Francesco De Scisciolo
57 siti in Italia caratterizzati da inquinamento e sovramortalità, mentre a Pioltello Rodano la bonifica si trasforma in truffa
Che il progresso e lo sviluppo economico e industriale creino da una parte benessere e dall’altra inquinamento e scorie, è cosa nota. Che in Italia, come probabilmente in altre parti del mondo, non si è in grado di organizzare e gestire il ciclo dei rifiuti in alcune zone, è risaputo. Che il territorio italiano sia costellato di eco-bombe a rilascio continuo, è cosa meno nota. Attualmente oltre il 3% dell’intero territorio nazionale è occupato dai S.I.N. (Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche). La legislazione italiana riconosce come tali quelle aree in cui l’inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee è talmente esteso e grave da costituire un serio pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente naturale.
Identificati e perimetrati dal governo italiano a partire dal 1998 attraverso diversi decreti legislativi, tra i quali il Dl n. 152/2006, solitamente corrispondono ad aree industriali dismesse o in attività, poli siderurgici, cave, discariche abusive e non, porti ed ex miniere. I contaminanti principalmente diffusi in queste zone, nocivi per la salute umana a varie modalità di esposizione (inalazione, ingestione e contatto), sono diossine, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), metalli pesanti, solventi organo clorurati e policlorobifenili (Pcb). Vista la criticità di queste aree, il Parlamento ha ritenuto necessaria una loro classificazione per stabilire un ordine di priorità nei lavori di bonifica e messa in sicurezza delle zone inquinate.
I siti riconosciuti di interesse nazionale sono 57 e attualmente tutte le regioni italiane ne ospitano almeno uno. 25 SIN sono situati nelle regioni del nord, 12 nelle regioni del centro e 20 nel sud e nelle isole. La regione che presenta la più alta concentrazione di SIN è la Lombardia (7 siti), mentre per quanto riguarda l’estensione della superficie contaminata il primato spetta senza ombra di dubbio alla Sardegna (450.000 ettari). La popolazione esposta alla contaminazione di questi eco-mostri è circa il 15% dell’intera popolazione nazionale (circa 9 milioni di persone), residente in 300 comuni italiani. La contaminazione delle aree, in alcuni casi, si estende per vaste superfici. A tal proposito si evidenzia la corrispondenza di alcune di esse con intere città (per esempio Brindisi, Chiaravalle e altre). La superficie totale interessata è di circa 7.300 kmq (1.800 kmq di aree marine, lacustri e lagunari e 5.500 kmq di aree terrestri).
Alcuni di essi (per esempio Ilva Taranto e Enel Brindisi), per ragioni di diverso tipo sono noti all’opinione pubblica, che tuttavia è ignara della vastità del problema complessivo a livello nazionale, a causa della mancata trasparenza degli organi di governo e di stampa. Per quanto l’apparente sforzo delle istituzioni possa sembrare un apprezzabile gesto di tutela dell’ambiente e della popolazione nazionale, basta guardare agli sviluppi dei lavori di bonifica delle aree, a quindici anni dalla prima legge che ne identificava le dimensioni e il potenziale impatto ambientale e sanitario, per giungere alla triste consapevolezza che, anche in questo caso, ci sia una netta scissione tra l’interesse nazionale legato ad ambiente e salute pubblica e gli interessi nazionali legati a un profitto che avanza e cresce avvalendosi dei cavilli nascosti del potere, a discapito della salute pubblica.
Infatti in queste aree (priorità rispetto alle innumerevoli realtà italiane da bonificare) i lavori di bonifica e messa in sicurezza, a oggi risultano nulli. Ciliegina sulla torta, si evidenzia una chiara presa di posizione da parte dei diversi governi succedutisi negli anni, nel considerare e quindi gestire queste realtà come emergenziali, riponendo quindi il compito di guidare e allo stesso tempo supervisionare e garantire la legalità nei lavori di bonifica nelle mani di un unico individuo, nominato direttamente dai ministeri dell’Ambiente e della Salute (il cosiddetto commissario straordinario) e significativa risulta l’abrogazione del Decreto legislativo n. 22/1997, cosiddetto Decreto Ronchi (che all’art. 51bis definiva il reato di “omessa bonifica”) attraverso l’art. 257 D.Lgs. n. 152/2006 (definendolo “più favorevole al reo ai sensi dell’art. 2 comma 4 cod. pen. […]”) che quindi affossa il reato di “omessa bonifica”.
