Domenico Corrado
L’esposizione universale come laboratorio in cui sperimentare le nuove politiche di sfruttamento
A meno di un anno dall’apertura dei cancelli, Expo 2015 perde un altro pezzo. L’8 maggio scorso la guardia di finanza ha eseguito sette arresti nell’ambito delle indagini della procura di Milano sugli appalti dell’Esposizione milanese e sulla sanità lombarda che hanno visto in manette uno dei manager più importanti di Expo 2015: Angelo Paris, il direttore dell’Ufficio pianificazione e acquisti.
Insieme a lui sono finiti in carcere due noti personaggi della stagione di Tangentopoli: Gianstefano Frigerio – ex segretario amministrativo della Democrazia cristiana milanese – e Primo Greganti – ex funzionario del Partito comunista, il Compagno G – i quali insieme all’ex senatore del Pdl Luigi Grillo avrebbero condizionato l’assegnazione degli appalti attraverso un’associazione per delinquere che saldava gli interessi delle imprese, delle cooperative rosse e di tutti gli schieramenti politici, da destra a sinistra.
In particolare, sarebbe stato pilotato un appalto per il valore di 67 milioni di euro per i lavori inerenti all’affidamento per le architetture dei servizi, aggiudicato da un’associazione temporanea di imprese partecipata dalla Celfa Soc. coop. di Imola e dall’imprenditore veneto Enrico Maltauro, anch’egli finito agli arresti. Secondo le indagini della procura milanese Sergio Catozzo, ex dirigente ligure Udc anch’egli finito in manette, avrebbe fatto da mediatore tra la “cupola” e Maltauro in cambio di una tangente di 600 mila euro, divisa equamente tra gli interessati e con il beneplacito e la piena solidarietà di Angelo Paris, che avrebbe fornito notizie riservate sulle gare d’appalto e pilotato le assegnazioni in cambio di un aiuto per la sua carriera, riservando un trattamento preferenziale a imprese di riferimento dell’associazione in relazione al progetto delle Vie d’Acqua – di cui la Maltauro è appaltatrice – e su una serie di appalti minori come quello dell’area parcheggi.
Una “cupola”, come è stata definita dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai ppmm Claudio Gittari e Antonio D’Alessio, che negli ultimi due anni avrebbe operato nell’intento di manipolare le gare d’appalto per i lavori di Expo e di tutta una serie di interventi nell’ambito della sanità lombarda, tra i quali il progetto della Città della Salute che sorgerà a Sesto San Giovanni. Insomma, il copione che si presenta davanti ci riporta direttamente agli anni di Tangentopoli. La corruzione pare essere la stessa, e anche i volti sono noti.
Dalle ‘manovre occulte’ avvenute nel centro culturale Tommaso Moro, sede della presunta associazione per delinquere, emerge chiaramente come l’Expo si manifesti sempre più come un sistema che si fonda su un doppio livello di potere: uno legale, animato da una una retorica legalitaria e sostenuta da un brand accattivante, e uno criminale che si muove nel silenzio all’unisono con il primo, a suon di mazzette. Un sistema che in barba alle promesse di rilancio dell’economia nazionale e alla retorica dell’opportunità da non perdere, ha messo in moto un processo di ridefinizione dei rapporti di potere a Milano e in Lombardia, e dei rapporti di forza all’interno del conflitto tra Capitale e lavoro.
Perché Expo, tra le sue promesse di Nutrire il Pianeta e la sua retorica ecosostenibile – strumentale solo al Capitale che cerca di darsi una parvenza di eticità – è un grande laboratorio di precarietà in cui sperimentare le politiche nazionali: “Il cavallo di Troia col quale smantellare il già fatiscente edificio di diritti e tutele” (1). Fiore all’occhiello di questa politica è il tentativo di trasformare il lavoro volontario e non retribuito in uno step imprescindibile per inserirsi nel mondo del lavoro.
All’indomani della firma del Trattato di Maastricht, sono state elaborate in Italia e in tutta Europa legislazioni sul lavoro all’insegna della precarietà, che rispondevano all’esigenza di abbassare il costo del lavoro per fare fronte al processo di integrazione dell’economia europea e globale.
Un processo che è andato a pari passo con le politiche neoliberiste e la grande stagione delle privatizzazioni e che ha trovato il suo primo compimento nel pacchetto Treu, con il quale veniva introdotto il concetto di lavoro interinale e disciplinati i contratti a tempo determinato, i tirocini e la formazione per l’apprendistato.
Con la legge 196/1997 venivano affossati gli Uffici di Collocamento per l’impiego, per lasciare spazio alle agenzie interinali, e si istituzionalizzava la precarietà nell’accesso nel mondo del lavoro, trasformando i contratti a tempo indeterminato in un miraggio per pochi privilegiati. Un processo che ha conosciuto un’impennata con la legge 30/2003 sull’occupazione e il mercato del lavoro, la cosiddetta legge Biagi, che ha introdotto diversi tipi di contratto e una quarantina di varianti (dal lavoro intermittente al lavoro accessorio e occasionale al contratto a progetto).
