Jacques Dupuis
Lo sguardo millenario dell’antropologia. Dalle società matrilineari a quelle patrilineari al patriarcato: dove eravamo per capire dove siamo e come ci siamo arrivati
L’antropologia, l’etnologia, la storia, lo studio dei miti e delle religioni sono tra i saperi che ci consentono di capire il presente andando a ritroso nel passato – movimento indispensabile per qualunque processo di comprensione. Se è vero che l’attuale società italiana non può essere definita patriarcale – nel significato complessivo, preciso e storico del termine – è altrettanto vero che il patriarcato non è alle nostre spalle; non è alle spalle di alcuna società del XXI secolo.
Da un lato, non può che essere così: Jacques Dupuis – storico, geografo, etnologo e antropologo – nel suo testo Storia della paternità (Edizioni Paginauno) di cui pubblichiamo qui un estratto, ci insegna come i cambiamenti sociali collegati alle credenze in noi radicate – la doxa, direbbe Bourdieu – abbiano ritmi più che secolari: il ruolo maschile nella procreazione fu scoperto intorno al V millennio a.C., eppure le società patrilineari si affermano, sostituendo l’organizzazione matrilineare precedente, solo a partire dal IV e III millennio a.C.; la patriarcalizzazione delle società avviene ancora successivamente, verso il II millennio a.C. Certo le società contemporanee mutano molto più rapidamente di quelle del Neolitico e dell’antichità, ma non così velocemente come si vuole pensare quando si tratta delle strutture identitarie che riverberano nell’organizzazione sociale. Il patriarcato è un sistema millenario, non possiamo certo credere di liberarcene in qualche decina d’anni.
Dall’altro lato, solo se si comprendere quanto la società odierna, anche se ha mosso i primi timidi passi in una diversa direzione, sia ontologicamente patriarcale, possiamo parlare di patriarcato con onestà intellettuale; perché non si tratta unicamente di una forma mentis penetrata in tutti noi, uomini e donne, ma dell’organizzazione sociale nella sua interezza. “Prima della nascita del concetto di paternità,” scrive Dupuis, “l’Uomo conosceva solamente delle strutture protofamiliari incentrate sulla figura della madre, una vita religiosa ispirata al tema della fecondità della donna e una vita sessuale caratterizzata dal libero appagamento del desiderio; in seguito alla presa di coscienza della paternità, si viene a formare gradualmente la struttura che noi chiamiamo famiglia [e la coppia monogamica], nuovi dei spodestano le teogonie primitive e anche la vita sessuale viene riorganizzata in base a un determinato ordine”. L’intera società si rivoluziona, in Occidente così come in Oriente. Ed è ancora lì che oggi viviamo.
Le società matrilineari
Risulta evidente che fintanto si ignorò l’esistenza della paternità (scoperta a partire dal V millennio a.C.), fu impossibile organizzare la società in nome del padre. La funzione procreatrice era riconosciuta solamente alla donna e per questo la prima organizzazione sociale fu matrilineare. […]
L’avvento del Neolitico è legato alla nascita dell’agricoltura che ha aperto una nuova era nell’organizzazione delle società. Nel Vecchio Mondo le prime tracce di un’economia agricola appaiono a partire dal VII millennio in Cina, in Egitto, nel Paese dei Sumeri; anche molto prima, nel IX e VIII millennio, in alcune regioni della mezzaluna fertile (Palestina, Mesopotamia). Nel Nuovo Mondo la messa a coltura delle piante avviene in epoca più tarda: comparve infatti in Messico verso la metà del III millennio. […]
Quando le società più avanzate cominciarono a diventare sedentarie, i primi insediamenti umani riunivano delle comunità biologiche, gruppi consanguinei collegati esclusivamente attraverso le madri […]. Questi gruppi biologici, come è stato ben evidenziato da uno dei più acuti storici della famiglia, A. Giraud-Teulon, erano compatti “per abitudine, per necessità, per un istintivo sentimento di fratellanza”. […]
In queste comunità, soggette per necessità alla remota endogamia, i rapporti sessuali erano liberi da ogni divieto: gli storici della famiglia hanno definito questa fase come “promiscuità”. A tale riguardo non abbiamo testimonianze proprie dell’epoca in quanto non esisteva la scrittura; le si ritroveranno più tardi, attestate nell’eredità mitologica […].
La crescente densità demografica sulla terra e i più frequenti rapporti tra i gruppi umani favorirono la rottura degli isolati demografici. È in questo contesto che ebbero inizio le migrazioni tra i clan, che rendevano possibili rapporti sessuali tra individui non consanguinei. […] È probabile che queste migrazioni primitive dessero origine a degli accoppiamenti collettivi. […]
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