Sull’inefficienza della gestione emergenziale di eventi straordinari nel nostro Paese, non è necessario aggiungere molto; la storia recente ci ha dimostrato come la mancanza totale di trasparenza (spesso anche nei confronti di enti istituzionali come Comuni, Province ecc.) che caratterizza questo tipo di gestione, è ricettacolo di affaristi e imbroglioni che lucrano in tutta libertà ai danni dello Stato, sotto la copertura dello Stato stesso (per esempio, il G8 della Maddalena e il terremoto dell’Aquila).
I morti ‘di troppo’
La contaminazione di queste aree, oltre a causare gravi danni dal punto di vista ambientale, mette gravemente a rischio la salute della popolazione residente nei pressi dei SIN. A proposito dei danni sanitari relativi all’esposizione umana ai fattori contaminanti, nell’ambito del programma strategico “Ambiente e Salute” promosso dai ministeri dell’Ambiente e della Salute, nel 2001 prende il via S.E.N.T.I.E.R.I. (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), coordinato dai due ministeri e dall’Istituto superiore di Sanità.
SENTIERI, il primo studio epidemiologico nazionale mai fatto in Italia, si poneva l’obiettivo di analizzare il tasso di mortalità nelle aree definite di interesse nazionale a causa dell’alto livello di contaminazione, in base alle medie regionali delle zone d’interesse. Lo studio si è focalizzato su 44 dei 57 SIN italiani considerati più rilevanti, proprio per i contaminanti diffusi e i relativi danni sulla popolazione esposta in un periodo di otto anni (1995-2002).
La pubblicazione dei risultati dello studio SENTIERI, avvenuta a dicembre 2010 (con la valutazione della evidenza epidemiologica) e solo a dicembre 2011 (con i risultati complessivi) sulla rivista scientifica E&P (Epidemiologia & prevenzione), non ha avuto grande risonanza dal punto di vista mediatico né tanto meno ha scosso le coscienze di politici e governanti stimolandoli a una presa di posizione salda a favore di pratiche di bonifica delle aree contaminate.
Anche in merito alle conclusioni alle quali è giunta la ricerca, si leggevano e si leggono tuttora pareri contrastantidi sull’interpretazione dei dati, tra varie agenzie di stampa e siti web che parlano di conclusioni sconcertanti (10.000 morti in più rispetto alle medie regionali), e la posizione di alcuni politici, come l’allora ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, che accusava di malafede agenzie di stampa e organizzazioni ambientaliste nell’interpretare i risultati dello studio. Ovviamente, dato che lo studio prende il via da una iniziativa dei ministeri di Ambiente e Salute, anche la diffusione dei dati è presumibilmente gestita e/o vincolata da enti governativi.
Per aver chiarimenti in merito ai reali disastri sanitari causati dalla contaminazione di aria, acqua e suolo nelle zone considerate di interesse nazionale, abbiamo posto alcuni interrogativi al dottor Pietro Comba dell’Istituto superiore di Sanità, tra i coordinatori dello studio SENTIERI; innanzitutto, come è nato il progetto e quali obiettivi si pone.
«SENTIERI nasce con l’obiettivo di misurare la mortalità per 63 cause nella popolazione che risiede in ognuno dei 44 siti,» risponde il dottor Comba, «comparandola con la mortalità media della regione che ospita la singola area, anticipando il lavoro da un’esplicitazione di quali cause di morte ci aspettiamo di trovare in eccesso, sulla base delle emissioni inquinate prodotte da quel SIN. Quindi abbiamo depositato una griglia interpretativa fondata su un esame della letteratura scientifica internazionale, che poneva in relazione le sorgenti inquinanti presenti nei siti raggruppate per tipologie (per esempio raffinerie, poli siderurgici, fabbriche di cemento-amianto) con le patologie considerate, fornendo una ‘valutazione della evidenza’. Ossia, si va da una valutazione dell’evidenza ‘sufficiente’, per indicare che le conoscenze scientifiche disponibili sono sufficienti a sostenere che, per esempio, in un’area inquinata da amianto i mesoteliomi pleurici che si trovano in eccesso sono da ascrivere all’amianto, fino a una valutazione di evidenza ‘limitata’ (per esempio il legame tra i tumori polmonari e la presenza di un polo petrolchimico), in quanto è credibile una relazione causale ma non possono essere escluse altre spiegazioni; e purtroppo in molti casi siamo davanti a una evidenza ‘inadeguata’».