Da allora diversi ministri si sono avvicendati al dicastero del Lavoro: Roberto Maroni – che ha implementato la legge Biagi – Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, sino all’avvento dei tecnici nel 2011, Elsa Fornero e poi Enrico Giovannini. Ora il ministero è nelle mani di Giuliano Poletti, e facendo un bilancio si può affermare che in dieci anni è stato smantellato il sistema di welfare – che è diventato sempre più preda del settore privato – e l’edificio di tutele e di diritti sindacali, con la complicità di una ‘sinistra’ che ha abbracciato il pensiero neoliberista.
Oggi, con Expo, sembra prospettarsi una nuova evoluzione. Se ai tempi del pacchetto Treu l’ingresso nel mondo del lavoro era precario e il contratto a tempo indeterminato un miraggio, ora, attraverso la nuova frontiera delle politiche elaborate per la Grande Occasione del 2015, si indietreggia di un passo: l’ingresso passa attraverso il sistema ‘raffinato’ del lavoro volontario e gratuito, e il contratto a tempo indeterminato diventa un ricordo dei tempi passati, come emerge dal cosiddetto Decreto Poletti, convertito nella Legge 78 il 16 maggio scorso, con cui, grazie all’abuso di contratti a tempo determinato e di apprendistato, viene introdotta la precarietà a tempo indeterminato.
Perché Expo – è bene ricordarlo – verrà messo in piedi con lo sfruttamento del lavoro precario e il lavoro gratuito di 18.500 volontari, che nell’arco dei sei mesi si avvicenderanno nei lavori di accoglienza e logistica dell’esposizione, e lascerà un debito ambientale fatto di parchi devastati e tonnellate di cemento (2).
Le reazioni politiche alla bufera che si è abbattuta su Milano non fanno presagire nulla di buono. Tutto sembra continuare in nome della celerità e della politica dell’apparenza. Al posto di Angelo Paris è stato nominato Marco Rettighieri, l’attuale direttore operativo di Italferr (gruppo Ferrovie dello Stato), e il commissario unico all’esposizione, Giuseppe Sala, malgrado l’alta tensione, ha dichiarato che l’Expo può andare avanti, e che non è giunta “nessuna indicazione dalla procura di Milano di fermare o rivedere alcune gare tra quelle già assegnate” (3).
L’esposizione milanese del 2015 rimane saldamente tra le priorità del Paese, come ha affermato il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo scorso 13 maggio in occasione di una visita a Milano, durante la quale ha palesato il suo rammarico per la gravità dei fatti – garantendo tuttavia che lo Stato è “più forte dei ladri” – e ha rilanciato l’appuntamento del 2015, rassicurando che vi sarà una maggiore stretta sui controlli attraverso il coinvolgimento dell’Autorità nazionale anticorruzione, e che tutte le scadenze saranno rispettate. La visita è stata accolta da una protesta in via Rovello, sede di Expo 2015 spa, messa in piedi dal Comitato No Expo e dai comitati per il diritto alla casa, che al grido “Sgomberiamo Renzi, occupiamo tutto” hanno dato il benvenuto al premier ribadendo le ragioni di chi da anni denuncia come Expo sia solo un’opportunità che soddisfa gli interessi particolari di una classe politica e imprenditoriale rapace, e come gli oneri di queste manovre vengano scaricate sulla collettività.
E intanto all’interno della procura milanese si consuma lo scontro tra il pm Robledo e il procuratore Bruti Liberati, che si scambiano, tra le altre, accuse reciproche di intralcio alle indagini sugli appalti, mentre Renzi affida poteri straordinari di controllo su Expo a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione. Una rassicurazione assai tiepida, che odora di promesse. L’unica cosa certa è che il 19 maggio scorso è stata aperta la selezione per i lavoratori che presteranno la loro opera gratuitamente; sarebbe il caso di rinominare questa Esposizione universale: “Depredare il Pianeta, precarietà per la vita”.
1) Jobs act, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori passa per Expo 2015, Sos Fornace.org, Punto San Precario Rho-Fiera
2) Cfr. Arese: speculazione edilizia ed Expo nella riqualificazione dell’area ex Fiat Alfa Romeo, Domenico Corrado, Paginauno n. 32/2013 e Expo 2015, bonifica del sito: inquinamento e sperpero di denaro pubblico, Domenico Corrado, Paginauno n. 33/2013
3) Expo 2015, Sala: «Andiamo avanti, la Procura non ci ha chiesto di fermare le gare di appalto», Rainews, 12 maggio 2014