La vicenda in breve
L’8 maggio 2013, davanti alla prima Corte di Assise di Milano, è iniziato il secondo processo Santa Rita: imputati il chirurgo toracico Pier Paolo Brega Massone e i due aiuti dell’équipe di chirurgia toracica (con l’accusa di lesioni dolose per 46 casi, omicidio volontario aggravato per 4 casi, truffa e falso), cinque anestesisti (omicidio colposo), un’infermiera (favoreggiamento e appropriazione indebita) e un altro medico (truffa e falso). Si tratta di uno stralcio di un procedimento precedente che ha già visto, a carico dell’équipe di chirurgia toracica, una condanna in primo grado, confermata in appello, per lesioni dolose, truffa e falso per una novantina di capi di imputazione. La tesi della procura è la medesima anche in questo secondo processo: i tre chirurghi hanno inutilmente operato i pazienti per ricavarne un profitto personale, comprese le quattro persone poi decedute.
Il primo dibattimento è stato caratterizzato da un impianto accusatorio teorematico, imbarazzante e inspiegabile per chiunque abbia letto le carte processuali: consulenze mediche dell’accusa che presentano lacune e scelte metodologiche dubbie; rifiuto del tribunale a disporre una perizia super partes; intercettazioni telefoniche che, ben lontane dal fornire prove di reato, sono servite a tracciare una disamina psicologica negativa dell’imputato, con evidenti forzature interpretative; e una commissione Asl, che ha dato l’avvio alle indagini, fortemente contraddittoria, nebulosa e anch’essa inspiegabile nei suoi successivi sviluppi.
Ne abbiamo scritto in un libro inchiesta, E se il mostro fosse innocente?, pubblicato a febbraio 2012, e abbiamo seguito il successivo processo di appello, scrivendone qui.
Il dottor Brega è stato condannato a 15 anni e 6 mesi, i due aiuti rispettivamente a 9 anni e 9 mesi e 4 anni e 4 mesi. Il chirurgo è in carcere, in custodia cautelare, dal 9 giugno 2008, giorno dell’arresto; ha goduto della libertà per soli 6 mesi, dal 5 novembre 2009 al 30 aprile 2010. A oggi – data di avvio del secondo processo – ha ‘scontato’ 4 anni e 5 mesi di custodia cautelare (!). Secondo la Costituzione, è in carcere da innocente, poiché si è colpevoli solo dopo il terzo grado di giudizio – e, per inciso, dopo aver limitato fortemente il suo diritto alla difesa nel primo processo, questa situazione lo limita ancor più per questo secondo dibattimento:i capi di imputazione sono relativi a casi degli anni 2005/2006/2007/2008, ed è evidente la necessità del chirurgo di poter consultare liberamente cartelle cliniche e ogni documentazione necessaria per ricostruire iter diagnostici e terapeutici effettuati 8, 7, 6, 5 anni fa.
Seguiremo tutte le udienze di questo secondo processo, leggeremo tutte le carte, e ne scriveremo. Invitiamo tutta la stampa a fare altrettanto. Ha l’occasione di ‘riscattarsi’ da quel ‘giornalismo degli orrori’ che ha caratterizzato il primo dibattimento, quando fin dal giorno degli arresti ha sbattuto il mostro in prima pagina e si è appiattita sulle veline della procura, colpevolmente dimentica non solo della presunzione di innocenza che si deve a chiunque – fino al terzo grado di giudizio, figuriamoci prima ancora della celebrazione del processo di primo grado – ma soprattutto incapace, o più probabilmente non interessata, ad approfondire autonomamente la vicenda per poter svolgere a pieno il proprio ruolo di Quarto potere, che si declina in senso critico e dovere di informazione nei confronti dei cittadini. Anche e soprattutto questa, è libertà di stampa.