Il dottor Comba prosegue evidenziando quali siano stati i risultati emersi dallo studio: «I risultati di SENTIERI, presentati nelle pubblicazioni ufficiali, sono espressi con due modalità: esiste per ognuno dei siti una scheda che descrive il risultato di quel sito e lo discute in relazione alle ipotesi predittive e sulla base di altri studi svolti in passato da altri autori e approfonditi dal team di ricercatori, con l’intenzione di fornire due linee: una ‘di azione’, che dà indicazioni di sanità pubblica, necessaria viste le condizioni delle aree, e l’altra che segnala dove sia opportuno (in presenza di debiti conoscitivi) effettuare ricerche ulteriori.
La seconda lettura dei risultati è quella globale: assemblando i dati di tutti i 44 siti di interesse nazionale, si è dimostrato che nell’arco di otto anni c’è una sovramortalità di circa 10.000 decessi rispetto alle medie regionali, direttamente riconducibili all’esposizione umana ai fattori contaminanti di queste aree. Di questi 10.000 decessi, circa 3.000 riguardano quelle cause di morte per le quali le nostre ipotesi a priori ci facevano prevedere quel tipo di impatto sulla salute in quel tipo di area. Perché, per molti siti, non abbiamo un profilo tossicologico completo delle stime di esposizione individuali dei soggetti che vi risiedono, abbiamo delle stime basate sulla presenza di determinate sorgenti inquinanti. In sintesi, utilizzando l’indicatore mortalità, che è il primo dato che si affronta analizzando un problema esteso a livello nazionale, noi possiamo dire che fra i 3 e i 10.000 decessi all’anno, sono associabili alla residenza nei siti di interesse nazionale coperti da questa rilevazione».
Come sottolinea il dottor Comba, l’obiettivo dello studio SENTIERI è sì dimostrare un’elevata sovramortalità in queste aree altamente inquinate (con l’intento di stimolare un’accelerazione dei lavori di bonifica e messa in sicurezza delle zone) ma anche lanciare un invito ad approfondire con ulteriori studi epidemiologici, gestiti a livello locale, le singole realtà, in modo da fornire un quadro più dettagliato sulle conseguenze che i contaminanti diffusi hanno sulla salute pubblica. Purtroppo, a oggi, non risulta neanche avviata un’indagine epidemiologica che si ponga l’obiettivo di approfondire i risultati di SENTIERI, o addirittura di colmare quei debiti conoscitivi riscontrati durante lo studio. È deducibile che ogni giorno di ritardo nella bonifica di queste aree vada ad aggravare un bilancio (di vite umane) già orribilmente compromesso.
Parlando di SIN andrebbe sottolineato anche un altro dato particolarmente interessante, a proposito della popolazione residente in queste aree: è dimostrato che oltre il 65% appartiene a una fascia socioeconomica medio-bassa, che a livello nazionale corrisponde al 40% della popolazione. Quindi, i dati timidamente diffusi da alcune agenzie di stampa e denunciati ad alta voce da Greenpeace nel rapporto SIN Italy pubblicato a ottobre 2011, sono tutt’altro che “inutile allarmismo”.
Pioltello Rodano: un esempio di ‘gestione emergenziale’ nella bonifica di un SIN
Giunto all’attenzione pubblica in seguito a una denuncia di Greepeace, il SIN di Pioltello Rodano (provincia di Milano), pur non essendo tra i siti maggiormente contaminati d’Italia, merita una particolare attenzione per analizzare e comprendere gli sviluppi dei lavori di bonifica – in un’area definita di interesse nazionale – coordinati non da privati bensì da enti pubblici e rappresentanti dello Stato.
Con una superficie di circa 775.000 mq, il SIN include interamente il polo chimico industriale ubicato tra i due comuni, Pioltello e Rodano. L’attività produttiva presente nella zona è prevalentemente di tipo chimico-farmaceutico e include diverse aree industriali attive (come Antibioticos, Energheia, Air Liquid Italia, CGT, Wilson Immobiliare 2C, RFI/Italfer) e dismesse, come l’ex area Sisas. In quest’ultima (330.000 mq) sorgevano tre discariche (denominate A, B e C) utilizzate durante l’attività dello stabilimento per il conferimento dei rifiuti derivanti dalla produzione industriale.
Le discariche A e B, con volume complessivo di circa 320.000 metri cubi, erano costituite prevalentemente da nerofumo (scarto di lavorazione dell’acetilene), mentre la discarica C (volume stimato di 30.000 metri cubi) ospitava rifiuti industriali pericolosi e innumerevoli fusti contenenti anidride ftalica e residui peciosi inquinati da Ipa, ftalati e cobalto. A seguito delle campagne di monitoraggio della contaminazione effettuate da Arpa Lombardia, è stata confermata la contaminazione delle acque sotterranee da solventi clorurati e da tetracloruro di carbonio, ed è stata rilevata la presenza di sorgenti contaminanti di cromo VI a nord dell’insediamento industriale.
