Continua l’assurdità del sequestro giudiziario
L’8 giugno scorso, su mandato della Procura di Roma, la polizia ha sequestrato a Paolo Persichetti il suo archivio. L’intero archivio di lavoro costruito in anni. L’accusa iniziale è stata di “divulgazione di materiale riservato acquisito e/o elaborato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio dell’on. Aldo Moro”, associata al reato di favoreggiamento e al reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (!); man mano che la vicenda giudiziaria procede, incredibilmente l’accusa si modifica. Sia in merito al sequestro che ai reati sollevati, l’azione della Procura di Roma è surreale e inammissibile, oltre a sapere di atto intimidatorio. Persichetti è oggi il più competente studioso del caso Moro e il suo archivio probabilmente il più approfondito; da anni, nella veste di storico, attraverso articoli e libri, documenti e fonti alla mano, Persichetti smonta complottismi e dietrologie costruiti intorno al rapimento Moro, facendo pian piano luce. Senza l’archivio non può continuare a farlo.Se i reati sollevati sono, come sembra e ipotizza lo stesso Persichetti, “reati chiavistello” per poter agire con strumenti di indagine più invasivi – per esempio lo stesso sequestro dell’archivio – le domande da porsi sono: la ricerca storica, in Italia, è controllata dalla magistratura? Sono i processi giudiziari e/o le Commissioni parlamentari a dover consegnare una ‘Verità di Stato’ che nessun studioso deve porre in discussione? Quanto pesa ancora oggi la vicenda Moro? Paginauno ha già pubblicato, sul sito online e nella rivista cartacea, articoli di Paolo Persichetti sul caso Moro, e continueremo a farlo. Ora stiamo seguendo anche la vicenda del sequestro dell’archivio.
Per il gip “nell’archivio di Persichetti possibili nuove informazioni sul sequestro Moro”
Il gip del tribunale di Roma Valerio Savio ha sciolto il proprio riserbo, autorizzando la richiesta di incidente probatorio avanzata dal pm Eugenio Albamonte il 23 novembre scorso. Lo ha fatto senza attendere l’udienza del 17 dicembre prossimo, nella quale il giudice deve pronunciarsi sulla legittimità del sequestro dell’archivio storico e degli altri documenti familiari, portati via dalla polizia di prevenzione e dalla digos romana nel corso della lunga perquisizione avvenuta, all’inizio dell’estate passata, nella mia abitazione. Inoltre, l’autorizzazione alla estrazione della copia forense è stata fornita senza quelle garanzie di tutela richieste dal mio legale, perché – afferma il gip – queste afferiscono alla fase processuale. Ma l’incidente probatorio è stato introdotto nella riforma del codice di procedura proprio per consentire l’assunzione di prove con le forme e le garanzie del dibattimento (quindi del processo) durante le indagini preliminari.
Anticipazione del giudizio
Una prosa alquanto contorta, come l’intera vicenda che col passare dei mesi si avvita sempre più su se stessa. Una volta tradotto, il passo del gip vuole significare che tra i documenti del mio archivio, raccolti in anni di pazienti ricerche tra archivio di Stato, archivio storico del Senato, archivio della Corte d’appello di Roma e fonti aperte, potrebbero trovarsi informazioni utili ad accertare nuovi rilievi penali, a carico o discarico, di Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri. A questo punto viene facile obiettare che gli inquirenti sarebbero potuti dare a cercare queste ipotetiche informazioni direttamente nei vari archivi istituzionali da me frequentati, anziché venire a parassitare il mio lavoro, criminalizzando per giunta la mia attività di ricerca. In fondo, se queste informazioni le ho trovate io – come ipotizza il gip – avrebbero potuto scovarle anche gli inquirenti e i giudici. Ma di quali informazioni si tratta?
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