in tutte le fasi del loro ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime e dalla produzione di dispositivi tecnologici, al loro trasporto, installazione, funzionamento, smantellamento e smaltimento. Nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, le attività di riciclaggio sono generalmente svolte dai lavoratori dell’economia informale. Si stima che nel mondo lavorino circa 20 milioni di raccoglitori di rifiuti, che generalmente hanno poca o nessuna protezione sociale, economica o legale e spesso includono donne e bambini. Sono continuamente esposti a sostanze, materiali e agenti patogeni pericolosi, nonché a flussi di rifiuti nuovi, complessi e pericolosi, come i rifiuti elettronici.

Gli sviluppi tecnologici sono riusciti a sostituire molti lavori sporchi, pericolosi e umilianti precedentemente svolti dai lavoratori. Le innovazioni nel campo dell’automazione e della robotica possono prevenire rischi quali rumore, vibrazioni o contatto con macchinari in movimento e ridurre l’esposizione a sostanze pericolose. L ‘innovazione nella movimentazione manuale può supportare movimenti e posizioni ergonomici, consentendo allo stesso tempo l’inclusione di una gamma più ampia di lavoratori in determinati impieghi e compiti. D’altro canto, anche l’uso della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale crea sfide, con possibili effetti negativi sulla SSL. Nuovi rischi possono emergere da maggiori interfacce uomo-macchina, per esempio in relazione a collisioni con apparecchiature, guasti meccanici, pericoli elettrici o errori di programmazione dei robot. I rischi ergonomici possono derivare dal maggiore utilizzo di dispositivi mobili e dal lavoro sedentario. Un elevato carico cognitivo, visivo e/o sensoriale, nonché la perdita di autonomia nello svolgimento del lavoro e la ridotta interazione con i colleghi, possono aumentare lo stress e il senso di isolamento, con conseguenze sulla salute mentale.

*Estratto dal Rapporto A call for safer and healthier working environments, Geneva, International Labour Organization, 26 novembre 2023. Traduzione a cura di Paginauno. “This translation was not created by the International Labour Organization (ILO) and should not be considered an official ILO translation. The ILO is not responsible for the content or accuracy of this translation. This is an adaptation of an original work by the International Labour Organization (ILO). Responsibility for the views and opinions expressed in the adaptation rests solely with the author or authors of the adaptation and are not endorsed by the ILO.” Per le note, la bibliografia e il rapporto originale completo qui https://www.ilo.org/ankara/publications/WCMS_903140/lang–en/index.htm

1) A titolo comparativo, nel 2019 i decessi legati al lavoro sono stati più del doppio di quelli dovuti agli incidenti stradali (1.286.446 morti)

2) I 20 fattori di rischio sono: l’esposizione professionale ad amianto; arsenico; benzene; berillio; cadmio; cromo; scarichi dei motori diesel; formaldeide; nichel; idrocarburi policiclici aromatici; silice; acido solforico; tricloroetilene; agenti asmatici; particolato, gas e fumi; rumore professionale; infortuni sul lavoro; fattori ergonomici; lunghi orari di lavoro; radiazioni ultraviolette solari

3) Un DALY corrisponde alla perdita dell’equivalente di un anno di piena salute: è una misura universale per calcolare gli oneri sanitari

Tags: lavoromorti lavorosfruttamento
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