Secondo le indagini coordinate dall’Istituto superiore di Sanità nel progetto SENTIERI, non si evince un innalzamento della mortalità rilevante in quest’area, ma per gli studiosi è un classico esempio di realtà da approfondire (cosi come per altri siti ‘simili’ a livello nazionale) attraverso ulteriori indagini epidemiologiche, mirate soprattutto a comprendere le probabili conseguenze della contaminazione nella riproduzione.
Inutile dire che, in questo sito, come in tutti i SIN per i quali i risultati dello studio, davanti a debiti conoscitivi, consigliavano esplicitamente un approfondimento dettagliato sui danni alla popolazione, non vi è stato alcun approfondimento epidemiologico.
Nel 1986 il tribunale di Milano ha condannato Sisas alla bonifica delle discariche, ma la sentenza non è stata rispettata e nel 2002 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, per violazione della Direttiva EC 1975/442/CEE. La condanna per omessa bonifica arriva nel settembre 2004, in quanto le tre discariche vengono ritenute pericolose e illegali, in violazione alle direttive Ue riguardanti l’obbligo di autorizzazione delle discariche e l’obbligo alla prevenzione dei danni all’ambiente, all’atmosfera e alla salute umana (caso C 383-02).
Nel dicembre 2007 viene sottoscritto un Accordo di Programma (AdP) da 120 milioni di euro tra tutti gli enti pubblici interessati (ministero dell’Ambiente, Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comuni di Pioltello e Rodano) e TR Estate 2, società vincitrice della prima gara d’appalto per la bonifica delle aree. A giugno 2010 TR Estate 2, accusando gli enti pubblici di eccessiva lentezza nel rilascio delle autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti, decide unilateralmente di ritirarsi dall’AdP dichiarando di aver bonificato completamente la discarica C, asportando 35.000 tonnellate di scorie in due anni di attività.
In seguito all’accaduto, a settembre 2010 il commissario delegato, su ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri per la bonifica del sito Sisas, indice una gara per lo smaltimento dei rifiuti residui, vinta dalle società Daneco Impianti e Innovambiente Puglia Srl per un ammontare di 36,8 milioni di euro, indicando come termine ultimo di fine lavori marzo 2011.
Il 28 ottobre 2010 la Commissione europea, ritenendo che l’Italia non abbia ottemperato all’obbligo di sanare la situazione relativa ai rifiuti illegalmente stoccati nell’area ex Sisas, la deferisce ancora una volta alla Corte europea di Giustizia, chiedendo di imporre sanzioni finanziarie pari a 195.840 euro al giorno a partire dalla data della eventuale seconda sentenza della Corte fino al giorno dell’effettiva ottemperanza degli obblighi imposti, e una sanzione unica pari a 21.420 euro al giorno per il periodo tra la prima e la seconda sentenza.
In merito ai ‘lavori di bonifica’ delle discariche A, B e C presenti nel sito, gestiti come realtà emergenziale e quindi coordinati in condizioni di scarsa trasparenza dal commissario straordinario, avvocato Luigi Pelaggi, nominato direttamente dall’allora ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, sono infiniti i lati oscuri della vicenda, sia in merito alla qualità che alla tempistica della bonifica.
A proposito della bonifica delle discariche dell’ex Sisas è sconcertante la misteriosa fine di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi (contenenti anche mercurio) presenti nell’area, e ancor più sconcertante è la posizione degli enti pubblici incaricati (sempre sotto la supervisione del super commissario Pelaggi) di supervisionare e monitorare i lavori, garantendo legalità e correttezza nello smaltimento dei rifiuti pericolosi.
Per intenderci, sotto l’apparente pressione della Commissione europea (che mnacciava il governo italiano e la Regione Lombardia con una maxi sanzione di 400 milioni di euro in caso di omessa bonifica delle aree entro marzo 2011), una parte dei rifiuti pericolosi presenti nell’area è stata ‘parcheggiata’ in punti di raccolta provvisori e non attrezzati al conferimento di quel tipo di sostanze, e una parte, come ha dimostrato Greenpeace nella sua denuncia, è stata smaltita illegalmente nella discarica spagnola di Nerva (Huelva), in Andalusia, gestita dalla società iberica
Befesa, che non ha ‘trattato’ correttamente i rifiuti provenienti dalle discariche italiane.
Lo svuotamento dei lobi A e B avvenuto in modo approssimativo e frettoloso, con modalità anomale e anche in orari notturni e giorni festivi a poche settimane dalla scadenza imposta dalla Commissione europea, è stato gestito da Daneco Impianti insieme a Innovambiente Puglia Srl, ditte vincitrici della seconda gara d’appalto per lo smaltimento delle discariche, che a quanto pare hanno modificato (forse con il consenso delle autorità delegate al controllo) i codici di caratterizzazione dei rifiuti trasportati dalle discariche lombarde alla discarica spagnola, truffando anche le autorità portuali. E come se non bastasse, la procura di Milano ha avviato un’inchiesta che vede indagato per corruzione proprio il ‘garante della legalità’ e commissario straordinario Pelaggi, per una presunta mazzetta di circa 700.000 euro ricevuta in ‘dono’ proprio da Daneco Impianti.
Qualora le accuse venissero confermate, non sarebbe difficile capire come Daneco Impianti, pur tenendo conto del gentile regalo concesso all’avvocato Pelaggi, abbia straguadagnato da questa vicenda. Basti pensare che il corretto smaltimento di una tonnellata di rifiuti contaminati in una discarica tedesca attrezzata per questo tipo di lavoro costa circa 400 euro, contro i 120 euro per tonnellata chiesti dalla Befesa a Daneco per lo smaltimento-sotterramento dei rifiuti lombardi.
Anche in merito alle tempistiche dei lavori di bonifica e al rispetto dei termini imposti dalla Commissione europea, ci sono alcuni punti che non tornano. Il commissario Pelaggi, in una lettera rivolta ai sindaci dei due Comuni (Antonio Concas e Michele Andrea Comaschi) datata 4 febbraio 2011, scrive: “In data del 31 gennaio u.s., si sono concluse le operazioni di rimozione dei rifiuti dalle predette discariche, come già comunicato in data 1 febbraio 2011”.
Ufficialmente i lavori di bonifica dell’area ex Sisas si sono quindi conclusi a febbraio 2011, addirittura con un mese di anticipo rispetto ai termini imposti dall’Europa; e anche il sopralluogo volto a verificare la corretta bonifica delle aree, effettuato dal commissario europeo dell’Ambiente Potocnik in presenza dell’allora ministro Prestigiacomo, dell’allora presidente della Regione Lombardia Formigoni (che si pavoneggiavano davanti agli obiettivi, fieri del loro efficiente lavoro) e dei sindaci dei due Comuni, si è tenuto quando i lavori di bonifica pare non fossero ancora terminati. Infatti, come sostiene Greenpeace (con prove fotografiche risalenti a ottobre 2011) e come dimostrano i successivi appalti assegnati, i lavori di bonifica sono andati ben oltre i termini stabiliti.
A questo proposito e denunciando l’illegalità nella gestione dei codici di caratterizzazione dei rifiuti, l’ong ambientalista in data 27 giugno 2012 ha presentato presso la sede di Roma della rappresentanza italiana della Commissione europea una denuncia formale, che dimostra come la Commissione abbia fatto il gioco delle autorità italiane sulla bonifica della ex Sisas di Pioltello Rodano.
A tale proposito, anche nella Relazione territoriale della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lombardia (presentata a Milano a Gennaio 2013), si denuncia la vergognosa truffa che si nasconde dietro la bonifica dell’area: viene descritto (pagg. 139-155) in modo dettagliato un sistema nel quale imprenditori (aziende) e organi di controllo (commissario straordinario, ministeri, Regione, Provincia) gestiscono e spendono diverse decine di milioni di euro per una bonifica che non è neanche terminata, visto che, come specifica la Commissione di inchiesta, ci sono intere aree appartenenti al SIN che non sono state ancora nemmeno caratterizzate.
E ancor più imbarazzante è leggere, a proposito della modifica ai codici dei rifiuti denunciata da Greenpeace, la dichiarazione di Rosanna Cantore, responsabile del Servizio bonifiche della provincia di Milano, che giustifica il cambiamento dei codici con “«l’urgenza di evitare la sanzione europea» e il rispetto dei tempi stabiliti per lo smaltimento dei rifiuti da parte della società appaltatrice, «che ha quindi proposto un codice che potesse essere accettato da più impianti»”.
Resta da vedere quale sarà la risposta della Commissione europea, che nel febbraio 2011 si era dichiarata ‘soddisfatta’ del lavoro svolto in quell’area: potrebbe reagire davanti all’ennesima presa in giro da parte di un governo italiano, o nascondere la testa nel terreno per aver assecondato uno sporco gioco di potere a discapito dell’ambiente e dell’interesse comune.